antinucleare
Con le scorie sotto i piedi
di Sébastien Bonetti
Bure, nella regione Lorena (Francia), è tra i luoghi scelti dal governo francese per l'interramento delle scorie radioattive prodotte in Europa. Lì, da qualche anno, alcuni attivisti gestiscono la Casa della resistenza. Contro la costruzione di siti per la raccolta di rifiuti nucleari e per la fine dell'industria dell'atomo.
A Bure, nel Nord Est della Francia,
alcuni militanti antinucleari hanno costruito la Casa della
resistenza al progetto di interramento di rifiuti nucleari fra
i più radioattivi del paese, anzi, d'Europa. Si tratta
di un luogo di circolazione d'idee e di scambio di competenze
collegato a una vecchia stazione distante pochi chilometri,
recuperata da alcuni militanti. In Lorena, la lotta contro il
nucleare si sta organizzando.
Abbiamo appena cominciato a segare i ceppi destinati alla caldaia
a legna. Ieri sera abbiamo portato con il furgone ciò
che abbiamo raccolto in un'operazione di recupero, ovvero finestre,
diversi vetri e barattoli. Grazie a questo tesoro i compagni
potranno continuare la risistemazione e ristrutturazione della
vecchia stazione dove vivono. Si trova a Luméville-en-Ornois,
paese vicino a Bure, su un terreno acquistato da amici militanti
antinucleari. Ecco perché quando nell'estate del 2015
si sono radunati qui un migliaio di attivisti giunti da tutta
Europa per preparare le azioni in occasione della Cop 21 a Parigi,
i media nazionali hanno parlato a torto della creazione di una
nuova Zad francese, cioè Zona da Difendere, come è
stato per Notre-Dame-des-Landes o Roybon. A torto: perché
questo terreno è privato, abitato “legalmente”
(anche se rifiutiamo del tutto il concetto di proprietà
privata, dal momento che le idee circolanti sono essenzialmente
anarchiche e lasciano quindi spazio al bene comune, agli usi
civici) e non occupato. Ma a parte questa differenza non da
poco, quel che accade a Bure, in Lorena, nel nord-est, è
molto simile alle Zad, grande movimento ecologico, politico
e sociale, forma di rivoluzione sotterranea che serpeggia in
tutto il paese da alcuni anni.
D'altra parte compagne e compagni di tutti gli altri luoghi
di resistenza al sistema capitalista in Francia e in Europa,
come i No TAV in Italia o quelli della cittadina di Gorleben,
in Germania, vengono qui a ingrossare le fila del movimento,
e i lorenesi fanno regolarmente il cammino inverso. Oggi la
convergenza delle lotte è una realtà evidente.
A questo penso mentre sego il settimo ceppo della mattinata,
che servirà a riscaldare la Casa della resistenza alla
pattumiera nucleare di Bure, un luogo aperto a tutti, a ogni
ora del giorno e della notte, a qualche chilometro da Luméville-en-Ornois.
Nell'immenso fienile di questa bella fattoria, acquistata poco
più di dieci anni fa dai militanti di “Bure zona
libera” con l'obiettivo di costruire uno strumento contro
il progetto di interramento dei rifiuti nucleari più
radioattivi delle centrali francesi1,
anzi europee, fa un po' freddo. Questa vecchia rovina abbandonata
è cambiata molto dopo tutti i lavori effettuati e la
perseveranza: è diventata un magnifico luogo di accoglienza
dove ogni settimana si frequentano decine di persone (“Bure
zona libera” conta parecchie centinaia di associati) di
tutte le età, provenienza sociale e geografica. Queste
persone utilizzano il dormitorio, le stanze singole o doppie
isolate, la sala multifunzionale, la cucina collettiva, l'ufficio
attrezzato per la comunicazione via internet, la caldaia a legna,
il grande orto, l'energia eolica e i pannelli fotovoltaici che
servono ad avvicinarsi all'autonomia alimentare ed energetica.
Per noi, non si tratta solo di opporsi, ma di far vedere che
è possibile fare senza il nucleare e il suo mondo.
Di tanto in tanto un rumore di motore mi strappa ai miei pensieri.
Allora metto giù la mia sega per andare a salutare i
gendarmi che passano senza sosta davanti alla Casa della resistenza.
In Francia i militanti antinucleari sono sottoposti a una sorveglianza
totale, la pressione dello Stato è costante, così
come l'intercettazione e l'ascolto delle comunicazioni telefoniche,
l'annotazione delle targhe, il dispiegamento impressionante
di forze dell'ordine in occasione di ogni incontro, anche pacifico.
In questo paese l'energia nucleare civile, nata dalla volontà
delle grandi potenze di sviluppare l'arma atomica durante la
Seconda Guerra Mondiale, non è mai stata oggetto di referendum.
È stata imposta e quindi le contestazioni non sono benvenute,
nemmeno dopo le catastrofi di Three Miles Island (USA), Chernobyl
(ex-URSS), Fukushima (Giappone) o i numerossissimi incidenti
come a Saint-Laurent-des-Eaux (Francia) per due volte, Rivière
Chalk (Canada) o Windscale (Gran Bretagna).
Opposizione orizzontale
Non è facile fare opposizione al tallone d'Achille di
questa energia, cioè il trattamento delle scorie. A Bure
lo facciamo collettivamente, in gruppo. Le decisioni vengono
prese in maniera orizzontale. Il luogo, così come i dibattiti,
le riunioni e gli scambi di competenze, sono animati da un gruppo
collegiale di quindici persone. I conflitti vengono affrontati
con la discussione. E funziona. Tutti sono ben consapevoli dell'importanza
che riveste l'eliminazione dell'industria nucleare, ma anche
il cambiamento di questo sistema mortifero per la natura e gli
esseri umani.
Negli anni Settanta i difensori di questo sistema, appoggiati
da una comunità scientifica internazionale agli ordini
del potere costituito, spiegavano che la miglior soluzione era
gettare i fusti di materiale radioattivo nella Manica, “perché
l'acqua trattiene la radioattività”. Seguirono
vivaci proteste popolari, soprattutto dopo che l'ONG Greenpeace
mostrò che i fusti dopo qualche anno erano tutti bucati
e spandevano i loro veleni in tutti i mari e oceani del Nord
Europa.
La convenzione di Londra, entrata in vigore nel 1975 e rispettata
a partire dai primi anni Ottanta, avrebbe messo fine a queste
pratiche scandalose. Qualche tempo dopo questi stessi pseudoscienziati
e politici di levatura nazionale assicuravano che s'era finalmente
trovato cosa fare con queste scorie: sversarle, interrarle,
come si spazza la polvere sotto il tappeto quando non si ha
voglia di raccoglierla e farsene carico.
Fra il 1987 e il 2000 sono stati individuati una trentina di
siti in Francia. Ogni volta gli agricoltori, i viticoltori,
la popolazione o i politici locali tiravano fuori forche e bastoni.
Tranne a Bure, uno dei territori meno popolati di Francia, diventato
nel corso degli anni un deserto economico e demografico. Bisogna
dire anche che il Governo francese aveva rivisto la sua tattica
nel 1991 approvando la legge Bataille. Quest'ultima non menzionava
più un centro di interramento di scorie (chiamato Cigeo,
Centro industriale di stoccaggio geologico), ma un laboratorio
per testare la solidità del suolo.
Quale sindaco o consigliere regionale, preoccupato per la propria
rielezione, può rifiutare un'offerta, accompagnata inizialmente
dal versamento annuale di parecchi milioni di euro (quaranta
milioni di euro per la Meuse e trenta milioni per la Haute-Marne,
le due province interessate da questo stoccaggio)? “Possiamo
qualificarlo come acquisto di coscienze. I nostri politici vendono
il nostro territorio e lo inquinano per sempre in cambio di
un po' di denaro versato alle associazioni, alle squadre di
calcio, alle feste equestri”, risponde il collettivo Bure
Stop, coordinamento delle numerosissime associazioni che si
oppongono a Cigeo (Centro industriale di stoccaggio geologico).
Ancora nessuna catastrofe, ma...
Alle autorità è stata consegnata una petizione
firmata da oltre cinquantamila abitanti delle province della
Meuse e della Haute-Marne, iniziata nel 2005 per indire un referendum:
l'hanno considerata carta straccia. Decine di manifestazioni
hanno radunato parecchie decine di migliaia di persone. Due
dibattiti pubblici, fingendo di dar la parola alla popolazione,
hanno raccolto le innumerevoli critiche, timori e dubbi degli
abitanti. Ma non se n'è fatto nulla. Dall'inaugurazione
nel 2000 del laboratorio di Bure l'industria del nucleare e
lo Stato continuano ad avanzare, costi quel che costi. Tentano
regolarmente di far passare in maniera “illegale”
degli emendamenti per accelerare il progetto2.
Al momento non vi sono ancora rifiuti sotto terra. Ma il tempo
stringe. La costruzione e in seguito l'apertura della Casa della
resistenza ha dato nuovo respiro alla lotta. Un nuovo respiro
benvenuto perché il mostro cresce sotto i piedi degli
abitanti della Lorena. Se nel 2019 l'Assemblea nazionale voterà
a favore, il suolo sarà reso più fragile da oltre
duecentoventi chilometri di gallerie. Queste gallerie verranno
riempite con oltre centomila metri cubi di materiali che resteranno
pericolosi per alcune centinaia di migliaia di anni (la specie
umana ha duecentomila anni...).
Detto questo, non c'è alcuna ragione di preoccuparsi,
dal momento che l'Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti
radioattivi che è incaricata della gestione del sito
assicura che l'argilla non si è mossa da milioni di anni.
Dichiarazioni rassicuranti che dimenticano un po' in fretta
il terremoto verificatosi nel 2003 a qualche decina di chilometri
da qui, ma dimentica anche la rete delle incrinature di faglia
più rilevanti aggiornata da geologi indipendenti3,
così come l'unico studio indipendente realizzato nel
2011 le cui conclusioni erano allarmanti4.
Dichiarazioni rassicuranti che sono state contraddette nel gennaio
2016 dal crollo di una galleria, che ha provocato la morte di
un operaio nel cantiere5, quando
ancora il sito non era stato aperto. Un dramma che ricorda a
quelli che hanno la memoria corta che l'industria nucleare,
in grave dissesto e fallimento economico, è un'industria
di morte. E d'altra parte non solo in Francia... Negli Stati
Uniti (New Mexico), il WIPP, un centro di interramento delle
scorie cogestito dalla multinazionale Areva (di cui lo stato
Francese è il maggiore azionista) e presentato fino al
2014 come il fratellino minore del Cigeo è stato teatro
di un incendio sotterraneo e in seguito di una contaminazione
ad ampio raggio. Oggi il sito è inaccessibile, mentre
era stato considerato inattaccabile per parecchie decine di
migliaia di anni. Anche in quel caso le menzogne non hanno retto
alla realtà dei fatti.
Un numero crescente di persone rifiutano in toto questa testardaggine,
coscienti che la nostra terra è finita, unica e non può
più sopportare questa crescita infinita. L'anno scorso
molti agricoltori si sono uniti alla lotta di Bure, esacerbati
dai metodi intimidatori e dalle minacce degli organismi statali
incaricati di recuperare i loro terreni per costruire delle
pattumiere nucleari. In breve viene loro spiegato che i suoli
coltivati da secoli dalle loro famiglie devono essere abbandonati,
e subito, pena l'avvio di procedimenti giudiziari. Come gesto
di rappresaglia, durante l'estate scorsa i militanti antinucleari
hanno cosparso la bella magione di uno di questi negoziatori
con il contenuto di parecchi compost toilet.
Ripensandoci mi viene da ridere e m'immagino la faccia del brav'uomo
appena sveglio.
“Non li lasceremo fare”
“Séb, vieni? Sta per cominciare la riunione sui
problemi dei fondi agricoli”. Yves mi chiama proprio mentre
sto terminando il mio ventesimo ceppo. Il dibattito si svolge
in maniche di camicia, rimboccate, qui, fra la coltura dell'orto,
i lavori di isolamento termico, la cucina per gli adulti e le
allegre tavolate. Mi unisco a loro. Per me è l'occasione
di ascoltare dalla viva voce dei contadini o dei boscaioli come
l'industria nucleare si espande a gran velocità, spesso
senza autorizzazioni ufficiali. Campi e foreste vengono sacrificati
sull'altare del Dio denaro, rasati a zero e pronti a essere
cementificati. Ma come a Notre-Dame-des-Landes, a Roybon, a
Sivens o nelle zone No Tav, qui sempre più persone discutono
delle azioni che consentiranno di rallentare o fermare i lavori
abbastanza per inceppare la fuga in avanti rappresentata dal
sistema capitalista. A cominciare dall'operazione delle Sementi
Radiose, che nei prossimi mesi mirerà a piantare verdure
sulle terre promesse a un futuro radioattivo, o i duecentomila
passi a Bure, grande manifestazione popolare del 5 giugno 2016,
che dovrebbe radunare migliaia di oppositori. “Sono i
difensori di un mondo finito, quello del profitto, dell'accumulo,
della crescita, della competizione, ecc. Non li lasceremo fare!”
Sébastien Bonetti
traduzione di Carlo Milani
Note
- A Bure lo Stato francese, attraverso l'Agenzia nazionale per
la gestione delle scorie radioattive (Andra), ha l'obiettivo
di interrare a cinquecento metri sotto terra le scorie denominato
HA-VL e MA-VL sigle che stanno per altamente radioattivi e mediamente
radioattivi a lunga vita, cioè combustibile o pezzi di
centrale pericolosi per centinaia di migliaia di anni.
- Come nel 2015 quando nella legge Macron è stato infilato
un emendamento prima di essere censurato dai Saggi alla fine
dell'estate.
- Nel 1995 soprattutto il geofisico André Mourot evidenziava
l'assenza di faglie importanti nelle ricerche e nei documenti
dell'Andra.
- A seguito della domanda avanzata dal Clis, il comitato locale
di informazione composto da associazioni, politici locali
e cittadini, l'Istituto per la ricerca sull'energia e l'ambiente
(USA) ha realizzato l'unico studio indipendente mai compiuto
su Cigeo, visto che tutti gli altri erano opera dell'industria
nucleare stessa. Nel suo rapporto del 2011 i ricercatori additavano
“l'ottimismo dell'Andra” rispetto ai rischi sismici,
l'omogeneità della roccia e anche la solidità
dei colli di scorie. http://www.clis-bure.com/pdf/IEER%20rapport%20final%2020%20avril%202011.pdf
- Il 12 maggio 2016 un operaio è morto durante i lavori
della prima fase di scavo dei pozzi del laboratorio.
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