storia
Ma quali anarchici d'Egitto!
di Costantino Paonessa
Nel secolo e mezzo di vita del movimento anarchico di lingua italiana, militanti e gruppi sono emigrati in tutti e cinque i continenti. Tra la metà dell'Ottocento e l'inizio del Novecento vi è stata una significativa presenza al Cairo e ad Alessandria d'Egitto.
Intorno alla metà del
XIX secolo il flusso di lavoratrici e lavoratori europei immigrati
nei paesi del Maghreb e dell'Impero ottomano favorì la
diffusione dell'internazionalismo e del socialismo anti-autoritario,
accanto a altre ideologie politiche. Tuttavia, per vari motivi
riconducibili a temi quali la “decolonizzazione dell'anarchismo”
o l'orientalismo, ma anche l'egemonia di certe correnti storiografiche,
la loro storia ha interessato poco storic*1
e militanti finendo, come nel caso dell'Egitto di cui si parlerà
qui di seguito, quasi del tutto dimenticata.
L'effervescenza anarchica tra il 1860 e il 1882
Sebbene la presenza di colonie europee sul territorio egiziano
risalisse al Medioevo, fu solo a partire dalla presa del potere
di Muhammad Ali che il flusso migratorio dall'Europa (e non
solo) divenne imponente. I governatori d'Egitto avviarono un
intenso processo di modernizzazione di alcune istituzioni e
organismi della società egiziana; questo processo, di
fatto, aprì le porte all'emigrazione di tecnici e manodopera
europea. Inoltre, fino alla fine dell'Ottocento almeno, i viceré
d'Egitto concessero una facile ospitalità anche agli
esiliati politici europei che rischiavano, altrove, di essere
imprigionati e deportati. Allo stesso tempo, il regime delle
capitolazioni (il diritto per gli stranieri di sottostare alle
leggi del proprio paese e di essere giudicati dai giudici consolari)
spesso era utilizzato dagli stati europei per tenere lontano
dalla patria le persone ritenute “maggiormente pericolose”.
È in questo contesto che, nei primi anni '60 del XIX
secolo, si costituirono associazioni carbonare, repubblicane
e mazziniane tra i lavoratori migranti e gli esiliati politici,
prima ad Alessandria – città e porto chiave per
le comunicazioni nel Mediterraneo – e poi al Cairo. In
questi gruppi, circa dieci anni più tardi, si affermerà
l'internazionalismo con l'arrivo di reduci della Comune e dei
moti bakuninisti del ‘74.
In questo periodo compare la figura di Ugo Icilio Parrini (m.
1906), “L'orso”, già segnalato nel 1870 come
internazionalista dalla polizia del Cairo. Al suo nome sarà
legato un trentennio di attivismo anarchico e rivoluzionario.
Proprio Parrini, negli anni '80, si fece promotore dell'unificazione
dei gruppi anarchici di lingua italiana, presenti in tutte le
principali città industriali egiziane con varie sezioni,
di cui almeno una femminile. L'Egitto entrò, così,
nella rete internazionalista globale con cui condivideva attivist*,
idee e pubblicazioni2.
Nel 1878 sbarcarono ad Alessandria alcuni internazionalisti
in fuga dalla repressione dei moti del beneventano: tra questi
il giovane Enrico Malatesta, che ritrovò qui suo fratello
Aniello. Enrico Malatesta rimase ad Alessandria per un breve
periodo ma tornò in Egitto nel 1882, quando gli anarchici
provarono, senza riuscirci, a sostenere i moti nazionalisti
di Ahmad Orabi: alla repressione di questi moti seguì
l'occupazione britannica.
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L'invito alla conferenza tenuta da Pietro Gori al Cairo (Egitto)
il 23 marzo 1904. Fonte: Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri |
Dalla stasi al nuovo impulso dell'attivismo rivoluzionario
Divisioni ideologiche e personali, la repressione della polizia
e soprattutto il costante vagare dei militanti, portarono nel
decennio successivo a una paralisi del movimento, che però
non smise di esistere del tutto. Alla fine del secolo, gli anarchici
riuscirono a riorganizzarsi e a giocare un ruolo d'avanguardia
nell'introduzione di idee e pratiche radicali nelle principali
città d'Egitto. Ugo Icilio Parrini e Luigi Losi al Cairo;
Pietro Vasai, Francesco Cini, Roberto D'Angiò ad Alessandria,
nonché decine di altri e altre militanti, diedero un
forte impulso all'attivismo rivoluzionario non mancando di preoccupare
le autorità italiane, inglesi ed egiziane.
In occasione del viaggio dell'imperatore di Germania a Istanbul
e Gerusalemme, un agente del consolato italiano ad Alessandria
fece fabbricare delle bombe che vennero introdotte nel negozio-circolo
politico di Parrini e poco dopo trovate dalla polizia. Fu l'occasione
per arrestare tredici militanti, tra cui Parrini e Vasai: alla
fine, vennero tutti scagionati da ogni accusa, ma solo dopo
un anno di permanenza nella prigione di Muharram Bay. Usciti
di galera e aiutati da decine di militanti arrivati dall'estero,
tra cui molti reduci dalla guerra greco-turca del 1897, gli
anarchici cominciarono un impressionante lavoro di propaganda,
attività politica e agitazione della classe operaia.
Si trattava di un movimento policentrico, spesso polemico al
suo interno, ma di grande dinamismo.
Nel 1900 arrivò ad Alessandria Luigi Galleani. Subito
arrestato mentre era degente in ospedale, fu scagionato un mese
dopo grazie ad amnistia. Sembra sia dovuta a lui la redazione
dello statuto dell'Università Libera di Alessandria,
fondata principalmente ad opera di anarchici nel 1901. L'università,
che doveva essere caratterizzata da “fraternità
e mutua tolleranza”, era aperta a tutti senza distinzione
di nazionalità, lingua, religione e sesso.
Nello stesso tempo l'attività degli anarchici si indirizzava
a pianificare nuove forme di organizzazione, lotta e rivendicazione
della classe operaia quasi del tutto sconosciute nell'Egitto
dell'epoca: nuove associazioni e leghe di resistenza organizzarono
scioperi, cortei e assemblee. Si intensificò la propaganda
anarchica con la formazione di circoli di studi e la pubblicazione
di opuscoli, volantini e giornali. Il primo maggio, l'anniversario
della Comune e il XX settembre erano costantemente occasioni
per organizzare riunioni e incontri tra gli anarchici. Ad Alessandria
venne fondata la “Baracca rossa” dallo scrittore
Enrico Pea. Si trattava di un magazzino, ritrovo anche di anarchici
e anarchiche, che diventò celebre, più tardi,
per essere stato frequentato da Giuseppe Ungaretti e dalla giovane
Leda Rafanelli.
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Il Domani, periodico libertario del Cairo. Fonte:
Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna |
Polemiche e dissidi interni
Il movimento, tuttavia, soffriva della mancanza di unione e di fortissime divergenze interne. La fondazione ad Alessandria del giornale di orientamento sindacalista Tribuna Libera, ad opera di Pietro Vasai e Joseph Rosenthal, approfondì la distanza tra questo gruppo e la corrente individualista e anti-organizzatrice di Parrini e dei compagni del Cairo. Questi, infatti, rifiutarono di raccogliere fondi per sostenere Tribuna Libera, preferendo fare una sottoscrizione per il periodico Era Nuova, fondato a Napoli da Raffaele Valente. Quando poi, ad Alessandria, decisero di fondare il periodico L'operaio, il gruppo del Cairo mandò alle stampe Il domani. Periodico libertario.
Le divisioni travalicarono l'ideologia, arrivando in alcuni casi ad attacchi personali. Neppure un giro di conferenze “accademiche” di Pietro Gori all'Università Libera di Alessandria, nel 1904, riuscì a cambiare le cose. Le polemiche e i dissidi interni portarono al blocco delle attività politiche e di propaganda.
A complicare le cose, nel 1906 giunse inaspettata la morte di Parrini, “il grande seminatore”, come lo definì Enrico Pea: Parrini era da tempo in gravi condizioni di miseria. Con lui sparì, sicuramente, l'anima dell'anarchismo di lingua italiana in Egitto.
Nuovo attivismo anarchico e unione ritrovata dopo il 1908
Per avere una ripresa dell'attivismo anarchico, bisogna aspettare
il 1908. A gennaio di quell'anno Vasai arrivò al Cairo
come rappresentante della Lega di Resistenza di Alessandria,
al fine di trovare fondi per gli operai in sciopero. Nel novembre
1908, Vasai convocò un riunione al Cimitero civile del
Cairo dove fu approvata la pubblicazione di un nuovo giornale
di propaganda anarchica, L'Idea, che vide la luce nel
marzo 1909. A quel tempo, Vasai si era trasferito nella capitale
egiziana. Non a caso, il console italiano segnalava al ministero
degli interni a Roma un “certo risveglio del partito
socialista e anarchico”.
Nella primavera del 1909 fu fondato al Cairo un Circolo Ateo
i cui soci, si legge nello statuto, “si propongono di
studiare, svolgere, propagare tutte quelle verità, dimostrate
dalla scienza in contraddizione ai principi religiosi e deistici”.
Nello stesso periodo fu creato ad Alessandria il Circolo dei
liberi pensatori: tra i fondatori c'era un altro noto anarchico,
Umberto Bambini.
Il 4 luglio 1909, al teatro Eden del Cairo, socialisti e anarchici
fondarono la Federazione Internazionale di Resistenza fra gli
Operai. Il suo scopo, come si legge nel manifesto redatto anche
in greco e arabo, era “l'emancipazione dei lavoratori
e l'immediato miglioramento delle loro condizioni”.
L'organizzazione, precisava il manifesto, “resterà
estranea ad ogni partito politico o nazionale o religioso”.
Poco più tardi, il 25 luglio, gli anarchici del Cairo
e di Alessandria, riuniti in una fiaschetteria, decisero di
convocare un convegno per “gettare le basi di un definitivo
accordo nel movimento anarchico d'Egitto”. Il convegno
fu fatto il primo agosto 1909 presso il Circolo Ateo di Alessandria.
Dopo anni di divisioni si giunse, finalmente, a una sorta di
intesa programmatica. Tre ore di discussione servirono alla
redazione del documento finale dal titolo Perché siamo
anarchici – Che cosa vogliamo. Il documento lasciava
la “razionale libertà di azione tanto agli anarchici
aggruppati quanto a quelli che intendono esercitare la propaganda
individualista”. Allo stesso tempo si dava “la
possibilità che gli anarchici possano far parte delle
organizzazioni operaie”.
La ritrovata unione, sebbene di breve durata, si fece sentire
anche attraverso la “propaganda pratica”.
In occasione dell'arresto di Francisco Ferrer, venne costituito
ad Alessandria un comitato Pro–Ferrer di cui facevano
parte anarchici, socialisti della sezione Pisacane, membri del
Circolo Ateo e dei Liberi pensatori. Quando poi l'anarchico
spagnolo fu ucciso, oltre a un numero speciale Pro-Ferrer,
si tennero molteplici manifestazioni pubbliche e fu posta una
lapide al cimitero civile.
Gli anarchici ripresero anche a organizzare e partecipare alle
lotte operaie. Ripresero vigore le leghe, prima di tutto quelle
dei tipografi e dei sigarettai. Nuova enfasi fu data alle commemorazioni
degli anniversari per incentivare la propaganda. Eventi pubblici
furono organizzati per il primo maggio 1909 e 1910. Ad Alessandria,
nel 1910, un corteo per commemorare l'anniversario dell'esecuzione
di Ferrer sfidò il divieto della polizia che, dispiegata
in forze, riuscì solo a deviarne il percorso.
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Volantino distribuito al Cairo (Egitto) nel 1910 Fonte:
Archivio Biblioteca Franco Serantini di Pisa |
Documento firmato dagli anarchici di lingua italiana in Egitto.
Fonte: Archivio Biblioteca Franco
Serantini di Pisa |
Il declino
A distanza di un anno, tuttavia, il movimento cominciò
di nuovo a declinare. Stando alle parole di Vasai, le cause
erano da attribuire a “dissensioni e guerre intestine,
piaga di cui è infetto l'elemento anarchico d'Italia
specialmente”. In effetti, nel 1912 Vasai pubblicò
un appello per una discussione allo scopo di mettere d'accordo
“i diversi elementi combattenti”, senza riscontrare
successo.
Al 1913 risale la pubblicazione di un ultimo giornale, che a
quanto pare suscitò un largo consenso, l'Unione,
di orientamento anarco-sindacalista e anti-militarista. L'attivismo
dei militanti anarchici era a quel tempo rivolto verso il movimento
operaio per promuoverne l'unione, “primo passo verso
la libertà e il benessere”, anche attraverso
la fondazione di un'unica organizzazione dei lavoratori. Probabilmente
a causa della guerra, nel 1914 il giornale fu chiuso. Vasai
subì un ultimo processo, insieme all'anarchico Macrì,
per “apologia di regicidio”, accusa da cui venne
scagionato prima di lasciare l'Egitto, malato di tisi, il 7
luglio 1916. Con la sua partenza, si può dire che finisca
la storia del movimento anarchico di lingua italiana in Egitto.
Le cause furono tante.
La guerra inasprì la sorveglianza britannica e mise fine
al regime delle capitolazioni. L'ascesa del nazionalismo egiziano
(da sempre ostile al radicalismo, specie se di classe), la fondazione
del partito socialista (ad opera di J. Rosenthal) e del partito
comunista dopo la rivoluzione russa, nonché l'arrivo
al potere del fascismo in Italia, diedero il colpo di grazia
al movimento anarchico. Negli anni '20 del XX secolo gli anarchici
si ritirarono progressivamente dall'attivismo politico; molti
tornarono nei paesi di origine, qualcuno fu espulso, come il
sindacalista Giuseppe Pizzuto. Altri, pur non dissociandosi
dai loro ideali, si ritirarono a vita privata.
Costantino Paonessa
Note
- Si veda l'interessante lavoro di I. K. Makdisi, The Eastern
Mediterranean and the Making of Global Radicalism, 1860 –
1914, University of California Press, 2010.
- Nonostante la presenza di attiviste e rivoluzionarie (Leda
Rafanelli, Maria Anastasi, Charlotte Rosenthal) si può
dire che il movimento anarchico in Egitto fosse costituito
prevalentemente da uomini. Per questo motivo, nel solo intento
di facilitare la lettura, si adotterà, quando non evitabile,
il cosiddetto maschile generico.
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