Mi ha colpito udire
Camus insistere sulla necessità di creare «una
società nella società». Uomini legati da
una solidarietà materiale spontanea conducono vita semplice
e modesta (ma senza regole ascetiche o sospetti di «falansterismo»)
e si limitano, per lo meno allinizio, a manifestare integralmente
la loro opinione sui problemi della polis senza concedere nulla
allopportunismo politico, allo spirito di parte, o alla
prudenza pratica in conformità ad un limitato numero
di principi chiaramente definiti, i quali, tanto per iniziare,
avrebbero probabilmente una forma «negativa».
(Da una lettera di Nicola Chiaromonte ad Andrea Caffi, datata
New York 10 aprile 1946, pubblicata in Quaderni dellaltra
tradizione, ed: «Una città», Forlì,
maggio 2002)
Unidea tanto intrigante quanto affascinante, che da troppo
tempo mi trotterella per il cervello, senza però esser
mai riuscito a farla assurgere alla dignità di unidea
cui dedicare abbondanti elucubrazioni. Volteggiava sul mio cranio
solleticandomi e piacevolizzandomi come un insetto, senza infastidirmi;
anzi! Semplicemente gironzolava su di me, senza mai una vera
serietà di ricezione. Quando ho appreso che Camus, a
differenza di me, laveva invece pienamente assunta fino
a farne unalta proposta teorica da realizzare in pratica,
mi son sentito graziato come da unattesa illuminazione.
Ne ho finalmente compreso la bellezza e la serietà, come
fino allora non avevo osato. Lautorevolezza di cui ai
miei occhi ha sempre goduto Camus in questoccasione mi
è servita da stimolo per sbloccarmi. Scherzi del nostro
profondo, col quale in qualsiasi società continueremo
ad avere un rapporto difficilmente gestibile.
Ciò che me la rende affascinante è che non si
pone sul piano del comunitarismo alternativo classico il quale,
seppure indubitabilmente continui a conservare una carica di
coerenza sovversiva non sottovalutabile, purtroppo troppe volte
ha rischiato e continua a rischiare di essere visitato superficialmente
per troppi usi e consumi. Concetto purtroppo superinflazionato
da una miriade di adesioni spurie, la comune frequentemente
è stata ed è buona per troppi abusi.
Superare il presente
Ispirandosi allesperienza rivoluzionaria dei comunardi
parigini del 1871, tutte le comuni che sono state fondate e
presumibilmente quelle che lo saranno in futuro si concepiscono
come il luogo altro, il tentativo di realizzare lutopia
che vorrebbe scavalcare e superare il presente. La comune si
pone sempre al di fuori, conseguentemente contro, la società
che desidera combattere. Si concepisce come tentativo di rappresentare
un esempio, se non addirittura lesempio, delle forme di
società alternativa nuova, al di fuori e contro quella
vecchia. Chi sposa la logica comunarda, al di là di quello
che dichiara e delle sue consapevoli intenzioni, a chi ne è
fuori pone inevitabilmente un aut-aut che più o meno
suona così: o scegli la comune, luogo di purezza societaria
capace di realizzare al suo interno leguaglianza, la giustizia,
la fratellanza e la solidarietà tra i suoi membri, oppure
ti devi rassegnare allo schifo di società corrotta, iniqua,
ingiusta e sfruttatrice (chi più ne ha più ne
metta) nella quale le lobby di potere imperanti ci costringono
a vivere. Per lo sguardo esterno rischia di non esserci altra
possibilità di emancipazione concreta, così difficile
e complicata da scegliere però che non può che
rimanere un sogno, una via praticabile solo per gli asceti della
rivoluzione, solo per coloro, ben forniti dei cosiddetti, che
non temono nulla ed hanno la forza di sfidare il destino di
questo sporco mondo che sta andando inevitabilmente in malora.
Quella sostenuta da Camus invece, non è affatto equiparabile
ad una proposta che contenga lobbiettivo di fondare una
nuova comune che, mi sento di aggiungere al di là delle
sue parole, inevitabilmente finirebbe per autoalienarsi, come
mi sembra sia sistematicamente successo. La comune è
sempre autopensata come luogo antisocietà vigente, al
di là delle sue intenzioni fondative completamente immersa
nel contesto del nemico da cui non riesce a non dipendere. Per
questo in breve quasi sempre si trasforma in un ghetto. Per
questo immancabilmente poi non trova né la forza né
il modo di ampliarsi, comera negli intenti originari,
di dilatarsi come propensione culturale ed ideale allinsieme
della società esterna, cui rivolge il proprio esempio
ed il proprio messaggio di vita collettiva. Scegliere la comune
comporta di per sé scegliere un luogo alternativo in
cui, a torto o a ragione, alla fine si ritrovano solo quelli
che lo desiderano, senza riuscire ad elevarsi a momento diffuso
capace di estendersi nel sociale circostante, per infonderlo
culturalmente e per portarlo progressivamente al superamento
del presente. Al di là di ogni cosa, la comune rimane
il luogo separato della comune e tutto ciò che avviene
al suo interno rimane limitato al suo interno.
Nella proposta di Camus, invece, non ci si pone al di fuori,
ma si rimane dentro la società. «Una società
nella società», appunto. È la riscoperta
della comunitarietà, quale senso della convivenza sociale,
dove lessere società acquista una valenza ecologica,
dove cioè la propria appartenenza è fortemente
sentita da ogni individuo come prioritario momento di costante
integrazione, come parte componente dellinsieme societario
cui ha senso partecipare attivamente, con la propria volontà
e la propria intelligenza. La comunità estesa, non la
comune separata e tendenzialmente autarchica. Una società
altra che nasce e si forma allinterno dellassetto
sociale in cui ci troviamo ora e non se ne distacca, ma vi rimane
dentro pur rifiutandone i presupposti etico-politici.
Elemento modificatore
Si potrebbe obiettare che anche la comune al suo interno tende
a creare una qualità di rapporti interrelazionali di
questo tipo e che, probabilmente, si è ampiamente realizzata
in moltissime esperienze comunarde passate e presenti. Concordo
e, per quello che ne so, è effettivamente così.
Ma questargomento non riesce a rappresentare unobiezione
a ciò che sto sostenendo, perché il problema è
un altro. Come affermavo più sopra, infatti, ciò
che avviene allinterno della comune rimane limitato al
suo interno e non riesce a rappresentare un elemento di modificazione
sociale in grado di diffondersi al resto dellinsieme societario.
Nella società nella società, invece, se
trova piena e congruente realizzazione, non abbiamo una componente
separata dal resto che forzatamente agisce per conto suo, bensì
un rafforzamento libertario dei legami interrelazionali che
sorge, prende forma e si rafforza dentro il contesto politico-sociale
attuale e continua ad esserne componente pur non sentendosene
politicamente ed eticamente parte. Anzi, sorge proprio per modificarlo,
ma non come ariete dallesterno, bensì come elemento
modificatore, portatore e propagatore dallinterno di nuovi
valori e di un nuovo modo rivoluzionario di essere società.
Presumo che lipotesi camusiana di una società
nella società si dovrebbe realizzare nel prestare
attenzione soprattutto alla qualità e al modo delle relazioni
e delle regole, non alla struttura politica complessiva. Dalle
sue parole mi sembra che si evinca quasi il formarsi di una
specie di specifico corpo sociale con caratteristiche proprie,
distinte dal resto del corpo sociale in cui siamo immersi, anche
se in realtà si sviluppa al suo interno e continua ad
esserne parte. La nuova forma politica complessiva, di cui è
potenzialmente portatrice, assumerà forma e senso, se
avverrà, come conseguenza della qualità ineludibile
del livello interrelazionale che sarà capace di esprimere,
irradiandosi irresistibilmente ed esercitando un seducente magnetismo
attrattivo verso il resto del corpo sociale. La comunità
della società nella società rimane a tutti
gli effetti dentro linsieme generale della società
che le è preesistente, vi continua ad operare e ad esserne
pienamente parte, anche se dichiaratamente in forma alternativa
e distinta. È unalternativa che cresce da dentro,
che, soprattutto, tende ad allargarsi e ad occupare il contesto
generale con la sua energia, la sua potenza magnetica, la sua
pregnanza etica.
Nellidea di Camus, almeno mi sembra, ha importanza soprattutto
latteggiamento etico, il rigore intellettuale, lo scambio
didee per un elevamento spirituale condiviso, vissuto
comunitariamente. Forse nellillusione che la comunitarietà
dello spirito, unita ad una solidarietà materiale
spontanea e ad una vita semplice e modesta, come
egli stesso specifica convinto che la forza insita di cui è
portatrice sia irresistibile, possa portare di per sé
ad unalternativa anche sociale e politica. Dalle sue parole
traspare anche però che per lui questo livello non è
necessario. Mi viene in mente che, forse, per Camus, pur anchegli
dichiaratamente libertario, quello politico complessivo sia
un problema molto meno interessante ed impellente di quello
che invece è per me. La sua attenzione e, quindi, la
sua preoccupazione, è soprattutto rivolta alla qualità
etica ed allelevazione spirituale che possano scaturire
dal modo in cui prendono forma le relazioni, gli scambi di qualsiasi
tipo, la voglia di esserci e di condividere lesistente
comunitariamente.
Meravigliosa intuizione
Prendendo spunto da questa meravigliosa intuizione, personalmente
la vivo e me la immagino in modo differente, pur concordando
in pieno sul livello qualitativo interno che dovrebbe essere
in grado di suscitare. Indispensabile senza dubbio, come sottolinea
lo stesso Camus, manifestare apertamente la propria opinione
sui problemi della polis... Indispensabile perché
evidenzia la qualità della partecipazione individuale
alla vita sociale, allinterno però di un contesto
che, oltre a favorirla, permetta anche di valorizzarla pienamente,
che trovi cioè senso e collocazione quale prezioso contributo
alla condivisione della vita collettiva. La qual cosa oggi è
continuamente e bellamente bandita. Allorché si verificasse
concretamente, ne risulterebbe un costante e sereno alto confronto
attorno alle problematiche ed ai problemi della politica e della
società, cui tutti i componenti avrebbero la possibilità
e la voglia di parteciparvi paritariamente. Ma soprattutto penso
alla definizione concordata e sperimentale, quindi permanentemente
sottoposta a verifiche ed aggiornamenti, di regole comportamentali
e di convivenza, le quali non potranno che essere diverse da
quelle che siamo costretti a subire quotidianamente, dal momento
che siamo immersi in società fondate sul ed innervate
dal principio del dominio.
Un organizzarsi progressivo, da parte di quegli uomini e di
quelle donne legati/e da una solidarietà materiale
spontanea, che permetterebbe loro di vivere una propria
esperienza comunitaria dentro la società preesistente,
al punto che il patto e le regole che stabilirebbero per sé
diventerebbero il riferimento fondamentale della convivenza
collettiva. Non si riconoscerebbero più nelle leggi dello
Stato, considerato esterno, cui parteciperebbero progressivamente
sempre meno, lo stretto necessario cioè per non offrire
occasioni inutili e controproducenti di essere repressi. Continuando
ad essere formalmente parte della società istituzionalmente
costituita, appare evidente che non potrebbero sottrarvisi del
tutto, almeno fino a quando, e se, non saranno riusciti a dilatarsi
al resto del contesto sociale, fino al punto rilevante che permetterebbe
di realizzare la rottura definitiva con lo Stato, spinti dal
bisogno rivoluzionario, che nel tempo prenderebbe piede spontaneamente,
di affossarne la pregnanza e la possibilità dellesercizio
statuale del potere politico.
Si tratterebbe di fondare dallinterno del mondo consolidato
tuttora costituito una situazione di autogestione, diffusa e
tendenzialmente diffondentesi al resto della società,
alternativa alla vigente e imperante eterogestione. Autogestione
perché si fonderebbe su presupposti di vera autonomia
da qualsiasi tipo di governo centralizzato. Le decisioni riguardanti
i componenti comunitari, tutti aderenti volontariamente, vorrebbero
essere e verrebbero prese concordemente da tutti sulla base
di una concreta paritarietà e solidarietà. Allinterno
non si definirebbero né imposterebbero strutture in qualche
modo riconducibili ad un ordine gerarchico, secondo cui una
stretta minoranza di individui è considerata più
importante di ogni altro individuo e viene perciò fornita
del potere di decidere per tutti gli altri, dandole la prerogativa,
sostenuta con la forza e la prepotenza delle armi, dimporre
le proprie scelte. Le procedure di applicazione e realizzazione
non sarebbero filtrate da elefantiache ed autoritarie strutture
burocratiche, che hanno sempre la caratteristica di essere anonime,
ingiuste, impositive e di scaricare le responsabilità
individuali delle continue inefficienze che generano.
Corpo sociale sorgente ed insorgente
Una condizione fondamentale per la riuscita di questo nuovo
corpo sociale, sorgente ed insorgente al tempo stesso, sarebbe
che tutti, o perlomeno la stragrande maggioranza di coloro che
ne fanno spontaneamente parte, si sentano partecipi a tutti
gli effetti della gestione collettiva condotta concordemente
attraverso i metodi dellautogoverno. A tal proposito,
mi sento di poter affermare con sicurezza che il livello di
partecipazione diffusa ed estesa dovrebbe essere assicurato,
dal momento che lesserne parte non è determinato
da codici coattivi fondati sui presupposti degli obblighi e
dei divieti, ma da una limpida presa di coscienza individuale.
Una società nella società. È un
tema ed un sogno affascinante, perché equivale a tentare
di trasformare alle radici in senso del tutto libertario, più
che di riformare, il contesto sociale di appartenenza, pur continuando
ad esserne parte. Trasformarlo dallinterno, ma da esterni
ai suoi rituali politici, alle sue finzioni di rappresentanza,
alle sue gerarchizzazioni democratiche, alle sue mafie protette
di clientele politiche. Rifiutando il più possibile le
sue regole, snobbando la sua decisionalità di dominio,
attaccando ed intaccando la sua endemica e cronica ipocrisia.
Con le armi dellonestà intellettuale, della coerenza
etica, della determinazione politica, dellumiltà
della ricerca e della pratica costante ed inalienabile di un
inarrestabile libertarismo. Dove libertà non vuol dire
libertà dei mercati capitalisti di sfruttare ed opprimere,
bensì libero confronto spregiudicato e creativo, coraggio
dellintelligenza e della voglia di verità qualunque
essa sia, libero sfogo alla poesia delle emozioni, del sentire
e della gioia di vivere. Libertà insomma, nel suo significato
più profondo, più puro, più libero da fraintendimenti
e strumentalizzazioni.
Andrea Papi
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