Tra feuilleton e pregiudizi
Per rendersi conto di come lanarchismo
e il movimento anarchico venissero percepiti a livello popolare,
nei loro primi anni di vita, può risultare utile, a volte
passare anche attraverso la chiave di lettura del romanzo dappendice,
un genere letterario che, sul finire dellottocento, ebbe
straordinaria fortuna editoriale.
Spesso infatti il feuilleton, una sorta di vero e proprio strumento
educativo di massa, era efficacemente in grado di prestare attenzione,
pur sotto i panni della narrazione di fantasia, alle tematiche
sociali del momento. E pertanto non raramente ci si poteva imbattere
in storie tenebrose e a forti tinte che, per eccitare limmaginazione
del lettore, trovavano il proprio soggetto in fatti e personaggi
legati alle attività della «setta» anarchica
di cui parlavano.
Maestra riconosciuta di questo genere fu la celeberrima Carolina
Invernizio, piemontese di nascita e di formazione (Voghera 1858
Cuneo 1916), che durante la propria prolifica e fortunatissima
carriera giunse a scrivere oltre cento romanzi dappendice,
fra cui gli «immortali» Il bacio di una morta
e La vendetta di una pazza. Non poteva mancare, in tanta
abbondanza, anche un volume sul movimento anarchico, e infatti
fra i numerosi titoli brilla quello, estremamente promettente,
de Il figlio dellanarchico. Scritto sicuramente
nellultimo scorcio dellottocento (ledizione
in mio possesso è una ristampa del 1931 e non ho trovato
quella originale, ma sono sicuro di escludere che Umberto I
fosse già stato ucciso da Bresci), questo romanzone di
quattrocento pagine ci permette di comprendere quali e quanti
fossero i pregiudizi (e i giudizi) che circondavano lanarchismo
dellepoca, e come, soprattutto, se ne combattessero le
pericolosissime idee di trasformazione sociale, violenta e risolutrice,
contrastandone non tanto i postulati di redenzione sociale (comuni
anche al socialismo e in un certo senso fatti propri dalla stessa
Invernizio), bensì i mezzi violenti, rozzi e «sanguinari»
con i quali si identificava la sua attività.
La letteratura dellottocento è stata definita come
una letteratura «tutta legata al processo dellaffermarsi
della borghesia», e in effetti anche nellInvernizio
ritroviamo per intero i capisaldi teorici di quella classe.
Consapevole della propria funzione educatrice, lautrice
è molto attenta a presentare tali postulati non solo
nel loro aspetto funzionale al processo di accumulazione capitalista
in atto (quindi profitto, creazione di ricchezza, legittimità
dello sfruttamento del lavoro salariato, ecc.) ma anche nella
veste di valori «altri», moralmente nobili ed apparentemente
estranei allegoismo borghese.
Ed ecco allora il problema di una maggiore giustizia sociale
che attenui le tensioni esistenti, ecco il rifiuto delle vecchie
pratiche filantropiche della nobiltà, ecco la necessità
di fornire ai «poveri» non la solita carità,
ma lopportunità di vendere la propria forza lavoro
al buon capitalista. In poche parole, il processo di formazione
del proletariato moderno, in una commovente comunità
di intenti fra datori di lavoro e prestatori dopera. In
questa logica di compromesso sociale (non a caso lettrici e
lettori dellInvernizio non sono solo le buone dame e le
signorine della nascente borghesia, ma anche, e soprattutto,
sartine, lavandaie, fantesche, portinaie, operaie e marmittoni)
il nemico da combattere e neutralizzare è chi si oppone
a questo riformistico patto di pacificazione fra sfruttati e
sfruttatori e combatte il capitale sul terreno rivoluzionario
ed espropriatore.
Valdengo, poi Godenval
Per comprendere meglio, credo sia necessario fornire una succinta
trama (per quanto possibile in un racconto pieno di colpi di
scena) de Il figlio dellanarchico.
Roberto, legittimo figlio primogenito del marchese di Valdengo
ma osteggiato dal padre per essere nato da una misera contadina
(sposata dal marchese non si sa perché) emigra in America
dove, in odio alle umiliazioni subite e sotto linfluenza
dei fratelli della madre, si associa alla «setta»
anarchica. Operaio tessile a Paterson (ove svolge segretamente
la sua terribile e misteriosa propaganda) sposa Floriana, la
figlia del proprietario della fabbrica, alla quale nasconderà
la sua appartenenza alla setta.
Durante il viaggio di nozze in Italia Roberto comincia a pentirsi
e si confessa a Floriana, la quale, terrorizzata dallavere
un anarchico per marito (anarchico e assassino sono pressoché
sinonimi), minaccia di denunciarlo. In un provvidenziale disastro
ferroviario viene creduto morto e Floriana, in stato di vedovanza,
diventa marchesa di Valdengo. Accolta dai fratelli del marito,
Bice e Paolo, benvoluti e ricchi figli di secondo letto del
defunto marchese, dà alla luce Ruggero. Viene allora
assunta come governante linglese Berta (che altri non
è che Roberto travestito) che resterà in casa
Valdengo per vari motivi: la gelosia e lamore per Floriana,
laffetto per linnocente «figlio dellanarchico»
Ruggero, il desiderio di riprendersi misteriosissime carte che,
se scoperte, decreterebbero la fine della setta. Tali carte
furono infatti raccolte da Floriana dopo lincidente ferroviario
e ora, per rispetto della memoria del marito e per paura del
loro contenuto, le custodisce senza chiedersi cosa nascondano
(del resto nessuno, per tutto il racconto, saprà mai
che diabolico complotto queste benedette carte celassero mai).
Al tempo stesso Roberto è ricercato dai feroci e sanguinari
ex compagni che lo accusano di aver tradito la causa e, in un
susseguirsi di minacce e colpi di scena, ritrova a Torino una
ex amante di Paterson, la volgare e malvagia Tamira, e il tremendo
Gildo, abominevole e pericolosissimo anarchico disposto a tutto.
Per sbarazzarsi dei loro ricatti, e anche del suo passato, senza
ombra di rimorso li denuncia alla polizia. Finalmente, poi,
in casa di Floriana e alla presenza del fratello Paolo, avviene
il riconoscimento. Roberto, confessata la colpa di essere stato
anarchico e rinnegando il proprio feroce (?) passato (essendo
lui il protagonista, non gli viene comunque addebitato alcun
delitto specifico), decide di abbandonare Floriana per liberarla
della sua presenza. Ma Tamira, quella notte stessa, aggredisce
alle spalle la marchesa per rapire, senza riuscirvi, il piccolo
Ruggero; e di questo sarà incolpato linnocente
Roberto che si rifugia da Anselmo, un ex anarchico che è
impazzito dopo aver perso la famiglia e che ora vive come un
eremita. Anselmo, nella sua follia, non trovando altro modo
per farlo, ha deciso di raggiungere i suoi cari facendosi saltare
in aria e Roberto approfitta della tremenda esplosione della
casa per farsi credere morto e scomparire.
Floriana, vedova una seconda volta dello stesso marito, sposa
Paolo. Ruggero, conscio di essere «il figlio dellanarchico»,
espia le colpe del padre, ma anche ne sublima gli ideali, diventando
il nobilissimo medico dei poveri, un vero e proprio apostolo.
In ciò affiancato dal misterioso scienziato tedesco Godenval
e dalla di lui figlia Fede. Fidanzatosi alla cugina Lalà,
ma vedendone laristocratica incapacità di comprendere
la nobiltà della sua missione, rompe il fidanzamento,
e in più si innamora di Fede. Al tempo stesso salva dalla
morte per fame e miseria la bella Daniela e relativa, numerosa
famiglia, gente onesta buttata sul lastrico dalla malvagità
del caporeparto (mai che la colpa sia del padrone, sono sempre
i colleghi o i superiori a fare i prepotenti!).
Ovviamente Daniela si innamora di Ruggero, ma poi, compresa
limpossibilità del proprio amore, ripiega sul suo
assistente dottor Jacopo, in fin dei conti altrettanto generoso
ed onesto anche se non altrettanto bello e ricco e soprattutto
non «figlio dellanarchico». Daniela, casualmente,
viene a conoscenza di un complotto di Gildo, vero mostro di
malvagità ed abiezione e pervicace nel suo odio contro
i ricchi, il quale, pur essendo stato beneficato da Ruggero,
vuole ucciderlo per vendicarsi del tradimento del padre. Daniela
informa Godenval, che si reca allappuntamento mortale
al posto di Ruggero. Si fa riconoscere da Gildo come Roberto
di Valdengo e, dopo un drammatico colloquio, nel corso del quale
giustifica il proprio antico tradimento come atto riparatore
della propria passata malvagità, si ha uno scambio di
colpi. Gildo muore e Godenval è gravemente ferito. In
punto di morte fa promettere a Ruggero che sposerà Fede
e gli rivela la vera storia della ragazza.
Fede è sua figlia adottiva, perché in realtà
anchessa è figlia di un anarchico redento, che
in Francia ha ucciso il capofficina che gli insidiava la bellissima
moglie Leni; avendo mantenuto il segreto del vero motivo della
sua aggressione per salvaguardare lonore della moglie,
al processo non gode di nessuna attenuante, e viene così
mandato alla ghigliottina come feroce anarchico. Poi lo scienziato
consegna a Ruggero un diario nel quale rivela la sua storia,
di come lui sia in realtà Roberto marchese di Val-den-go
e non Go-den-val, e di come si sia purificato dal proprio anarchismo
soccorrendo i poveri e rifugiandosi nella fede. Immancabile
il lieto fine con Ruggero che non partecipa a nessuno il tremendo
segreto di cui è depositario, e sposa, in perfetta letizia,
la perfetta Fede. I figli degli anarchici possono così,
metaforicamente, iniziare una nuova vita dopo la tragica espiazione
dei padri.
Quelli buoni e quelli cattivi
Il ritratto in piedi contenuto in questo romanzo? Non vedo
un singolo ritratto, non trovo un personaggio la cui biografia
possa richiamare la fantasiosa figura del protagonista. Anche
se, indubbiamente, lInvernizio, con tutta labilità
del suo mestiere, ha descritto un tipo di anarchico quale veniva
effettivamente percepito da un certo sentire, comune a larghi
strati della società dellepoca, pur tuttavia risalta
troppo la strumentalità delle sue intenzioni, per accettare
una plausibile identificazione con una figura reale. Piuttosto,
a mo di «riparazione», vedo un ritratto collettivo,
un ritratto degli anarchici, di tutti gli anarchici italiani
dellepoca. Di quelli «buoni» e di quelli «cattivi»,
degli espropriatori e degli umanitari, degli organizzatori e
degli individualisti, degli irregolari ai margini di una società
che li respinge e degli associati nelle organizzazioni dei lavoratori,
degli anarchici coatti alle isole e di quelli rimasti nelle
fabbriche e nelle officine artigiane, degli anarchici costretti
a portare la loro miseria oltreoceano e di quanti ancora la
soffrono nelle cittadine del centro Italia, degli anarchici
col cuore «pieno di fiele» per le persecuzioni subite
e degli anarchici il cui primo sentimento resta lamore
per lumanità, degli anarchici che danno la vita
nellestremo gesto riparatore e degli anarchici che resistono
nel fuoco della repressione.
Massimo Ortalli
Uno dei capi
del partito anarchico
di Carolina Invernizio
(
) Quindi proseguì:
Mia madre è morta quando compivo i sette anni
e mi ricordo che le sue ultime parole furono: Vendicami
di tutti questi nobili e ricchi che ci hanno calpestati, che
ci disprezzano: vendica te stesso. Allora ero troppo piccino
per comprendere il significato di quelle parole; ma più
tardi risonarono sinistramente nel mio cervello, ebbero uneco
nel mio cuore. E mi sono vendicato!
Roberto si tacque, come affranto.
Il treno si era fermato in quel momento a Finalmarina, ed era
subito ripartito.
Floriana guardava suo marito con una specie di ansia, aveva
indietreggiato alquanto.
Hai commesso qualche delitto? domandò.
No; rispose Roberto divenendo ancora più
pallido, ma con accento forte, risoluto, alzando fieramente
la testa però appartengo ad una società
che vuole la distruzione, la morte di tutti i ricchi, i potenti:
sono uno dei capi del partito anarchico
Floriana gettò un grido di spavento, ebbe un gesto disperato.
Tu? Tu? gridò.
Sì, io, io! Ecco ciò che ti ho nascosto
e che ora ti rivelo. Floriana, mia Floriana, vorrai tu respingermi
per questo? Ah! Tu non sai le lotte che ho dovuto sostenere
nella prima giovinezza contro il babbo, che mi aveva rinnegato
oltraggiando la memoria di mia madre; mi aveva respinto come
un appestato da quella società in cui pure avevo diritto
di entrare e mi considerava come un intruso, un ribelle. Tu
non puoi immaginare ciò che ho sofferto, allorché
mio padre, passato a seconde nozze con una giovane nobile e
ricca, mi scacciò di casa come un bastardo, sebbene portassi
il suo nome e fossi il suo erede. E quando, lui morto, mi presentai
per avere la parte che mi spettava, trovai che egli aveva disposto
delle sue sostanze in modo da non lasciarmene che una piccolissima
parte, alla quale rinunziai, maledicendo colui che non aveva
saputo perdonarmi di essere nato da una povera contadina, chegli
stesso si era compiaciuto di sedurre. Da quel momento presi
in odio i ricchi e i potenti: divenni anarchico.
Ed io fui pure uno strumento delle tue vili vendette,
io che appartengo alla società ricca che tu odii?
esclamò Floriana col volto animato da unenergia
sublime, da una grande esaltazione.
No, Floriana, no; quando mi incontrai in te, non pensai
che ad amarti, come ti amo sempre.
Basta, interruppe con un gesto di disprezzo e
quasi di sfida Floriana basta; ogni tua parola damore
sarebbe adesso una ingiuria per me. Ti avrei perdonato se tu
avessi commesso un delitto per difendere lonore di tua
madre e il tuo, ma non posso perdonarti davermi fatta
la compagna di
un vile assassino!
Con profonda
venerazione
di Carolina Invernizio
I fratelli di sua madre erano due operai rozzi, energici, esaltati,
che non potevano perdonare al marchese lumiliazione loro
fatta subire, la morte della povera sorella.
Essi si erano impiegati in una conceria a Nuova York, ma conducevano
una vita assai meschina, dovendo mantenere il vecchio padre,
ormai impotente al lavoro.
Non pertanto accolsero il nipote con amorevolezza, né
volevano accettare da lui il biglietto da mille franchi, che
Roberto aveva creduto bene di offrir loro.
È denaro di quellassassino di tuo padre
dissero con aria feroce in un terribile accesso dodio
e di diffidenza.
No, rassicuratevi; rispose Roberto nulla
di quanto ho indosso appartiene a mio padre. Questo denaro mi
venne lasciato dallo Stregone, il solo amico che io abbia avuto
fin qui.
E parlò di lui con profonda venerazione.
Roberto avrebbe voluto entrare egli pure come lavorante nella
fabbrica degli zii, ma essi non acconsentirono.
Tu sei troppo istruito per diventare un conciatore; continua
a studiare; fra due anni, finiti i nostri primi impegni, noi
ci recheremo a Paterson, in unaltra grandiosa fabbrica,
che stanno impiantando, di prodotti chimici: noi siamo già
fra gli operai inscritti, ed allora potrai metterti con noi;
ma ad un patto.
Qualunque sia, io laccetto.
Tu non sarai più qui lerede del marchese
Valdengo: sputerai sul nome di tuo padre e porterai il nostro,
che è pur quello della tua povera mamma.
Accetto volentieri.
Ed infatti egli andò a Paterson, inscritto sotto il nome
di Roverto Cavalero, ma finirono col chiamarlo tutti il Biondino,
perché aveva i capelli color delloro ed era bianco
e gentile come una fanciulla.
Gli zii di Roberto erano ascritti al partito anarchico ed essi
istruirono per i primi il nipote, e cercarono di radicare in
lui lodio contro i ricchi ed i potenti.
Vedi come ci trattano noi poveri diavoli, dicevano
e non vuoi che abbiamo a prenderci una rivincita su loro?
Vedrai, vedrai
un giorno, tutti questi potenti, questi
tiranni spariranno dal mondo; per essi ci vuole il ferro, il
piombo, la dinamite, e un giorno saremo noi che prenderemo il
loro posto; noi che regneremo, e la povera plebe starà
meglio dora, non avrà da emigrare fuori dItalia
per trovarsi un pane.
Quei due contadini erano due poveri esaltati, che vedevano solo
nella distruzione il mezzo di conquistare i loro diritti, il
loro posto nel mondo.
Non pensavano che colla violenza non si giunge mai a nulla,
e tutto ricade a proprio danno; non comprendevano che la prima
sorgente della rigenerazione di un popolo è lonestà
ed il lavoro! Non sapevano che coloro i quali giungono alla
mèta coi raggiri, con la disonestà o con i delitti,
sono i primi ad essere detestati e maledetti da tutti, e il
loro potere presto sinfrange e non rimane di essi che
una memoria esecrata!
Quella povera
gente
di Carolina Invernizio
Il Biondo aveva viaggiato molto per la sua propaganda;
ma egli aveva un aspetto così nobile e gentile, sapeva
così affascinare che nessuno sospettava di lui; gli operai
che lo conoscevano, e appartenevano allo stesso partito, si
sarebbero guardati bene dal dimostrarlo. Quando passava fra
loro visitando una fabbrica, discorrendo coi capi, gli bastava
uno sguardo di quei suoi occhi luminosi od una parola per farsi
intendere.
Al ritorno a Paterson da uno dei suoi viaggi, trovò che
gli era morto il nonno ed uno degli zii, e che la sua compagna
Tamira aveva abbandonata la sua casa, il partito, del quale
era stata affiliata ardente e pericolosa, per fuggire col clown
di una Compagnia equestre, lasciando una lettera in cui minacciava
di denunziar tutti se lavessero seguita o perseguitata.
Sebbene Roberto non lamasse, quel tradimento lo colpì
più crudelmente della morte dei suoi, e mostrò
in quelloccasione maggior forza danimo, che si poteva
supporre, e che molti scambiarono per indifferenza.
Egli diede freddamente degli ordini perché Tamira venisse
ricercata, e punita in modo da servire desempio alle altre
compagne degli anarchici. Roberto si sarebbe incaricato egli
stesso di quellesecuzione, se non avesse avuto in quel
momento da occuparsi di ben più gravi incarichi.
Nessuno ebbe il minimo dubbio che egli fosse tormentato da un
gran dolore: i suoi occhi rimasero asciutti: nessuna parola
amara gli uscì dalle labbra.
Tamira non venne ritrovata.
Il clown col quale era fuggita non faceva più parte di
quella Compagnia equestre: nessuno seppe dare contezza di lei.
La misteriosa scomparsa mise il partito in grande agitazione.
Tamira conosceva molti segreti del biondo, e poteva riuscire
pericolosa a lui ed ad altri affiliati.
Era certo, che se avessero potuto trovarla, non sarebbe uscita
viva dalle loro mani.
Trascorse un anno. Siccome nulla era avvenuto di nuovo, finirono
per dimenticare la traditrice o almeno attesero con pazienza
listante di poterne trarre vendetta.
Il biondo era stato incaricato di unimportantissima e
delicata missione per lItalia; egli portava seco la trama
di un complotto che doveva scoppiare al momento opportuno.
Ma prima dimbarcarsi per lItalia doveva passare
da Nuova York per intendersi con diversi capi del partito operaio,
dove voleva fare nuovi proseliti.
Tutta quella povera gente che dal lavoro ritraeva appena il
mezzo per vivere si abbandonava con ardore alle nuove teorie,
che promettevano loro un intiero rivolgimento della società,
il trionfo del povero sul ricco ed il potente.
Essi non avevano forse neppure coscienza di ciò che volesse
esprimere la parola anarchia, molti erano tuttavia
bravi operai, onesti padri di famiglia, ma la speranza di un
avvenire migliore, in cui essi sarebbero divenuti padroni, li
inebbriava.
Gildo batté
gli occhi
di Carolina Invernizio
Gildo batté gli occhi, e sogghignò:
Perché allora rispose con voce sibilante, beffarda
ha abbandonata la nostra giusta causa, è fuggito
portando seco valori e carte compromettenti, carte che gli servirono
per tradire i suoi compagni, fra i quali cero anchio?
Un subito pallore coperse il volto di Ruggero, ma il
suo sguardo si fissò tranquillo sul miserabile, che gli
stava dinanzi.
Te lo dirò io il perché; rispose
freddamente senza alcuna violenza mio padre era in fondo,
un uomo onesto, che le sventure avevano traviato. Mentre inneggiava
al comunismo, incitava agli scioperi, alle sommosse, alle rivoluzioni,
la sua coscienza si ribellava contro di lui e gli mostrava che
per voler redimere i popoli, non vè alcun bisogno
di adoperare la violenza, né di fomentare nelle masse
delle idee sovversive. Le parole di una donna, di una santa,
finirono per aprirgli gli occhi e convincerlo: egli ritrovò
la fede perduta, comprese gli errori, le infamie di coloro che
gli avevano per i primi assassinata lanima, il suo delitto
nellaver cercato dinfondere le stesse malvage passioni
in uomini innocenti. Mio padre era ricco del suo e non ebbe
bisogno di toccare alcun valore a lui affidato. I valori che
egli aveva indosso, quando fu creduto morto e che rimasero a
mia madre, erano proprio suoi, erano il frutto del suo ingegno;
e nessuno di quei valori furono toccati da me né da mia
madre, ma furono intieramente destinati a scopo di beneficenza.
La famiglia Valdengo è abbastanza ricca da parte sua,
e mia madre possiede una sostanza personale così rilevante,
che non vi era bisogno di appropriarsi dei valori appartenenti
alla vostra sètta. Non dovrei dare questi ragguagli ad
un furfante tuo pari, ma voglio farti sapere che hai mentito,
e mentito infamemente, accusando un uomo che ha espiato con
una morte orribile una colpa non sua, e le sue mani rimassero
nette dalle macchie che adesso tu vorresti imprimervi.
Accidenti allItalia!
di Carolina Invernizio
Capisci ora che fra te e il mio povero padre non vi può
essere nulla di comune, e che io difenderò sempre dinanzi
a chiunque il suo onore, la sua memoria? I suoi compagni stessi,
quelli in cui le massime perverse non hanno soffocato in cuore
ogni pietà, ebbero parole di compianto per la fine spaventosa
da mio padre stesso cercata. Solo due gli hanno fatto del malo,
lhanno spinto a quellorribile fine: tu e Tamira.
Di lei ho perdute le tracce, ma può darsi che un giorno
la ritrovi, ed abbia occasione di salvarle la vita, come lho
salvata a te.
Gildo alzò le spalle.
Non vi ringrazio disse con voce sibilante.
bella vita tirare innanzi sino alla vecchia con le tasche vuote,
senza camicia indosso, e vedendosi sempre girare intorno quelle
cagne di guardie: accidenti allItalia!
Ma la tua sètta non ti soccorre? I tuoi compagni
non ti vengono in aiuto? Eppure devono avertene date, delle
speranze
E sei stanco di aspettare? E maledici il tuo paese,
del quale, secondo voi, un giorno ne diverrete i padroni, e
tutti potranno avere, senza fatica, senza lavoro, ciò
che più a loro talenta?
Gildo si morse le labbra aride, comprendendo lironia di
quelle parole. E rispose debolmente, ma verde dalla collera:
Quando la torta sarà fatta, io non ci sarò
più a mangiarla! La mia sètta non è ricca,
perché non ruba il denaro di nessuno; una parte dei miei
compagni campa la vita come me, maledicendo ai ricchi, aspettando
e
liberi, per ora, di crepare di freddo e di fame.
E perché non cercasti nel lavoro un pane onesto
e sicuro? Lozio rende cattivi e fa parer cattivi gli altri.
Vedi, io sono ricchissimo, potrei godere la vita senza far niente
ed invece, lavoro giorno e notte per rendermi utile allumanità,
per onorare la memoria di mio padre. I maligni occhi di
Gildo ebbero uno sfolgorio.
Voi siete suo figlio
seguirete le sue teorie.
Il volto di Ruggero si animò di nuovo di quella sublime
espressione, che si trova nei dipinti dei santi ispirati.
Sì, le seguirò; rispose con forza
ma soltanto in quello che hanno di nobile ed elevato.
Io non inneggio al comunismo, non predico la distruzione, la
morte, ma vorrei che tutti gli uomini seguissero il socialismo
secondo il Vangelo, si amassero e si aiutassero come fratelli.
Vorrei che il ricco, invece di far pompa delle proprie ricchezze,
che sembrano un insulto alla miseria, si accostasse un po
al popolo, si occupasse con più affetto della classe
operaia, non lilludesse con promesse, che non saranno
mai mantenute, si facesse da essa amare, non invidiare o temere!
Vorrei che tutti lavorassero, poveri e ricchi, perché
il lavoro è il rigeneratore dei popoli, come la fede
è il preservativo delle rivoluzioni e dei delitti.
I brani sono tratti da: Carolina Invernizio, Il figlio dellanarchico,
Firenze, Adriano Salani, 1930.
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