Vent’anni fa, nel luglio del 1982,
la nazionale italiana di calcio vinceva il campionato del mondo,
in Spagna. Non ricordo chi fosse, all’epoca, presidente
del consiglio dei ministri, né ho intenzione di derogare
alla mia naturale pigrizia per andare a consultare annali all’inutile
scopo di accertarmi se si trattasse del quarto d’ora di
Forlani o dell’ebdomade di Andreotti. Ricordo invece, come
tutti, che il presidente della Repubblica era Sandro Pertini
(“un partigiano come presidente…”), che fumava
la pipa, esultava scompostamente sulle tribune a fianco dell’imbarazzato
re di Spagna, e giocava a scopone sull’aereo con Bearzot
e Zoff (non ricordo il quarto). L’attuale presidente, Ciampi,
ex firma sulle banconote da 100.000 lire, nel dare la sua benedizione
per il prossimo campionato agli attuali azzurri in partenza
per il Giappone, ricordava la formazione della squadra vincitrice
la prima volta, nel 1934, dei mondiali della sua infanzia.
Tutti noi abbiamo nel cuore la formazione degli eroi della nostra
giovinezza. Speriamo che Ciampi non debba rimpiangere quella
del 1934, così come oggi io rimpiango “Sarti, Burgnich,
Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, ecc., ecc.”. Anche
perché alla liturgia televisiva che ha preceduto il check-in
ha officiato l’onnipresente capo del governo, Pennywise.
Il quale, con sorriso ondulato, ha rivolto amorfe battutacce
ai calciatori. In particolare a Totti, al quale ha detto, toccandogli
i lunghi capelli finto-bagnati, di tenerli sempre così
lunghi, di modo che avrebbero dovuto afferrarglieli, per fermarlo
(N.d.A.: la sintassi corretta è mia).
Paolo Rossi (l’attore, non il calciatore) sostiene che
il Cavaliere sia un comico naturale. Ma per quel che mi riguarda
è più ridicolo che comico. Anzi, aggiungerei:
pateticamente ridicolo. Chissà quale ignobile “esperto”di
marketing gli avrà suggerito di chiamare il proprio partito
come un urlo da stadio. La battuta, infatti, era palesemente
raffazzonata: sarebbe stato più logico che dicesse a
Totti di tagliarseli, i capelli, così non avrebbero potuto
fermarlo affatto. Avesse osato toccare i capelli di Paolo Maldini,
che è un uomo serio e intelligente, sarebbe stato freddato
con un’occhiataccia. D’altra parte, se proviamo a
considerarlo come un gesto scaramantico, ci rendiamo conto che
qualunque altro eminente uomo politico italiano avrebbe fatto
altrettanto, nella sua particolare e caratteristica versione.
Spadolini (morto) avrebbe toccato le palle (di Totti); Leone
(morto) avrebbe fatto il classico scongiuro napoletano delle
corna; Andreotti (ancora vivo) avrebbe fatto toccare la sua
gobba a tutti i 22 giocatori.
Purtroppo, mi sa che Berlusconi porta jella. Trapattoni potrebbe
pertanto avere già pronta la spiegazione di un eventuale
quanto prevedibile ignominioso insuccesso sulle sponde del Pacifico.
Ma probabilmente gli sarà già stato ordinato di
attribuire la colpa al “sushi”…
Berlusconi, moderno “Homo technologicus”, basa le
forme della sua superstizione sulla comunicazione, e ritiene
che se parla solo lui non gli succederà mai niente di
male; e pensa che la critica o la satira non siano altro che
l’equivalente di una “macumba”.
Sfortunatamente per l’Italia, il pensiero dei rappresentanti
dell’opposizione non è gran che distante da quello
del capo del governo. Essi tentano di sbarazzarsi di lui limitandosi
ad armeggiare con cera e spilloni…
Non ci rimane che il calcio. Credo di poter parlare in nome
di tutta la rivista, dichiarando che, in qualità di esponenti
della sinistra, rivendichiamo l’ingresso in nazionale di
una congrua quota percentuale di donne (almeno il 50%), e chiediamo
che siano indette al più presto libere e democratiche
elezioni (possibilmente un suffragio universale) per scegliere
la rosa dei convocati e l’allenatore, che dovranno restare
in carica sette anni. Gli stipendi dovranno essere uguali a
quelli di deputati e senatori. Il modulo di gioco dovrà
essere costruito sulla base delle alleanze di maggioranza. Chi
sarà sorpreso a rubare il pallone all’avversario
se la dovrà vedere con Di Pietro, il quale ha già
presentato un disegno di legge volto a escludere Vieri dalla
squadra, almeno fin quando continuerà a ostinarsi a farsi
chiamare come il figlio di Craxi.
Io spero, fra altri vent’anni, che l’Italia possa
dimenticarsi anche di aver avuto a referto il cavaliere Berlusconi.
Carlo E. Menga
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