Spero vi sia piaciuta la sicurezza con
cui Berlusconi ha dichiarato che la prevista riforma dellarticolo
18 dello Statuto dei Lavoratori non si propone, dio ne scampi,
il fine di agevolare i licenziamenti, ma quello, ben più
nobile, di incrementare le assunzioni.
Altri, meno sicuri di lui, si sono limitati a insolentire gli
avversari, come il ministro competente, o si sono rifugiati
dietro penosi tecnicismi, balbettando di ammodernamento
del mercato del lavoro o di adeguamento ai criteri
europei della sanzione per il licenziamento senza giusta causa,
come ha fatto in televisione il Presidente della Confindustria,
non ignaro, probabilmente, del fatto che espressioni di questo
tipo sulla più parte degli ascoltatori fanno lo stesso
effetto di un dibattito teologico in ostrogoto. Lui no: lui
è andato dritto al nocciolo e tanto peggio per chi non
ci stava. La nuova legge serve a facilitare le assunzioni dei
giovani e chi ci sciopererà contro sciopererà
contro i propri figli. Basta e amen.
Del fatto che, stando alla logica del provvedimento, lassunzione
dei figli in questione sarà soprattutto una conseguenza
dal previo licenziamento dei padri, e che i nuovi assunti (se
ce ne saranno), potranno essere licenziati a loro volta in qualsiasi
momento e senza motivo alcuno, con tutti gli ovvi vantaggi per
quel padronato di cui, peraltro, fa parte, non ha ritenuto necessario
accennare. Promanava dalle sue parole quella tranquilla impudicizia
di chi sa che, probabilmente, non gli crederà nessuno
(perché mi piacerebbe davvero trovare qualcuno convinto
in tutta sincerità che quella riforma la
Confindustria lha voluta per incrementare loccupazione),
ma non gliene importa assolutamente niente.
Come Ottaviano Augusto
A me, per fare un paragone che non dovrebbe essergli sgradito,
ha ricordato Ottaviano Augusto, in quel famoso passaggio delle
sue memorie in cui definisce listituzione dellImpero
come una restaurazione della repubblica. Anche lerede
di Cesare, cui non faceva certo difetto lintelligenza,
non poteva sperare davvero di far ingoiare a tutti quella definizione,
ma perché avrebbe dovuto preoccuparsene? Aveva alle spalle
un potente apparato di propaganda, in cui militavano, con maggiore
o minore entusiasmo, personaggi del calibro di Orazio, Tito
Livio e Virgilio, e soprattutto sapeva che nessuno
avrebbe avuto il coraggio di protestare o i modi per esternare
la sua protesta. Per cui
Certo, Berlusconi, a prima vista, non fa pensare esattamente
agli antichi romani, come i suoi zelatori televisivi hanno ben
poco a che fare con Orazio o Virgilio. Ma qualcosa, dai tanto
vantati studi classici presso i salesiani, deve averlo davvero
imparato.
Se invece di avventurarsi sullinfido terreno delledilizia,
della televisione e della politica si fosse dedicato alle lettere,
avrebbe potuto essere un eccellente autore di suasoriae:
sapete, quel genere di orazioni fittizie in cui lautore
cerca di capovolgere i luoghi comuni tramandati, sforzandosi,
per esempio, di persuadere Elena a non fuggire con Paride o
esortando i Troiani a non trascinare in città quello
strano cavallo di legno. Era un genere elegante, molto apprezzato
nelle scuole, e, soprattutto, non si poneva (non poteva porsi)
problemi di verità. E anche se di solito non è
consigliabile misurarsi con i classici sul loro stesso terreno,
resta vero che noi moderni possiamo avvalerci dellesperienza
e dei modelli degli antichi, perché siamo, secondo la
celebre formula classicistica, dei nani appollaiati sulle spalle
dei giganti. Ma forse non è questo un paragone che si
possa applicare a un uomo che si preoccupa tanto della sua altezza.
Permettetemi una chiosa, tanto per rispettare la par condicio.
Se il Presidente del Consiglio è un maestro nel genere
persuasorio, non si può negare che i suoi avversari eccellano
in unaltra forma retorica cara alle antiche scuole di
eloquenza: quella delle controversiae. Peccato, soltanto,
che preferiscano controvertere solo e sempre tra di loro.
Analfabeti e parassiti
Così, per citare un esempio recente, sono stato particolarmente
colpito dal comunicato con cui la segreteria della CGIL ha precisato,
in preparazione della manifestazione romana del 23 marzo, che
nessuno, comè poi di fatto avvenuto, aveva la minima
intenzione di fare parlare dal palco un esponente del movimento
No Global. In fondo, ci sarebbero stati tanti modi per
motivare un rifiuto del genere. Si sarebbe potuto fare notare,
per esempio, come unorganizzazione che ha già i
suoi guai di dialettica interna non possa permettersi di offrire
una tribuna gratis a forze, gruppi e individui che quella dialettica
potrebbero, magari senza nemmeno volerlo, mettere a repentaglio.
Invece no. Hanno dichiarato, con un senso dei distinguo che
farebbe onore a un teologo bizantino, che la manifestazione,
pur aperta alla partecipazione (apprezzata, per
carità, apprezzatissima) di movimenti e partiti, avrebbe
avuto un carattere sindacale che non poteva che
escludere interventi di organizzazioni e movimenti politici
e sociali. E fin qui passi: il guaio è che gli
estensori di quel brano di prosa hanno sentito il bisogno di
precisare che in piazza avrebbero parlato, oltre al segretario
generale della confederazione, solo persone che lavorano,
studiano o sono in pensione. Che probabilmente era solo
una excusatio non petita, un tentativo neanche troppo
convinto di negare in anticipo laccusa di voler riservare
il palco ai soliti funzionari e burocrati, ma letto con spirito
appena un po critico suonava come un modo particolarmente
goffo per rivendicare a priori una rappresentanza esclusiva
e senza residui di queste tre componenti sociali, dando, en
passant, ai propri interlocutori degli analfabeti e degli oziosi,
nel senso di gente che non studia, non lavora e non ha mai lavorato
(che altrimenti sarebbe in pensione).
Sbaglierò, ma non mi è sembrato un approccio particolarmente
brillante al tema dellunità e del pluralismo delle
forze di opposizione e il fatto che la manifestazione abbia
avuto poi il grande successo che ha avuto, anche perché
le componenti sociali non si sono lasciate impressionare da
nessuna volontà di egemonizzazione, non cambia i termini
del discorso. Speriamo solo che Berlusconi ne dica presto una
delle sue, perché senza la sua collaborazione la sinistra
riesce solo a farsi del male.
Carlo Oliva
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