Spesse, molto spesse
Il ricordo è
al contempo nitido e confuso, come capita con gli avvenimenti
molto in là nel tempo e nella memoria.
A cavallo tra la fine del 71 e linizio del 72
mi capita di partecipare ad una riunione dei Gruppi Anarchici
Toscani, nella storica sede di via San Martino, a Pisa. Ci vado
in auto da Carrara, con Aurora la quale, proprio durante
la riunione, non si sente bene per un acuto dolore ad un orecchio.
Un compagno che già avevamo visto in altre occasioni,
riccioluto, si offre di accompagnarci allospedale Santa
Chiara: è un affiliato allAVIS (lassociazione
dei donatori di sangue), ci precisa, e là conosce molte
persone. Ci aiuterà a trovare qualcuno che, anche se
è domenica mattina, dia unocchiata attenta allorecchio
di Aurora.
Franco sale in auto con noi, si siede dietro, ma subito prende
la mano di Aurora che sta soffrendo. Cerca così
di confortarla, la sua stretta di mano è forte. Mi colpiscono
le lenti dei suoi occhiali: spesse, molto spesse. Si capisce
al volo che Franco, senza occhiali, ci deve vedere poco, proprio
poco. Poi entriamo allOspedale e capiamo subito che Franco
è di casa, benvoluto e salutato da tante persone.
E qui sfuma il ricordo
Trentanni dopo ci ritroviamo a ricordare quel ragazzo
dalla mano calda e dalle lenti spesse. Un compagno tra i tanti
che abbiamo avuto modo di conoscere.
Eppure la sorte tragica toccata a quel giovane anarchico, di
cui non conoscevamo linfanzia trascorsa in brefotrofio,
ha fatto sì che una persona semplice, senza alcuna particolare
storia alle spalle, sia diventata dopo una delle figure-simbolo
della carogneria del potere.
Non fu ucciso in piazza, negli scontri seguiti alla contestazione
del comizio del missino Niccolai. Fu selvaggiamente bastonato
dalla polizia, lui che non poteva difendersi perché
senza occhiali quasi niente poteva più vedere.
Fu arrestato, gettato in cella e lasciato morire senza praticamente
ricevere quellassistenza cui aveva diritto e che lavrebbe
salvato. E, come in altri casi analoghi, il suo prolungato assassinio
sarebbe rimasto avvolto nel nulla se i suoi compagni non si
fossero subito mossi, se tante e tante persone oneste non si
fossero subito battute contro chi voleva tutto nascondere, se
ad un certo punto il giornalista Corrado Stajano non avesse
dato alle stampe quel libro Il sovversivo che ci ha restituito
a tutto tondo la sua vita e poi la sua morte, se
Questo dossier è curato dalla Biblioteca e dal Circolo
culturale che, a lui intestati, operano a Pisa. Comprende una
biografia di Franco, unintervista a Corrado Stajano, un
pezzo su come Franco è stato ricordato in questi anni
(lo sapevate che a Torino cè stata una scuola a
lui intestata?), una breve storia degli anarchici a Pisa dalla
metà degli anni 60 ai primi anni 70, una
scheda sulla Strage di Stato (che tanto appassionò anche
Franco) ed infine alcuni stralci da Il sovversivo, che ora è
stato ristampato dalle edizioni BFS. Comè giusto,
daltronde: il libro su Serantini (e sugli anarchici pisani)
alla fine torna grazie allamico Stajano
agli anarchici pisani della Biblioteca Franco Serantini.
Paolo Finzi
Dal brefotrofio al carcere
a cura della BFS
La vita di Franco da Cagliari 1951 a Pisa 1972.
Franco Serantini (il
suo nome di battesimo era Francesco) nasce il 16 luglio 1951
a Cagliari. Abbandonato al brefotrofio vi rimane fino alletà
di due anni quando viene adottato da una coppia senza figli.
Dopo la morte della madre adottiva viene affidato ai nonni
materni, con i quali vive, a Campobello di Licata in Sicilia,
fino al compimento del nono anno di età, poi viene nuovamente
trasferito in un istituto di assistenza a Cagliari. Nel 1968
viene trasferito dallistituto di Cagliari in quello per
losservazione dei minori di Firenze e da qui pur
senza la minima ragione di ordine penale destinato al
riformatorio di Pisa Pietro Thouar in regime di
semilibertà (deve mangiare e dormire in istituto). A
Pisa, dopo aver conseguito la licenza media alla scuola statale
Fibonacci, frequenta la scuola di contabilità aziendale.
Pinelli e Valpreda
Le conoscenze che acquisisce ed i nuovi rapporti che allaccia
lo portano a guardare il mondo con occhi diversi e ad avvicinarsi
allambiente politico della sinistra: frequenta le sedi
delle Federazioni giovanili comunista e socialista, passa da
Lotta Continua per approdare, tra la fine del 1970 e linizio
del 1971, al gruppo anarchico Giuseppe Pinelli che
ha la sede presso la Federazione Anarchica Pisana (aderente
ai G.I.A.) in via S. Martino al numero civico 48. Insieme a
tanti altri compagni si impegna in tutte le iniziative sociali
di quegli anni, come lesperienza del Mercato rosso
nel quartiere popolare del CEP, in molte azioni antifasciste,
nella campagna di controinformazione sulla strage di Piazza
Fontana e lassassinio di Giuseppe Pinelli. Partecipa con
passione allacceso dibattito che la candidatura di protesta
alle elezioni politiche di Pietro Valpreda ha innescato nel
movimento anarchico.
Pestato a sangue
Il 5 maggio 1972 prende parte, come altri compagni anarchici,
al presidio antifascista indetto da Lotta Continua a Pisa contro
il comizio dellonorevole Giuseppe Niccolai del Movimento
Sociale Italiano. Il presidio viene duramente attaccato dalla
polizia; durante una delle innumerevoli cariche Franco viene
circondato da un gruppo di celerini del Secondo e del Terzo
plotone della Terza compagnia del I Raggruppamento celere di
Roma, sul lungarno Gambacorti, e pestato a sangue. Successivamente
viene trasferito prima in una caserma di polizia e poi al carcere
Don Bosco, dove, il giorno dopo, viene sottoposto ad un interrogatorio,
durante il quale manifesta uno stato di malessere generale che
il Giudice, le guardie carcerarie ed il medico non giudicano
serio. Dopo quasi due giorni di agonia, Serantini
viene trovato in coma nella sua cella, trasportato al pronto
soccorso del carcere muore alle 9,45 del 7 maggio.
Lautopsia
Il pomeriggio dello stesso giorno le autorità del carcere
cercano di ottenere tempestivamente dal Comune lautorizzazione
al trasporto e al seppellimento del cadavere. Lufficio
del Comune si rifiuta di concedere il benestare alla tumulazione,
mentre la notizia della morte di Serantini rimbalza in tutta
la città. Luciano Della Mea, antifascista e militante
storico della sinistra pisana, decide insieme allavvocato
Massei di costituirsi parte civile. Il giorno dopo ha luogo
lautopsia. Lavvocato Giovanni Sorbi, che aveva voluto
assistervi, così ricorderà la triste circostanza:
È stato un trauma assistere allautopsia,
veder sezionare quel ragazzo che conoscevo. Un corpo massacrato,
al torace, alle spalle, al capo, alle braccia. Tutto imbevuto
di sangue. Non cera neppure una piccola superficie intoccata.
Ho passato una lunga notte di incubi. I funerali di Serantini
si tengono il 9 maggio 1972 e vedono una grande partecipazione
popolare.
Piazza Serantini
Al cimitero, Cafiero Ciuti, un anziano militante anarchico
antifascista della prima ora, pronuncia lultimo discorso
di commiato. In quei giorni, con il diffondersi della notizia,
in molte città dItalia si tengono manifestazioni.
Il 13 maggio a Pisa Lotta Continua ne indice una che vede una
grande partecipazione di folla; al termine del corteo, in piazza
S. Silvestro, dopo un comizio di Gianni Landi per gli anarchici
e di Adriano Sofri per Lotta Continua, viene apposta allingresso
del palazzo Tohuar una lapide in ricordo. Le manifestazioni
e le iniziative per ricordare Serantini travalicano i confini
regionali: nel 1979 a Torino gli viene dedicata una scuola media;
nel 1979 a Pisa nasce la biblioteca omonima e nel 1982 in piazza
S. Silvestro, ribattezzata nel frattempo dalla gente piazza
Serantini, viene inaugurato un monumento donato dai cavatori
di Carrara.
Non ricordo
Le indagini per scoprire i responsabili della morte
di Serantini affogano nella burocrazia giudiziaria italiana
e nei non ricordo degli ufficiali di PS presenti
al fatto. I sessanta uomini del Secondo e del Terzo plotone
della Terza compagnia del I Raggruppamento celere di Roma che
sono i protagonisti della vicenda scompaiono nelle nebbie delle
stanze della magistratura. Ma la vicenda di Serantini rimane
allattenzione dellopinione pubblica grazie alla
campagna stampa dei giornali anarchici (A rivista anarchica,
LInternazionale e Umanità Nova),
di Lotta Continua, di quelli democratici e di movimento, e allattività
dei comitati Giustizia per Franco Serantini. Alla
fine di marzo del 1977 il dottor Mammoli, il medico del carcere
che aveva visitato Serantini, viene ferito alle gambe da mani
ignote. Un volantino a nome di Azione Rivoluzionaria rivendicherà
lattentato.
BFS
Della storia, delle viscere,
della vita collettiva
intervista di Franco Bertolucci
a Corrado Stajano
Di questo fa parte la vicenda di Franco.
Trentanni dopo la morte di Serantini, ventisette anni
dopo luscita de Il sovversivo, a colloquio
con luomo che più di ogni altro ha fatto sì
che Franco non morisse del tutto.
Cosa ti rimane oggi a distanza di trentanni dalla
vicenda Serantini, dellesperienza del libro?
È stato un momento di passione, quando seppi della morte
di Franco Serantini provai una profonda angoscia. Decisi che
ne avrei scritto. Non lo feci subito perché detesto i
libri che vengono pubblicati a ridosso degli avvenimenti. È
necessario analizzare i fatti, studiare i documenti, vedere
i luoghi, pensarci su. Serantini è morto nel maggio del
72 e io ne ho scritto due anni dopo, al termine di una
indagine che ho fatto in Sardegna, in Sicilia, nei posti dove
Franco era vissuto da bambino, e poi a Pisa dove ho cercato
di parlare con tutti quelli che lavevano conosciuto, da
Luciano Della Mea, ai vecchi anarchici della Federazione, a
Valeria, la giovane figlia di Luciano, ai professori, agli studenti,
alle giovani coppie della società borghese pisana che
lavevano aiutato a crescere culturalmente. E anche umanamente.
I Podio Guidugli, i Prampolini, i Caleca.
Ero andato al San Silvestro a parlare con il direttore della
Casa di rieducazione che ospitava Serantini, avevo parlato con
alcuni magistrati e, più tardi, a Roma con il commissario
che dopo lassassinio aveva avuto una crisi di coscienza
e si era dimesso dalla polizia. Il mio modo di scrivere sta
tra la narrazione, la testimonianza, linchiesta. Ho raccolto
tutto quanto era possibile, i documenti giudiziari, quelli politici.
Il sovversivo uscì nel 75, ebbe numerose edizioni,
fu molto letto dai giovani delle passate generazioni, quasi
duecentomila copie. Ebbe anche unedizione per le scuole
medie.
La storia di Serantini è stata in parte interpretata
come quella di un ragazzo sventurato, povero, figlio di nessuno,
e questa è la lettura che è passata soprattutto
a livello giornalistico, tuttavia oggi, a trentanni di
distanza, intervistando alcuni suoi amici, gente che andava
a scuola con lui, alcuni suoi insegnanti, viene fuori come Serantini
non fosse del tutto sprovveduto. Era un ragazzo come molti altri
che aveva una gran voglia di vivere, un grande entusiasmo e
una propria concezione libertaria della vita e della società.
In alcune cose era molto deciso, per esempio, Soriano Ceccanti,
ci ha descritto un Serantini che a volte assumeva le caratteristiche
del leader nel gruppo degli amici più intimi,
era trainante, era determinato.
Sì, questo risulta in parte anche dal libro. Serantini
era rimasto colpito da quanto era accaduto in Italia in quegli
anni, dalle agitazioni operaie e studentesche del 69 alla
strage di piazza Fontana. Voleva sempre parlare di Valpreda,
di Pinelli, veniva anche rimproverato dagli anarchici più
anziani di voler fare unazione di tipo movimentista uscendo
dalla tradizione classica dellanarchismo. Serantini stava
costruendo la sua cultura politica.
Dalle interviste che stiamo facendo ai militanti dellepoca
viene fuori una lettura della realtà pisana condivisa,
e cioè quella di una piccola città di provincia
che a un certo punto entra sul palcoscenico nazionale proprio
grazie al movimento studentesco, al contempo però pare
che nei gruppi dirigenti della città ci sia una chiusura
netta nei confronti delle richieste e dei bisogni di rinnovamento
da parte degli studenti. In questa città così
piccola, in alcuni momenti, la violenza della repressione diventa
enorme, qui basta ricordare il caso di Soriano Ceccanti, ferito
per lultimo dellanno del 1968, o quello di Cesare
Pardini, che viene ucciso su quello stesso lungarno dove viene
picchiato Serantini. Tre fatti clamorosi cui vanno sommati le
centinaia di arresti e denuncie. Come si può interpretare
questa realtà anche rispetto al resto del contesto italiano?
È vero quel che tu dici. Pisa, in quegli anni, è
importante rispetto al panorama nazionale. Nasce in quella città
Potere Operaio, il movimento studentesco ha un grande sviluppo,
la presenza di una delle università di maggior prestigio
è rilevante. Lattenzione della polizia a Pisa fu
costante e anche la presenza dei servizi segreti. Ed era seguita
dalle autorità politiche e dellordine pubblico
con estrema attenzione. Le infiltrazioni nei movimenti furono
costanti con lintento di dividere, controllare e reprimere.
La classe dirigente politica locale fu incapace di interpretare
quel che stava accadendo, di capire che cosa rappresentavano
i gruppi della sinistra extraparlamentare. Capirlo, tra laltro,
avrebbe evitato tante tragedie che sono accadute dopo, avrebbe
evitato forse le violenze del terrorismo che hanno riportato
la società italiana indietro di dieci, quindici anni.
Linsufficienza dei gruppi dirigenti era ben visibile.
Non ti sembra che a trentanni di distanza dal Sessantotto,
dalla Strage di Stato, e da casi come questo di Franco, sia
giunto il momento di aprire gli archivi dello Stato?
In Italia sono accaduti almeno tre fatti politico-criminali
sui quali non sapremo mai, forse, la piena verità: Portella
della Ginestra (1947) e Piazza Fontana (1969): nonostante il
nuovo processo finito da non molto non sappiamo nulla sui veri
e propri mandanti. Il terzo fatto è il sequestro Moro
(1978). Sono i tre fatti nodali intorno ai quali si muove la
storia italiana dalla fine della Seconda Guerra mondiale ad
oggi. Essenziali perché conservano ancora oggi le tossine
di possibili ricatti. Sono poche le persone che sanno. Non è
certamente negli archivi che troveremo i documenti di quanto
è avvenuto. Forse potremo trovare ancora qualcosa di
marginale capace di aiutare le persone di buona volontà
nella ricerca di qualche pezzo di verità. Ma gli scheletri
non sono rimasti negli armadi.
I procuratori generali, come Calamari nel caso di Serantini,
avevano un grande potere e promossero grandi inchieste e azioni
repressive contro i movimenti di contestazione. Quale ruolo
ebbero questi magistrati?
Allora furono i procuratori generali a far da argine contro
i movimenti di contestazione. Si commette però, sempre,
lerrore di valutare le istituzioni come un tutto omogeneo.
Non lo furono allora come non lo sono adesso. Nel caso Serantini,
abbiamo a Pisa lesempio di magistrati che si comportarono
esemplarmente, come Paolo Funaioli, il giudice istruttore, e
Salvatore Senese, allora pretore di Pisa. Non ci furono insomma
soltanto i procuratori generali con la loro cultura medioevale,
ci furono anche allinterno delle istituzioni uomini che
si comportarono secondo verità e giustizia, con un modo
diverso di intendere la vita e la società.
Al momento della Strage di Stato vi fu un gruppo di giornalisti
coraggiosi che non si accontentò di riportare supinamente
le veline della questura e si contrappose ai tentativi da parte
delle autorità di dare una verità accomodante.
Ecco, di quellesperienza, di quel gruppo che cosa è
rimasto?
Ci fu la grande esperienza dei giornalisti non estremisti,
borghesi, piuttosto, che diedero, anche per questo, molti pensieri
agli uomini della polizia i quali non capivano quel che stava
accadendo ed erano molto preoccupati perché questi giornalisti
denunciavano con coraggio le responsabilità della polizia
e dei servizi segreti nella repressione nei confronti dei movimenti
politici. Volevano fare il loro mestiere, conoscere la verità
dei fatti. Molti di loro sono stati fedeli per tutta la vita
a questo stile di lavoro come Camilla Cederna, come Marco Nozza,
come Giorgio Bocca. Che ancora oggi continua a scrivere coraggiosamente
su quel che accade nel nostro paese dopo che la destra è
andata al potere: contro la continua violazione della legalità,
il mancato rispetto delle regole, il conflitto dinteressi
che avvilisce tutti, loffesa delle minoranze. È
vero che le generazioni di giornalisti venute dopo non hanno
fatto quel che fece quel gruppo di giornalisti democratici,
al quale appartenevo anchio. Si è perso il gusto
della ricerca e della verità, la spoliticizzazione seguita
al terrorismo ha reso arido il panorama del giornalismo. Non
cè più uninchiesta, o quasi, un po
perché i giornali non le vogliono, preferiscono spettacolarizzare
la vita, un po perché i giornalisti non le sanno
fare, un po perché manca la sincera passione di
quel tempo. Non si può non pensare che anche il giornalismo
non sia stato toccato, come le altre forme di espressione, da
una sorta di impoverimento, di degenerazione, di passività;
anche se mi sembra che ora si avverta qualche segno di risveglio.
Forse le persone si stanno accorgendo che occorre vigilanza
nei confronti di quanto stiamo vivendo. Non vogliamo infatti
vivere un altro fascismo. I fascismi non appaiono nella storia
sempre con le stesse modalità, ma possono comparire sotto
altre forme. Sotto linfluenza mediatica. Ho limpressione
che ci sia ora qualche moto dellanima e qualche presa
di coscienza collettiva. La protesta e il rifiuto vanno dagli
operai delle fabbriche ai professori, agli avvocati, ai giuristi,
agli studenti. Perché vengono violati i diritti di chi
lavora, perché la scuola pubblica è diventata
nemica, perché si cerca di soffocare la giustizia. Insomma,
la gente ricomincia a scendere in piazza e questo non è
soltanto un fatto fisico, è una scelta di persone che
in piazza non ci sono mai andate. E questo è molto importante,
il grido di Nanni Moretti, è soltanto un
segno. Chissà quante grida sono nascoste.
Lincontro con gli anarchici a Pisa come è stato?
Ti ricordi qualcuno in particolare che ti ha colpito?
Me li ricordo come delle figure affettive, erano anziani [i
Ciuti, Cazzuola, Capocchi ecc., n.d.c.] che trovavo nella sede
anarchica. Non mi ricordo là dentro di giovani anarchici.
Erano pochi, allora. Mi ricordo di Renzo Vanni, che mi aveva
dato il suo libro [La Resistenza dalla Maremma alle Apuane],
un libro che aveva indignato Serantini. Aveva fatto delle fotocopie
del bando firmato da Almirante la condanna a morte dei
renitenti della Repubblica Sociale ed era corso a distribuirle
in tutti i quartieri della città. Vedi come si manifesta
la grande passione politica. In poco tempo Serantini diventa
cosciente. Che cosa era rimasto del ragazzo dellorfanotrofio
di Cagliari?
Per uno che arriva a Pisa e cerca di conoscere la sua storia
colpisce come la memoria di Serantini sia ancora viva, nel senso
che lo conoscono più o meno tutti, più o meno
sanno della sua vicenda umana e politica, come te lo spieghi?
Perché fa parte della storia, delle viscere, della vita
collettiva. Quella tragedia si è trasmessa dai padri
ai figli. Quel lungarno Gambacorti è diventato un simbolo.
La memoria è essenziale nella storia di una comunità.
E forse oggi i giovani ricominciano a voler conoscere le storie
di chi è venuto prima: la storia di Franco Serantini
è la storia di un loro coetaneo, sfortunato, vittima
dellingiustizia. La storia di una doppia morte. Quella
di un ragazzo di ventanni ucciso in modo selvaggio dalla
polizia e quella scritta dalle istituzioni dello Stato che non
fa giustizia perché non vuole processare se stesso.
Franco Bertolucci
Il ricordo
a cura del Circolo F. Serantini
Lapidi, libri, una scuola con il suo nome. Così
è stato ricordato Franco.
A distanza di soli sei
giorni dal funerale di Franco, che aveva visto in corteo migliaia
di persone, il 13 maggio del 1972, durante una manifestazione
organizzata da Lotta Continua con la partecipazione degli anarchici,
sul palazzo Touhar sede dellIstituto che aveva
ospitato Franco venne posta, senza alcuna autorizzazione,
la lapide sulla quale ancora oggi si possono leggere queste
parole: Un compagno di 20 anni / morto tra le mani / della
giustizia borghese / visse in questa / che ora i proletari chiamano
/ piazza / Franco Serantini. In quel torno di tempo gruppi
e circoli intitolati a Franco sorsero un po in tutta Italia.
A Pisa per molti anni il 7 di maggio si sono ripetute imponenti
manifestazioni, tra queste quella del 1977 (oltre diecimila
persone) e del 1978 sono senzaltro le più importanti
per partecipazione e intensità. Molte personalità
dello spettacolo, della cultura e della politica, come Franco
Fortini, Dario Fo, Umberto Terracini, Bianca Guidetti Serra,
ecc., hanno concorso in vario modo alla diffusione della conoscenza
della vicenda Serantini.
Nel 1974, su iniziativa degli avvocati Arnaldo Massei e Giovanni
Sorbi si costituì a Pisa il Comitato giustizia
per Franco Serantini che svolse una cospicua attività
di controinformazione. Tra le prime proposte del comitato, cui
avevano aderito oltre agli amici e ai compagni di Franco anche
molti cittadini, prese forma quella di innalzare un cippo
marmoreo in ricordo del giovane militante. Il Comitato,
inoltre, promosse la pubblicazione di due opuscoli, il primo
dal titolo Franco Serantini un assassinio firmato,
scritto da Luciano Della Mea, laltro dal titolo Giustizia
per Franco Serantini curato dallAmministrazione Provinciale
di Pisa. Nel 1975 uscì il libro di Stajano, Il sovversivo,
che ebbe una buona risonanza in tutto il paese. Alle presentazioni
del libro, a Milano come a Pisa, le sale erano stracolme di
gente. Del testo venne anche edita una versione per le scuole
medie e alcuni registi cinematografici proposero di portare
sul grande schermo la storia di Serantini. Si aprì un
dibattito e un confronto soprattutto tra Comencini e Stajano
ma la proposta di una storia strappa lacrime tipo
quella di Cuore non convinse Stajano che lasciò
morire liniziativa.
Nel 1977 un gruppo di insegnanti della scuola media di Borgo
San Paolo a Torino guidato dal professore Ignazio Froghere propose
di intitolare listituto a Serantini, la proposta venne
accolta due anni dopo.
In ricordo di Franco, nel 1979 i compagni anarchici di Pisa
decisero di costituire una biblioteca che fosse un centro di
conservazione e di divulgazione della memoria ma anche di promozione
di studio sulla storia dellanarchismo e dei movimenti
antiautoritari. Da allora la biblioteca F. Serantini
è cresciuta grazie al concorso di tanti amici e compagni
che hanno donato libri, giornali e riviste (a tuttoggi
sono oltre sedicimila i volumi posseduti, 3600 i periodici,
migliaia i documenti), diventando una struttura conosciuta a
livello internazionale e frequentata da moltissime persone oltre
che dagli studiosi. Nel 1982 sempre a Pisa si costituì
il Circolo Culturale Franco Serantini e in quel torno di tempo
un regista televisivo, William Azzella, iniziò le riprese
di un documentario sulla vita del compagno assassinato. Il progetto
non fu portato a termine per le pressioni che il regista ricevette
dalle alte sfere dello Stato che ritenevano non
opportuno, dato il momento politico che il paese stava
attraversando, rinvangare una storia in cui la polizia e le
autorità potevano essere presentate in una cattiva
luce. Nel maggio del 1982, alcune centinaia di persone
parteciparono alla inaugurazione, in piazza San Silvestro, del
monumento che riporta la seguente scritta: Franco Serantini
/ 1951-72 / Anarchico ventenne / colpito a morte / dalla polizia
/ mentre si opponeva / ad un comizio fascista. Le autorità
cercarono fino allultimo momento di convincere i compagni
affinché desistessero dalliniziativa o che almeno
modificassero la scritta togliendo ucciso dalla polizia.
Ugo Mazzucchelli che faceva parte del Comitato giustizia
per Franco Serantini, promotore delliniziativa insieme
agli anarchici di Pisa e di tutta la Toscana, si oppose decisamente
alle insistenze del Prefetto e delle altre autorità.
Umberto Marzocchi e lavvocato Giovanni Sorbi tennero i
discorsi commemorativi.
Nel 1992 si svolse a Pisa una manifestazione anarchica nazionale
cui parteciparono oltre un migliaio di compagni, per loccasione
uscì il volume curato dal Circolo Culturale, Ventanni
7 maggio 1972-1992. Nello stesso anno nacquero le edizioni
BFS (Biblioteca Franco Serantini) gestite dallomonima
cooperativa. Nel 1995 un gruppo di cittadini decise di costituire
lAssociazione degli amici della Biblioteca Franco Serantini,
allo scopo di sostenere lattività della biblioteca
e favorire la crescita del patrimonio incentivando le donazioni.
Ma è stato soprattutto laffetto espresso da tante
persone, lavoratori, studenti e casalinghe della Pisa proletaria,
a tenere viva negli anni la memoria del figlio di nessuno
dimostrando il legame indissolubile del suo ricordo con la storia
della città.
E così di tanto in tanto piccole testimonianze, scritte
sui muri, manifesti, iniziative musicali vengono dedicate a
Franco e sulla sua tomba mani anonime depongono sempre dei fiori.
Circolo F. Serantini
Per contatti:
Biblioteca
Franco Serantini
Largo Concetto Marchesi 56124 Pisa.
Per corrispondenze:
C.P. 247 - 56100 Pisa
Tel.
050 570995
Fax 050 3137201
e-mail: biblioteca@
bfs.it
sito biblioteca: www.bfs.it
sito casa editrice: www.bfspisa.com
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Gli anarchici a Pisa
di Franco Bertolucci
Negli anni precedenti il Sessantotto, Pisa è
un laboratorio di idee e fermenti politici e sociali.
Il movimento anarchico
pisano nella metà degli anni Sessanta ha la sua sede
storica in via S. Martino al n. 48 (la sede della Federazione
Anarchica Pisana, inaugurata nel 1945 subito dopo la fine della
seconda guerra mondiale). Il nucleo principale di militanti
è composto da compagni della vecchia guardia eredi della
vivace e robusta comunità libertaria che tra la Prima
Internazionale e il Biennio Rosso è stata protagonista
della storia sociale e politica della città e della provincia.
Basti pensare che a Pisa tra il 1910 e il 1922 viene pubblicato
un settimanale, LAvvenire anarchico che in più
di unoccasione supera le cinquemila copie di tiratura
mentre nel Casellario Politico Centrale dellArchivio di
Stato di Roma sono più di 1500 gli anarchici schedati
nella sola provincia della città della torre.
Il nucleo di compagni sopravvissuti al fascismo e temprati da
diversi decenni di intensa attività ha mantenuto, seppur
in misura ridotta, la presenza libertaria nella città.
Tra i diversi nomi che fanno riferimento alla FAP ricordiamo
Otello Bellini, Spartaco Benedetti, Nilo Capocchi, Nilo Cazzuola,
Cafiero e Foresto Ciuti, Unico Pieroni e altri, cui si affiancano
diverse decine di compagni sparsi sul territorio provinciale
come a Cascina (Giovanni Turini, Sergio Iacoponi, Ludovico Cajoli,
ecc.), Pontedera (Mario Orsini) e Volterra (Piero Bulleri, Gino
Fantozzi, Luigi Fanucci, Ettore Rosi). Accanto a questi ci sono
anche diversi individualisti come il pisano ed ex ferroviere
Armando Ghelardoni.
Laboratorio di idee
Dopo il congresso della FAI del novembre 1965 la Federazione
Pisana è una delle principali animatrici dellopposizione
ad una strutturazione dellorganizzazione nazionale
e promuove insieme ad altri numerosi gruppi la costituzione
dei GIA (Gruppi di Iniziativa Anarchica) che avviene a Pisa
nel convegno del 19 dicembre 1965. In quel torno di tempo, al
gruppo storico si è unito un altro vecchio
pisano Italo Garinei, emigrato a Torino prima della Grande guerra.
Si devono a lui la pubblicazione di alcuni numeri unici di polemica
politica dal titolo Iniziativa anarchica e, nella primavera
del 1966, la ripresa delle pubblicazioni del Seme anarchico,
precedentemente stampato nella città della Mole, dal
febbraio 1951 al luglio-agosto 1965. Larrivo di Garinei
insieme a quello di un nuovo compagno, Renzo Vanni, insegnante
e storico che giovanissimo aveva partecipato alla Resistenza,
dà nuovo impulso alle attività della federazione.
Negli anni precedenti il Sessantotto, Pisa è un laboratorio
di idee e fermenti politici e sociali che nascono soprattutto
al di fuori del PCI e si coagulano intorno al movimento degli
studenti e al giornale Il Potere operaio, portavoce di
quella che, più che unorganizzazione intesa nel
classico senso marxista-leninista, è unesperienza
diretta di lavoro politico mirante soprattutto allesaltazione
della radicalità delle lotte operaie, in quel periodo
particolarmente vivaci, e delle forme di democrazia diretta
degli organismi di massa spontanei, che in diverse zone del
Paese stavano nascendo come espressione della nuova autonomia
di classe.
Anche per gli anarchici si apre un periodo di intensa attività
politica, soprattutto nel campo della controinformazione antifascista.
Daltronde cè da ricordare che allepoca
tra i temi che accendono gli animi, provocano discussioni e
manifestazioni, suscitano una delle principali battaglie che
animano le discussioni e le manifestazioni, oltre alla solidarietà
ai popoli in lotta del terzo mondo per la propria indipendenza,
alla lotta contro la guerra in Vietnam, al conflitto arabo-israeliano,
cè quella della lotta al fascismo. In Italia è
attivo un partito, il Movimento Sociale Italiano, dichiaratamente
erede del fascismo storico, soprattutto di quello nato con la
Repubblica Sociale Italiana, che ha solidi collegamenti internazionali
con gruppi e organizzazioni di vari paesi. In Europa ben due
Paesi sono sotto il giogo di regimi fascisti (Spagna e Portogallo)
e nel 1967 anche in Grecia la democrazia lascia il passo al
regime dei Colonnelli. In Italia nel 1964 si è rischiato
il colpo di stato con un complotto ordito dal generale
De Lorenzo.
Con posizioni critiche
Il clima dunque è incandescente e a Pisa, dove risiede
una folta comunità di studenti greci, leco degli
avvenimenti che si succedono nella madre patria ha un effetto
dirompente negli equilibri politici dellUniversità.
Fin dal 1967, un nucleo di studenti fascisti greci appoggiati
dal MSI e da altre organizzazioni neofasciste ha promosso iniziative
di propaganda che sono apparse come vere e proprie provocazioni
e che hanno causato duri scontri allinterno del movimento
studentesco, il quale, da parte sua, sta crescendo, radicandosi
e assumendo un ruolo sempre più importante soprattutto
nelle lotte contro le baronie universitarie attraverso
nuove pratiche di lotta e di elaborazione teorica.
Gli anarchici sono presenti, seppur a volte con posizioni critiche,
in queste lotte, tantè che già durante il
1967 molti studenti incominciano a frequentare la sede di via
S. Martino che, peraltro, rappresenta lunico spazio disponibile
in città e spesso lì si riuniscono i militanti
di Potere Operaio e i diversi organismi del movimento degli
studenti. Il 2 marzo 1969 si tiene a Pisa un convegno nazionale
anarchico il cui odg prevede una discussione sui rapporti tra
movimento anarchico e movimento studentesco, lintervento
nel mondo del lavoro e lanalisi della situazione spagnola.
Nella riunione, in cui emergono diverse interpretazioni della
protesta studentesca, il gruppo pisano porta avanti la tesi
che pur con i suoi limiti inevitabili derivati talora
da una confusione didee, il movimento studentesco ha rappresentato
e continua a rappresentare una forza antidogmatica e antitradizionalista.
Nel movimento studentesco si individua unarea libertaria
che si contrappone a quella di orientamento comunista.
Il capodanno 1969 è la prima data tragica della storia
del movimento di opposizione pisano. In quella occasione un
gruppo di studenti, lavoratori, aderenti al movimento studentesco,
al Potere Operaio pisano e ai gruppi anarchici contesta a Focette
di Marina di Pietrasanta la festa dei ricchi borghesiche
come ogni anno si ritrovano nel noto locale della Bussola. I
carabinieri reagiscono con brutalità reprimendo la contestazione
con cariche ed arresti. Un ragazzo giovanissimo cade a terra
raggiunto alla schiena da uno dei diversi colpi di pistola che
vengono sparati ad altezza duomo. Soriano Ceccanti, quando
viene gravemente ferito (rimarrà paralizzato alle gambe
per tutta la vita) ha 16 anni è studente e frequenta
spesso la sede della Federazione Anarchica. Il suo caso ha una
vasta eco sulla stampa nazionale, si tratta di uno dei primi
fatti di sangue accaduti durante una manifestazione di contestazione
dei giovani.
Centinaia anzi migliaia
A Pisa il clima si surriscalda immediatamente, poche settimane
dopo un giovane compagno anarchico, Michele Olivari, viene ferito
al braccio durante uno scontro tra studenti ed alcuni esponenti
della destra che hanno occupato la facoltà di Lingue.
Il confronto tra militanti di opposte fazioni si fa sempre più
serrato. Nellottobre del 1969 il gruppo anarchico ha intrapreso
una campagna di solidarietà nei confronti dei compagni
arrestati con la falsa accusa di essere gli esecutori degli
attentati alla Fiera Campionaria di Milano. Il gruppo pisano
ne conosce bene alcuni che frequentano lUniversità,
come Faccioli, detenuto nel carcere Don Bosco di Pisa, e il
22 ottobre organizza una riuscita manifestazione cittadina con
ladesione di alcune centinaia di studenti. Nel frattempo
i fascisti, il giorno 20 ottobre, si erano rifatti vivi alla
facoltà di Lingue causando un nuovo scontro e ferendo
tre studenti tra cui ancora il compagno Michele Olivari. Pochi
giorni dopo, il 25 ottobre, alcuni studenti vengono nuovamente
aggrediti dai fascisti che si rifugiano nella propria sede allinizio
di via S. Martino. Centinaia di persone accorrono nel centro
della città e mettono sotto assedio i fascisti. In poche
ore le persone diventano migliaia e la Polizia perde il controllo
della situazione intervenendo con cariche indiscriminate che
vanno a colpire manifestanti e cittadini inermi. La popolazione
è esasperata e risponde a questa ennesima prova di violenza
gratuita, ne nasce uno scontro che si protrae per ben due ore
nel centro storico della città.
Il 27 ottobre uno sciopero generale blocca tutte le attività
e dopo la manifestazione ed il comizio in piazza Martiri della
Libertà organizzati dai sindacati e dai partiti della
sinistra istituzionale, un corteo spontaneo di alcune migliaia
di persone si dirige verso la sede del MSI. La polizia reagisce
duramente con nuove violente cariche, durante uno dei numerosi
scontri, sul lungarno Gambacorti, lo stesso dove verrà
picchiato e arrestato Franco Serantini nel 1972, un lacrimogeno
sparato ad altezza duomo colpisce mortalmente uno studente
estraneo alla manifestazione, Cesare Pardini, la cui tragica
morte ha un forte impatto sulla città. Ma la polizia
e le autorità locali non mostrano cedimenti nella loro
volontà di sottomettere, ad ogni costo, i movimenti di
piazza. In poche altre città in Italia si raggiungerà
un tale livello di repressione.
A Pisa, non a caso
Pisa sembra, dunque, far parte di una precisa strategia dazione
tesa a sperimentare il contenimento delle avanguardie
della contestazione ma anche lefficacia dei sistemi
repressivi e della provocazione politica (uso dei fascisti come
strumento di provocazione degli scontri, ecc.). Sono centinaia
gli studenti che vengono picchiati, arrestati e denunciati negli
anni 1968-1972; per i fatti dellautunno del 1969 gli antifascisti
denunciati vengono condannati ad oltre 16 anni complessivi di
prigione. Il gruppo anarchico pisano è particolarmente
attivo nel contrapporsi a questa azione repressiva, quasi tutti
i volantini di questo periodo sono dedicati alla lotta contro
la repressione e i fascisti. Renzo Vanni, collaboratore assiduo
de LInternazionale è tra i principali promotori
di questa campagna. Sempre presente in ogni manifestazione tenta,
anche tramite la ricerca storica, di ricollegare le esperienze
passate, la memoria del primo antifascismo e della Resistenza,
alle nuove lotte.
A Pisa allinizio degli anni Settanta dopo lo scioglimento
del gruppo del Potere Operaio si sono costituite diverse organizzazioni
di estrema sinistra: Lotta Continua, il Centro Karl Marx, la
Lega dei comunisti, Avanguardia Operaia, il gruppo del Manifesto
ecc. Anche fra gli anarchici nasce un nuovo gruppo, il Pinelli
che si caratterizza da subito per il suo attivismo. Tra tutti
questi gruppi quello che emerge per consistenza e diffusione
è sicuramente Lotta Continua che, proprio qui, ha allevato
anche i suoi principali leader nazionali come Adriano Sofri,
e che mantiene in questo periodo una connotazione di movimento
più che di partito. Cavalli di battaglia di LC sono la
campagna contro il commissario Calabresi, uno dei responsabili
della morte di Pinelli, e lantifascismo militante.
Nel gruppo Pinelli, composto da giovani compagni come Massimo,
Enrico, Paola, Rita, Paolo e il Vanni, Serantini
riporta la propria breve esperienza politica; durante tutto
il 1971 è tra i partecipanti del Mercato rosso
nel quartiere popolare del CEP. Serantini, prima di aderire
al gruppo G. Pinelli nato sul finire del 1970 autonomo
dalla FAP , aveva frequentato LC impegnandosi soprattutto
nelle iniziative sociali. Ma il fatto più noto che coinvolge
il gruppo, e lo stesso Serantini, è il ritrovamento del
famoso bando di Almirante, rintracciato da Renzo Vanni presso
larchivio storico del comune di Massa Marittima in provincia
di Grosseto. Il documento che testimonia la partecipazione attiva
di Almirante alla repressione contro i partigiani e la continuità
storica tra il MSI ed il fascismo ha leffetto di una bomba
e catapulta i pisani al centro della campagna nazionale contro
il Movimento Sociale e il suo segretario. È in questo
clima che i compagni di Pisa partecipano a tutte le manifestazioni
antifasciste della primavera del 1972, coscienti anche dei rischi
e dei pericoli derivanti dalla scelta delle Autorità
di affrontare la piazza con un dispiegamento di forze impressionante.
Le cronache dei giornali di quei giorni riportano notizie di
scontri in tutte le principali città della Toscana, fino
a quel fatidico 5 maggio.
Franco Bertolucci
Strage di Stato e strategia
della tensione
a cura della BFS
Limpegno politico del giovane Franco Serantini
(e di milioni di giovani di quella generazione) è segnato
da una data: 12 dicembre 1969.
A Milano e a Roma venerdì
12 dicembre 1969 tra le ore 16,37 e le 17,24 esplodono alcune
bombe. La bomba di Milano alla Banca Nazionale dellAgricoltura
di piazza Fontana, affollata come tutti i venerdì, giorno
di mercato, provoca una strage. I morti sono sedici, molti dei
novanta feriti hanno gli arti amputati dalle schegge. In un
primo momento molti pensano che sia stata unesplosione
derivata da qualche fuga di gas o da qualche caldaia. Lesplosione
ferma gli orologi di piazza Fontana sulle 16,37: poco dopo in
unaltra banca distante poche centinaia di metri, in piazza
della Scala, un impiegato trova una borsa nera e la consegna
alla direzione. È la seconda bomba milanese, quella della
Banca Commerciale Italiana. Non è esplosa, forse perché
il timer del congegno dinnesco non ha funzionato. Ma viene
fatta esplodere in tutta fretta alle 21,30 di quella stessa
sera dagli artificieri della polizia che lhanno prima
sotterrata nel cortile interno della banca.
È una decisione inspiegabile: distruggendo questa bomba
così precipitosamente si sono distrutti preziosissimi
indizi, forse addirittura la firma degli attentatori. In mano
alla polizia rimangono solo la borsa di similpelle nera uguale
a quella di piazza Fontana, il timer di fabbricazione tedesca
Diehl Junghans, e la certezza che la cassetta metallica contenente
lesplosivo è anchessa simile a quella usata
per la prima bomba. Le bombe di Roma sono tre. La prima esplode
alle ore 16,45 in un corridoio sotterraneo della Banca Nazionale
del Lavoro, tra via Veneto e via San Basilio. Tredici feriti
tra gli impiegati, uno gravemente. Ma anche questa poteva essere
una strage. Alle 17,16 scoppia un ordigno sulla seconda terrazza
dellAltare della Patria, dalla parte di via dei Fori Imperiali.
Otto minuti dopo la terza esplosione, ancora sulla seconda terrazza
ma dalla parte della scalinata dellAra Coeli. Frammenti
di cornicione, cadendo, feriscono due passanti. Ma questi ultimi
due ordigni sono molto più rudimentali e meno potenti
degli altri.
Il volo di Pinelli
La reazione del Paese è di sdegno per gli attentati,
di dolore per le vittime. Ma non si assiste a nessun fenomeno
di isteria collettiva, la strage non ha sbocco politico immediato
a livello di massa, e soprattutto non contro la sinistra, anche
se immediatamente dopo la bomba di piazza Fontana le indagini
e le relative dichiarazioni ufficiali puntano solo in questa
direzione nella ricerca dei colpevoli (un discorso a parte meriterebbe
il ruolo giocato in questa fase dalla stampa indipendente.
Basterà sottolineare che, oltre ovviamente a Il Secolo
dItalia, si sono distinti nellincitare alla
caccia allestremista di sinistra, La Stampa
di Torino e i quotidiani della catena editoriale del Cav. Attilio
Monti. Il Tempo di Roma, il 13 dicembre è arrivato
al punto di pubblicare con ampio risalto che La notizia
degli attentati è stata data nel corso di unassemblea
alla Città Universitaria da un oratore di Potere Operaio
il quale ha rivendicato al suo gruppo la paternità della
strage riscuotendo lapplauso degli studenti presenti
).
Gli organi di polizia, soprattutto la direzione della questura
di Milano allora diretta da Marcello Guida, indirizzano da subito
le indagini in gran parte nellarea della sinistra extraparlmentare
e anarchica. Centinaia sono le perquisizioni e i fermi, numerosi
compagni sono portati in questura per interrogatori svolti spesso
fuori da ogni rispetto della legalità, tra
questi Pino Pinelli che la sera del 15 dicembre cade
dal quarto piano degli uffici della Questura e muore. Pinelli
era stato invitato negli uffici della questura dallispettore
Luigi Calabresi, noto per le sue attenzioni nei
confronti degli anarchici. Pinelli è la diciassettesima
vittima della strategia del terrore promossa da
quegli oscuri apparati politici e dei servizi segreti
che hanno lintenzione di bloccare quella ondata di proteste
e i movimenti che sono stati i protagonisti delle lotte sociali
nel biennio 1968-69.
Le bombe del 12 dicembre sconvolgono e sorprendono soprattutto
per la loro ferocia, ma sarebbe inesatto dire che giungono inattese.
Rappresentano il momento culminante di una escalation di fatti
noti e ignoti che avvengono durante lintero 1969 e che
fanno parte di un preciso disegno politico. Alcuni di essi riconsiderati
oggi nella loro sinistra successione acquistano un significato
molto chiaro.
Le bombe del 12 dicembre scoppiano in un paese dove, a partire
dal 3 gennaio 1969, ci sono stati 145 attentati: dodici al mese,
uno ogni tre giorni, e la stima forse è per difetto.
Novantasei di questi attentati sono di riconosciuta marca fascista
o per il loro obiettivo (sezioni del PCI o del PSIUP, monumenti
partigiani, gruppi extraparlamentari di sinistra, movimento
studentesco, sinagoghe ecc.) o perché gli autori sono
stati identificati. Gli altri sono di origine ufficialmente
incerta spesso addebitati a gruppi della sinistra estrema e
agli anarchici, come le bombe del 25 aprile alla Fiera campionaria
e alla stazione centrale di Milano. In realtà ci vuole
poco a scoprire che la lunga mano che li promuove è sempre
la stessa, e cioè una mano che pone diligentemente in
atto i presupposti necessari alla strategia della tensione
che sta maturando a più alto livello politico e che è
stata riportata alla luce non solo dalle controinchieste del
movimento di quegli anni ma anche dai numerosi processi che
si sono svolti fino allultimo di pochi mesi orsono che
ha visto imputati diversi fascisti.
Una lunga catena di attentati
Ma il 1969 è anche ricordato per londata repressiva
che colpisce non solo gli anarchici e i gruppi dellestrema
sinistra ma anche migliaia di lavoratori in tutta Italia. Lanno
precedente, il 1968, si era già chiuso con leccidio
di Avola in provincia di Siracusa dove erano stati uccisi due
braccianti; il 1969 era iniziato con il ferimento dello studente
Soriano Ceccanti (rimarrà paralizzato per tutta la vita)
durante la contestazione del capodanno dei ricchi
al locale della Bussola di Focette in provincia di Lucca; a
fine febbraio Domenico Congedo studente universitario muore
a Roma durante gli incidenti causati dallintervento della
polizia e dei fascisti contro le occupazioni delle facoltà
portate avanti dagli studenti; allinizio di aprile a Battipaglia
durante uno sciopero la polizia attacca i manifestanti uccidendo
due persone e arrestando 119 uomini e donne; in ottobre a Pisa,
durante una manifestazione antifascista, la polizia carica duramente
i manifestanti con lancio di bombe lacrimogene che provocano
la morte dello studente universitario Cesare Pardini. Per le
manifestazioni e gli avvenimenti durante tutto lautunno
caldo del 1969, i sindacati registrarono ben 13.903 denuncie
a carico di lavoratori così suddivise: 3.922 lavoratori
agricoli (quasi tutti al Sud); 2.158 metalmeccanici; 1.966 ospedalieri;
1.103 vigili urbani; 652 chimici; 610 edili; 473 alimentaristi;
543 tessili; 346 minatori; 321 trasportatori; 250 statali e
parastatali.
Le bombe del 1969 sono solo linizio di una lunga catena
di attentati, in gran parte rimaste impuniti, che hanno insanguinato
il nostro paese per più di un decennio e che hanno visto
coinvolti a diversi gradi di responsabilità fascisti
e apparati dello Stato. Già fin dalle prime settimane
dopo lattentato di Milano la gente, i lavoratori e gli
studenti avevano intuito il ruolo delle istituzioni, tanto è
vero che la strage di piazza Fontana venne presto ribattezzata
la Strage di Stato.
BFS
Bibliografia
minima
La
strage di Stato. Controinchiesta, Roma, La nuova
sinistra, Samonà e Savelli, 1970
Crocenera
anarchica, Le bombe dei padroni. Processo popolare
allo stato italiano nelle persone degli inquirenti per
la strage di Milano, Ragusa, La Fiaccola, 1989 (19701).
Le
bombe di Milano. Testimonianze, Parma, Guanda, 1970.
Vincenzo
Nardella, Noi accusiamo! Contro la requisitoria per
la strage di stato, Milano, Jaca Book, 1971.
Marco
Sassano, La politica della strage, Padova, Marsilio,
1972.
Roberto
Pesenti, Marco Sassano (a cura di), Fiasconaro e
Alessandrini accusano. La requisitoria su la strage
di piazza Fontana e le bombe del 69, Venezia-Padova,
Marsilio, 1974.
Giorgio
Boatti, Piazza Fontana. 12 dicembre 1969: il giorno
dellinnocenza perduta, Milano, Feltrinelli,
1993.
Adriano
Sofri (a cura di), Il malore attivo dellanarchico
Pinelli. La sentenza del 1975 che chiuse listruttoria
sulla morte del ferroviere Pino Pinelli, che entrò
innocente in un ufficio al quarto piano della Questura
di Milano, e ne uscì dalla finestra, il 15 dicembre
1969, Palermo, Sellerio, 1996.
Luciano
Lanza, Bombe e segreti. Piazza Fontana 1969,
Milano, Elèuthera, 1997.
|
Il sovversivo
di Corrado Stajano
Brani tratti dal libro di Stajano, fresco di
ristampa presso le edizioni BFS.
Le stimmate della Santa
Il posto dove fu colpito a morte è sul lungarno Gambacorti
di Pisa, tra la via Toselli e la via Mazzini. Si lascia sulla
sinistra, venendo dal ponte di Mezzo, il palazzo del Comune
e si cammina lungo una ininterrotta serie di piccole botteghe
che forse esistono da secoli e hanno mutato soltanto il genere
dei loro minuti commerci. Una mescita di vino al numero 10,
allangolo di via delle Belle donne; un tappezziere al
numero 13; un aggiustatore di macchine fotografiche al 14; la
calzoleria La rapida al 16; lagenzia Sbrana,
compravendita e affitti, al 18; il circolo Enal al 19.
Alle spalle dellisolato, via della Nunziatina, nellintricato
quartiere del sottoproletariato rosso. Di là dallArno,
sotto i palazzi aristocratici e inaccessibili, lo scalo del
carbone con la lapide che ricorda lapprodo della barca
di Garibaldi ferito sullAspromonte.
Non lontano dal lungarno Gambacorti, tante volte citato nei
rapporti dei commissari di pubblica sicurezza, nei verbali dei
sostituti procuratori della Repubblica, nelle sentenze dei giudici
istruttori, nelle cronache dei giornali e nelle relazioni dei
periti medico-legali, splendono i gioielli dellarte e
della religione, Santa Maria della Spina, San Paolo a Ripa dArno
e, a pochi passi, la chiesa di Santa Cristina dove, il 1°
aprile 1375, santa Caterina da Siena ricevette le Sacre Stimmate,
cinque lucidissimi raggi sanguigni, usciti dal Santissimo
crocifisso sullaltare e andati a ferire le mani di Caterina,
i piedi, il suo castissimo e virgineo petto.
Ma la sera del 5 maggio 1972, né la patrona dItalia,
né la presenza antica di bellezza e di arte, né
i segni della storia e della cultura servirono a salvare dalla
furia della polizia, tra la bottega del vinaio e quella del
tappezziere, un giovane non alto, ricciuto, gli occhiali da
miope, il viso serio e sofferto, vestito con una giacca marrone,
un paio di pantaloni di lana nera, una camicia con le maniche
lunghe dai disegni fantasia color giallo arancione. Franco Serantini,
di ventanni, sardo, anarchico, figlio di nessuno nella
vita come nella morte.
(p. 7)
Tessera AVIS 146
Non sono in molti a poter dire di conoscerlo bene, anche adesso
che ha ancora pochi mesi da vivere. È cambiato, indossa
un montgomery nero, porta un paio di stivaletti, fuma la pipa,
infila e toglie di continuo gli occhiali dal naso, forse per
un tic, ha i capelli sempre più ricciuti, sempre più
arruffati. Parla una lingua anonima, non ha nulla che serva
a distinguerlo o a farlo ricordare: la sua è solo una
delle migliaia di facce giovani che sintravedono in quegli
anni nelle marce studentesche, in una gran nuvola che corre.
Serantini passa le ore libere nelle aule della Sapienza, in
mezzo agli universitari o in piazza Garibaldi accanto al monumento
mascherato di tatze-bao o davanti al bar lì vicino, in
crocchio con i ragazzi di Lotta Continua e con gli altri extraparlamentari
di sinistra.
[
]
Ha fatto esperienze nuove: donatore di sangue allAvis,
tessera numero 146, in estate è andato a lavorare a Viareggio,
cameriere al ristorante Zi Rosa, lanno prima si
è occupato come stagionale in una fabbrica di piastrelle.
Ha conosciuto Renzo Vanni, ha conosciuto Luciano Della Mea e
la domenica, qualche volta, quando non sta con Sauro, Alfredo,
Ettore, Enrico, i suoi coetanei, va con i Della Mea a Marina
di Pisa, a Tirrenia, in pineta.
A scuola se la cava. È stato promosso, frequenta il corso
di contabilità dazienda, terza B: Bartoli, Bianchi,
Biso, Borrello, Ceccanti, Chiellini, Coli, Davini, De Luca,
Ferri, Giovacchini, Massei, Mauriziani, Quadrilli, Rossi, Saviozzi,
Serantini. È fiero, caparbio, individualista, con il
senso della giustizia, capace di portare avanti a ogni costo
le sue idee. Una volta che gli studenti fanno uno sciopero che
lui considera corporativo e non condivide, si fa fare lezione
da solo. Lo interessa la storia, il fascismo, la Resistenza,
è rimasto molto colpito dalla morte di Pinelli, ne parla
con la professoressa di italiano, Anna Maria Montella. In un
tema scrive della Sardegna, si vanta di esser capace di fare
il formaggio e la ricotta per aver vissuto, chissà quando,
con dei pastori.
Non è settario, gli piace discutere con tutti, con il
cappellano del riformatorio, con linsegnante di religione.
Ricorda il preside, Fulgido Lucani: Mi parlava di sé,
di come avrebbe voluto la società, libera e giusta, col
tacito accordo che nessuno di noi due doveva far opera di persuasione
nei confronti dellaltro. Conosceva bene la mia posizione
religiosa, di cattolico e ideologica, sono iscritto alla Democrazia
Cristiana. Durante il periodo pasquale, quando venne il sacerdote
per la benedizione delle aule, mi chiese di non assistere alla
cerimonia, titubante. Gli dissi che era nel suo diritto. Le
sue parole furono amare: La famiglia, la religione, la
società costituita sono miti che finora mi hanno fatto
del male. Non gli risposi.
(pp.43-44)
Varie cariche e successivo rastrellamento
Rapporto del commissario capo della questura di Pisa al signor
procuratore della repubblica:
Verso le ore 18,30 di ieri, poco dopo linizio in
largo Ciro Menotti del comizio dellon. Giuseppe Niccolai
del msi, numerosi estremisti appartenenti a gruppi della sinistra
extraparlamentare, appositamente convenuti in questo capoluogo
a seguito di una vasta mobilitazione promossa principalmente
dal gruppo politico Lotta Continua di Pisa che da vari giorni
aveva, come noto, manifestato con intensa attività propagandistica,
il proposito di ostacolare a qualsiasi costo lo svolgimento
del comizio stesso nel quadro di un preciso disegno rivolto
a impedire ogni propaganda elettorale del msi, non potendo giungere
sul luogo della riunione elettorale per il massiccio servizio
dordine predisposto per loccasione, si attestavano
in folti gruppi sui Lungarni Mediceo e Pacinotti e Ponte di
Mezzo, improvvisando prima una manifestazione sediziosa allindirizzo
della Forza pubblica che si trovava a presidiare la piazza Garibaldi
alle dipendenze del sottoscritto Funzionario, inveendo con slogan
vilipendiosi come: Polizia fascista - ps-ss
- Fascisti carogne tornate nelle fogne - Poliziotti
culaioli - Buffoni e simili. I dimostranti
che andavano sempre più riunendosi in blocco compatto,
ad un certo momento hanno scagliato contro le Forze di Polizia
pietre e altri corpi contundenti come palline di vetro, piombini
con chiodi, servendosi di apposite fionde per cui lo scrivente
si vedeva costretto a respingere la violenza dei dimostranti
i quali si dividevano su tre fronti rispettivamente Logge dei
banchi, lungarno Pacinotti allaltezza dellhotel
Nettuno e lungarno Mediceo allaltezza di piazza Cairoli.
Da queste posizioni e da altre sul lungarno Gambacorti, corso
Italia, Ponte della Fortezza, ecc. hanno sviluppato per alcune
ore molteplici azioni di guerriglia urbana, anche mediante lancio
di numerose bottiglie molotov, che sono state ovunque
stroncate dal deciso intervento delle Forze dellOrdine
che hanno contemporaneamente assicurato il regolare svolgimento
dei successivi comizi.
Nel corso delle varie cariche e del successivo rastrellamento
compiuto al termine degli interventi, sono state fermate n.
27 persone di cui 9 tratte in arresto per manifestazione sediziosa,
violenza e resistenza a P. U., danneggiamento aggravato.
Per quanto riguarda gli arrestati si trasmette lelenco
ed i relativi singoli verbali redatti dagli agenti operanti,
significando che tra di essi i nominati Kapoolos Alessandro,
cittadino greco, Tsolinas Evangelo, cittadino greco, Megalofon
Ottone, cittadino greco, sono stati prima accompagnati al Pronto
soccorso del locale ospedale perché presentavano lesioni
varie, come da referti trasmessi a codesta Procura dal Posto
fisso dellOspedale civile Santa Chiara con rapporto n.
868 in data di ieri, cui sono allegati anche i referti relativi
a lesioni riportate da altre tre persone che presumibilmente
hanno partecipato alla manifestazione sediziosa e nei cui confronti
sono in corso accertamenti.
Si fa presente altresì che allarrestato Rondinelli
Giovanni sono state riscontrate dal dott. Giuseppe Ferrari,
medico del Corpo delle guardie di ps da cui è stato fatto
visitare, nella caserma Mameli delle guardie di
PS: Contusione escoriata allo zigomo ds, giudicata
guaribile in gg. 5 s. c. come da allegato referto.
[
]
Fra le Forze dellOrdine si lamentano 20 contusi leggeri
nei reparti della ps e n. 2 nei reparti dei Carabinieri.
Sono state rastrellate numerose bottiglie molotov,
ceste e sacchetti contenenti sassi che erano state predisposte
dai dimostranti per impiegarle contro le Forze dellOrdine;
detto materiale con separato reperto sarà depositato
presso codesta Cancelleria penale.
Si allegano n. 9 verbali di arresto, significando che larrestata
Morelli Morena è stata tradotta al carcere di Lucca in
quanto il locale carcere ha dichiarato di non poterla ricevete
per indisponibilità attuale del reparto femminile.
(pp. 60-62)
Io resto, non mi beccano
Lultima persona che vede Franco Serantini prima che la
polizia lo colpisca è Valeria. Lo incontra sul Ponte
di Mezzo, appena lasciato il bar Crott. Sulla città incombe
come una cappa di tragedia, la ragazza ha paura, corre inquieta
verso una casa di amici che abitano poco lontano. È una
bella ragazza alta, dalla faccia limpida, sovrasta Franco di
mezza testa: Tu vieni via, gli dice un po
imperiosa, un po trepida. Io resto, non mi beccano,
risponde lui che sincammina da solo verso la sua morte,
di là dal ponte, poi sulla destra, in lungarno Gambacorti.
Gruppi di giovani hanno costruito una barricata, intralciano
il traffico, lanciano pietre e bottiglie molotov. Poi la polizia
attacca, gli agenti sembrano frenetici automi, sparano centinaia
di candelotti in ogni direzione. Il sindaco Lazzari si affaccia
a una finestra del palazzo Gambacorti e grida ai poliziotti
di smetterla di prender di mira il Comune:
Dissi che ero il sindaco, dissi che era in corso una riunione
di giunta, la responsabilità di ciò che si stava
facendo nel palazzo era mia, che tutto era calmo, nessuno dallalto
minacciava la polizia. Puntavano le armi in su, sparavano un
candelotto dopo laltro, davano limpressione di essere
drogati.
Non è che dessero ascolto alle mie parole, seguitavano
a lanciare candelotti contro le bifore .
Testimonianza di Italo Fantoni, piazza delle Vettovaglie: Ero
in lungarno Gambacorti, tra la chiesa e il comune. Davanti a
me cera un reparto della celere che stava sparando una
gran quantità di bombe lacrimogene. Ad un certo momento,
uno dei celerini che sembrava un graduato, ha estratto la pistola
dal fodero e ha sparato con il braccio teso verso di noi. Io
mi sono buttato in mezzo a due macchine. I colpi che ho sentito
mi sembrano essere stati quattro.
Testimonianza di Paola Sgrilli, di Pistoia: Da un appartamento
di via Toselli ho potuto assistere a questo episodio. Durante
i primissimi momenti succeduti alla carica sul lungarno Gambacorti,
un folto gruppo di appartenenti alle forze di ps si dirigeva
in via Toselli. Mentre i dimostranti si disperdevano nei vicoli
circostanti, un agente puntava la pistola e sparava alcuni colpi
ad altezza duomo. Dopo pochi minuti un secondo agente
sparava a sua volta tre o quattro colpi, sempre con larma
puntata ad altezza duomo. Immediatamente dopo ho udito
distintamente un graduato invitare un altro agente a non sprecare
le munizioni.
Una gran nuvola di fumo, di fuoco, di gas lacrimogeni gonfia
il lungarno, dalla fermata dellAtum verso la chiesa di
Santa Cristina, verso via Toselli, la piazzetta della Banca
Toscana, via Mazzini. Poi, dal Ponte di Mezzo, poco prima delle
otto di sera, avanza una colonna formata da una quindicina di
jeep e di gipponi, una sessantina di uomini del secondo e terzo
plotone della terza compagnia del i Raggruppamento celere di
Roma.
Che cosa accade a Serantini? Sarebbe bastata una fuga di pochi
passi, mentre la prima jeep abbatte la barricata costruita con
macchine bruciate e tabelloni pubblicitari. Girato langolo
di via Mazzini si sarebbe trovato nella casbah della Nunziatina
dove la polizia si avventura difficilmente e dove si sarebbe
salvato, insieme con i compagni nascosti dietro gli usci, nelle
case, nelle botteghe, con laiuto delle donne e degli uomini
del quartiere che hanno fama quarantottesca. Una volta respinsero
la polizia con lolio bollente fatto colare dalle finestre.
Serantini lo sa, ma immobile e disarmato, aspetta invece che
i poliziotti gli saltino addosso e lo feriscano a morte.
Testimonianza di Moreno Papini, lungarno Gambacorti 12: Erano
circa le 20. Io mi trovavo alla finestra di un appartamento
proprio sotto il mio, in lungarno Gambacorti. Sotto di me cerano
alcune persone. Ho sentito le sirene delle camionette venire
dalla parte del Comune, mentre la gente scappava verso via Mazzini.
Le camionette sono arrivate e si sono fermate sotto la casa
mia dalla parte delle spallette dellArno. Nello stesso
momento stavano arrivando alcuni celerini a piedi. Allora mi
sono sporto dal davanzale della finestra e ho visto che stavano
agguantando uno. Proprio vicino al marciapiede, esattamente
sotto la mia finestra, una quindicina di celerini gli sono saltati
addosso e hanno cominciato a picchiarlo con una furia incredibile.
Avevano fatto cerchio sopra di lui tanto che non si vedeva più,
ma dai gesti dei celerini si capiva che dovevano colpirlo sia
con le mani che con i piedi, sia con i calci dei fucili. Ad
un tratto alcuni celerini sono scesi dalle camionette lì
davanti, e sono intervenuti sul gruppo di quelli che picchiavano,
dicendo frasi di questo tipo: Basta, lo ammazzate!
È successo un po di tafferuglio fra i due gruppi
di ps. Poi uno che sembrava un graduato è entrato nel
mezzo e con un altro celerino lo hanno tirato su. Solo in quel
momento lho potuto vedere in faccia, perché teneva
la testa ciondoloni sulla schiena. Aveva i capelli neri, gonfi
e ricciuti e aveva la carnagione scura. Lo hanno poi trascinato
verso le camionette mentre il graduato gli dava ancora qualche
schiaffetto per rianimarlo.
Verbale di arresto di Serantini Franco firmato dal commissario
di ps Giuseppe Pironomonte: Lanno millenovecentosettantadue,
addì 5 del mese di Maggio, alle ore 20,10 in Pisa, lungarno
Gambacorti, angolo via Mazzini. Noi sottoscritti Dr. Pironomonte
Giuseppe, Commissario di P.S. appartenenti alla Questura di
Pisa, diamo atto a chi spetta che nelle suddette circostanze
di tempo e di luogo, durante il servizio di ordine pubblico,
in occasione del comizio tenuto dallon. Giuseppe Niccolai
del msi, abbiamo proceduto allarresto di: Serantini Franco,
nato a Cagliari il 16.7.1951, ivi residente, in atto ricoverato
nella casa di rieducazione di Pisa, perché resosi responsabile
di: manifestazione sediziosa, vilipendio alle forze di polizia
e altro. Il Serantini, infatti, durante la manifestazione, in
occasione di una carica effettuata al fine di respingere una
violenza che i dimostranti effettuavano con lancio di pietre,
bottiglie incendiarie ed altro materiale, lanciava insulti ai
tutori dellordine. Di quanto precede e perché consti,
abbiamo redatto il presente verbale che previa lettura e conferma,
sottoscriviamo e rimettiamo, in uno allarrestato, ai nostri
Superiori per il di più a praticarsi.
(pp. 67-70)
Verbale dinterrogatorio dellimputato Serantini Franco.
A domanda risponde: Dicono che io abbia lanciato contro
la polizia pietre ed altro materiale incendiario, ma per la
verità non riesco a ricordare.
Chiesto allimputato per quale ragione si era recato ieri
sera nel luogo della città dove si verificarono i tumulti,
risponde: Ci andai perché ci si crede.
a.d.r. Chiesto allimputato in che cosa crede, risponde:
Sono anarchico.
a.d.r. Fui arrestato nel corso di una carica, mentre scappavo.
Mi giunsero addosso una decina di poliziotti e mi colpirono
alla testa. Accuso infatti forti dolori al capo ancora attualmente.
a.d.r. Non credo di avere insultato la polizia. Uno dei
poliziotti che mi fermò sostiene che io labbia
chiamato porco, ma non credo di averlo fatto, perché
non è la mia frase abituale,
a.d.r. Non credo di avere avuto tra le mani ieri sera
pietre o bottiglie incendiarie; anche perché persi gli
occhiali e non sarei stato in grado di lanciarle.
a.d.r. Quando mi recai alla manifestazione ieri sera non
ero daccordo con nessuno; ci andai come cane sciolto.
(p. 73)
La città presente e dolente
Sulla bara è stesa la bandiera anarchica, rossa e nera.
I compagni la portano sulle spalle, sembra che laccarezzino
con la guancia. Le migliaia di bandiere del corteo, rosse, rosse
e nere, nere con la A rossa, formano come una gigantesca
rastrelliera di lance, le facce sono minacciose, il dolore si
mescola alla rabbia.
Il funerale di Franco Serantini, martedi 9 maggio 1972: un misto
di sfacelo e di orgoglio, di tensione e di consapevolezza che
ancora una volta è finita, per uno, forse per tutti.
Ci sono i ragazzi delle manifestazioni, delle marce, dei sit-in,
della protesta, coi giubbotti, i maglioni, i blue-jeans, le
barbe, i berretti cinesi, ci sono gli anarchici di tutta la
Toscana, alcuni, i più anziani, con i cravattoni neri,
ci sono il sindaco, i deputati della sinistra, i sindacalisti,
i comunisti, i socialisti, i giovani repubblicani.
Una ragazza assorta, che cammina proprio davanti alla bara,
tiene con le due mani un mazzo di gladioli rossi. I netturbini
reggono la loro corona, unaltra corona la portano i ragazzi
del riformatorio. La corona della giunta comunale è di
calle bianche, tenuta alta dai vigili urbani. I detenuti del
Don Bosco hanno inviato delle margherite, dalla massa di teste
spuntano cuscini di viole, di rose, di garofani.
[
]
Quelli di Lotta Continua sono venuti da piazza San Silvestro
marciando in migliaia attraverso mezza città, con bandiere
tutte uguali, dallasta di legno chiaro, in corteo dietro
un enorme striscione rosso, teso a pochi centimetri da terra:
Franco rivoluzionario anarchico aSSaSSinato dalla
giustizia borghese.
Il funerale si muove dallobitorio davanti allOrto
botanico in via Roma. Serantini è rimasto per molte ore
nudo, il suo vestito era stato sequestrato per la perizia e
lui non ne possedeva un altro. Poi è arrivato un compagno
con una giacca, un paio di pantaloni e una rosa rossa da mettergli
sul petto.
La città è partecipe, dolente, il popolo porta
fiori, le donne sostituiscono la madre ignota e piangono il
figlio di nessuno. Il corteo, che svolta nel Campo dei Miracoli
è di una cupa suggestione. Il rosso e il nero delle bandiere
e le migliaia di pugni levati verso il sole pomeridiano fanno
sembrare ancora più candido e immoto il marmo della cattedrale,
della torre, del battistero e più morbido il verde del
prato. Cè unatmosfera di attesa solenne,
cè un gran silenzio, rotto dal rullare dei passi.
No, non erano funerali regali, erano funerali popolari.
Nulla in essi era ordinato, tutto avveniva spontaneamente, in
modo improvvisato. Erano funerali anarchici, ecco la loro maestà.
Talvolta bizzarri, essi restano pur sempre grandiosi, di una
grandiosità strana e lugubre (Barcellona, novembre
1936, i funerali di Buenaventura Durruti).
[
]
Marciano nel corteo migliaia e migliaia di persone. Tra loro
anche quelli che Franco salutava ogni giorno, su e giù
per il corso Italia e il Borgo Stretto e che ora si sono ricordati
di quel ragazzo col motorino blu.
Pianto da unintera città come un eroe caduto, il
funerale è lunico dono che abbia avuto dagli uomini:
quella di Serantini è anche la storia di un giovane che
solo nella disperata morte realizza la sua personalità.
Il corteo imbocca la via Pietrasantina che conduce diritto al
cimitero suburbano. Una strada che Franco conosceva bene, il
bar Vezio, la lavanderia, la trattoria Buzzino, il passaggio
a livello, il cimitero di macchine, il cimitero vero.
Davanti al camposanto, un vecchio anarchico, Cafiero Ciuti,
dice poche parole commosse. È un ferroviere in pensione,
Ardito del popolo nel 21, licenziato dai fascisti nel
24. Si rivolge a Serantini con semplicità, come
se ci fosse: Franco, siamo qui. Ti siamo sempre stati
vicini, la tua lotta è stata la nostra lotta. Poi
intona lInternazionale e tutti levano il pugno.
Vicino alla fossa parlano un militante di Lotta Continua e un
anarchico del Gruppo Durruti di Firenze. La folla, poi, se ne
va per i viali. Gli anarchici cantano piano una loro canzone:
Figli dellofficina o figli della terra già
lora savvicina della più giusta guerra.
(pp. 85-87)
Corrado Stajano
Ballata
per Franco Serantini
Era
il sette di maggio, giorno dell'elezioni
e i primi risultati giungon dalle prigioni
C'era un compagno crepato là,
eran vent'anni la sua età ... (2 volte)
Solo
due giorni prima parlava Niccolai,
Franco era coi compagni decisi più che mai:
"Cascasse il mondo sulla città,
Quell'assassino non parlerà!" ... (2 volte)
L'avevano
arrestato lung'Arno Gambacorti,
Gli sbirri dello Stato lo ammazzano di colpi,
"Rossa marmaglia devi capir,
se scendi in piazza si può morir" ... (2 volte)
E
dopo nelle mani di Zanca e di Mallardo,
Continuano quei cani continuano a pestarlo:
"Te le ho promesse sei mesi fa"
Gli dice Zanca senza pietà ... (2 volte)
Rinchiuso
come un cane, Franco sta male e muore
Ma arriva alla prigione solo un procuratore:
Domanda a Franco: "Perché eri là?"
"Per un'idea di libertà" ... (2 volte)
Poi
tutto a un tratto han fretta, da morto fai paura
scatta l'operazione, rapida sepoltura:
"È solo un orfano, fallo sparir
nessuno a chiederlo potrà venir" ... (2 volte)
Ma
invece è andata male, porci vi siete illusi,
perché al suo funerale tremila pugni chiusi
Eran l'impegno, la volontà
che questa lotta continuerà ... (2 volte)
Era
il sette di maggio, giorno dell'elezioni
e i primi risultati giungon dalle prigioni
C'era un compagno crepato là,
eran vent'anni la sua età ... (2 volte)
Le
parole di questa canzone sono di Piero Nissim;
è suonata sulle note sella famosa canzone "Le
ultime ore e la decapitazione di Sante Caserio".
Incisa per la prima volta in un 45 giri di Lotta continua
a cura del Canzoniere del Proletariato, diviene ben presto
una delle canzoni più note dedicate a Serantini.
Poco tempo dopo Ivan della Mea incide un'altra "Ballata
per Franco Serantini", seguita nel 1976 da "Il
nostro maggio" del Collettivo del Contropotere nel
disco "L'estate dei poveri, dalla realtà di
classe al progetto libertario".
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Questo
volantone esce come supplemento del n. 281 (maggio 2002)
della rivista anarchica mensile A, direttore responsabile
Fausta Bizzozzero,
registrazione al tribunale di Milano al n. 72 in data 24.2.1971,
stampa e legatoria SAP (Vigano di Gaggiano - Mi).
Hanno
collaborato: Massimiliano Bacchiet, Franco Bertolucci, Patrizio
Biagi, Furio Lippi,
Francesco Moretti, Sebastiano Ortu, Giacomo Verde, Christina
Zoniou.
Progetto grafico: Mai Esteve (Amber).
Foto: Archivio della Biblioteca Franco Serantini
(Pisa), archivio fotografico Editrice A (Milano).
Una
copia di questo dossier costa 1,00 euro / Per ordinazioni da
1 a 20 copie, aggiungere 2,00 euro fissi quale contributo per
le spese postali / per ordinazioni di almeno 50 copie, le spese
postali sono a nostro carico e il costo scende a 50 cent la
copia / per ordinazioni di almeno 200 copie,
le spese postali sono a nostro carico e il costo scende a 20
cent la copia.
A
esce 9 volte lanno regolarmente dal febbraio 1971. Non
esce nei mesi di gennaio, agosto e settembre. È in vendita
per abbonamento postale, in numerose librerie e presso centri
sociali, circoli anarchici, botteghe, ecc. Se ne vuoi una copia-saggio,
chiedicela. Siamo alla ricerca di nuovi diffusori.
Una
copia di A costa 3,00 euro, labbonamento annuo
30,00 euro, quello estero 40,00 euro, quello sostenitore da
100,00 euro.
Per
contattarci:
Editrice A, cas. post. 17120, 20170 Milano
telefono (+ 39) 02 28 96 627 fax (+ 39) 02 28 00 12 71
e-mail arivista@tin.it
sito web www.anarca-bolo.ch/a-rivista
conto corrente postale 12 55 22 04
conto corrente bancario n. 6.81 presso ag. Milano 11
del Monte dei Paschi di Siena (Abi 01030, Cab 01612)
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