Rivista Anarchica Online


controsservatorio Giubileo

Quando il santo fa brodo

di Francesca Palazzi Arduini


Superstizione e necrofilia nelle celebrazioni giubilari.


Non c'è solo il sangue e il corpo della celebrazione eucaristica che ripete il rito del capro espiatorio, della vittima sacrificale che è celebrata in quanto salva gli altri. Nella religione cattolica c'è anche un'enorme estroversione verso il culto delle icone, nelle emozioni suscitate dalle manifestazioni visive. Un'emotività che non si limita all'adorazione, estremamente moderna, delle immagini ma scivola costantemente verso il culto dei resti dei santi e dei papi.
Il credere è suffragato dal vedere e l'ornamento diviene continuo rinnovamento di una fede, altrimenti vacillante, nella cosiddetta “vita eterna”. La paura della corruzione non è principalmente quella del peccato che rende “insani”, ma quella del decadimento del corpo verso la morte sia dei propri cari che di se stessi. Le pratiche religiose sono costellate puntualmente dai feticci organici. La religione cattolica non fa eccezione, ed anzi paga pegno alla sua peculiare convinzione che dio provvederà a far risorgere i corpi dei defunti in una forma incorruttibile, nell'aldilà. Dal Catechismo: “La «risurrezione della carne» significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell'anima immortale, ma che anche i nostri «corpi mortali» riprenderanno vita.”
Questa credenza è stata alla base dell'avversione dei cattolici per la cremazione, anche se il Codice di diritto canonico (can. 1176) detta: “La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cattolica”, l'apertura alla cremazione è datata 1963.
Alle perplessità, ormai svanite, per la cremazione, si sono aggiunte le voci di filosofi laici in tarda età: “vedo, nel gesto di privatizzazione delle ceneri, un altro cedimento di quella dimensione comunitaria che nella tomba del cimitero trovava il suo luogo di memoria e di pietà collettiva...” (Galimberti, 73 anni), e “se le mie ceneri sono disperse, la mia individualità può fondersi con la potenza della natura. Ma la cremazione può essere sentita come antidoto alla putrefazione: c'è una repulsione estetica per l'informe, per ciò che si disfa” (Bodei, 77 anni). Certo l'esistenza dei cimiteri, oltre a funzionare come deposito di “forme” in attesa di resurrezione, ha avuto una forte valenza per la rete dei ricordi di una comunità, ora la globalizzazione ha sostituito questi album dei morti con Facebook, una più fluida esposizione lapidaria di viventi, e lasciato ai cimiteri artistici l'epoca della lapide dal vivo (si fa per dire).

Cose da pazzi

L'adorazione tuttora frequentissima di salme e reliquie di santi e papi (santi d'ufficio) continua a sottolineare la contraddittorietà della fede nell'aldilà, e lo fa in forme spesso più virulente dell'adorazione dei divi. La reliquia del santo, come il ricordo del leader o della persona amata e come portafortuna protettivo, è infatti estremamente diffusa, e ancora più scioccanti sono i millenari tentativi di prolungare la visibilità del corpo dei santi e dei papi, a riprova dell'interesse più all'aldiqua che all'aldilà.
Se quindi “Fiducia christianorum resurrectio mortuorum; illam credentes, sumus – La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo tali'', dice Tertulliano, il feticismo per il corpo dei papi ha non solo generato il complicato rito di imbalsamazione, vestizione, esposizione ma anche tutta una serie di equivoci degni di uno sceneggiato sugli zombies della durata di molti secoli.
Sino al 1903 era usanza mummificare i papi defunti eviscerandoli e mantenendo poi le viscere in anfore di coccio. Solo con Pio X cessò questa allegra tradizione; nel 1914, alla sua morte, si evitò l'esposizione sia in Vaticano che a San Pietro e per la cripta gli venne fatta una maschera in metallo. L'apparenza sempre florida del papa morto necessitava comunque di altri stratagemmi che non fossero quelli... egizi. Con un altro papa, Pio XII, nel 1958 accadde l'inevitabile: si lasciò, in mancanza di altre disposizioni, che il medico di corte effettuasse un tentativo di imbalsamazione “innovativo”. I risultati furono sconcertanti: durante il tentativo di prolungare l'esposizione della salma il corpo inizio a putrefarsi a tempo record, causando lo svenimento delle guardie svizzere e poi, durante il tragitto in cattedrale, l'esplosione del tronco; cose da pazzi. Nonostante tutto il papa venne ricomposto ed esposto; la caduta del naso, il secondo giorno di esposizione, determinò la decisione di applicare al povero cristo una maschera di lattice che riproduceva le papali sembianze.
Dieci litri di una sostanza a base di formalina furono iniettati nel corpo di Papa Giovanni XXIII, detto “il papa buono” per distinguerlo da altri; la salma fu in seguito esposta per la beatificazione, nel 2001, “il volto di Papa Giovanni “appare integro”, “con gli occhi chiusi e la bocca leggermente dischiusa, con lineamenti tali da richiamare immediatamente la fisionomia famigliare del venerato Pontefice”. Quella volta (1963) si inaugurò l'abitudine di ricorrere a medici dei locali policlinici, e la cosa funzionò, anche se nel caso di Paolo VI (morto nel 1978) furono gli addetti al trucco che topparono, usando uno spray che all'inizio ne rinfrescò l'incarnato (”sembra persino ringiovanito” commentò il sarcastico Andreotti), causando però subito dopo, sotto gli occhi sempre attoniti dei fedeli, prima un acceso color mattone e poi un verde marziano che certo non deponeva a favore della austera avversione papale per gli UFO.
Tralasciando le disavventure di papa Luciani, al quale forse sarebbe servita un'autopsia, con Giovanni Paolo II, l'atleta di dio, ce la misero tutta per determinare la fede nella incorruttibilità dei papi: i medici dell'Università Tor Vergata svolsero egregiamente il loro lavoro nel 2005, e la salma fu esposta con orgoglio, prostrati di fronte ad essa ben tre presidenti degli Stati Uniti (i due Bush e Clinton, a Carter avevano fatto perdere l'aereo). La beatificazione, avvenuta nel 2011 e sulla quale abbiamo già scritto1, vide poi l'esposizione di una ampolla di sangue polacco trattato con anticoagulante, la quale ha girato l'Italia e forse girerà il mondo come DNA papale. Quando si dice: la religione approfitta della scienza.
E Bergoglio, il papa multitasking, nel frangente di questo Giubileo, pensa bene di condannare superstizioni e attaccamento ai beni terreni ma di preparare anche l'incredibile Tour della mummia di Padre Pio, appositamente riesumata e fornita anch'essa di maschera in silicone. Depositato come Biancaneve dentro una teca di cristallo, il ‘‘Santo Pio'' giunge a Roma, con l'impiego di oltre mille uomini delle forze dell'ordine per organizzarne la partenza e l'arrivo. Del resto cosa c'è di più autentica di una reliquia integrale, seppur aggiustata, per dare l'idea dell'immortalità? Degne di nota le proteste di alcuni devoti, contrari al trasferimento della salma di P. Pio verso lidi più altolocati (la nuova chiesa di Padre Pio), avvenuta dopo il trattamento con azoto e l'esposizione ai fedeli del 2009.

Ma Papa Francesco non si sottrae...

Già nel 2007, prima della costruzione del sontuoso santuario, facevano infatti un ricorso legale citando alcuni fatti che a loro dire dimostravano la persistente volontà del santo di non essere traslato dalla sua sepoltura: l'allagamento del costruendo santuario, lo scoperchiamento del tetto in costruzione, un'invasione di cavallette che il giorno dell'inaugurazione costringe i fedeli a uscirne, la caduta della campana che per poco non ammazza alcuni devoti sottostanti. Si rivolgono alle autorità civili senza timore del ridicolo per impedire la riesumazione e la traslazione delle spoglie del Corpo Santo di Padre Pio, nella nuova Chiesa, definita “tempio massonico”. Niente da fare, caduti tutti i dubbi sulla miracolosità del frate, prima osteggiato dalle alte sfere, ora il santo sembra sia necessario, anzi indispensabile a rinfoltire la folla dei pellegrini, e la fede nella vita eterna... o nelle più pratiche guarigioni miracolose.
Papa Francesco non si sottrae a queste balzane devozioni popolari, non per niente l'interesse curiale per le reliquie si è evidenziato proprio mentre scrivo, con la diatriba tra curia napoletana (spalleggiata dal solerte Alfano con un decreto del Viminale) e nobili laici custodi delle reliquie e del tesoro di San Gennaro.

Gli aromi di Padre Pio

Mentre la fabbrica vaticana dei santi è oggetto di attenzioni scandalistiche per i maneggi e i guadagni, scarseggia la produzione di miracoli e feticci, il cui prezzo sale sul mercato. Certo, non possiamo scordare che anche in campo politico abbiamo vari esempi di lotta alla corruzione... dei corpi.
Oltre a quella di Lenin (1924) gli scienziati russi a lui addetti conservano e mantengono le salme anche di altri tre leader: quelli dei nordcoreani Kim Il Sung e Kim Jong Il e quello del vietnamita Ho Chi Min. Non del tutto simile il destino di A. Lincoln, imbalsamato ma non esposto. Oltre a questi anche F. Marcos, morto in esilio nel 1989, ora nelle Filippine, è esposto in un suo mausoleo. In attesa di guardare con antropologica curiosità cosa ne sarà del mausoleo di Arcore... suggeriamo ai prossimi leader di trarre ispirazione dai santi, anche per le essenze profumate da usare nelle inumazioni, essenze che nella tradizione popolare divengono anche predittrici. Gli aromi di Padre Pio vengono ad esempio descritti come nella Smorfia: se senti odor di gigli è un invito alla purezza, se c'è odore di cera e non ti stai depilando ovviamente significa che hai fede, se non hai i cerini ma c'è odor di zolfo il maligno è in agguato, se non sei nella terra dei fuochi ma c'è odore di gomma bruciata significa che “c'è il perdono dei peccati”, se l'aria profuma di latte bollito, beh, “è necessario l'intervento del medico”.

Francesca Palazzi Arduini

1. La chiesa pietrificata, su “A-rivista anarchica” n. 364 (Estate 2011).