Vi chiedo di ascoltare questa lettera
fino in fondo. Sarà lultima cortesia che mi concedete,
perché questa è una lettera di commiato, di distacco
dalla partecipazione al F.S.F., non ho idea ora se definitivo,
ma comunque senzaltro per un tempo molto lungo.
Vi chiedo formalmente scusa per aver anteposto un mio bisogno
personale a quelli che sono poi risultati i bisogni collettivi
interni più diffusi. Ma vi garantisco che questo mio
errore di valutazione è stato fatto in perfetta buona
fede. Spero che non venga messa in discussione la mia buona
fede.
Dopo unassenza dalla militanza politica di più
di dieci anni, ero stato attratto da questo nuovo movimento
di respiro internazionale che sta sorgendo ed ho tentato di
entrarvi attraverso il tipo di aggregazione che si è
costituita nella città in cui abito e lavoro: il Forlì
Social Forum. Mi ero costruito la convinzione, arbitraria come
tutte le convinzioni, che potesse essere il luogo che da diverso
tempo attendevo, corrispondente appunto al bisogno personale
cui ho accennato sopra. Un luogo, nella mia costruzione immaginaria,
dove, finalmente, si discutessero seriamente i problemi e le
tematiche di ampio raggio inerenti allemancipazione e
alla costruzione di un mondo capace di soppiantare il sistema
di rapine, sfruttamento e oppressione che continua ad abbuiarci
lesistenza come una sadica cappa plumbea che irrimediabilmente
ci sovrasta.
Sempre nella mia costruzione immaginaria, un simile luogo, se
vuole veramente realizzarsi, non può che essere del tutto
aperto, libero da idee preconcette, atteggiamenti assiomatici,
adesioni dogmatiche e, soprattutto, scevro da scelte e comportamenti
censori. Una simile visione nasce da una lunga riflessione sulla
crisi storica della sinistra (intesa non come apparato politico
istituzionale, ma come tensione politica, sociale, culturale,
etica per il superamento dello stato di cose presente, caratterizzato
dal persistere delloppressione delle oligarchie economiche,
politiche e militari dominanti, come dal rinnovarsi e perpetuarsi
dello sfruttamento economico sulla maggioranza degli esseri
umani). Storicamente, la sinistra sorse e si attestò,
in tutte le sue variatissime sfaccettature e componenti, come
pensiero, azione e tensione etica rivoluzionaria, per sovvertire
il sistema dominante e mettere in piedi una sperimentazione
sociale del tutto nuova, fondata sulla libertà e il rispetto
reciproco. Quindi la sinistra si qualificò da subito
come capacità progettuale rivoluzionaria.
Sganciato da schemi precostituiti
Secondo la mia riflessione, che non è e non può
essere compiuta, ma procede e si arricchisce nel tempo, sono
storicamente fallite più o meno tutte le ipotesi progettuali
che sono state messe in campo e non tanto, che è la cosa
più importante, perché sia stata sconfitta militarmente,
come successe per la Commune parigina del 1871, bensì
per non essere stata lungimirante e non aver avuto la capacità
di essere effettivamente innovativa ed efficace, in altre parole
conseguente con se stessa e con i presupposti per cui era sorta.
Ciò che è rimasto attuale, a mio avviso con sempre
maggiore forza, sono invece le ragioni e le tensioni che hanno
fatto sì che prendesse piede e forme di azione. Paradossalmente
oggi ci sono più ragioni di ieri per continuare a cercare
la strada che, finalmente, porti ad una vera emancipazione dal
sistema economico e politico vigenti. Non sto qui ovviamente
a motivare, come richiederebbe, questi miei assunti riflessivi,
perché per farlo ci sarebbe bisogno perlomeno di qualche
piccolo saggio. È evidente che non è il caso.
Ecco allora che ritengo fondamentale, se non addirittura indispensabile,
non tanto ripartire da capo, che lesperienza vissuta rappresenta
comunque un patrimonio sostanziale di cui far saggezza e virtù,
ma tentare di riprogettare seriamente le modalità, gli
strumenti, il pensiero e la qualità delloperare
per proseguire nella lotta per la realizzazione di una società
libera non in senso formale e avulsa da ogni forma e tipo di
sfruttamento ed oppressione. Ma per approfondire, problematizzare,
formarsi opinioni che abbiano senso e formulare ipotesi operative
coerenti ed efficaci, è indispensabile un luogo dove
tutto ciò possa avvenire senza restrizioni, preconcetti
e superficialità. Luogo che, prima di essere spaziale
è innanzitutto mentale e di predisposizione psicologica,
supportato dalla consapevolezza che agire senza avere compreso
bene il senso dellagire non solo non è utile, ma
può comportare danni, a volte anche irreversibili.
Questo è il senso del luogo di cui, arbitrariamente e
in perfetta buona fede, avevo investito la mia partecipazione
al F.S.F. e in particolare nel centro sociale. Ribadisco in
particolare nel centro sociale, perché questo, a differenza
del F.S.F., che per la sua natura richiede unadesione
con una consapevolezza politica più specifica, per il
tipo di amplissima operatività soprattutto creativa che
ha intenzione di mettere in campo, a maggior ragione devessere
sganciato da schemi precostituiti.
Supportato da queste considerazioni, avevo perciò proposto
al centro sociale che si stava costituendo unipotesi di
identità che permettesse di riconoscerne il senso e le
finalità, sulla base della quale fosse ben chiaro a chi
voleva farne parte a che cosa andasse incontro, senza al contempo
costringerlo in lacci teorico ideologici che ne avrebbero limitato
inevitabilmente il campo dazione. Così proposi
prima la Carta dintenti, che ne definiva i principi
universali su cui si fondava, poi la carta dei Presupposti
organizzativi e principi di metodo, indispensabile per gettare
un metodo utile e funzionale alla realizzazione di un percorso
emancipativo fondato sulla libertà non formale e sulla
sperimentazione avulsa da precostituzioni ideologiche e dogmatiche.
Nei miei intenti erano e sono strumenti operativi, sottolineo
operativi, capaci di definire il senso e la qualità di
ciò che si sta intraprendendo. Mi sono anche raccomandato
di leggere i due documenti e di discuterli insieme, consapevole
che non è e non può essere materia da trattare
né con superficialità né con supponenza.
Speravo soprattutto che potessero rappresentare unoccasione
ghiotta per cominciare a mettere in piedi quel dibattito cui
aspirava la mia costruzione immaginaria.
Con mia grande sorpresa mi sono trovato di fronte al silenzio
e ad unapparente consenso, che i fatti successivi hanno
poi dimostrato essere inesistente. Ma ciò che è
grave, non è tanto che ci sia o no il consenso, ma che
non si discuta, anzi si sia evitato di voler discutere, come
se non ce ne fosse bisogno. Accanto a questassenza di
confronto, si sono poi manifestati una serie di atteggiamenti
e di comportamenti tutti improntati allinsofferenza e
al rifiuto verso battute e posizioni critiche e punti di vista
diversi. In verità ho sentito poche dichiarazioni, fra
laltro molto tempo dopo che li avevo proposti, che dicessero
chiaro e tondo che non si riconoscevano nei due documenti didentità
del centro sociale. Purtroppo accanto alle dichiarazioni di
non riconoscersi non ho sentito una motivazione del perché
non ci si riconoscesse, che sarebbe stata la cosa più
interessante e importante, da me ampiamente auspicata. Lunica
critica, molto importante, purtroppo fatta a me personalmente
in privato e non in pubblico, in modo da rappresentare un momento
dellauspicato dibattito, mi è stata rivolta da
Sabrina, ma relativa solo alluso della parola uomo, di
cui sottolineava leffettiva ambiguità. Le ho chiesto
di portare la questione allattenzione generale, ma, ahimè!,
non è successo.
Insofferenza verso la diversità
In tutta sincerità, dentro di me ho vissuto un piccolo
dramma. Mentre avevo proposto queste cose per incentivare e
dare avvio ad un dibattito, anche con toni forti, ma approfondito,
mi sono trovato di fronte ad un vero e proprio muro, per cui
non si accettavano punti di vista diversi e critiche, né
per esempio sul F.S.F. né sul convegno. Ma dove sta scritto
che non si può esprimere unopinione di critica
al modo come si concepisce lorganizzazione di un convegno
o sul senso e la natura di un forum? Anzi, dovrebbero essere
accolti come contributi allapprofondimento e al dibattito.
Invece chi esponeva opinioni diverse da quelle che, suppongo,
vengono ritenute ortodosse e non possono essere messe in discussione,
è stato praticamente trattato come un nemico e un sabotatore.
Fino ad arrivare alle accuse, che, guarda caso, al di là
che chi le ha fatte ne sia consapevole o no (non faccio processi
alle intenzioni), hanno il loro retroterra storicamente consolidato
nei metodi di staliniana memoria, che era stato ordito da parte
mia e di altri compagni con cui è sorta unaffinità,
più che di pensiero di bisogni di approfondimento, una
specie di complotto, fra laltro non ho capito bene per
fare che cosa. Ciò che è affiorato, almeno mi
sembra, è che ci volevamo impadronire del centro sociale,
che questo è una specie di proprietà del F.S.F.
e che agivamo contro di esso. Tutto ciò lo trovo ridicolo
e, permettetemi, un po kafkiano.
La sostanza è che di fronte ad una visione fondata sulla
libertà, sullautonomia, e sullindipendenza
dei singoli organismi, coordinati tra di loro, che è
unipotesi politica coerente, si è opposto il rifiuto
del confronto, atteggiamenti dogmatici, insofferenza verso la
diversità e la libertà di pensiero. Discorsi come
Queste cose non le voglio più sentire oppure
Si è permesso di criticare il convegno,
ed altre consimili che ora non ricordo, denotano unimpronta
dogmatica, perché stabiliscono a priori ciò che
devessere detto o non detto ed un atteggiamento censorio,
perché tendono ad impedire che vengano espresse. Accompagnate
alle accuse di ordire trame per
impossessarsi di non si
sa bene che cosa, e al rifiuto di confrontarsi su posizioni
anche contrastanti, denotano un clima che a tutti gli effetti
è antitetico a ciò che speravo.
Ora mi permetto di esprimere un giudizio di valore sul senso
di tutto questo baillame. In seguito allesperienza
che ho cercato di descrivere, anche se senzaltro avrò
omesso molte cose pur avendone espressa la sostanza, mi sono
creato la convinzione che dietro tutto questo agiscano, più
o meno consciamente, paure e insicurezze. Paura che lorganismo
di riferimento, il F.S.F., venga delegittimato e che non si
voglia in realtà sperimentare lautogestione, come
invece continuamente da più parti si declama. Si vuole
una forma autogestionaria, sì, forse anche perché
coi centri sociali è venuta un po di moda, ma la
si vuole sotto tutela. Rispunta la logica dellegemonia
politica del partito. Ma se lo si affermasse sarebbe una posizione
con una sua dignità sulla quale discuteremmo parecchio,
anche con passione, e ci farebbe bene a tutti. Invece no, si
afferma che si vuole a tutti gli effetti lautogestione,
ma però controllata dallorganismo centrale che
devessere unEntità Superiore (espressione
effettivamente usata nellambito dellaccaloramento
della discussione). Insicurezze dovute al fatto che se la famosa
Entità Superiore non rappresenta più una
specie di guida indiscussa ci si senta inconsciamente deprivati
del papà che stabilisca il nostro cammino. È senza
dubbio molto più difficile agire in vera autonomia. Ma
qui entriamo nel regno dellirrazionale ed è un
cammino minato, per cui mi fermo.
Ora io penso, e ne sono fermamente convinto, che unautogestione,
per esser veramente tale, non possa avere tutele di sorta. Se
ciò avvenisse, sarebbe a tutti gli effetti una finzione
e prima o poi crollerebbe ignominiosamente come tutte le finzioni.
Penso che invece sia molto più interessante sperimentare
forme reali di autonomia e autogestione in una logica di coordinamento
tra le varie componenti e i diversi organismi, ognuno autonomo
e autogestito, sulla base di un confronto paritario e, soprattutto,
al di fuori di ogni tutela politica di chicchessia o di qualsivoglia
organo centrale che ha il compito e la facoltà di scegliere
per tutti i suoi dipendenti cosa debbano o non debbano fare
e pensare.
Confronto paritario e reciproco
Ma veniamo al dunque. Personalmente sono stanco di questo clima
e di questo rifiuto censorio di dibattere e di confrontarsi.
Non cè nulla di sacro né di prestabilito,
né ci devessere preminenza di alcun individuo né
di alcuna entità od organismo. Il confronto devessere
paritario e fondato sulla reciprocità. Involontariamente
anchio ho senzaltro contribuito a che questo avvenisse
e ve ne chiedo scusa. Però non me la sento più
di partecipare a qualcosa in cui quelli con cui dovrei fare
cose assieme pensano od hanno il sospetto che io possa tramare
nellombra (ripeto, non ho ancora capito bene per che cosa).
Mi faccio perciò da parte e non parteciperò più
agli incontri né del F.S.F. né del Niño.
Mi sono convinto che il rapporto sia ormai troppo inquinato
e che ci voglia un tempo abbastanza lungo prima di ritentare
lincontro. Spero che questo non significhi che non possa
partecipare da esterno ad iniziative che organizzerete,
se mi interessano. La mia uscita, per coerenza, comporta alcune
conseguenze.
1) Comunicherò allassessore Fabbri che non sono
più un referente per il centro sociale.
2) Mi riprendo la paternità dei due documenti: la Carta
dintenti e la carta dei Presupposti organizzativi
e principi di metodo. Essi contraddicono a unautogestione
sotto tutela. Del resto è vostro diritto ridefinirvi
e stabilire unidentità consona allintegrità
della preminenza politica dell organismo centrale F.S.F.
su tutti gli organismi di sua proprietà. Ma per favore
non dichiarate il falso, perché chi aderisce ha diritto
di sapere dove va e che cosa lo aspetta. I due documenti perciò
non rappresentano più lidentità del centro
sociale, ma ritornano ad essere quello che sono: una proposta
teorica che farò in altre sedi, a mia discrezione.
Vi saluto! Non ve ne voglio e, spero, non me ne vogliate.
Andrea Papi
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