pedagogia libertaria
Un arcipelago di esperienze
testo e foto di Giulio Spiazzi
Da anni la Rete per l'Educazione Libertaria costituisce un punto di riferimento importante per le numerose realtà impegnate in nuovi percorsi educativi. Lo scorso settembre si sono tenuti ad Osimo (Ancona) due appuntamenti stimolanti.
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Un momento del Seminario della Rete per l'Educazione Libertaria tenutosi alla scuola libertaria Serendipità di Osimo (An). (Tutte le foto che illustrano questo dossier sono state scattate ad Osimo-An) |
Le scuole in libertà
testo e foto di Giulio Spiazzi
Il 19 settembre si è svolto a Osimo (Ancona) il secondo seminario della Rete per l'Educazione Libertaria. Eccone un resoconto.
Da lontano, la cittadina di Osimo sembra un'isola emersa dalle
onde multicolori delle dolci colline marchigiane. E tale immagine
di viaggio si abbina presto con i contenuti espressi nel corso
del secondo seminario e del sesto incontro nazionale della Rete
per l'Educazione Libertaria, svoltisi nelle giornate di sabato
19 e domenica 20 settembre 2015.
Si menziona la metafora dell'isola, accostata agli eventi culturali
della REL, in quanto la “Rete”, a tutt'oggi, si
presenta sempre più come una realtà variegata
e complessa, in costante divenire, dai contorni partecipativi
simili ad un “arcipelago” (dunque ad un insieme
di isole in volontario collegamento) di idee, progetti, realizzazioni.
Veniamo ai fatti.
L'appuntamento annuale di quest'anno può a ben ragione
dirsi l'occasione privilegiata per restituire, a chi è
interessato alla ricerca educativa libertaria, una traccia chiara
di tutto il lavoro di fitto contatto e di sincere relazioni
portato in essere silenziosamente nel corso degli anni da chi
vive e frequenta la REL come progetto (anche) politico, d'assieme.
Il dato che tra le campagne ed il centro città di questo
ennesimo gioiello storico-architettonico-naturalistico dell'Italia
centrale (ovvero Osimo) abbiano colloquiato, con fare di reciproca
“intesa nelle diversità”, rappresentanti
delle comunità auto-educanti di realtà da anni
presenti nella Penisola, con nuovi ambienti educativi approdati
con visione di percorso al mondo variegato della REL, testimonia
la forte volontà e determinazione, finalmente presente
anche in questo Paese, di rafforzare e ampliare quel sentire
libertario in campo educativo, iniziato nella pratica un decennio
fa e che vede finalmente coinvolti tutti “i punti cardinali”
geografici d'Italia.
Un breve elenco può da subito mettere in luce la preziosità,
la valenza e la prospettiva d'orizzonte di questa consistente
“emersione” di “terre educative”. Kether
a Verona, I Saltafossi a Bologna, Mareggen a Genova,
Serendipità ad Osimo, Urupia a Francavilla
Fontana nel Salento, Ubuntu ad Abbiategrasso, I prataioli
a Pavullo, la Scuola senza Scuola a Modena, la Scuola
Libertaria ad Assisi, Selva in Val Camonica, e le
partenti Bamborin di Milano, Mandala della Bassa
Valtellina e I Pissacani di Padova, oltre a situazioni
d'interesse, espresse da singoli individui e da gruppi che si
stanno chiedendo come poter realizzare nel proprio contesto
un primo passo concreto per poter esprime una realtà
auto-educante libertaria. Insomma, ciò che salta evidente
è che, dopo anni di tenace lavoro, l'arcipelago REL si
sta espandendo, mantenendo viva e vivace la costante attenzione
dialogica sui presupposti da cui nasce.
Le presentazioni in cerchio di sabato 19 ottobre, concretizzano
e rafforzano ulteriormente la sensazione di diffusione dell'interesse
per questo fare auto-formativo. Genitori, educatori ed educatrici
provenienti da Reggio Emilia, Iesi, Noto, Perugia, Fano, Torino,
come pure dal Brasile e dalla Spagna guardano con interesse
i temi proposti dalla giornata di seminari “interni”,
che vede coinvolti anche insegnanti della scuola di stato e
ragazzi, ormai maturandi diciottenni, dell'ex Kiskanu
di Verona. I temi proposti dai sei gruppi di lavoro che presto
scompongono e riorganizzano spontaneamente l'assemblea iniziale
sulla base d'interessi, curiosità e voglia di testimonianze
vive, trattano i seguenti argomenti: 1) “Il doppio
binario: come coniugare l'esperienza auto-educativa libertaria
e le richieste dell'istituzione statale (esami, programmi, certificazioni,
ecc.)” promosso da Francesco Giordano, Giulio Spiazzi
e tre ex studenti di Kiskanu-Verona; 2) “Postura
non adultocentrica dell'accompagnatore/trice”, condotto
da Gabriella Prati e dalle accompagnatrici de I Saltafossi
di Bologna; 3) “La gestione del conflitto”, con
Francesco Codello e Thea Venturelli della realtà auto-educante
di Urupia; 4) “L'avvio di un'esperienza di scuola
libertaria” promosso da Mara Melotti e dalle educatrici
de I Saltafossi e di altre realtà in movimento;
5) il “Rapporto con i genitori”, gruppo di scambio
di esperienze per accompagnatori/trici, condotto da Emily Mignanelli
e Veronica Pacini della scuola libertaria di Osimo Serendipità;
6) “Essere genitori in un'esperienza di scuola libertaria”
come gruppo di lavoro aperto per genitori che si vogliono raccontare.
Il fitto studio frazionato, si snoda per l'intera mattinata
di sabato 19 settembre, per proseguire poi intensamente (dopo
una doverosa e accogliente pausa pranzo) nel pomeriggio e concludersi
alla fine in assemblea plenaria, con le ragionate restituzioni
collettive messe all'ascolto da “oratori spontanei e intra-seminariali”,
non posti in “ordine di cartello”, appartenenti
ai vari nuclei di partecipazione. [...]
L'importanza del dialogo
Veronica Pacini, che con Emily Mignanelli costruisce quotidianamente
(tramite un tessuto di sensibilità e relazione costante
con gli adulti genitori – caratteristica prima di Serendipità),
la realtà auto-educante ospitante di Osimo, ha portato
come voce d'assieme il contributo di seminario sintetizzato
in un pamphlet disegnato gradualmente durante il confronto
dialogico, parlando di ciò che si è elaborato
nel laboratorio d'incontro dedicato ai rapporti con i genitori:
“Come primo passo, abbiamo messo in comune sul tavolo
di discussione, le varie esperienze e le preoccupazioni legate
a questo tipo di rapporto che intrinsecamente genera delle difficoltà,
sia negli educatori che nei genitori, in quanto esistono innegabilmente
dei ruoli diversi. Al centro ci sono i bambini che sono
i beni più preziosi dei genitori e quindi c'è
molto lavoro da fare su entrambe le sponde.
Il nostro punto di partenza è stato: “Non siamo
Summerhill” (scuola democratica anglosassone fondata da
Alexander Sutherland Neil, ndr), quindi i genitori non
possono essere esclusi completamente dalla partecipazione alle
dinamiche della comunità auto-educante. Dunque, come
si può gestire un rapporto il più possibile sano
e sereno tra le parti in relazione?
Siamo così partiti un po' dal prima di iscrivere
i bambini a scuola e abbiamo analizzato due situazioni che accadono
quando si apre una realtà come quelle riunite nella REL:
la scuola che parte dai genitori e la scuola che
si muove dagli educatori.
Questo fatto pone problemi diversi rispetto a tale tipo di rapporto.
Per noi, la scuola che parte dai genitori, iniziando appunto
da genitori, è forse anche più difficile dell'altra.
Distinguere i ruoli e capire “cosa possa decidere il gruppo
dei genitori” e “cosa il gruppo degli educatori”,
è innanzitutto osservare e comprendere come gestire questa
relazione.
La competente esposizione di Veronica su uno dei gangli più
accesi e discussi dei rapporti interni ad un cammino libertario
auto-educativo, si situa anch'essa sul salutare confine del
dubbio: “Chiaramente non ci sono alla fine uscite delle
risposte, ma delle riflessioni. La necessità più
forte è quella di chiarire prima; e quindi di distinguere
i ruoli. Che cosa decide il gruppo dei fondatori, se è
costituito dai genitori? Ma poi, dopo tale presa d'iniziativa,
cosa decide l'equipe di educatori? Il “piano pedagogico-umano”,
a chi compete? A chi sta con i bambini tutti i giorni? Al gruppo
fondatori? Ai genitori?
Insomma, il lavoro da fare è probabilmente quello di
discutere e ridiscutere tanto per individuare le responsabilità
e fare tutti un “atto di umiltà” per stare
dentro al proprio ruolo e non invadere quello altrui.
La seconda situazione riguarda invece, tramite queste analisi,
quella di una scuola che nasce dagli accompagnatori. “Qui
abbiamo fatto assieme svariate considerazioni”, afferma
Veronica Pacini di Serendipità “e abbiamo
maturato l'idea (magari poco piacevole ma obbligata dalle risultanze
sovente distruttive già sperimentate, che regolarmente
colpiscono i gruppi d'aggregazione) di vari stop, vari
biglietti d'ingresso. Da una parte ai “genitori
modaioli”, perché a tutte le persone che hanno
lavorato in questo nostro gruppo di discussione è capitato
d'incontrare l'interesse da parte di famiglie che volevano semplicemente
la “scuola alternativa”, che adesso va tanto di
moda”.
“Insomma, quindi ci si è chiesti: come riconoscerli?
Come arginare questa cosa? Perché, nella quotidianità,
questo fattore è come una bomba. Infatti se la motivazione
non è forte ma è solo una motivazione di facciata,
solo per dire: “Nostro figlio va alla scuola libertaria”,
possono esplodere dei problemi da un momento all'altro, che
danneggiano gravemente tutto l'ambiente di sensibilizzazione”.
[...]
“Bisogna impegnarsi a capire bene dove vogliono andare,
che cosa stanno cercando queste famiglie e se noi siamo la risposta
ai loro bisogni. Dunque, questa scelta come farla? È
quindi emersa la visione di tutti che il gruppo degli accompagnatori
debba avere ben chiaro che cos'è la propria scuola, che
pure essendo sempre una “cosa in movimento, in divenire”,
sappia dire intanto cosa non è; e questo, potrebbe
già essere un buon punto di partenza. E poi, avere una
chiarezza sul “patto educativo”, quindi dire: “Bene,
genitori, la nostra scuola è così e così,
i bambini hanno la libertà di scegliere queste cose;
hanno diritto al tempo, all'apprendimento svolto in un certo
modo, ecc.”. Dunque, essere molto chiari, cosa che a volte,
soprattutto all'inizio, magari non lo si è sufficientemente
e si dice: “prendiamo questo e quello” perché
intanto abbiamo bisogno di genitori, di famiglie e di bambini.
Ma ciò in realtà non funziona. Meglio dunque essere
solo in due ma, convinti, piuttosto che in duecento senza
la comprensione di cosa si stia facendo”.
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La lunga preparazione della giornata dei Seminari
REL a Serendipità |
Un cammino parallelo
Le restituzioni collettive assembleari proseguono con l'esposizione
delle tematiche analizzate e discusse dal gruppo del “doppio
binario”, ovvero del cammino in parallelo tra educazione
libertaria e statale in ambito di richieste, strumenti e tentativi
di reciproche comprensioni e collaborazioni.
Con Francesco Giordano, membro fondatore della REL e, contemporaneamente,
insegnante di lungo corso della scuola istituzionale, si è
messa in rilievo quella possibilità d'incontro che una
realtà auto-educante dovrebbe tenere sempre ben presente
per poter lavorare incisivamente, con prospettive di progettualità
estese nel tempo, sul proprio, specifico territorio.
La comunità auto-educante libertaria non ha in sé
come motivazione fondante, quella di nascere come “contrapposizione”.
Essa è presente “nel mondo” dove i bambini/e
crescono e non è avulsa dalle problematiche dello stesso.
Perciò costituisce essa stessa una “piccola differenza”
che colloquia con la “grande differenza” della scuola
di stato.
Molto pragmaticamente dunque la ricerca educativa libertaria
dovrebbe quindi creare territorialmente un reale “percorso
di contatto” con le persone che vivono nella scuola
statale e che spesso “gestiscono” le indicazioni
di futuro dei cammini di studio dei ragazzi/e. Questo (ancora
una volta) incontro con le disponibilità e sensibilità
presenti nelle pieghe della scuola dovrebbe nascere prima
di tutti quei successivi passaggi tecnici (domande cartacee,
scambio di modulistica, trattazione dei programmi/mappe concettuali,
presentazioni d'esame, ecc.) che possono scandire annualmente
i ritmi di vicinanza tra le due realtà auto-educanti
ed educative, nella scelta parentale/genitoriale-istituzione
certificante.
Il dialogare, l'aprire un confronto con la “regola di
Stato”, o meglio, (con i dirigenti scolastici in quanto
persone), l'evitare lo scontro subitaneo con essa, rientra come
“cerchio allargato” nella pratica libertaria del
tessere “relazioni”. [...]
Il seminario dedicato al “doppio binario” ha dunque
messo a disposizione pure una relazione sugli strumenti pratici
che una nuova realtà auto-educante deve conoscere ed
“avere in mano”, nel momento in cui va a “bussare
alla porta” della dirigenza scolastica di zona, dalla
modulistica ai piani di studio collettivi e individualizzati,
dai profili di presentazione dei ragazzi/e alle auto-valutazioni,
ecc., mettendo dunque a disposizione degli interlocutori statali,
con sicurezza e non con “sensazione di inferiorità”
o, peggio, “sudditanza” tutti gli elementi di “splendida
diversità”, che, anche dal punto di vista delle
“carte parlanti”, della burocrazia d'iscrizione,
una comunità libertaria di studi sa fornire per operare
negli interstizi della “normalità scolastica”.
[...]
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La felicità è un dondolo senza
parole |
L'importanza del tempo e dell'attesa
Insomma, in sintesi, un agire di stretto contatto che finalmente
“ibrida”, “mescola”, “meticcia”
nuove possibilità di lavoro comune, non più e
solo teoriche ma operative, rivolte alla fine al bene dei giovani
studenti, ove la loro innata e imprevedibile potenzialità
creatrice non si senta più tarpata da un giudizio inappellabile
calato dall'alto “dell'inavvicinabile adultità”.
Il dato importante e portante della “controproposta”
esistente nelle risultanze di un diligente cammino di studi
libertario, formulato da ciò che “vogliono i bambini/e”
rispetto a un programma stabilito da entità di dominio
lontane dall'ascolto delle voci di chi vive effettivamente la
“scuola”, passa anche attraverso ciò che
“non vogliono”, ovvero sulla nostra accettazione
di una loro “opposizione” anche allo studio e, di
conseguenza alla tutela che la “scuola libertaria”
deve saper fare di questo “sacrosanto diritto” espresso
dallo studente-non studente.
Rispettare dunque i tempi, vivere nella forza dell'attesa,
rigettando l'angoscia per una mancata espressione di ciò
che forse l'accompagnatore adulto si “aspettava”
potesse provenire da un ragazzo/a coinvolto nel processo di
auto-formazione, diviene estremamente salutare, per l'accompagnatore
medesimo e ancor più per il suo “contatto-istituzionale”,
affinché il grande lavoro di incontro non diventi un
“gioco tra operatori”, tra “specialisti dell'educazione
differenziata”.
I “casi umani” di “renitenza allo studio”
sono i migliori “maestri” per ogni accompagnatore
libertario, insegnante, professore statale, ecc., e questo è
bene sempre ricordarlo.
Un ultimo elemento interessante di questo seminario di “ricerca
d'intesa”, ha visto nella gradualità il
fattore vincente di un percorso auto-educante libertario che
sappia durare nel tempo. Una “scuola libertaria”
non nasce dal giorno alla notte. Nella sua congenita imperfezione,
cammina con il procedere di chi la frequenta. Non esistono formule
magiche per crearla, la si fa e basta, dandosi tempo nell'errore
e nella correzione lenta e costante, senza pensare che possa
esserci mai un “modello sicuro” a cui appellarsi.
Questo dovrebbe far pensare molti che chiedono: come si fa una
“scuola libertaria”? Quali “tirocini”
svolgere per arrivare ad essere accompagnatori libertari? Perché
non proporre corsi di “formazione”? No, le comunità
auto-educanti libertarie hanno bisogno di pratica costante nel
tempo e sui territori, rimanendo salde ai propri “perché”
di base, ma senza pensare che un giorno esse stesse possano
diventare il nuovo paradigma di una “istruzione totale”;
semmai esse chiedono, quello sì, di alimentarsi a piacimento
del grande sogno utopico di una reale felicità dei giovani
interessati a crescere nella/e cultura/e, in un orizzonte di
disponibilità sempre più diffuso.
Esse dunque restano estremamente oscillanti e insicure, nei
metodi e nelle pratiche di riferimento per anni, senza pretese
di essere già arrivate ad una certezza di “purezza
libertaria”, concetto inevitabilmente e ontologicamente
lontano dalle proprie, medesime premesse di formulazione. E
tutto questo è salutare per chi vive e lavora all'interno
e per gli stessi interlocutori delle scuole di stato.
Il collettivo di dialogo accompagnato da Gabriella Prati de
I Saltafossi di Bologna, che ha trattato il tema della
“postura non adulto-centrica”, ha trovato nel passaggio
dalle testimonianze nominali orali, alla sintesi scritta di
un “abecedario delle sensazioni”, la comunicazione
di studio alla collettività assembleare.
Nel binomio di scambio ascoltare-ascoltarsi, partendo
dalle storie personali, si è profilata nel “cerchio
seminariale” dedicato a questo tema, l'importanza dell'identificazione
di una posizione nella costruzione di una relazione.
Partendo dunque da una situazione espositiva “a ruota
libera”, in cui sorgevano via via potenti immagini, percorsi,
rimembranze ed impressioni, a piccoli passi è maturato
all'interno dell'intesa di gruppo, un bisogno di realizzare
appunto relazioni “d'ascolto interno/esterno”
[...] “premessa indispensabile affinché questo
rapporto diventasse paritario, sufficientemente paritario, tra
persone grandi e persone piccole”. Dunque, dopo una fase
concreta di scrittura, di lettura e rilettura partecipata, si
è arrivati ad un “riconoscersi” nelle parole
così interiorizzate, rese consce negli individui e nel
gruppo di tessitura dialogica “proprio perché fosse
una testimonianza singolare nel senso del soggetto; perché
è appunto il soggetto che è impegnato, in questa
ricerca, in questa relazione”. [...]
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I gruppi di lavoro all'opera nel giardino di
Serendipità |
Lo spazio del bambino
La trattazione ha dunque convenuto che alla base di questo rapporto,
deve esserci un chiarimento, una presa d'atto, un intento ben
chiaro e definito all'interno del gruppo, tra accompagnatori
e genitori, affinché si sviluppi una sincera collaborazione
sperimentata nel quotidiano. Così discutendo, il seminario
ha analizzato l'importanza dello spazio proprio del bambino,
dal quale il genitore non sia comunque escluso, ma che ne sia
complice, che possa quindi costruire un cammino educativo, assieme
all'accompagnatore e al ragazzo/a (che comunque restano il binomio
più prestante di questa relazione).
Più interventi hanno riconfermato che la teoria del “fare
un passo indietro” risulta essere l'espressione più
evidente della fiducia che l'adulto può dare ad
un bambino/a. Il bambino/a sa che cosa lo fa star bene, sa prendere
decisioni se gli vengono effettivamente forniti gli strumenti.
Dunque è stata sottolineata anche una sorta di “accompagnamento
alla propria libertà”, dove, ad esempio, in assemblea
la parola di un piccolo/a viene realmente ascoltata, cioè
a tutti gli effetti “conta”.
Nel corso dei confronti si è toccato quindi anche il
problema della quotidianità organizzativa, ma pure “didattica”,
di una realtà auto-educante. Il non smorzare la curiosità
dei giovani studenti si sposa con il cercare di facilitare
la stessa, vivendola come accompagnatore/trice che partecipa
della scoperta del sapere, nel rispetto delle effettive tempistiche
differenziate d'apprendimento.
Nelle scuole “tradizionali”, dove purtroppo si privilegia
il “ritmo serrato”, ciò avviene di rado e
il “giocare a non far niente” è assolutamente
non contemplabile. Ecco perciò che lasciare che i bambini/e
e i ragazzi/e si possano “riappropriare della noia”,
in funzione di crescita, diventa un altro fattore importante
proposto dall'ambiente auto-formativo libertario. Come è
dunque possibile, economicamente, burocraticamente, attuare
una esperienza “dal basso” effettivamente libertaria?
Il tavolo di discussione ha rimandato a varie considerazioni
dettate primariamente dalle metodologie già nel tempo
sperimentate: dall'autofinanziamento, alla scelta della forma
associativa costitutiva, alla sede, ecc., per arrivare ad una
crescita di consapevolezza personale e di gruppo tale da poter
permettere ad ognuno di prendere dalle esperienze degli altri
un qualcosa che possa rafforzare concretamente l'avvio di una
scelta ben precisa e precisata.
Alla fine, si è convenuto largamente che tale percorso,
pur con le sue ripetute difficoltà, rafforza l'intesa
e la determinazione degli accompagnatori stessi che, con la
effettiva messa in gioco, con la pratica diretta sul territorio,
attraverso tentativi, errori, messe in discussione, ecc., possono
effettivamente arrivare a creare la propria esperienza educativa
libertaria.
Tutti gli interventi espositivi dei singoli gruppi d'intesa
(riuniti in seminari tematici durante la giornata di sabato
19 settembre), hanno avuto come corollario, una certa serie
di domande e di ulteriori approfondimenti individuali e collettivi,
sviluppati dai partecipanti della plenaria generale di fine
lavoro.
I seminari della REL, sono un lungo processo di approfondimento
collettivo sulle tematiche dell'educazione libertaria, iniziato
due anni or sono alla Scighera di Milano, che hanno trovato
circa un anno fa nell'incontro con le nuove realtà aderenti
alla Rete, presso il “fienile” di S. Lorenzo a Bologna,
l'occasione per allargare la visuale d'azione e di pensiero,
nell'orizzonte di “emersione dell'arcipelago” educativo
libertario.
Con la giornata di Osimo, costituente il secondo seminario,
ai margini del VI incontro nazionale (di cui si parla nelle
pagine seguenti), si è manifestata la volontà,
sempre più partecipata, di proseguire negli anni con
più appuntamenti contemplati nell'ottica di “studio
di prospettiva integrale”, più che di stretta divulgazione.
Giulio Spiazzi
giuliospiazzi@gmail.com
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Il gruppo di lavoro di Francesco Codello e
Thea Venturelli |
Uno sguardo pubblico
testo e foto di Giulio Spiazzi
Il 20 settembre si è poi svolto il sesto incontro
nazionale della Rete per l'Educazione Libertaria.
La facciata neo-rinascimentale del teatro “la Nuova
Fenice” di Osimo si staglia all'improvviso lungo corso
Mazzini, in piazza Marconi, nell'affascinante centro storico
della cittadina marchigiana. La struttura di fine Ottocento,
costruita dall'architetto Gaetano Canedi sulle “ceneri”
del settecentesco stabile teatrale “la Fenice”,
è attualmente il principale centro della vita culturale
della città.
E qui, in questa prestigiosa cornice, ha preso il via nella
giornata di domenica 20 settembre 2015 il VI incontro nazionale
della Rete per l'Educazione Libertaria. Intento peculiare degli
interventi della giornata è stato quello di poter dare
al pubblico di partecipanti una corretta informazione ed un
“quadro di sentire” generale del movimento educativo
libertario italiano che si riconosce nella storia, nelle logiche,
nelle pratiche e nelle progettualità future della REL.
Ad aprire l'incontro, davanti ad una platea che occupava i quasi
duecento posti a sedere, le “padrone di casa” Emily
Mignanelli e Veronica Pacini della scuola libertaria “Serendipità”.
Con fare dolce, appassionato e inevitabilmente emozionato, sono
state tracciate le indicazioni guida della giornata: 1) l'Introduzione
storico-filosofica del pensiero libertario in ambito educativo,
portata da Francesco Codello; 2) L'origine ed il presente della
Rete per l'Educazione Libertaria con Maurizio Giannangeli, insegnante
di scuola statale a Milano, co-fondatore della REL e Giulio
Spiazzi co-fondatore di Kiskanu, della REL e della Piccola
Scuola Libertaria Kether di Verona; 3) Vive testimonianze
di ragazzi usciti da un lungo percorso di educazione libertaria
presso Kiskanu-Kether di Verona; 4) Piccole presentazioni
di alcune realtà educative libertarie aderenti alla REL
(per avere un quadro aggiornato dell'attività della Rete
in Italia). Ogni intervento, prevedeva anche una coda di domande
aperte, generate dal pubblico del teatro.
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Durante le iscrizioni ai gruppi tematici |
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I cuochi di Serendipità in azione |
Essere stranieri
Francesco Codello inizia il suo intervento, citando una frase
di Albert Camus: “Capita a tutti di essere stranieri”
qualche volta nella vita e, conseguentemente, “capita
a tutti di essere ultimi nelle fila, nella corsa, così
come è capitato a tutti di essere stati bambini e bambine”.
E dice questo per riportare immediatamente l'attenzione del
numeroso pubblico del teatro al “senso della memoria”,
al “non dimenticarsi dell'altro come bambino/a”,
riferendosi drammaticamente all'immagine scioccante di Aylan,
piccolo profugo siriano morto, abbandonato sulle spiagge della
Turchia, testimonianza palese di una distanza incolmabile, generata
dalla dimenticanza nei confronti del proprio simile in difficoltà
e, in specie, dell'altro in quanto “piccola” persona.
Tolstoj, grande scrittore, ma pure grande educatore, nel “non
dimenticare che ciascuno di noi è stato - e in parte
rimane, resta - bambino/a”, dice Codello, fu il primo
a sperimentare nella pratica ciò che oggi noi chiamiamo
Educazione “Libertaria”, che è un sinonimo
di “Anti-autoritaria”. Nei tre libri dell'autore
russo, Infanzia, Adolescenza, Giovinezza, narranti “tre
storie di se stesso”, (dunque, ben lungi dall'essere “manuali
educativi”), Tolstoj ha reso palese quell'arte
e non quella scienza, o peggio quella tecnica, che nell'educazione
è l'empatia, cioè quella capacità
e sensibilità di “contatto” dimostrata nei
riguardi di chi ci sta di fronte (bambino/a), maturata proprio
nel ricordo di “ciò che pure noi siamo stati nei
gesti e nelle sensazioni”, ed espressa chiaramente nella
relazione educativa anti-autoritaria.
Codello continua il tracciato storico e di pensiero, sottolineando
inequivocabilmente ciò che è provenienza,
“radice” del movimento libertario, per rendere tutti
coscienti del “dove ci si trova” e con “chi
ci si trova” quando si partecipa ad un incontro nazionale
della REL. “Siamo dentro ad una storia, una storia profonda
di cui andiamo fieramente orgogliosi e di cui sentiamo però
anche la responsabilità”. Una consapevolezza
di cammino radicalmente lontana dal turbine effimero delle “mode”
e che ha le sue sorgenti prevalentemente nel pensiero anarchico,
ma sostiene Francesco Codello “per fortuna non solo in
esso”.
La carrellata che scaturisce dall'autore di “testi-miliari”,
quali La buona educazione, Né obbedire, né
comandare, o, il recentissimo La campanella non suona
più, trascina la platea del teatro La Nuova Fenice,
in un excursus storico e di pensiero che parte dal 500
a.C., dalla Persia di re Dario, per giungere fino ai giorni
nostri.
Nella interessantissima disamina viene illuminata probabilmente
una delle prime chiavi di lettura da cui origina il pensiero
libertario in ambito antico: “il Saggio Otanes”
[interessante ed enigmatico il “gioco di lettere”,
n.d.a.], “interpellato da altri saggi su quale forma di
governo sarebbe opportuno appoggiare” per gestire la società
degli uomini liberi, risponde serenamente “io non partecipo
a questa discussione, non partecipo a questa gara, non voglio
né comandare, né obbedire”.
Ed in questo “monito innocuo”, si ritrova la “presa
di coscienza basilare” che ciascun educatore (e non solo,
ma ogni persona avente la possibilità di esercitare un
“potere” nell'ambito di un rapporto) dovrebbe avere
ben a mente nel momento cruciale di una “scelta”
sia nei confronti degli “altri” che verso “se
stessi”.
Con forza discorsiva e risolutezza, Francesco Codello affronta
incalzante il trinomio (filosoficamente e ideologicamente sempre
rischiosa preda di fraintendimenti) delle parole/concetto: libertà,
potere, autorità.
Da qui si è snodata coerentemente la logica dotta del
relatore, capace di evidenziare ed intrecciare sviluppi di pensiero
con aneddoti, nomi “sacri” o poco conosciuti, del
fitto universo (purtroppo, in Italia, ancora poco sondato) del
movimento anarchico e libertario mondiale, che hanno “con
le loro vite” ed anche “con il loro sangue”
permesso che la “rivoluzione dell'uomo libero” potesse
nei secoli e nei luoghi resistere, sopravvivere e dare un orizzonte
di speranza alla persona, senza venire cancellata, annichilita,
violata dalle temporanee e devastanti “rivoluzioni dell'uomo
nuovo” che hanno intellettivamente e purtroppo anche fisicamente
“macellato” menti e corpi di milioni di individui
più o meno consapevoli, tra cui inevitabilmente
decine di generazioni di bambini/e, ragazzi/e e di giovani (ne
sono state e ne sono piene le trincee e le città rase
al suolo durante i conflitti mondiali e oggi quelle degli “squartatoi
a cielo aperto” delle guerre a-simmetriche, n.d.a.).
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Da destra a sinistra: Bruno, Sabrina e Irene, ex alunni
di Kiskanu-Kether |
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Al tavolo di lavoro con Gabriella Prati |
Scelta e dominio
È dunque stata ben delineata una critica serrata al
concetto di libero arbitrio, alla possibilità
di scelta “incondizionata”, alla inevitabile
“discesa agli inferi” del potere che in troppi casi
si declina in dominio, ove le relazioni tra persone subiscono
una distorsione nel senso della gerarchia e della ineguaglianza
di rapporto, ove si elegge lo spazio del comando-obbedienza,
terreno di coltura dei sistemi di prevaricazione tra gruppi
sociali che in ambito educativo, come ha ben illustrato
Colin Ward, (uno dei “Maestri dichiarati” di Francesco
Codello), si traduce nell'immagine che risolve con bellezza
di visione, l'opposizione saper fare-saper far fare,
ovvero: “vaso, creta o fiore?” (vaso-creta: nel
loro inoculare-versare-riempire; modellare a propria
immagine-plasmare, dunque agire nel campo del dominio; versus
- fiore: lasciare che una persona sia ciò che è
come un fiore che cresce spontaneamente al quale si può
al limite preparare il terreno ove potrà svilupparsi
al meglio - e qui siamo nel cammino della libertà
e della autonomia).
La galleria di volti che nelle varie suggestioni espositive
è stata messa a disposizione degli attenti ascoltatori,
è passata così da Godwin a Goodman, da Nietzsche
al “rigido” Kant, da Michail Bakunin a Francisco
Ferrer Guardia e poi inconsuetamente da Parmenide ad Heidegger,
per ritornare a Paul Robin e Louise Michel a Sebastien Faure
e Madeleine Vernet, da Jean Wintsch ad Alexander Neill, per
terminare compiutamente nel ricordo (sempre commovente) di testimonianza,
della scelta “sacrificale” di un “giusto”
dell'umanità (e del pensiero e della pratica auto-educante
libertaria), ovvero del “Maestro Janusz Korczak”,
che seppe essere l'incarnazione dell'uomo libero, assieme
ai suoi giovani alunni, nel momento in cui “l'uomo nuovo”
assoluto accendeva le fiamme di sterminio di Treblinka. Un intervento,
quello di Francesco Codello, sempre all'altezza degli impegni
e delle situazioni di spessore culturale nazionale.
L'intensa mattinata marchigiana, è proseguita con la
presa di parola di Maurizio Giannangeli che ha tratteggiato
con usuale capacità e passione il quadro d'assieme in
cui si muove la Rete per l'educazione libertaria. “La
relazione si nutre di presenze” afferma Giannangeli “e
le presenze sono corpi reali”; la REL dunque che
non ha neanche una formalizzazione giuridica, uno statuto giuridico,
è una associazione di persone fisiche, concrete, che
partendo da motivazioni interiori, da un desiderio profondo,
ha dato vita, da alcuni anni, ad un soggetto reale che
tenta con le proprie forze e con le proprie capacità,
di divulgare, diffondere, mettere in contatto, in relazione,
le esperienze di pratiche auto-educative libertarie.
Giannangeli prosegue sottolineando il lavoro di tessitura,
di raccordo tra gruppi, di presa di contatti, che è proprio
alla REL. I seminari che organizza la REL, come quelli svolti
a Milano e a Osimo, mettono in chiaro che nessuno, da singolo
o in assieme, si propone come “esperto”, “formatore”,
divulgatore di un “ricettario” sul come “dev'essere
l'educatore libertario”. Ciò che chiede la Rete
a chi ne vuole far parte è invece un “momento di
auto-formazione”, dove gruppi e individui che si sono
“messi in moto” per creare situazioni auto-educanti,
possano incontrarsi, confrontarsi, portare i loro dubbi, le
difficoltà e la testimonianza costruttiva delle riuscenti
(o fallimentari) realizzazioni, per rafforzare comunemente le
pratiche educative che si vivono con i bambini/e. “La
dimensione è fortemente contestuale”, afferma Giannangeli
“quello che è in gioco in queste esperienze è
proprio una volontà trasformativa del mondo e
anche di sé stessi e quindi una messa in gioco di ciascuna
e di ciascuno di noi”. [...]
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Veronica Pacini di Serendipità
illustra il pamphlet prodotto nel gruppo di lavoro dedicato
ai genitori |
“Il progetto ha valenza politica”
In conclusione, è stato marcato il dato di fatto che
“La REL esiste perché esistono queste esperienze
e non viceversa”. Il progetto ha dunque una forte valenza
politica: il modello di scuola che costruisce se stessa in funzione
di integrare e inserire il soggetto che apprende nella società
“così com'è”, è radicalmente
agli antipodi del cammino aggregativo delle realtà della
REL, che viene svolto seguendo esattamente il processo inverso.
Sono infatti i gruppi auto-educanti che “chiedono alla
società di adattarsi alla trasformazione dei soggetti,
alla capacità di mutamento continuo che i soggetti mettono
in campo per non essere l'uomo nuovo ma per essere una
persona che ha la possibilità di manifestare una
proprietà di sé, di far scaturire una auto-nomos,
una possibilità di auto-determinarsi non nel senso egoistico
del libero arbitrio, del supposto “fare ciò che
si vuole”, ma di una libertà che è sempre
condizionata, in un contesto d'intesa”. La REL dunque
ha confermato la propria “distanza” dalla Carta
del Consiglio Europeo che perentoriamente delinea la “missione”
della scuola sulla pelle dei giovani, ovvero che invita gli
operatori e le istituzioni a “formarli” ed a “inserirli”
nella società così com'è. [...]
Giulio Spiazzi
giuliospiazzi@gmail.com
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