Emile Durkheim, ne Le regole del metodo sociologico
(pubblicato a Parigi, per la prima volta, nel 1895), fa già
i conti in tasca allappena nata criminologia
facendo notare che Raffaele Garofalo il primo, a quanto
sembra, ad usare il termine riferendosi ad una disciplina scientifica
e ad intitolarne un libro, nel 1885 non aveva affatto
le idee chiare su come definire il normale e il
patologico. Nei cento e rotti anni che seguono le
cose non sono migliorate granché perlomeno dal
punto di vista della fondatezza metodologica, perché
è invece indubbio che i conti in banca dei criminologi
abbiano goduto di continui incrementi.
Un buon esempio del sapere di coloro che del crimine hanno fatto
scienza lo fornisce il recente caso di assassinio di un minore.
Da lì dai suoi tragici documenti,
dai tentativi per prova ed errore compiuti
ai fini di riuscire a identificare un colpevole si può
arguire il valore del sapere in questione.
Allora: lassassino non è stato così cortese
dal farsi trovare, intento a infierire sul corpo e con larma
in mano, allarrivo della polizia; e neppure è stato
così cortese dal rivendicare via volantino-telefono-fax-e-mail
(in ordine storico) lopera sua come altri colleghi. Lassassino
insomma non è evidente, non fa alcunché per autoevidenziarsi
e mette nei pasticci linquirente. Il quale che fa? Arruola
il criminologo come consulente (e lo paga).
Dalla relazione conclusiva del criminologo, dunque, veniamo
a sapere che fra il sospettato Tal dei Tali (in questo caso
la sospettata) e lassassino (lincognita, per lappunto)
non cè incompatibilità o, meglio, cè
addirittura una alta compatibilità. La passione
per i confronti impossibili di principio i confronti
con lincognita, ovvero con qualcosa di non noto
miete ancora vittime fra gli umani sapienti. La metafora della
compatibilità, poi, con quel suo vago pescar nel biologico
(non si parla forse di compatibilità antigenica fra tessuti
di donatore e tessuti di ricevente?) sembra garantire un surplus
di scientificità alle asserzioni.
Le prove di questa compatibilità? Ne cito due. Nella
credenza della sospettata sarebbero state rinvenute stoviglie
ancora sporche e in tutta la sua casa oh, questa
poi! spicca lassenza di qualunque rivista
femminile. Non so come andassero queste cose a casa Goretti
o a casa di Luigi Martin e Zelia Guérin (padre e madre
di santa Teresa di Lisieux), ma non credo che andassero tanto
diversamente di riviste femminili, giurerei, nemmeno
lombra. Orientare unaccusa di assassinio verso una
donna sulla base di motivazioni come queste equivale a mostrare
la macchina infernale della Giustizia nella sua nudità:
un apparato ideologico ammantato di unobiettività
presupposta unobiettività impossibile perché
qualsiasi cosa è pur sempre categorizzata dal punto di
vista di qualcuno, che può più di qualcun altro
(fino al punto di poter ricostruire una storia che gli fa comodo
senza neppure assecondare il criterio di una coerenza interna).
Fra chi può di meno, ancora una volta, è la figura
della donna, langelo del focolare che, fra le pareti domestiche,
è responsabile sia della pulizia che delle pratiche relative
al mantenimento del proprio servaggio e non leggere riviste
femminili può, per lappunto, voler dire la ribellione
a quel certo stato di cose di cui le riviste femminili sono
lo strumento ideologico fondamentale. Lasimmetria sociale
fra maschio e femmina è qui ratificata fino al paradosso:
a nessun sospettato maschio, infatti, si muoverebbe laccusa
di non leggere riviste per soli uomini. Anzi, leggendole
o facendosele trovare per casa il
maschio, da compatibile con linnocenza che è di
principio, rischia di ritrovarsi in un battibaleno compatibile
con la colpevolezza.
Felice Accame
P.s.: Garofalo, giurista e senatore del Regno,
primo presidente della Corte di Cassazione italiana, fra laltro,
nel 1895, pubblicò anche La superstizione socialista,
opera che fin dal titolo rivela da parte stavano e che
funzione svolgessero , fin dalle origini della loro disciplinarizzazione,
i criminologi.
|