Sulle tracce di Herbert Pagani (1944-1988)
Immagina, amore mio tutta uninfanzia senza carezze
Una guerra di ventanni a colpi di bolli e di avvocati
Nella mia isola si battevano tre naufraghi della tenerezza
Tre relitti dellamore. Questa fu la mia famiglia.
Il bambino ha pochi anni, 2, 5, 7, e già deve conoscere,
approfondire e scavare nella ferita di ogni tormentoso grado
della separazione
deportato di collegio in albergo,
usato come arma di ricatto e di ritorsione fra due genitori
separatisi prestissimo, un anno e mezzo dopo la sua nascita.
Il bambino possiede già nel DNA la mappa delle differenze,
delle controversie del tempo, degli esili, delle fughe, delle
persecuzioni. È egli il figlio di due ispano-ebrei libanesi,
ormai italiani quando nel 1944 nasce.
Il padre, uomo daffari in incessante movimento, un vero
ebreo errante col suo piccolo in spalla, lo porta con sé;
la madre, tenuta alloscuro di ogni spostamento, inizia
un incessante inseguimento, approfittando, solo qualche volta
in questi primi anni, della fortuita occasione di poter riabbracciare
suo figlio
qualche minuto, qualche ora
poi sarà
di nuovo unincognita distanza a separarli.
Il ragazzo completa i suoi studi in un pensionato francese,
dove, prima che a forza damore/perdesse il suo accento,
sinventa il linguaggio universale della propria arte grafica
e pittorica, con quella le barriere linguistiche cadono. Immediatamente
un illustre poeta quale Jean Rousselot si accorge del suo talento
e consegna al mondo un articolo entusiastico che inneggia a
questo visionario di ventanni. La scoperta delle
arti visive, primo amore del ragazzo, sarà alla fine
lultimo amore delluomo che negli anni estremi si
occuperà solo di queste.
Ma di parlare del prodotto mi son rotto e ti sei rotto
E se ci tieni fatti sotto: i dischi miei li puoi rubare!
Ma vuoi mettere il teatro con te lì a mezzo metro
Ed io che ti scartavetro e tu padrone di fischiare
Infatti cerco sempre un occhio in cui poter ficcare il dito
Ma non attacco il mio vagone a nessun treno di partito.
Ma nel frattempo lesigenza di non essere solo (lamicizia,
oltre che il titolo di un suo disco e di una sua famosa canzone,
sarà la parola chiave della sua vita), di usufruire di
un mezzo di comunicazione che gli metta direttamente in mano
e subito le emozioni palpitanti che sente di poter
suscitare in chi gli sta di fronte, lo spinge a occuparsi di
musica; la necessità di essere profondo e di comunicare
la sua visione del mondo, lo spinge alla poesia
nasce
così il cantautore.
Herbert
Pagani
Per puro caso, a bazzicare lambiente, finisce
per ritrovarsi leggendario speaker degli anni più gloriosi
di Radio Montecarlo, le sue trovate, i jingle, lo stile della
sua conduzione, il modo frizzante, umano e sensibile al contempo
(diremo per inciso che sua fu lultima intervista a Luigi
Tenco), inaugurano tutto lo stile radiofonico moderno.
Parallelamente cresce lautore, saffaccia, prima
con qualche peccato di gioventù, facile e disimpegnato
(Cin-cin con gli occhiali), poi intessendo un disco di
interessante impostazione radiofonica (Amicizia) dove
i temi si fanno già più approfonditi e difficili.
LItalia è però immatura per questartista
dalle ambizioni totali che tenta un linguaggio stratificato,
popolare e poetico insieme
Lennesimo divorzio da una patria si celebra quando la
censura colpisce Albergo ad ore: siamo quasi nel 70
e lo spettatore medio italiota non può sopportare un
esplicito riferimento al suicidio
e pensare che è
una canzone che la Piaf, nelloriginale versione francese,
cantava senza problemi negli anni quaranta
Così il nostro prova a farsi unexpérience
nello stesso ambiente dei suoi idoli di sempre, Brel e Ferré.
La cosa marcia piuttosto bene: 5 dischi in cinque anni, fra
cui il monumentale capolavoro Megalopolis, e poi spettacoli
celebrati, dirette televisive, un gran numero di concerti per
ogni dove
Ogni tanto un ritorno in Italia per vari e interessanti
progetti, gli ultimi dei quali saranno la partecipazione come
attore e musicista allo sceneggiato Rai Marco Visconti
e un ultimo bellissimo disco in italiano, Palcoscenico,
nel 76.
Profittando della notorietà raggiunta luomo, ormai
maturo ma mai pacificato, lancia le sue battaglie di sionista
di sinistra sollevando un vespaio di polemiche
notissima
lArringa per la mia terra (11 novembre 1975), che
si conclude con le parole per oggi la famosa frase di
Cartesio: Penso dunque sono non ha nessun valore. Noi
ebrei sono 5.000 anni che pensiamo e ci negano ancora il diritto
di esistere. Oggi, anche se mi fa orrore, sono costretto a dire:
mi difendo, dunque sono.
Non sono per niente daccordo con lui, ma mi sarebbe piaciuto
poterci litigare assieme!
In seguito sarà il silenzio per quasi dieci anni, interrotto
ogni tanto da una mostra, da un intervento polemico, da tanti
progetti visivi e di scrittura in un ritiro operoso. Luomo
inquieto non soccombe alla palude degli anni ottanta, ma la
sua voce non trova più la strada per uscire, né
la troverà più dal momento che una vigliacca e
fulminante leucemia ci separa, dopo soli 46 anni, dal nostro
testardissimo compagno, il nostro meraviglioso amico. Herbert
Avraham Haggiag Pagani.
Questa, per sommi capi, fu la sua vita; altrettanto per sommi
capi diremo che chi si accosta alle sue opere, e mi riferisco
a quelle discografiche, che delle altre ho una conoscenza del
tutto lacunosa, si troverà di fronte a un quasi inafferrabile
patchwork, in cui la canzone più classica, spesso scritta
con intenzione espressamente populista, convive con arrangiamenti
lussureggianti, pieni dinterventi extra-musicali: di voci,
di versi, di rumori della strada, in cui la musica è
al contempo accompagnamento, controcanto e colonna sonora; a
fare da collante a questi strani ingredienti cè
lirresistibile convinzione dellinterprete, la sua
passionalità candida.
Attenzione, quando parliamo di candore non ci riferiamo a una
qualsivoglia incoscienza da parte dellartista, che invece
nelle ardite costruzioni delle sue opere si mostra scaltro e
perfetto dominatore dei suoi mezzi, semplicemente ci richiamiamo
a quella specie di miracolo laico che unisce la più squisita
naturalezza alla più rifinita fattura. Questa è
limpressione che ci lasciano quei vecchi dischi, quelle
scarse testimonianze filmate: un uomo di infinita passione e
cristallina chiarezza, che abita nel corpo di un fine cesellatore;
un artigiano che umilmente si arrovella su manufatti tanto ricchi
quanto comodi, continuamente attraversato dal dionisiaco vento
dellispirazione. Un puro.
I suoi dischi in italiano, che si possano considerare maturi
e definiti, sono alla fine solo due, e il curioso che vorrà
farsi unidea chiara di questo poeta dovrà necessariamente
ricorrere ai dischi in francese, peraltro oggi stampati in una
bella riedizione digitale, al contrario degli introvabili vinili
nostrani, fuori catalogo e venduti a peso doro dagli antiquari.
Tanto per cominciare, caso più unico che raro, Pagani
scrive perfettamente in entrambe le lingue, abitandole da vero
artista, ugualmente bene e in modo sottilmente diverso.
La pasta della sua voce, bella espressiva e caldissima, è
come, nel fondo, incrinata da una ferita, come velata da una
dolcissima goccia di miele. Che canti per i cani abbandonati
e rinchiusi in lager maleodoranti (Berger dartiste),
che invochi lattenzione su Venezia che affoga, che irrida
alle convenzioni del suo stesso mestiere (Palcoscenico),
o che descriva le sue ferite profonde (Des gens hereux,
Il est toujours trop tot...), Pagani resta quellaffascinante
nodo di gentili contraddizioni che lo faceva apparire al contempo
un apocalittico e un ottimista, un animo tormentato e ferito
e un cuore generoso e aperto, uno di quelli che insomma in
difetto di radici/sè costruito delle ali.
Herbert
Pagani
Un discorso del tutto a parte meriterebbe Megalopolis,
innovativa opera pop, romanzo sonoro e soprattutto visione incredibilmente
profetica della degenerazione del nostro sistema di vita ipertecnologico,
ma rimandiamo, per ragioni di spazio, al futuro loccasione
di parlare di un materiale così complesso...
Dirò solo che incredibilmente lapocalisse che conclude
Megalopolis inizia con una panne elettrica che precipita
nel black-out generalizzato lintera Europa (anzi gli stati
uniti dEuropa, come li chiama lui nel lontano 72!)...
scrivo queste righe a nemmeno venti ore di distanza dal grande
black-out che ha lasciato al buio lItalia per, in media,
una decina di ore... pour prevoir linconnu/il faut
etre poète.
Alessio
Lega
amoreanarchia@tiscalinet.it
Lezioni
di pittura
Quando
lascio Parigi, capital-spazzatura
Quando fuggo dalle pubblicità che mi assalgono
a colori
Quando lascio il suo grigio nel retrovisore
Per cantare da qualche parte fra Loira e Mosella
Riscopro il tuo volto fra le rondini
E ritorno pittore e mi scordo il cantante.
Hai
dei cieli che danno lezioni di pittura
Hai i cieli dei quadri della rivoluzione
Le tue nubi sputate da enormi cannoni
Si contendono lalto, e passando in macchina
Mi sembrano navi assetate dazzurro
E fioccano così basse, che mi sfiorano la fronte
Le
tue capanne hanno tutta laria di venir fuori da
una bibbia
Curata da un qualche Mosè normanno
E i tuoi prati sono di un verde così commestibile
Che si vorrebbe essere cavallo per brucarli un po
Hai
i cieli di Vlaminck, ma di un blu che si muove
Hai i campi di Van Gogh, ma con in più gli odori
Hai Monet per le acque, i riflessi, i vapori
E queste giungle fiorite nelle stazioni dei paesi
Sono talmente Rousseau [il doganiere], che quasi è
un peccato
Che manchi un leone che sorride fra i fiori.
Che
mi guidino dal cielo o li abbia alle calcagna
Che sian doro o di bronzo, di bruma o di sangue
Il tuo sole mi rivela, a questa o quellora
Primavere giapponesi, autunni spumosi
Estati violette, come da manuale
Novembri di pioggia, inverni di diamante. [...]
Però
io, che prendo le tue lezioni di pittura,
Io che canto la tua terra proprio ai tuoi figli
Io che a forza damore ho perduto laccento
E ti cucio in francese quartine su misura
Come molti amanti ho anchio una ferita
Che conservo segreta, ma continua a sanguinare.
Ma
mi hai visto? Ho il ricciolo berbero
Ma mi hai ascoltato? Ho la voce di un muratore
È nellolio doliva che cucino le canzoni
E parlo gesticolando e adoro la mamma
Ed ho tanti pogrom nel mio cuore millenario
Che talvolta esito davanti al prosciutto.
Cominci
a capire perché mi addolora
Vedere il disprezzo che hanno a volte i tuoi figli
Per i neri, gli arabi, gli ebrei, gli zingari
Che non hanno il talento di passare per poeti...
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