Il dolce è servito
Gli restavano nove minuti. Un'enormità, in altre circostanze
della sua vita. Uno schiocco di dita più breve di un
respiro, in quella situazione. Era sudato sotto l'occhio delle
telecamere che, frontali, oblique e posteriori, inquadravano
i concorrenti come una rete di fotocellule sensibili a ogni
distrazione.
Come tutti, era agghindato secondo le esigenze di copione. Grembiule
con il logo del programma, cappello bianco floscio e cadente,
e un paio di guanti da forno decisamente sproporzionati.
Si asciugò il sudore con la manica prima di controllare
il timer.
Fine cottura: otto minuti.
<Aspiranti chef, adesso mancano solo sette minuti!>
La voce della presentatrice risuonò stonata e acida nello
studio televisivo attrezzato a cucina. Piani di cottura e banchi
di lavoro erano disposti in parallelo con simmetrica precisione.
Due per parte su altrettante file, per un totale di otto concorrenti.
La prova finale di A cuoco lento era agli sgoccioli.
<Aspiranti chef, cinque minuti!!!>
Man mano che il tempo si assottigliava, il richiamo della stridula
conduttrice diventava sempre più imperioso. Cinque minuti...
Il timer del forno ne segnava invece sei. Non sarebbe mai riuscito
ad assicurare una cottura perfetta al suo tortino al cioccolato
creativo. Non sarebbe stato un problema. Lui era nato per vincere
una gara del genere. Era scritto nelle stelle, nel destino o
in chissà che altro. Contava sul suo ingrediente segreto
che avrebbe sbalordito giurati e concorrenti. La base leggermente
cruda del tortino non avrebbe fatto la differenza.
<Due minuti! Aspiranti chef, tenetevi pronti!>
Questa volta il richiamo ebbe una sorta di eco soprannaturale,
perché fece da preludio all'ingresso in scena del gran
capo in persona: lo Chef di rango maiuscolo, nume di cuochi
e pasticceri, astro assoluto nell'audience gastronomica, testimonial
conteso dai marchi alimentari più importanti, contraffatti
e non. Si ergeva come un dio dei fornelli sulla pedana che sovrastava
lo studio, pronto a scendere tra i mortali, il mento alto, le
braccia conserte, la posa autoritaria.
Lui tirò fuori il suo tortino dal forno, e realizzò
come i timer non fossero più quelli di una volta. Il
dolce che aveva preparato non era leggermente indietro nella
cottura. Era decisamente crudo. Un impasto informe, mal riuscito,
poco creativo, che dava l'impressione che il cioccolato si fosse
addormentato su se stesso. L'incrinatura del dubbio si affacciò
nelle pieghe del suo viso, ma fu un attimo. L'arma segreta avrebbe
ribaltato le facili profezie di sventura.
<TEMPO SCADUTO!!!>
Lo Chef rimarcò quell'ultimo, definitivo avviso della
presentatrice con un sinistro bagliore d'occhi, pregustando
il momento. Era risaputo che il Maestro non brillasse per le
buone maniere, e che era stata invece la sua asprezza con i
concorrenti ad avvalorarne il carisma. Guide, ricette, autobiografie.
Facevano tutti a gara per comprarne i libri, per avere un autografo,
per strappare un selfie con il suo viso severo. Molti
avrebbero pagato pur di essere maltrattati dal Maestro.
<ASPIRANTI CHEF! UN PASSO INDIETRO!>
Il
Maestro cominciò a girare tra i banchi, a valutare forma
e consistenza dei dolci, ad assaggiarli con elegante distacco,
e ogni volta che portava il cucchiaio alla bocca osservava qualche
secondo di compito raccoglimento prima di emettere la sentenza.
Quasi sempre sarcastica.
<E questo lo chiami tortino?> chiese a una concorrente
molto agitata. <Non siamo a una gara di massaie, tesoro.
Tuo marito potrà anche accontentarsi di questo pasticcio,
ma qui cerchiamo di fare alta pasticceria...>
Quella scoppiò in lacrime e confessò a singhiozzi:
<Mi perdoni, chef... ho messo troppo burro lo so...>
<E se lo sai che piangi a fare?> disse il Maestro di rimando.
Poi continuò nell'esame degli altri dolci: <...questo
non è male, ma puoi fare di meglio...>
Anche quando si lasciava andare a un apprezzamento, aggiungeva
sempre una piccola nota di disappunto con un tono che sembrava
dire: <Lo Chef rimango io, con la maiuscola, e voi non siete
ancora nulla>
Lui lo vide avvicinarsi, giudizio dopo giudizio, e consumò
l'attesa in una specie di emozione contenuta. Pronto a giocarsi
la sua carta a sorpresa. L'ingrediente nascosto. E finalmente
arrivò il suo turno.
<E questo che cos'è?> domandò il Maestro
con gli occhi sgranati.
<Vede, chef, manca ancora una cosa... il mio ingrediente
segreto>
<Ingrediente segreto? Ma di che... bip ... parli?
Nemmeno se portassi questa roba a Lourdes potresti trasformarla
in un dolce... sentiamo un po'... sono curioso di conoscere
questo tuo ingrediente... siamo tutti curiosi eh eh> disse
lo Chef sghignazzando senza ritegno, guardandosi attorno perché
il dileggio fosse unanime.
<Confetti di...>
<Confetti? CONFETTI? Ho capito bene? Mi spieghi, razza di
incosciente, quale tortino al cioccolato ha mai avuto confetti?
Non c'è gara per te, bello. Tu vai dritto a casa>
<No, bello> rispose lui gelido. <Io resto, e tu te
ne vai. Beccati questi confetti!!!>
Da sotto il banco, fu lesto nell'estrarre un mitra di cioccolato
da cui partì una raffica di gianduia che colpì
in pieno volto il Maestro. Ridotto a una maschera di cioccolato
che tradiva comunque il pallore, quello si accasciò,
una mano sul cuore, l'altra sulla fronte, e iniziò a
piangere.
<Mi hanno colpito! Mi hanno colpito!>
Ma la beffa era già troppo evidente perché qualcuno
potesse prendere sul serio quella richiesta di aiuto. Per il
pubblico lo chef era crollato senza ritegno di fronte a un'arma
commestibile, ed era un motivo più che sufficiente per
declassarlo tra i personaggi da scrivere in minuscolo per accertata
pavidità.
Lui assaporò il dolce, dolcissimo sapore della vendetta.
Michele Cagnozzi, 38 anni, disoccupato, un nome agli antipodi
delle guide gastronomiche, aveva coronato il suo piano, sovvertito
i pronostici con la sua arma segreta, conquistato l'assoluta
attenzione degli spettatori. E, ultimo ma non meno importante,
rivelato al mondo televisivo lo spessore di quello chef senza
più maiuscola, fragile come il suo successo.
Un cuoco di paglia.
Paolo Pasi
|