Discolparsi è molto più difficile che accusare.
Ed è per questo che nei paesi civili in tribunale un
imputato viene considerato innocente fino a che non se ne dimostri
la colpevolezza. Nei paesi perfetti, invece, non ci sono né
tribunali né reati (i paesi perfetti esistevano un tempo
su Marte, finché è durata lacqua). LItalia
di oggi sta cercando di diventare un paese perfetto, cominciando
con leliminare i tribunali e trasferire i giudici ad altra
amministrazione. Quando non rimarrà più nemmeno
lacqua, la perfezione raggiunta sarà assoluta.
Ma a parte questo, e a parte le sorprendenti risorse nascoste
della mobilità, mi ha dato molto fastidio ascoltare una
mattina su Radio Montecarlo (a proposito: prima di far sparire
i tribunali, si potrebbero condannare allimpalamento tutti
quelli che alla radio fingono di essere anglòfoni o francòfoni,
col deprimente risultato di somigliare a una canzone di Rocky
Roberts o di Antoine?) la notizia che durante la notte precedente,
gli inquirenti avevano sciolte le riserve e disposto larresto
dellassassino del piccolo Samuele, nella fattispecie
la madre del medesimo. La quale, essendo stata solo accusata
(mentre scrivo la stanno ancora interrogando) potrebbe ovviamente
anche risultare essere del tutto innocente. Anzi, siccome in
Italia i casi delittuosi non si risolvono mai (ce ne sono molti,
antichi, ancora senza soluzione), è abbastanza probabile
che quando leggerete queste righe si sarà ancora ben
lontani dallaver individuato un qualsivoglia assassino,
al di là di ogni ragionevole dubbio.
Avrà già invece avuto esito lo sciopero generale.
E, in un senso o nellaltro, a meno che con carambola e
sponda tipicamente italiane non si riesca a rinviare a giudizio
anche quellesito, potrebbero essere già decise
le sorti dellarticolo 18 dello Statuto dei Lavoratori,
o si spera dellarroganza spocchiosa e becera
del governo e dei suoi più alti (sic!) rappresentanti,
il cui recentemente espresso disprezzo per la piazza e
i referendum riecheggia le parole del Duce dopo il discorso
di Matteotti, quando disse che se costui si fosse un giorno
ritrovato con la testa rotta avrebbe dovuto ringraziare soltanto
sé stesso. Anche se, tra la perdita della memoria storica
tipica delle nuove generazioni e linefficacia colpevolmente
generalizzata di tutta linformazione ufficiale, io personalmente
dispero che larticolo in questione sarà fra non
molto ricordato diversamente che come il nome di un gruppo di
rappers.
Notavo con immotivato stupore che poco tempo addietro, in occasione
di uno sciopero dei trasporti, per qualche giorno i telegiornali
di tutte le reti nel dare le notizie relative allo sciopero
stesso ne ricalcavano accuratamente i frastagliati confini orari
di inizio, di fine, e di limiti interni, per far sapere allutenza
ahimè disagiata quali fossero i momenti più opportuni
per mettersi in viaggio. Ma nemmeno uno, nemmeno una volta sola,
si è degnato di farci conoscere i motivi per i quali
quei lavoratori probabilmente altrettanto disagiati scioperassero.
Io, per esempio, continuo a non saperlo. E pavento la stessa
disinformazione qualora a scioperare per una qualsivoglia causa
dovesse essere la categoria a cui appartengo.
Fortunatamente, in mezzo a tutti questi scioperi, quali già
dati e andati, e quali solo promessi, lopera di Pennywise
continua indefessa. Come conclude il nuovo spot della pubblicità
BARILLA, dopo che il mietitore (palesemente prossimo alletà
pensionabile) si riprende in mezzo ai campi di grano dalle proprie
allucinazioni per il caldo e la fatica dissetandosi attingendo
a una bottiglia blu come il pacco di pasta e il grattacielo
che lo imita: Il lavoro continua. Questo slogan
ha, al mio palato, lo stesso sapore dellaugurio di buon
lavoro che ha sostituito, in questa sciagurata seconda
repubblica delle banane, il saluto arrivederci.
Si tratta di un sintagma nauseabondo e infame come lo
spettacolo della merce umana con cui sidentifica
(e che fa il degno paio con le blandizie sdilinquite cui è
fatto pubblicamente segno post mortem in questi giorni Carmelo
Bene da parte di gentaglia che ha passato metà della
propria vita a seguire telenovelas e mariadefilippiche).
Daltronde, che grado di raffinatezza vi sareste aspettati
da un paese in cui unassociazione finalizzata allassistenza
dei malati di tumore al fegato in attesa di trapianto si chiama
Prometeo, ovvero ha il nome di un poveretto condannato
(senza processo) dagli dei a rimanere incatenato ai fianchi
di una montagna con un uccello rapace a divorargli il fegato
per leternità?
Carlo E. Menga
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