Chiapas, San Cristóbal
de Las Casas. In una casa amica incontro il compagno messicano
Estrella (1) che da diversi anni vive e lavora nelle comunità
zapatiste come insegnante. Nato e cresciuto in una città
del Nord del Messico, diventato anarchico militante grazie al
punk e all'università, rappresenta il prototipo della
nuova generazione di anarchici messicani.
Le mille cautele per organizzare questo incontro mi danno l'idea
che definirsi anarchici e per giunta appoggiare la lotta zapatista
non deve essere una situazione comoda in un paese che aspira
a diventare simile al suo vicino ricco ma che non disdegna di
utilizzare i sistemi repressivi dei suoi vicini poveri.
Estrella, che tipo di lavoro svolgi qui?
Da diversi anni aiuto le comunità per quanto riguarda
l'alfabetizzazione dei bambini e delle bambine. In questo momento
sono stato chiamato a insegnare in una comunità zapatista
nella regione degli Altos.
Inoltre faccio parte della redazione del giornale anarchico
Letra Negra e con alcuni compagni sto cercando di creare
un gruppo anarchico a San Cristóbal.
Quest'ultimo impegno si prospetta molto arduo perché
oltre al clima d'intimidazione c'è anche un fenomeno
particolare: se guardiamo al centinaio di copie del nostro giornale
che vendiamo in città possiamo ragionevolmente pensare
che ci sia un terreno fertile per la nascita di un gruppo specifico,
in realtà gli anarchici presenti sono quasi tutti stranieri
che per motivi diversi preferiscono non esporsi pubblicamente.
Eppure a San Cristóbal è esistita una presenza
anarchica.
Si, c'era una tradizione anarchica che risaliva alle ribellioni
contadine di fine ottocento. In particolare la grande sollevazione
di San Juan Chamula ebbe come figura di spicco un anarchico
che poi creò una scuola d'ispirazione libertaria: ma
da allora gli anarchici in tutto lo stato del Chiapas sono diventati
una rarità.
In compenso il Messico ha una grande storia di presenza
anarchica, arrivata con gli emigranti europei, sviluppata nel
magonismo e rinforzata con i reduci della rivoluzione spagnola.
Malgrado questo c'è stato un lungo periodo di stasi e
di assenza di ricambio generazionale, fino ad arrivare agli
inizi degli anni novanta con un risveglio in grande stile.
È vero, in particolare negli ultimi anni c'è
una nuova effervescenza che ha come epicentro Città del
Messico. Del resto tu stesso hai potuto constatare che alle
riunioni di preparazione della 'Giornata Magonista', poi svoltasi
con grande partecipazione di pubblico alla facoltà di
antropologia, c'erano compagni dell'università, di San
Juan libertario, della rivista Autonomia, del gruppo d'appoggio
libertario di Eloxochitlan...
Questa gente si è avvicinata da poco al movimento anarchico.
Devi considerare che per tutti gli anni ottanta il terreno di
coltura per le nuove generazioni anarchiche messicane è
stato il punk e ancor oggi esistono molti gruppi politici anarco-punk.
È interessante come in Messico la cultura punk abbia
dato dei frutti politici più duraturi che in Europa.
Beh, la compenetrazione tra anarchismo e punk in realtà
è stata molto superficiale; comunque il fatto che i testi
dei gruppi musicali punk parlino continuamente di anarchia e
di guerra all'autorità ha avuto il suo peso nel risveglio
della curiosità dei giovani verso l'anarchismo.
Un'altra fonte di avvicinamento al nostro movimento è
stato l'ambito universitario: nel 1986 gli studenti scesero
in sciopero occupando le facoltà ma i capi della contestazione
usarono la loro notorietà per diventare i giovani quadri
del PRD (Partido de la Revolucion Democratica, il partito della
sinistra), svendendo la lotta studentesca per qualche incarico
pubblico.
Questo voltafaccia gli studenti non lo hanno dimenticato e nelle
nuove agitazioni molti hanno visto nella proposta anarchica
l'antidoto contro la gabbia dell'istituzionalizzazione.
Così a Città del Messico ma anche a Queretaro
e a Guadalajara la commistione tra studenti e punk ha creato
nuovo ossigeno per l'anarchismo.
Questa nuova generazione di compagni che rapporti ha con
i militanti di vecchia data?
Disgraziatamente non esiste un filo culturale che unisce queste
due esperienze di lotta: la Federazione Anarchica Messicana
segue un cammino suo ma ha poca influenza, anche la gloriosa
casa editrice Antorcha è solo un ricordo, esistono tuttavia
alcuni compagni come Carlos Gutierrez e Benjamin Salgado, che
portano avanti un forte lavoro politico nelle organizzazioni
contadine dello stato di Oaxaca. Altri hanno fondato a Città
del Messico una libreria antiquaria dove si vendono anche testi
anarchici, qualcuno è attivo nei sindacati.
Ma sono tutte iniziative individuali, non legate a gruppi o
collettivi anarchici. Questo scollamento ha prodotto una grave
perdita di cultura politica perché noi giovani formati
alla fine degli anni ottanta, abbiamo dovuto ripartire da zero
come autodidatti facendo un percorso insolito: dall'idea di
ribellione alla musica punk, dall'anarchismo al lavoro politico.
L'unica eccezione positiva è stata la Biblioteca Reconstruir
di Città del Messico che ha svolto un lavoro di mediazione
culturale tra storie così diverse.
Ora la situazione è molto migliorata e si può
dire che esiste un nuovo tessuto collettivo, non più
solo studenti universitari e punk ma anche lavoratori, gente
delle periferie: questo a Città del Messico, ma anche
in altre parti del Paese dove sono sempre esistiti gruppi come
a Monterrey, Aguascalientes, Guanaiuto.
Non è stato facile ricostruire una storia libertaria
data anche la difficoltà di aggiornare il bagaglio teorico:
siamo ripartiti da Kropotkin e Malatesta con l'unica eccezione
contemporanea di Chomsky, inoltre il legame storico con gli
anarchici spagnoli ha favorito la diffusione dei giornali stampati
nella penisola iberica.
Questi gruppi che tipo di lavoro svolgono, con quali rischi
e con quali contatti?
Questi gruppi anarco-punk hanno subito un'evoluzione dovuta
alla maturazione politica: sino alla fine degli anni '80 il
lavoro si limitava a un confronto interno ai collettivi con
poche uscite, spesso male organizzate, e comunque la finalità
era quella di organizzare concerti, le partecipazioni alle manifestazioni
e la stesura di qualche volantino; le cose sono iniziate a cambiare
nei primi anni novanta quando la prospettiva d'intervento ha
subito un'accelerazione e sono iniziate ad uscire tra
mille difficoltà pubblicazioni di denuncia e di
analisi della situazione messicana. Purtroppo il lavoro sul
territorio non ha avuto lo stesso risultato: i tentativi di
penetrazione nei quartieri, nei sindacati e nelle organizzazioni
contadine non hanno dato risultati significativi, questo è
accaduto sia per la debolezza del nostro movimento sia per l'assoluto
ostracismo della gente alla parola anarchia. Nelle stesse università
l'anarchismo è trattato come un fenomeno estinto buono
solo per le ricerche degli storici.
Malgrado questo, dal 1994, la nostra presenza è diventata
rilevante nelle organizzazioni che svolgono lavoro sociale nei
barrios così come nei tentativi di occupazione
delle case. Bisogna considerare che in Messico non esistono
situazioni assimilabili ai centri sociali europei e se tenti
di occupare una casa la polizia ti sbatte dentro senza tanti
complimenti e butta la chiave.
Anche nel lavoro di educazione popolare abbiamo trovato delle
difficoltà, perché le organizzazioni che operano
in questo settore sono egemonizzate dai marxisti che alternativamente
cercano di assorbirci o emarginarci. Inoltre scontiamo una carenza
di coordinamento nazionale che ci indebolisce ulteriormente.
Per esempio, in Chiapas, dopo l'esperienza di educazione di
Amor y Rabia, non esiste nessun progetto come anarchici,
malgrado vi siano numerosi compagni che vorrebbero intervenire
ma sono bloccati dal discorso economico che solo un progetto
collettivo può risolvere in parte. Inoltre c'è
tutto il mondo delle ONG che guarda con sospetto una nostra
presenza organizzata. Certo, a nostro sfavore gioca la grande
divisione che percorre il nostro movimento; divisione dovuta
più alla non conoscenza reciproca che a questioni ideologiche.
Debolezza che favorisce chi ci vuole dipingere come estremisti
fanatici. Da queste parti dire che sei 'troppo anarchico' non
è un complimento. Per cui si assiste al fenomeno di singoli
compagni arrivati per lavorare in Chiapas, costretti a diluirsi
nel Fronte Zapatista.
È stato anche il tuo percorso?
No, io appartenevo al gruppo anarchico della città di
Queretaro ed arrivai in Chiapas per collaborare al progetto
libertario Amor y Rabia: un tentativo di mettere in piedi
una scuola ispirata alla pedagogia libertaria che comprendeva
il coinvolgimento di tutta la comunità.
Nonostante la fine poco edificante di questa esperienza ne riconosco
il ruolo formativo, dotandomi degli strumenti necessari per
lavorare in un contesto molto difficile come questo. Ora sono
maestro per una ONG in una comunità ma perseguo lo stesso
metodo educativo. Nessuno in queste comunità ha sentito
parlare di anarchia per cui l'assemblea comunitaria mi ha bollato
subito come 'maestro loco' non comprendendo perché io
non usassi la coercizione e l'autorità come strumento
d'insegnamento, poi, guardando i risultati conseguiti hanno
detto: "il maestro sarà anche pazzo ma i nostri
figli stanno imparando".
Boris Dinescu
1. Naturalmente le necessità del caso ci impongono di
falsificare in questa intervista tutti i nomi di persona, compreso
il mio.
Progetto
Libertario Flores Magón
Chi
siamo
Il Progetto Libertario Flores Magón nasce circa
un anno fa a Milano su proposta di alcuni compagni convinti
della necessità d'intervenire in modo costruttivo
nella complessa vicenda chiapaneca.
La prima vaga intenzione si è man mano modificata
e strutturata grazie all'apporto di gruppi ed individualità
di area anarchica e libertaria che hanno contribuito in
modo determinante a focalizzare lo scopo dell'intervento
ed il metodo da utilizzare, mettendo in circolazione il
vasto patrimonio culturale e di lotta che contraddistingue
il nostro movimento.
Naturalmente questa matrice dichiarata non esclude contributi
e riflessioni provenienti da altri ambiti, anzi li valorizza
in vista di una più proficua collaborazione alla
lotta zapatista.
La decisione di chiamarci Progetto Libertario va inteso
proprio in chiave dinamica, non un freddo intervento studiato
a tavolino ma un'intenzione di apertura che lascia spazio
a modifiche in corso d'opera, ad una visione dialettica
della realtà.
È proprio partendo da questa tensione di scambio
che preferiamo definirci un gruppo che appoggia la lotta
zapatista piuttosto che un gruppo d'appoggio: proprio
nello spirito di Flores Magón che quando gli chiesero
se era magonista ebbe a rispondere: "No, sono Flores
Magón".
Pensiamo forse che l'insurrezione zapatista sia una rivoluzione
anarchica? O forse crediamo che bisogna andare in Chiapas
a spiegare a quegli sprovveduti di indios che cos'è
una rivoluzione? Naturalmente no. Noi crediamo che questa
storia appartenga a loro e, attraverso loro a tutto il
mondo. Non crediamo di dover insegnare agli altri cosa
fare, così come non viviamo un errato senso di
adulazione, al contrario pensiamo che la relazione deve
essere tra pari, ognuno con la sua storia da trasmettere,
con le proprie capacità, con la propria cultura.
Solo da questo imparare-insegnando (e viceversa) possono
nascere germogli realmente frutto di condivisione.
Noi non siamo zapatisti, siamo libertari che guardano
a questo grandioso tentativo di trasformazione sociale
con simpatia, apprezzando il ruolo centrale che hanno
le comunità, condividendo l'aspirazione ad una
vita dignitosa basata sull'autogestione, la democrazia
diretta, l'assemblearismo. Elementi che ci avvicinano
e ci spingono a lavorare proprio con le comunità:
cuore pulsante dell'esperienza zapatista.
Come
lavoriamo
Non vogliamo diventare una sorta di ONG farraginosa, cieca
e burocratica. Al contrario puntiamo alla valorizzazione
delle nostre forze, dotandoci di una struttura leggera
e trasparente: tutte le decisioni passano per l'assemblea
formata dalle persone direttamente coinvolte nel Progetto
Libertario F. M., che nomina un comitato operativo (revocabile
in parte o totalmente in qualsiasi momento) con funzioni
tecnico/attuative. Essendo la partecipazione il nucleo
fondante del gruppo, non facciamo affidamento su salvifici
finanziamenti di enti dei quali diffidiamo molto, bensì
sulla volontà dei partecipanti. Non riusciremo
ad andare lontano? Dipende da noi ma siamo altrettanto
coscienti del pericolo connesso ai faraonici progetti,
sovente cresciuti più per mantenere la nuova classe
dei cooperanti internazionali di professione che per essere
di reale e durevole utilità. La nostra intenzione
è semplice: piccoli interventi ma di sicuro buon
fine, volti a sostenere la crescita dell'autonomia delle
comunità. Poco, bene e sicuro.
Per questo il nostro lavoro in Italia è focalizzato
sull'informazione, il reperimento di fondi (il cui uso
sarà pubblicamente giustificato), l'invio di personale
specializzato (previo un corso di preparazione), la preparazione
logistica di eventuali campi di lavoro, la spedizione
di materiali irreperibili in loco. Sino ad oggi il nostro
lavoro è stato quello di costruire in Chiapas dei
solidi rapporti di fiducia diretta con alcune comunità,
un finanziamento alla clinica autogestita La Guadalupana
ad Oventic, l'acquisto di materiali per la costruzione
di una microclinica alla comunità Nueva Libertad
nel Municipio autonomo di Tzimol, il trasporto di mais
al Municipio autonomo di San Manuel.
Può sembrare una lista per bravi volontari votati
all'assistenzialismo ma a ben vedere cosa c'è di
più politico che appoggiare un tentativo di autogestione
sanitario, che mira alla riappropriazione della propria
salute? Una strada che dovrebbe far riflettere noi europei
chiusi nella finta alternativa salute di stato-salute
privatizzata.
Dove
ci trovi
La nostra sede è presso la Cooperativa Alekos,
Via Plana 49, Milano. Ci trovi tutti i mercoledì
mattina dalle 10 alle 13, tel. 02 39200042, floresmagon@tiscalinet.it
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