Il coraggio della debolezza: potrebbe
essere questo, in estrema sintesi, il concetto chiave di questo
articolo.
Le tragiche ed eterne questioni mediorientali hanno raggiunto
in questi mesi dei punti di drammaticità elevati e sconcertanti.
Ancora sangue su sangue versato ora da palestinesi ora da israeliani,
uomini, donne, bambini, giovani e anziani, ora vittime ora carnefici,
in nome di un Dio, di una Patria, di uno Stato, di unideologia,
di un Potere e di un Contropotere, di un pezzo di deserto di
sassi e di pietre, di un diritto divino o di un
fondamentalismo storico, di una verità o
di una rivelazione.
Da tanti, anzi da troppi, anni assistiamo impotenti e disarmati
ad un conflitto, ad una tragedia, che lascia sul terreno uninfinità
di vittime.
Non cè mai una guerra fino in fondo giusta, accettabile,
giustificabile, ma alcune sono forse più tragiche di
altre. E questa è proprio una di queste perché
la contesa riguarda due principi apparentemente e parimenti
inoppugnabili: quello degli israeliani e quello dei palestinesi
ad avere una terra su cui vivere e su cui crescere.
Ma in realtà è la ricerca di una terra sulla quale
semplici uomini e semplici donne possano vivere liberamente
che occorrerebbe sostenere e conquistare. Una terra dove prevalga
il diritto alla debolezza rispetto a quello della forza, dove
alberghi la ragione della propria relativa individualità
e dove la solidarietà sia il cemento dellunione
comunitaria.
Una piccola goccia
Allora le ragioni israeliane e quelle palestinesi sono in realtà
quelle di uno Stato e quelle di un Potere che calpestano le
aspirazioni di due popoli.
Secondo questa prospettiva è ovvio che non ci si può
schierare né con Sharon né con Arafat perché
essi rappresentano questo Stato e questo Potere e personificano
una logica di dominio e di terrore. Lunico pacifismo veramente
autentico e coerente è quello anarchico, quello cioè
che nega ad ogni potere il diritto di continuare la lotta
politica con le armi perché è il dominio
in quanto tale che produce la guerra.
Naturalmente queste posizioni non fanno che accentuare la nostra
utopia, la poca concretezza di queste idee ma non ve ne sono
altre per poter uscire da questa struggente tragedia. I pochi
pacifisti israeliani e palestinesi che si muovono secondo una
prospettiva libertaria non sono altro che una piccola goccia
in un oceano? Certamente! Ma forse per questo hanno rinunciato
a testimoniare la loro diversità con i rischi e i pericoli
che ciò comporta? Assolutamente no! Pertanto noi non
possiamo che fare lo stesso, consci che la nostra debolezza
è in realtà la nostra forza.
Ma è necessario anche fare un po di chiarezza.
Perché troppi marpioni della politica alternativa
stanno spacciando la propria mala fede per una ragione di pace
e di progresso dellumanità. Come si può
sposare in modo così acritico la causa della Palestina
nonostante quanto sta succedendo? Certo si può e così
viene fatto da una sinistra italiana ed europea che ha abdicato
del tutto a quei valori così ormai stancamente citati
che sono propri di una tradizione così significativa
della cultura storica occidentale. Come si può fare il
pacifista militante schierandosi solo contro i carri armati
israeliani e non contro le imprese suicide e demenziali dei
gruppi terroristici palestinesi, come si può pensare
e sostenere come una giusta causa (o ammiccare comprensione)
quelle azioni che schierano i giovani imbottiti di esplosivo
che si immolano facendosi saltare in aria tra altri giovani
colpevoli solo di essere israeliani?
Occorre essere coerenti fino in fondo e ribadire il proprio
dissenso e apporre il proprio diniego ad ogni forma di terrorismo,
di Stato o di popolo che sia.
Certo, agli occhi della Politica il nostro pacifismo è
sterile e poco pratico, è insomma debole, ma la debolezza
della propria coerenza e della propria integrità è
una garanzia sicura e certa, forse lunica, per la vita
e la salvezza degli innocenti e delle vittime dellodio
alimentato da ogni forma di dominio e di coercizione, politica,
religiosa, economica e culturale.
Capisco molto bene che ribadire ragioni utopiche
possa sembrare inutile oppure inconcludente ai fini della risoluzione
di una complessa e storica questione come quella arabo-israeliana.
Ma devo sottolineare come tutte le ipotizzate o praticate soluzioni
prospettate da ONU, UE, ecc., si sono rivelate ancor più
inefficaci e soprattutto costruite su dei presupposti che costituiscono
la negazione stessa della ragione e della pace, proprio perché
sono fondati su logiche di potere e statali e quindi destinate
a entrare in rotta di collisione tra di loro.
Quindi non resta che sapere con certezza che solo un Medio Oriente
fondato su altri valori può garantire una convivenza
tra uomini e donne diversi ma uguali.
Questa consapevolezza porta ad accettare anche lestrema
debolezza di questa prospettiva in questo momento così
difficile e tragico ma anche la certezza che non vi sono scorciatoie
o altre soluzioni in grado di garantire una diversa realtà.
Anche qui, daltro canto, non mancano gli esempi concreti
di pratica della solidarietà tra uomini e donne di Israele
e della Palestina, testimonianze viventi che indicano che altre
vie sono sempre possibili se la volontà umana supera
la logica del dominio e della disuguaglianza.
Le logiche del Potere
In questi momenti daltro canto, lesperienza recente
e passata, ci ha insegnato che la via della libertà e
dellautonomia non passa attraverso ladesione ad
una bandiera rispetto ad unaltra, quando queste rappresentano
di fatto due diversi ma speculari poteri che trovano nellodio
e nella guerra terroristica la ragione della loro esistenza
e del loro rafforzamento.
Forse vedere immagini di bambini addestrati alle armi è
più accettabile che non vedere quelle degli eserciti
regolari in azione?
Occorre dunque tanto coraggio per ammettere la debolezza delle
proprie ragioni di fronte ai titani della Politica. Ma è
di questo che forse abbiamo bisogno per aiutare gli esseri umani
a liberarsi dalle logiche del Potere e del dominio comunque
mascherato.
È triste constatare che tra la gente che vive in Europa
riaffiora sistematicamente uno spirito antisemita, che si tornano
a colpire simboli e persone che appartengono alla storia e alle
genti ebraiche, che non ci si indigna di fronte a luoghi comuni,
battute, risate che hanno per oggetto gli ebrei. È avvilente
leggere intere pagine di quotidiani e di settimanali di sinistra
che amplificano solo le ragioni del mondo arabo (lo stesso che
per primo ha sempre manipolato, sfruttato e talvolta calpestato
i diritti del popolo palestinese usandolo a propri fini di sporca
politica interna o internazionale). È umiliante per la
nostra etica libertaria sentire le condanne feroci (come devono
essere) della strage di Jenin e dei tentativi di occultamento
messi in atto dal terrorista Sharon e non sentire la stessa
forte e chiara indignazione per tutti i morti degli attentati
dei kamikaze palestinesi.
Non possiamo dimenticare che in Israele siano potute vivere
esperienze forti e uniche di micro-società alternative
alla logica del capitalismo imperante, che ci siano state e
ci siano ribellioni e diserzioni dalla politica del militarismo,
né come sia ancora possibile aprire spazi di dissenso
e di lotta nei confronti del Potere. Ma non risulta che tutto
ciò, o altro, possa albergare e sopravvivere né
tra i palestinesi, né tra gli altri popoli arabi.
Insomma non si tratta solo di essere equidistanti tra due Poteri
ma di difendere con forza le ragioni di tutti gli uomini e le
donne che desiderano vivere una vita diversa. Né la bandiera
dello Stato israeliano, né quella dello Stato
palestinese ci appartengono e quindi lasciamole sventolare ad
altri.
Francesco Codello
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