La terra è di chi la canta/
Dal Sannio, i Sancto Ianne
Il viaggio de “la terra è di chi la canta”
comincia dal Sannio beneventano, alle pendici del monte Taburno,
terra di straripante bellezza e dal misterioso fascino che la
permea di storie leggendarie tra sacro e profano(meglio sarebbe
dire tra santi e janare) e le gesta di “un popolo celebre
e quasi ignorato” (come scrive Antonio Mellusi), i Sanniti.
A declinare in forma di musica, canto e impegno civile sulla
linea di confine tra memoria e attualità, il gruppo Sancto
Ianne, che, con un lavoro nitido ed ineccepibile tra i sentieri
della tradizione e la musica d'autore, raccoglie la preziosa,
quanto complessa, eredità della propria terra e della
propria storia e la risemina come fertile opportunità
di conoscenza e di criticità poetico-costruttiva per
meglio guardare alla realtà sociale e sviluppare una
nuova “consapevolezza” del territorio. Il narratore
di questa straordinaria esperienza è Gianni Principe,
voce da muezzin dei Sancto Ianne (www.sanctoianne.com/).
Gerry Ferrara
Gerry Ferrara - Gianni, raccontaci il vostro viaggio
a partire proprio dal nome e dal vostro rapporto col territorio
e dalle sollecitazioni che ha esercitato su di voi.
Forse, troppo spesso, quando si parla di cultura e di
tradizione popolare in Campania, si fa riferimento a Napoli
e al suo bacino, rimuovendo di fatto la storia e la ricchezza
territoriale storico-culturale di zone come il Cilento, l'Irpinia,
il Sannio stesso. Non è casuale che alle volte si cita
la “Campania Infelix” quando si raccontano questi
luoghi
Gianni Principe - Sancto Ianne è il nome tardo latino
di un piccolo centro del beneventano, San Giovanni di Ceppaloni,
dove il gruppo è nato agli inizi degli anni '90 e di
cui il sottoscritto è l'unico sopravvissuto, artisticamente
s'intende, visto che nel corso degli anni sono poi entrate quelle
che io amo definire le anime musicali della band sino all'attuale
formazione.
Il rapporto con il nostro territorio non è altro che
una continua scoperta dello stesso. Questa terra ogni giorno,
timidamente, ti consegna un piccolo indizio della propria storia.
Tocca a te poi saperlo cogliere e sviluppare. Ma, con tutto
il rispetto per Napoli ed il suo territorio, non ho mai avuto
la sensazione di vivere in una “Campania infelix”.
Rendere “comprensibile” il vostro progetto
e il vostro linguaggio potendo far leva sulla straordinaria
vena compositiva del poeta Ciro Maria Schettino (al quale andrebbe
di diritto un ipotetico premio Nobel per le letteratura delle
“lingue minori”) è uno dei punti cardini
del vostro cantiere.
Ciro Maria Schettino ha senz'altro rappresentato la svolta definitiva
del progetto Sancto Ianne. La sua straordinaria capacità
di scrivere canzoni che diventano delle magnifiche lezioni di
storia, senza mai citare una data ma solo evidenziando gli aspetti
“sensibili” di un evento, è una dote molto
rara ed un grande atto d'amore per la propria terra e la sua
gente.
Raccontate i cosiddetti “eroi minori” e i
luoghi dimenticati dalla storia, quelli che hanno fatto la storia
stessa
Questa gente, protagonista di storie spesso bandite o definite
impropriamente “storie minori”, ha scritto spesso
pagine memorabili che la storia ufficiale colpevolmente ha voluto
rimuovere creando delle pagine bianche lì dove avrebbero
dovuto esserci migliaia di pagine di verità nascoste.
Da Scapulà a Trase passando per Mò siente,
non solo titoli di album ma fonemi, espressioni e metafore che
si fanno suoni e storie, la potenza della parola in un'era in
cui la parola stessa è svenduta tra le offerte del 3x2
dei linguaggi dei supermercati del potere informativo.
La parola ha uno straordinario potere evocativo che il linguaggio
moderno ha depotenziato mostrando di avere solo l'esigenza di
soddisfare i propri metabolismi super accelerati. Quando si
perde l'abitudine di ascoltare, la parola perde il suo significato
e si entra nel supermarket dei linguaggi in offerta, facili
da digerire perché non devono lasciare traccia.
Nel titolo di un disco si prova ad inserire un po' tutto quello
che il disco stesso contiene. Raramente però un titolo
è così esaustivo ma sapere che quello che tu hai
scelto per un tuo lavoro discografico è assurto a “titolo”
di metafora non può che far piacere.
I componenti del gruppo e gli strumenti che usate
La nostra attuale formazione è la seguente: Gianni Principe
– Voce e castagnette; Ciro Maria Schettino – Chitarra
acustica, chitarra classica, chitarra battente, mandoloncello,
mandolino, bombarda, armonica a bocca, cori; Raffaele Tiseo
– Violino, viola, viola d'amore, ribeca; Alfonso Coviello
– Tammorre, tamburelli, percussioni etniche; Sergio Napolitano
– Fisarmonica, pianoforte, percussioni; Pierluigi Bartolo
Gallo – Basso elettrico, contrabbasso.
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Il gruppo musicale sannita Sancto Ianne |
Sulle orme della Banda del Matese
Dal recupero dell'antico “Canto Beneventano”
alla storia dei Valani, la vostra ricerca apre e svela pagine
importanti della vostra storia
Come dicevo all'inizio, scoprire ogni giorno una piccola parte
della tua terra, delle sue storie, della sua gente, è
un vero atto d'amore che ha bisogno di nutrirsi di piccole porzioni
di questo amore.
Detto così sembra un po' troppo romantico ed aulico ma
vi assicuro che è così. Questa terra ha bisogno
di trasmettere i propri “cunti” ed invia segnali
in questa direzione. Bisogna essere pronti a raccoglierli. In
questo modo sono nate pagine belle come quelle del “Canto
Beneventano”, musica liturgica del periodo longobardo
che anticipò il Canto Gregoriano, e soprattutto dei “Valani”,
bambini venduti, in pubblica piazza a Benevento, ogni anno il
giorno dell'Assunta, e tutto questo fino alla fine degli anni
'50.
La vostra terra ha pagato un prezzo (e un dazio) altissimo
sull'altare della “patria” a partire dai crimini
e dallo spopolamento indotto che ha pianificato la storia della
millantata “unità d'Italia”…il vostro
brano, che ricorda gli anarchici che formarono “A banda
d'o Matese” lo racconta bene.
La nostra storia è un grande puzzle da ricostruire e
bisogna farlo senza forzature. In quest'ottica si inserisce
la storia della “Banda del Matese”, trenta anarchici
che cercarono di realizzare un sogno, una democrazia che partisse
realmente dal basso e scelsero per questa impresa le nostre
montagne del Matese. L'epilogo vide l'insuccesso di questo tentativo
che svelò, quasi con grande sorpresa, l'anima libertaria
della città di Benevento che sostenne i compagni anarchici
durante il processo. Tutto questo avvenne nella primavera del
1877. Ogni tanto una data pure ci vuole!
Il Sannio sta attraversando l'ennesimo periodo critico
dopo i recenti effetti devastanti dei cambiamenti climatici
e ambientali
La recente alluvione che ha colpito il nostro territorio, ahimè,
non mi sorprende visto che da troppo tempo abbiamo dimenticato
che queste terre necessitano di rispetto. Ma questa è
una storia lunga. La cultura globalizzatrice del disastro ambientale
produce frutti ormai quasi ogni giorno.
Cosa rappresentano per voi concetti (purtroppo abusati)
come “identità”, “appartenenza”,
“dialetto”…ma soprattutto cosa vuol dire
per voi “tradizione popolare”?
Tu sottolinei giustamente il termine “abusati”.
Certo oggi c'è soprattutto una determinata parte politica
che si riempie la bocca di tutti questi termini, ma non penso
lo faccia per amore della propria terra. È solo un ottimo
modo per fare proselitismo ma io capovolgo questo sistema di
pensiero e posso affermare che amo il mondo e le culture del
mondo proprio perchè amo la mia terra e la sua cultura.
In merito alle tradizioni popolari posso solo dire che i Sancto
Ianne rifuggono dalle rivisitazioni museali. Per noi sono state
un punto di partenza, una finestra aperta sui ricordi di un
mondo che non c'è più e che per questo motivo
rischia di diventare un museo.
Insomma Gianni, il Sannio non più come “na
terra de passaggio, fermata mmiezo a nu viaggio” ma come
meta opportuna e fondamentale per trovare il tempo e lo spazio
per ricominciare “senza “bannere e senza padrune”?
Il Sannio è per noi un'occasione che, artisticamente,
dura da 25 anni. E speriamo duri per sempre!
Gerry Ferrara
suoniememoria@gnumerica.com
Pisa/
In ricordo di Alessandro Marianelli
Nella notte del primo giorno dell'anno improvvisamente ci ha
lasciati Sandro. Alla sua compagna, al figlio Lorenzo, alla
sorella Lia e a tutti gli altri familiari va il nostro affettuoso
abbraccio.
Alessandro Marianelli, classe 1952, era un uomo di carattere
schivo, amante della famiglia e in particolare del figlio Lorenzo,
appassionato del suo lavoro di insegnante, che svolgeva con
grande competenza e con una profonda preparazione culturale,
soprattutto storica, che aveva sviluppato negli anni degli studi
universitari. Figlio del germanista Marianello (1915-2003),
si laurea nell'anno accademico 1975-76 con una magistrale tesi
di laurea sulla storia del movimento operaio pisano nell'età
giolittiana, discussa con il professor Giorgio Candeloro, e
da subito si dedica alla ricerca seguito da Lorenzo Gestri.
Quest'ultimo sarà il suo maestro e amico, che oltre a
curargli in qualità di contro-relatore la tesi, lo guiderà
in quegli anni di effervescenza di studi e ricerche della nuova
storiografia dedicata alla storia delle classi subalterne e
delle loro espressioni politiche. Non a caso, un estratto dalla
sua tesi verrà pubblicato dalla rivista «Movimento
operaio e socialista» nel 1978, un lavoro che ancora oggi
è insuperato dal punto di vista metodologico e filologico.
Sempre in quel periodo, il giovane Sandro firma un'importante
biografia dedicata a Virgilio S. Mazzoni, anarchico e tra i
primi segretari della Camera del lavoro di Pisa, pubblicata
nel dizionario del movimento operaio italiano diretto da F.
Andreucci e T. Detti (Roma, Editori riuniti, 1975-1979).
In quegli anni, Sandro collabora attivamente con il professore
Gestri, che teneva l'insegnamento di Storia del movimento operaio
e sindacale presso l'Istituto di storia moderna e contemporanea
dell'Università di Pisa. Un altro contributo in questo
senso Sandro lo fornirà qualche anno dopo con altre due
relazioni, la prima sulle fonti e la seconda sulle culture del
movimento operaio pisano, in occasione di due convegni di studi
storici nei primi anni Ottanta. Successivamente Sandro, proprio
con la nostra Biblioteca F. Serantini, darà alle stampe
in forma autonoma la seconda di quelle relazioni con il titolo
di Movimento operaio, forme di propaganda e cultura sovversiva
a Pisa tra '800 e '900 (Pisa, 1990).
Sandro, politicamente non era un estremista, e con me, all'epoca
“fervente idealista libertario”, si lasciava andare
a lunghe dispute di storia e politica. Sandro era un uomo capace
di un profondo senso critico – ammantato da un velo di
sana autoironia, rispetto sia alle sue “esperienze di
vita” sia alla politica in generale – ma era una
persona generosa. Durante i miei studi gli feci presente un
progetto che nasceva anche dalla necessità di non disperdere
il patrimonio della storia del movimento libertario e lui fu
da subito, insieme al professore Gestri, tra i sostenitori della
Biblioteca F. Serantini. Dopo pochi anni collaborò con
entusiasmo all'allestimento di una mostra documentaria “…
Avanti siam ribelli!!” dedicata alla storia del movimento
anarchico dalle sue origini all'avvento del fascismo (maggio
1983).
Sandro – sempre attento alla storia, anche quella minuta,
dei “vinti”, parafrasando Nuto Revelli – era
disponibile e iniziatore di piccole avventure come quando mi
coinvolse, nel 1995, nell'intervista a Armanda Ideale. Lei,
bambina operaia ceramista alla Richard Ginori, era figlia di
un noto operaio anarchico vissuto tra Otto e Novecento. Quelle
due ore trascorse insieme ad Armanda non si possono dimenticare,
essa ci accompagnò, con un racconto affascinante, in
una Pisa proletaria che non esisteva più e Sandro, con
delicatezza svolse il ruolo di cortese e attento accompagnatore.
Anche se negli ultimi anni i nostri incontri si sono rarefatti
non è mai venuto meno il suo interesse per le vicende
della Biblioteca F. Serantini – della quale è stato
donatore sia di libri che di carte d'archivio – convinto
come molti altri della necessità di conservare il nostro
passato per capire meglio il nostro futuro. La sua scomparsa
ci lascia un vuoto profondo, un amico se n'è andato e
Pisa perde un grande uomo di cultura e umanità.
Franco Bertolucci
Un ricordo ben più dettagliato appare nel sito della
Biblioteca F. Serantini: www.bfs.it.
Calabria/
In ricordo di Antonio De Rose
Nell'auditorium di Donnici, una frazione del comune di Cosenza
e paese d'origine di Antonio De Rose, il 29 dicembre scorso
l'Associazione culturale donnicese ha organizzato una serata
per ricordare il compagno morto per un male incurabile in Toscana
a Pontedera nell'agosto 2013. Una settantina di persone vi hanno
partecipato, tra amici, conoscenti, semplici cittadini ed un
gruppo di compagni provenienti da tutta la provincia. I vari
interventi dei relatori hanno affrontato principalmente tre
filoni tematici: l'uomo, l'anarchico, l'artista poliedrico capace
di eccellere come poeta, pittore, attore e fumettista. Ad inizio
serata il musicista Paolo Presta ha eseguito con la sua fisarmonica
una suggestiva ed originale versione strumentale della canzone
“Il galeone”.
Nicola Olivito, membro dell'Associazione culturale donnicese,
ha tracciato il profilo di De Rose uomo, sottolineando la sua
natura di persona disponibile, sincera, che rispettava tutti
ma che non smise mai di trasmettere a tutti con immutabile coerenza
il suo profondo ideale di libertà e la sua immensa cultura.
I compagni Giovanni d'Ippolito e Domenico Liguori, invitati
dall'associazione a dare una testimonianza “dal di dentro”,
hanno ripercorso il suo quasi trentennale impegno di militante
che lo hanno visto attivo prima a Cosenza col gruppo Malatesta,
poi nella Presila cosentina ed in seguito nella redazione del
settimanale anarchico Umanità Nova a Spezzano
Albanese. Il decennio da lui vissuto in Presila è stato
un continuo susseguirsi di iniziative e momenti di lotta sulle
tematiche più svariate, locali o nazionali, tese a proporre
la visione anarchica su ogni problema o questione sociale. Nei
primi anni '80, quando la mano repressiva dello Stato non dava
tregua, Antonio e tutti i compagni del Cosentino si impegnarono
in dure lotte tese a smontare il pretestuoso tentativo di criminalizzazione
dell'anarchismo calabrese, con arresti e la chiusura della pizzeria
che Antonio gestiva a Casole Bruzio con altri compagni. Nell'85
iniziò una nuova stagione di presenza quasi quotidiana
sul territorio in seguito alla nascita del gruppo specifico
anarchico “Bandiera Nera” e un collettivo di base
per costituire un centro sociale autogestito in Presila. Videro
la luce un paio di giornali locali, varie attività sociali,
manifestazioni su temi ecologici o antimilitaristi, una conferenza
sull'ecologia sociale con Murray Bookchin, mostre tematiche
itineranti nelle piazze, l'organizzazione presso l'università
di Arcavacata del convegno Centro-sud sul tema “Anarchismo
e lotte sociali nel sud” e la partecipazione attiva al
nucleo originario di gruppi che diede inizio al movimento d'opposizione
agli F16 della NATO che gli americani volevano installare ad
Isola Capo Rizzuto.
Agli inizi degli anni '90, Antonio si trasferì a Spezzano
Albanese dove per anni, oltre a dare un contributo alle attività
del gruppo “Pinelli”, si prese l'incarico di gestire
la redazione tecnica di Umanità Nova delegatagli dal
congresso della Federazione Anarchica Italiana (Fai) svoltosi
a Trieste, che portò avanti con un impegno e una costanza
quasi maniacale.
La serata si è conclusa con l'esibizione dei Suonatori
libertari calabresi che hanno intonato alcuni dei canti anarchici
dialettali da loro composti che Antonio apprezzava molto.
Giovanni D'Ippolito
Casole Bruzio (Cs)
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