Siamo andati allassalto, cantando, tra i fiori e i
venti profumati dellestate, adesso, stiamo assistendo,
impotenti, alla fine. È stato tutto un sogno, un sogno
antico e necessario a cui non siamo stati capaci di conferire
la saggezza dei fatti e levidenza della storia, ma molti,
un giorno, dovranno chinare il capo e vergognarsi per averci
abbandonato. (1)
Questo stralcio del diario di
una anonima miliziana libertaria, nei giorni in cui il grande
esilio spagnolo stava ormai per avere inizio e centinaia di
migliaia di persone senza più illusioni e speranza varcavano
a piedi il confine, sottolinea il modo in cui si andava allassalto,
«cantando», cosa che conferisce al canto, sottolineato
proprio nel primo inciso di questa citazione, in apparenza digressivo,
un ruolo fondamentale tanto più quanto più chi
scrive non sembra averne una totale consapevolezza.
In questo lavoro vorrei evidenziare, seguendo idealmente la
linea tracciata involontariamente da questa miliziana della
Colonna Durruti, il ruolo che durante la guerra civile spagnola
ebbero le canzoni, cercando di analizzarne le tematiche, lorigine
e le principali motivazioni, dedicandomi principalmente ai canti
anarchici.
La canzone popolare e più specificatamente luso
che di questa si fece durante unesperienza totalizzante
come la Guerra civile spagnola, è stato uno dei mezzi
più diretti ed efficaci per esprimere sentimenti ed opinioni
in modo solo apparentemente semplice e spontaneo, ma soprattutto
collettivo, riuscendo almeno in parte a compensare la lacuna
di individualità che nel corso dei secoli avevano acquisito
la letteratura e la poesia, riservate, nella loro accezione
più tradizionale, ad una ristrettissima classe colta.
La cultura orale e quella scritta non interagiscono mai in maniera
passiva, ma per la loro sopravvivenza sono quasi costrette a
dipendere luna dallaltra, per avere delle possibilità
di evolversi. Sono due forme culturali in interazione e il loro
scambio, soprattutto in questo caso, è da considerarsi
fruttuoso e per nulla unidirezionale. Nel caso delle canzoni
della Guerra civile spagnola infatti la cultura orale ha spesso
fornito il materiale di base per ciò che veniva scritto,
mentre i testi stampati rientravano nel circuito della tradizione
orale, dove tornavano ad essere trascritti subendo magari qualche
modifica.
Canzone antimonarchica
Per fare un esempio abbastanza noto Los reyes de la baraja,
da canzone damore di un innamorato che pur non essendo
re dice alla madre della sua fidanzata che sono ben quattro
i re che può portare in dote, quelli del mazzo di carte,
si trasforma in tempo di guerra in canzone antimonarchica.
Si tu madre quiere un rey
La baraja tiene cuatro:
rey de oro, rey de copas,
rey de espadas, rey de bastos.
Corre que te pillo
corre que te agarro
Corre que te lleno
la cara de barro
del olivo me retiro,
del esparto yo me aparto
del sarmiento me arrepiento
de haberte querido tanto. (2)
Nella versione bellica sovente vengono omesse le ultime due
strofe, anche se a volte la seconda era ancora possibile ascoltarla
nel periodo 1936-39.
Il poeta Federico García Lorca prima di morire si occupò
della rielaborazione dei temi tradizionali, nello sforzo costante
di liberare il patrimonio culturale spagnolo dai confini territoriali
e culturali del folklore peninsulare. Non si trattò solo
di una ricerca personale delle proprie radici andaluse, ma fu
soprattutto un fondamentale recupero delle melodie, del ritmo
musicale, dei testi e delle tradizioni gitane.
In modo parallelo al nuovo tipo di canzone sociale, nella
prima metà del XX secolo, si torna a considerare la relazione
tra la poesia colta e quella popolare definita, questa volta,
dagli autori del 27. Questi poeti, tra cui possiamo citare
Gerardo Diego, Alberti e Lorca, rielaborano il populismo decimononico
andando direttamente alle fonti, stilizzandole in quello che
oggi conosciamo con il nome di «neopopulismo».
(3)
Durante la Guerra molte di queste melodie popolari verranno
riprese e diventeranno nuovamente attuali.
La melodia di A las barricadas, inno anarchico la cui
composizione è attribuita allo scrittore polacco Waclaw
Swiecicki, che godette della più grande diffusione fra
le masse dei lavoratori polacchi e tedeschi, era già
nota ai tempi della Rivoluzione russa, mentre lInternacional,
aveva già avuto più di unoccasione per essere
cantata, e la Marsigliese fin dal titolo non nasconde
la sua origine gallica.
Rinnovamento radicale
La canzone popolare della Guerra civile del 36 ha costituito
nel suo insieme una grande occasione di rinnovamento radicale
nellambito della canzone popolare spagnola, riuscendo
a trasformarsi a sua volta anche in strumento efficace contro
lavversario, che, nel caso del conflitto spagnolo, trattandosi
di una guerra civile, riusciva a capire perfettamente il testo
cantato.
Quello che si cercava di ottenere, dalluna e dallaltra
parte della barricata (se ci vogliamo limitare ad una superficiale
divisione in due parti della barricata, quando in realtà
sappiamo che ce ne furono molte di più), era di convincere
gli altri, anche attraverso le canzoni, a rimettere in discussione
il proprio punto di vista e ad abbandonare le proprie convinzioni,
o più semplicemente, si cercava di scoraggiare lavversario,
vantando situazioni inverosimili al punto che difficilmente
si potrebbe riconoscere, in quei testi, la realtà della
retroguardia di un campo di battaglia. Ascoltiamo quindi inni
manichei che propongono ideali nobili, alti, perfetti contrapposti
alla malvagità, alla rozzezza ed alla bassezza del nemico,
oppure, per il secondo caso, fantomatici pasti pantagruelici,
dove si ostenta unabbondanza di cibo irreale.
Tuttavia cè una differenza sostanziale fra le canzoni
intonate dai nazionalisti e quelle dei repubblicani: mentre
il bando nacional esaltava i valori della tradizione
gerarchica e di quella cattolico-clericale, il bando republicano
proclamava passioni politiche rivoluzionarie, intendendo con
questo termine una tensione volta ad una trasformazione della
realtà e della tradizione, un rinnovamento sociale tanto
di tipo prevalentemente libertario, come di tipo comunista specie
nelle canzoni scritte dopo il maggio del 1937.
Le «destre» cantavano nei loro inni leterna
gloria della Chiesa cattolica, della tradizione e dellesercito,
istituzioni storiche che nella Spagna di inizio secolo continuavano
a rappresentare il potere ed i freni imposti al proletariato
di fabbrica ed alla grande realtà dei contadini nullatenenti.
Los nacionales sottolineavano il tema dellinseparabilità
fra Stato e Chiesa, e della difesa del nazional-cattolicesimo,
mentre dallaltra parte i canti ci presentavano la preoccupazione
de los rojos di fronte al pericolo di avvento del fascismo,
dando voce alla volontà e alla disperata lotta per tentare
di resistere.
Da un lato abbiamo la ricerca della libertà, e dallaltro
la volontà di far proseguire il modello di società
autoritaria e conservatrice: i temi sono diametralmente opposti.
Mentre le destre trovarono nella Chiesa un saldo alleato che
portò loro il consenso della considerevole fascia di
popolazione tenacemente ancorata alla fede religiosa, le sinistre
si ribellarono contro la tradizione con una determinazione spesso
sfociata in un odio ed una violenza fino ad allora sconosciuti
nella società spagnola:
Lanticlericalismo virulento e corrosivo che non smette
di manifestarsi non riguarda il cielo ma i suoi rappresentanti
impuri sulla terra
che benedicono gli aerei fascisti,
solidarizzando così con il nemico e con il male.
(4)
Dal punto di vista retorico le canzoni dei reazionari hanno
un legame più diretto e riconoscibile con la tradizione
letteraria, sono state scritte cercando di attenersi ai canoni
di uno stile aulico e difficile, spesso retorico, mentre le
canzoni della parte repubblicana attingono prevalentemente alla
tradizione popolare spagnola, e riuscirono a diventare una intensa,
libera e sincera espressione popolare.
Miliziani
della FAI-CNT
Esorcizzare la morte
La guerra è logicamente il tema principale per entrambi
gli schieramenti, in quanto evento scatenante, unica grande
protagonista di tutto quello che stava accadendo.
Le canzoni di guerra si intonarono fondamentalmente per esorcizzare
il grande problema della morte: cantando le milizie di proletari
estranei al mondo militare si davano coraggio ed affrontavano
il pericolo con più spensieratezza, con più ardore,
e per ottenere questi scopi i canti dovevano essere una sintesi
indovinata di musica e testo, dove tutto veniva riassunto in
modo molto concentrato ed efficace. Non stupisce quindi la ripetitività
di certe tematiche o di certi termini usati spesso e in diverse
canzoni con lobiettivo di rimanere più profondamente
impressi nella memoria popolare.
Naturalmente i temi più toccati erano quelli che stavano
più a cuore ai combattenti, soprattutto quelli per cui
stavano mettendo in gioco la propria vita.
Nelle canzoni troviamo spessissimo accenni alle dure condizioni
in cui si era trovata la popolazione, per lo più contadina,
nel corso della storia spagnola, e lespressione ripetuta
dellimpegno a lottare per non ricadere nella schiavitù,
questa volta ad opera del fascismo. Quindi grande spazio lo
ha generalmente la figura dei gioghi che non devono più
essere imposti, o delle catene, che saranno finalmente spezzate:
Hijos del pueblo te oprimen cadenas,
y esa injusticia no puede seguir. (5)
Un altro argomento è ovviamente il bisogno ed il dovere
di sconfiggere un nemico che rappresenta un pericolo incombente
che tutti condividevano: il fascismo.
A parte le numerose somiglianze fra le tematiche del bando
republicano è però fondamentale ricordare
che gli anarchici si ritrovarono a combattere per raggiungere
obiettivi diversi da quelli dei partiti repubblicani. Comè
noto nel corso della guerra gravi contrasti insorsero fra anarchici
e comunisti: è doveroso quindi operare, fin dallinizio,
una grande distinzione allinterno della stessa parte repubblicana.
Già nella canzone di lotta più famosa, lInternazionale,
troviamo questa enorme differenziazione tra le due ideologie.
Il ritornello anarchico dice, senza nemmeno nominare la parola
«internazionale»:
Agrupémonos todos
en la lucha social
con la FAI lograremos
el éxito final. (6)
Mentre il Partido Comunista de España preferisce affidarsi
al refrain classico:
Agrupémonos todos
en la lucha final
el género humano
es la Internacional. (7)
Rivolgendoci poi alle strofe, possiamo riscontrare nella versione
anarchica una certa missione di captación, intesa
nel senso libertario del termine, come ricerca e conversione
di militanti:
La anarquía ha de emanciparnos
de toda la explotación,
el comunismo libertario
será nuestra redención. (8)
Nella strofa della versione del PCE. invece si cerca di promuovere
i futuri diritti sottolineando però contemporaneamente
anche i doveri, con una terminologia classica più vicina
e consona alla descrizione degli ideali del partito.
Basta ya de tutela odiosa
que la igualdad ley ha de ser.
No más deberes sin derechos,
ningún derecho sin deber. (9)
Né repubblica né patria
Gli anarchici non cantavano né a favore dello stato
repubblicano, né tantomeno della patria. Mentre tutti
coloro che si trovarono nel 36 in Spagna a combattere
stavano dando la vita per un qualche tipo di patria, per la
difesa di un certo tipo di Spagna, vuoi di destra, falangista,
carlista, cattolica, tradizionalista, vuoi di sinistra, comunista,
socialista, liberale, trotzkista, vuoi monarchica, vuoi repubblicana,
vuoi satellite dellUnione Sovietica, lunico grande
obiettivo degli anarchici era la libertà, intesa come
condizione di chi non subisce controlli, coercizioni, impedimenti,
ed ha la possibilità di agire in modo autonomo. (10)
Libertà non solo dal fascismo, ma intesa nel senso assoluto
ed antiborghese del termine, e questo è il punto che
viene affrontato più spesso nelle sue varie ed innumerevoli
sfaccettature tematiche:
Esos burgueses, asaz egoistas,
que así desprecian la Humanidad,
serán barridos por los anarquistas,
al fuerte grito de libertad. (11)
La libertà rappresenta qui il fine ultimo da ottenere
spazzando via la borghesia; la libertà è il grido
che si innalzerà al momento della giustizia finale, e
non deve venire fraintesa con lidea più astratta
e retorica che la parola evoca in altre occasioni:
El bien más preciado es la libertad,
luchemos por ella con fe y valor. (12)
Questi versi ricordano le seguenti parole di Malatesta: «La
libertà non si conquista e non si conserva se non attraverso
lotte faticose e sacrifici crudeli (
) La libertà
piena e completa è certamente la conquista essenziale,
perché è la consacrazione della dignità
umana, ed è il mezzo unico per il quale si possono e
si debbono risolvere i problemi sociali a vantaggio di tutti».
«Il concetto della libertà per tutti, che implica
il precetto che la libertà delluno è limitata
dalleguale libertà dellaltro, è concetto
umano; è conquista, è vittoria, forse la più
importante di tutte, dellumanità contro la natura».
Ecco quindi come la libertà prende corpo e si identifica
con lobiettivo principale della lotta di ogni uomo, di
tutti gli uomini nel reciproco rispetto, il bene più
prezioso in cui tutti devono credere con fede e coraggio.
Il concetto di libertà anarchica venne sperimentato nelle
zone dove la CNT e la FAI riuscirono a testare le proprie effettive
possibilità di riuscita, come nella Catalogna e nel Levante.
Miliziana
della FAI-CNT
Liberati da un potere opprimente
La collettivizzazione delle campagne liberò i contadini
dal potere opprimente dei grandi proprietari terrieri, della
borghesia e della Chiesa, che si videro da un giorno allaltro
espropriati e privati di ogni forma di potere e di supremazia
gerarchica. Furono molti i piccoli e medi commercianti e i proprietari
terrieri che vennero costretti, loro malgrado, a prendere parte
alle collettivizzazioni, nel nome della Rivoluzione Sociale.
Come ricorda Soledad Estorach in unintervista che ebbe
luogo a Parigi il 6 gennaio 1982:
Requisimmo i grandi cinema e li trasformammo in mense popolari.
Dove prendevamo il cibo? Dove riuscivamo! Andavamo dai negozi
del luogo e lo domandavamo. I poveri commercianti dovevano darci
tutto quello che avevano. Chiaro, non gli faceva molto piacere.
Qualcuno di loro diceva che li stavamo rovinando. Ma non si
poteva fare altrimenti, erano i primi giorni di rivoluzione,
bisognava trovare il cibo per la gente. Cavolo, dopo andavamo
con dei camion ai grandi mercati e prendevamo il cibo anche
da lì. (13)
Lespropriazione della proprietà privata costituì
quindi un passo molto concreto, anche se rappresentò
solo la prima tappa verso la socializzazione, fine ultimo dellanarchia.
Gli sforzi e la lotta per arrivare a questo traguardo sono presenti
in numerose canzoni libertarie:
Salud proletario: llegó el gran día
dejemos los antros de la explotación,
no ser más esclavos de la burguesía,
dejemos suspensa la producción.
Iguales derechos e iguales deberes
Tenga por norma la sociedad,
y sobre la tierra los humanos seres
vivan felices en fraternidad. (14)
Nessun serva!
Quindi il sogno, lideale utopico a cui tutti aspirano
è una società «giusta», basata sui
diritti di uguaglianza e dove nessuno sia più costretto
a vivere come servo.
Un ulteriore tema importante, e molto ricorrente, è linvito
allunità dei popoli: alla base di questa proposta
di lotta si trova un concetto direttamente collegato alla specifica
situazione in cui gli anarchici si trovarono coinvolti negli
anni del conflitto: alla necessità di unire gli sforzi
per riuscire a riscattare la situazione e la condizione di inferiorità
a cui il popolo era da sempre stato soggetto.
Questo bisogno di unità, di coordinamento di sforzi,
di intervento con coesione è molto sentito e ripetutamente
espresso nei canti, anche perché bisogna ricordare che
le divisioni, trasformate poco a poco in profonde e dolorose
lacerazioni, rappresentarono un grave ostacolo per la gestione
della guerra:
Al ruido del cañón,
obreros, contestad:
unión, unión hasta obtener
el triunfo de la paz. (15)
Alla base di questa disperata ricerca di unione e di pace,
mai completamente raggiunta e mai in pieno soddisfatta, sta
la basilare differenza fra due ideologie diffuse nel proletariato
spagnolo in realtà molto distanti: lunione che
gli anarchici chiedevano ed invocavano non coincideva affatto
con lunità dellesercito ottenuta dai comunisti
con lo scioglimento delle milizie e con la loro conseguente
militarizzazione. Lobiettivo libertario da raggiungere
attraverso lunione era la sperata ed attesa rivoluzione
sociale, i comunisti in quel momento non la stavano cercando,
chissà se lavevano rimandata ad un futuro ancora
da determinare, comunque sicuramente lavevano posticipata
alla fine della guerra. La cosa certa è che agli occhi
di molti anarchici sembrava loro stessero combattendo la rivoluzione
sociale con ardore ancora più grande di quello che invece
stavano mettendo in campo per debellare il fascismo.
Sono per questo struggenti le parole dellInternacional,
nella sua versione anarchica, o linvito ai figli del popolo,
dal titolo del famoso inno Hijos del pueblo:
Arriba los pobres del mundo,
en pie los esclavos sin pan;
alcémonos todos que llega
la revolución social.
Levántate, pueblo leal,
al grito de revolución social. (16)
Abbattere le disuguaglianze
Il problema del nemico da combattere è forse il punto
che differenzia maggiormente le canzoni anarchiche da quelle
generalmente repubblicane.
Gli inni libertari non contengono solo la protesta del «popolo»
verso la minaccia del fascismo, ma anche lo sfogo di tutta la
classe operaia che da più di un secolo stava portando
avanti la lotta per la completa emancipazione, per laffermazione
dei propri diritti.
La Guerra civile costituì infatti levento scatenante
di tutte le proteste radicate da secoli negli sfruttati in Spagna
e fu considerata come il momento atteso per realizzare la rivoluzione
che avrebbe potuto finalmente liberarli da ogni tipo di oppressione.
Ma non cera solo il fascismo da abbattere: la Spagna era
soprattutto il regno (meglio sarebbe dire «la repubblica»)
in cui vigeva una società basata sui privilegi e sui
valori della borghesia, del clero, delloligarchia e dei
proprietari terrieri, protetti da leggi ingiuste, e da un esercito
da sempre schierato contro operai e contadini. Mise «in
atto» tutto quello che da tempo ormai si viveva e si sentiva
come «in potenza».
Il movimento anarchico spagnolo voleva abbattere un modello
sociale basato sulle disuguaglianze, sullumiliazione di
persone che non avevano potuto far altro per tutta la vita che
abbassare la testa e continuare ad obbedire, sul dover lavorare
per qualcuno gratis, con un sistema di corvée che poco
era cambiato dallepoca feudale. Sono numerosissime le
canzoni che invitano lascoltatore a sollevarsi contro
chi «da sempre» aveva goduto di questi privilegi;
la rivoluzione sociale consisteva anche in questo, nel sovvertimento
di un ordine sociale cementato da secoli e secoli di consuetudine
ed imposizioni.
Alla base delle canzoni anarchiche troviamo allora una dicotomia
di nemici da combattere: da una parte il fascismo, pericolo
imminente ed immediato, incombente e urgente, dallaltra
tutto quello contro cui si stava lottando già da molto
tempo: lingiustizia, lo sfruttamento, un mondo retto da
principi di disuguaglianza e privilegi. La struttura propone
quindi una sorta di negazioni:
Ni militares ni curas,
ni jueces ni gobernantes,
podrán detener los pasos
de anarquistas militantes. (17)
Dalla Marsellesa anarquista possiamo ricavare due strofe
rivolte contro questi tipi di privilegi, una contro quelli ecclesiastici
e statali, laltra contro lesercito, che sempre più
sovente veniva visto dalla popolazione di orientamento libertario
come una casta che lavorava per cercare di evitare e reprimere
il cammino verso un qualsiasi tipo di emancipazione; ai militares,
curas, jueces, gobernantes corrispondono
qui le patrie, gli dei e i re:
No quede en pie el Estado y sus leyes,
que siempre al pueblo, feroz esclavizó,
y la ignorancia caduca conservó
con sus patrias, sus dioses y sus reyes.
[
]
Que al pedir pan, por hambre acosado,
el proletario con potente voz,
le contesta mortífero y feroz
el fusil del verdugo uniformado. (18)
Stretta
di mano tra il non-dittatore Francisco Franco (secondo Sergio
Romano) e il non-dittatore Benito Mussolini (secondo Silvio
Berlusconi)
Pericolo da fermare
Il momento della Guerra civile è quindi più specificatamente
lora della rivoluzione per tutti quelli che da tempo speravano
che le cose cambiassero.
Abbiamo detto che anche il fascismo è presente nei testi
del 36, sia repubblicani che anarchici, ed è visto
come pericolo da fermare assolutamente, anche a costo della
vita. Spesso è rappresentato con termini che lo fanno
immaginare come un qualcosa di pericoloso ed orribile, ma anche
assolutamente plastico, altre volte invece si tende a ridicolizzare
sia il generale Francisco Franco che il franchismo, quasi per
dissacrare lavversario, per convincere il miliziano che
non è poi così difficile vincere se tale è
il nemico da combattere:
En la batalla la hiena fascista
por nuestro esfuerzo sucumbirá. (19)
Otra vez el sangriento estendarte
los tiranos se atreven a alzar,
los tiranos se atreven a alzar.
[
]
Mirad las hordas de traidores
Que el suelo patrio van a hollar.
¿Para quiénes son esas cadenas
que forjando iracundos están?
que forjando iracundos están? (20)
Los cuatro generales, los cuatro generales,
los cuatro generales
mamita mía que se han alzado,
para la Nochebuena, para la Nochebuena,
para la Nochebuena, mamita mía
serán ahorcados. (21)
In questi brani oltre a raffigurare limmagine della iena
fascista che osa calpestare la terra per invadere e provocare
dolore, troviamo anche il simbolo delle catene, che come abbiamo
già visto viene usato sovente nei testi anarchici della
Guerra civile, catene che il franchismo voleva imporre, o che
i paria da troppo tempo erano costretti a portare e che dovevano
finalmente essere spezzate. La famosa Hijos del pueblo,
forse il testo libertario più noto, inizia appunto con
un energico invito a strappare queste catene, a liberarsene,
affermando chiaramente che è preferibile la morte ad
una vita di schiavitù.
Hijos del pueblo, te oprimen cadenas,
y esa injusticia no puede seguir.
Si tu existencia es un mundo de penas,
antes que esclavo, prefiere morir. (22)
Questo testo riassume le tematiche principali dei canti anarchici,
in quanto vi si può riscontrare tutto lodio ed
il risentimento accumulato in lunghi anni, la speranza personale,
lantagonismo sociale, ed il disperato bisogno di libertà
ed uguaglianza. Nel testo si dice anche che il livello di sopportazione
è arrivato ormai al limite, ed il miliziano preferisce
dare la vita, facendo eco alla celebre frase della Pasionaria,
«más vale morir que vivir de rodillas»,
che con laltro suo motto «¡No pasarán!»
(23) è spessissimo citata in numerose
canzoni.
Gli autori dei testi approfittarono della celebrità di
questi motti e contribuirono a diffonderli inserendoli nelle
canzoni e «nobilitandole» con parole dordine
dautore che sicuramente le renderanno più riconoscibili.
I simboli ed i motti, usati allinizio singolarmente diventarono
in un secondo tempo formule di riconoscimento per determinate
fazioni o gruppi politico ideologici. Nel nostro caso essi diventano
i protagonisti dei ritornelli delle canzoni, ed aiutano chi
sta ascoltando ad una facile e veloce identificazione della
posizione ideologica che il testo sta difendendo.
Sventolio di bandiere rossonere
Tutte le canzoni anarchiche, per esempio, traboccano di immagini
dove la bandiera rossonera sventola in un orizzonte infuocato
dal «sol dellavvenire», o di pugni che si
sollevano con decisione e forza per dare una svolta alla situazione.
Anche i colori ricorrono sovente per tutte le parti in guerra
riuscendo a contribuire alla plasticità dellimmagine
cantata. Curiosamente sovente i colori non coincidono: per esempio
falangisti fanno spesso uso dellazzurro, tingendo con
questo colore camicie, cielo e mare, mentre i proletari per
descrivere il loro nemico preferiscono usare il nero, probabilmente
grazie allinfelice popolarità che in Spagna ebbero
le Camicie Nere di Mussolini. Per descrivere invece se stesso
e la propria lotta il bando repubblicano (ma ancora una volta
è necessario, per maggior precisione, limitare il campo
a comunisti, anarchici, socialisti e trotzkisti, lala
più a sinistra) ricorre molto al rosso, oltre ai tre
colori della bandiera repubblicana (eccezion fatta naturalmente
per gli anarchici).
Amor y justicia no tienen barreras;
¡el mundo es del hombre, aquí su destino,
sin otros distingos, ni otras fronteras!
¡La roja bandera todo lo ha de envolver! (24)
Per i franchisti dietro alla parola «los rojos»
non si nascondeva solo il nemico, ma genericamente tutti i mali
da cui la Grande España si sentiva minacciata; i rossi
erano, a seconda dei casi, peccatori, eretici, atei, senzadio,
traditori, senza morale, distruttori da distruggere.
Ma il bando repubblicano non solo identificava il popolo leale
con il colore rosso ma lo invitava anche alla rivolta:
Rojo pendón, no más sufrir,
la explotación ha de sucumbir.
Levántate, pueblo leal,
al grito de revolución social! (25)
Per concentrarsi poi sugli anarchici il rosso, colore della
rivoluzione ed il nero, colore dellanarchia, costituivano
la bandiera dellanarcosindacalismo, simbolo della ribellione
estrema e della rivoluzione sociale contro la costrizione di
uno stato autoritario e centralista.
Color rojo tiene el fuego,
color negro tiene el volcán;
colores rojo y negro tiene
nuestra bandera triunfal. (26)
Un altro tema-simbolo molto sfruttato è quello dei personaggi
che in una maniera o nellaltra si sono resi famosi durante
la Guerra civile o anche precedentemente, e quindi sono impiegati
come modello o esempio da seguire.
Se da una parte vediamo i nazionalisti elevare a livello di
veri e propri idoli sia Franco che José Antonio Primo
de Rivera (il mito di questultimo è incrementato
soprattutto dalla sua morte, che ne ha fatto un vero e proprio
martire) anche la parte repubblicana inneggiava agli eroi caduti
per la rivoluzione o semplicemente ai protagonisti che si erano
distinti con le azioni più eroiche.
Famoso è lHimno de Riego, inno della Repubblica,
o i testi dedicati al Campesino, o al generale Miaja per la
difesa di Madrid.
Espressioni daffetto
Fu però un eroe anarchico, Buenaventura Durruti, noto
a tal punto da entrare con diritto in una sorta di mitologia
bellica libertaria, ad essere ricordato con più affetto
dalla memoria collettiva, sia per la sua partecipazione diretta
alla guerra, che per la sua forte personalità e coraggio
e perché anche lui perse la vita dopo pochi mesi dallinizio
del conflitto. Il 20 novembre 1936, giorno della sua morte,
in ogni parte della Spagna non occupata dalle truppe golpiste
vennero scritti poemi commemorativi, discorsi, canzoni, alcune
divenute molto note, come quella in cui venne data una melodia
alle parole di Lucía Sánchez Saornil (27),
altre meno, altre immediatamente dimenticate, ma tutte valsero
a dimostrare il grande affetto che i combattenti e la gente
comune provavano per questo leader miliziano.
Gli anarchici cantarono molto anche ballate dedicate ai «martiri»,
cioè ai compagni morti per la difesa della libertà
in altre parti del mondo ed in altri periodi storici, potremmo
con termini molto tecnici definirle diacroniche e diafasiche:
divennero famose le ballate dedicate a Sacco e Vanzetti, ai
Martiri di Chicago, a quelli della Comune di Parigi e agli anarchici
conosciuti a livello internazionale.
Le persone che partecipavano alla guerra civile diventavano
molto più famose se morivano in modo eroico nel campo
di battaglia, uccisi dallacerrimo nemico.
Il tema della morte eroica è infatti fra quelli che ricorrono
più sovente, saper morire bene diventa molto importante
in una guerra che, per la prima volta al mondo, pur svolgendosi
allinterno delle frontiere di un solo paese, assunse dimensioni
internazionali.
La morte eroica fu considerata come una prova che riscattava
ogni mancanza commessa durante la vita, il miliziano andando
a combattere sapeva che la morte era un rischio probabile al
quale andava incontro. Egli doveva però affrontarlo con
coraggio in quanto era il passo necessario per poter lasciare
ai propri figli un mondo di speranza e di dignità.
La guerra di Spagna, nonostante la sua dimensione mondiale,
il numero dei combattenti che vi presero parte, le numerose
nazionalità coinvolte, rimane comunque una guerra civile:
fratello contro fratello. E se fino ad ora abbiamo notato le
differenze, non si può comunque evitare di riscontrare
delle grandi somiglianze di base. Il cattolicesimo fu, ad esempio,
una delle caratteristiche principali della penisola iberica,
credenti o meno non era possibile non venirne influenzati.
Il franchismo canta apertamente i valori della tradizione cattolica
e Cristo ne è uno scontato protagonista; ma il mito del
miliziano che dà la vita per i suoi figli, per salvarli
dal presente di dolore, per dare loro un futuro più giusto,
luminoso, intende la morte come necessaria per fare in modo
che il paradiso sia una realtà da vivere e non da aspettare,
non nasconde forse dietro di sé una croce redentrice?
Lanarchia deve essere conquistata con fe y valor,
questo è un fatto prioritario, la fede religiosa diventa
politica, ma non scompare, si trasforma.
Cantando espero a la muerte
Il miliziano ricorda quindi una vittima che presenta connotazioni
simili a quelle dei primi martiri cristiani, in quanto si sacrifica
volontariamente per la libertà e per lanarchia.
Il poeta Miguel Hernández, morto il 28 marzo 1942, in
prigione, durante la dittatura franchista, dice a proposito
nel suo poema Vientos del pueblo:
Cantando espero a la muerte
que hay ruiseñores que cantan
encima de los fusiles
y en medio de las batallas (28)
e in questambientazione con connotazioni positive e naturalistiche
riesce a sublimare la morte in guerra.
Numerose canzoni riprendono limmagine della morte eroica,
la collegano al desiderio dei combattenti proletari di uscire
da unesistenza di dolore. Perciò i miliziani delle
canzoni non temono nessun sacrificio:
Lintegrità nellora della morte è
stata sempre una virtù lodevole in terre dove un profondo
e tragico senso mistico-religioso ha dato alla vita un valore
di transito verso unaltra vita migliore. (29)
Specularmente il tema del clero corrotto è più
che frequente, appare in quasi tutti i testi di protesta, ed
è bersaglio delle peggiori accuse. A parte quelle secolari
di simonia e corruzione, nel 1936-1939 il peccato peggiore della
Chiesa fu quello di tradimento degli ideali dichiarati, quelli
di giustizia e dei diritti degli uomini. Ma già Dante,
che in fede cattolica non aveva nulla da invidiare alla cattolicissima
Spagna degli anni 30, aveva denunciato la corruzione ecclesiastica
e sembra quasi ritrovare in queste strofe popolari un accenno
esplicito ai famosi versi del canto XIX dellInferno:
E se non fosse che ancor lo mi vieta
La reverenza de le somme chiavi
Che tu tenesti ne la vita lieta,
I userei parole ancor più gravi,
Che la vostra avarizia il mondo attrista,
Calcando i buoni e sollevando i pravi.
La Chiesa cattolica perse nei decenni che precedettero la Guerra
civile ogni tipo di credibilità e di fiducia da parte
di ampi settori popolari, e gli anarchici iniziarono a cantare
con una veemenza sempre maggiore contro ogni forma di autorità
civile e religiosa, che si identificava ormai con laccezione
peggiore del termine potere:
Es hora que caiga tanta dictadura,
vergüenza de España por su proceder.
No más militares, beatas ni curas, abajo la Iglesia,
que caiga el poder. (30)
Madrid,
il "puente de los Franceses" oggi, in una foto di
Arianna Fiore
Benedettini e anarchici
Sembra quasi che la tradizione degli Ordini Minori e mendicanti
faccia risentire in queste proteste anarchiche la propria eco;
in fondo era stata la regola benedettina a predicare losservanza
dei tre voti che nel 1936, a distanza di secoli, erano ormai
più solo i libertari a rispettare: povertà, castità
ed obbedienza, una vita ascetica senza asprezze eccessive, con
un forte vincolo comunitario alla base. La povertà non
è difficile scorgerla, ma se ci discostiamo dalla contingente
situazione di bisogno e di miseria in cui spesso le milizie
si ritrovavano, la possiamo anche identificare nel programma
di abolizione della proprietà privata; la castità
e lobbedienza riflettono il grande rigore anarchico (un
opuscolo del periodo invitava a dividere la giornata in tre
parti: 8 ore da dedicare al lavoro, 8 ore da dedicare allo studio
e le rimanenti 8 per dormire), una mistica dellideologia,
una fede cieca in un Paradiso che dovrà arrivare, non
dopo la morte ma in questa terra, ma che dovrà comunque
arrivare, come ricorda lInternacional:
La tierra serà el Paraíso
libre de la humanidad. (31)
Sono proprio le capacità di convincimento che la Chiesa
ebbe sul popolo ed in particolare sulle donne, un altro grande
problema per i rivoluzionari. Per vincere le elezioni politiche
del novembre 1933 la destra infatti aveva esteso il diritto
di voto alle donne, riuscendo a salire al governo. Nel 1936
però, anche se ancora fermamente religiose, molte donne
iniziarono a criticare questa Chiesa che non le difendeva in
nessun caso e anzi le obbligava a sacrifici ed enormi sofferenze.
Commovente è, a questo proposito, la preghiera della
madre di un miliziano morto in battaglia:
Viernes Santo, Viernes Santo!
gemía la pobre vieja-
Si hubiese tenido un hijo,
Virgen de la Macarena,
No como lo tuviste,
Sin dolor y por sorpresa,
Sino como yo lo tuve,
Porque lo parí de veras,
Con desgarros, con ahogos
Y con fiebres en las venas,
Y te lo hubieran matado
Los cristianos que te rezan,
¡Cómo les maldecirías,
Virgen de la Macarena! (32)
Linguaggio ispirato alle leggi dellemozione
I termini usati nelle canzoni della Guerra civile spagnola
appartengono principalmente al linguaggio bellico, o alla terminologia
propria delle rispettive parti politiche che parteciparono al
conflitto e possiamo parlare di due retoriche diverse. Anche
i migliori poeti cercarono di evitare di dare un valore ermetico
alle parole, perché durante la guerra era necessario
fare uso di una terminologia più diretta, esplicita e
cruda per far arrivare il messaggio con più chiarezza
ed incisione possibile: possiamo parlare in questo caso di literatura
de urgencia. Così facendo, il linguaggio di questi
testi non sispirò alle leggi della tradizione poetica,
ma a quelle dellemozione, e cercò di comunicare
il proprio messaggio nella maniera più efficace possibile,
riuscendo a fare di queste due caratteristiche, emozione e chiarezza,
due aspetti imprescindibili ed indispensabili dei testi. Molte
canzoni furono scritte sotto il rumore degli spari e nel buio
delle trincee, e quindi è assolutamente normale e lecito
che partecipino a pieno titolo allimpegno politico in
cui si inserivano tutti i canti bellici.
Finalmente, negli anni trenta, laspetto populista che
stanno assumendo gli avvenimenti in Spagna, fa in modo che i
poeti del momento adottino una serie di metri popolari
romances, coplas, serranillas e utilizzino un linguaggio
naturale nei loro versi che continueranno così fino alla
conclusione della guerra». (33)
Per questo il linguaggio usato era il più colloquiale
possibile, spesso monotono nella sua ripetitività, volendo
evitare luso frequente delle figure retoriche più
barocche, privilegiando luso di parole che evocano immagini
molto chiare, esplicite e plastiche, ricorrendo per esempio
a metafore e anafore:
Pongamos alta la frente
los curvados del trabajo
que en la cúspide del monte
luce el sol del porvenir. (34)
Per le canzoni della parte repubblicana si può parlare
spesso di lavori di tipo documentaristico, perché evocano
con precisione luoghi e nomi propri degli eroi protagonisti
delle battaglie:
Ni el castillo de Montjuich
ni el mismo Alcalá del Valle
han de temer los obreros
cuando se echen a la calle. (35)
Anche la canzone Montjuich è dedicata interamente ad
un avvenimento preciso ed addirittura un verso ricorda con esattezza
la data in cui morì fucilato Francisco Ferrer i Guardia,
il pedagogo della Escuela Moderna:
No se me olvida
La fecha infausta:
13 de octubre
tornas a mí.
Y a mi memoria
Vienen los ayes
De las torturas
De ese Montjuich. (36)
Cè una quantità di aggettivi che indica
la volontà di sottolineare con fermezza la propria ideologia
contro quella dellavversario.
Lo stile, retorico ma molto semplice, è apparentemente
spontaneo, cè molta enfasi, intensità, e
il testo è spesso ridotto con molta tensione allessenziale.
Un espediente al quale ricorrono le canzoni è quello
di richiamare direttamente lattenzione, con luso
del vocativo. Spesso ci si rivolge al miliziano, o alloperaio,
protagonista del fronte cittadino, ma è anche frequente
linvocazione a cose e luoghi, dandogli quasi unidentità
umana, antropomorfizzandoli:
Puente de los Franceses,
Puente de los Franceses,
Puente de los Franceses,
mamita mía
nadie te pasa
porque los madrileños
porque los madrileños
porque los madrileños
mamita mía
que bien te guardan.
Dove ci si rivolge direttamente al vecchio ponte della Città
Universitaria che fu per mesi il luogo in cui si scontrarono
repubblicani e nacionales. Sempre nella stessa famosissima canzone:
Madrid que bien resistes,
Madrid que bien resistes,
Madrid que bien resistes,
mamita mía
a los bombardeos. (37)
Madrid città-madre
Ora il riferimento è rivolto invece alla resistenza
della città di Madrid, che simboleggia qui i suoi abitanti.
Non è difficile vedere un riferimento dietro alla parola
Madrid del termine madre, e Madrid diventa una città-madre,
pronta ad accogliere, a consolare, a stringere fra le sue braccia
il miliziano stanco di tanta guerra. Ma se Madrid è una
madre, anche la Spagna perde ogni connotato di patria, e diventa,
come amava dire don Miguel de Unamuno, una Matria, in
contrapposizione quindi alla patria, e diventa a sua volta la
Madre Terra, per cui si sente lamore per le proprie origini,
è una Matria che ti dà la vita accogliendoti
nel suo grembo.
Molto usati sono anche lesclamazione e la ripetizione,
come esempio nelle varie versioni della Marsigliese del
canzoniere di Gante, accomunate tutte da un ritornello comune
che costituisce un filo conduttore, con lintento di fissarne
i sentimenti fondamentali.
Apréstate a alzarte,
Oh! Sol del porvenir,
queremos vivir libres
y nunca más servir! (38)
In altre canzoni, con un tono decisamente polemico, lobiettivo
del testo si raggiunge grazie alla formulazione di domande ed
esclamazioni:
Esta tierra que no es mía,
esta tierra que es del amo,
la riego con mi sudor,
la trabajo con mis manos.
Pero dime, compañero,
si estas tierras son del amo,
¿Por qué nunca lo hemos visto,
trabajando en el arado? (39)
Le domande il più delle volte, come in questo caso,
sono retoriche, nel senso che preparano una spiegazione e la
risposta chiarificatrice che arriva puntuale nella strofa successiva:
Con mi arado abro los surcos
con mi arado escribo yo
páginas sobre la tierra
de miseria y de sudor.
La metrica è varia ed irregolare, tuttaltro che
carente come invece si potrebbe pensare.
La presenza della metrica è dovuta alla moda delle canzoni
popolari del tempo che erano inni e marce con una cadenza ed
un ritmo molto sicuri e decifrabili, anche se non si può
negare che molti testi furono scritti usando un metro libero.
Le canzoni popolari prese dalla tradizione sono generalmente
dotate di una struttura formale che si è mantenuta nel
tempo, e quindi anche nei rifacimenti bellici, seguendo una
sorta di formularismo, mentre quelle che hanno più problemi
e più difficoltà di identificazione stilistica
sono quelle durgenza.
Corrisponde quindi al vero laffermazione di Spencer, che
anticipando di qualche anno linizio della guerra, ma comprendendo
profondamente latmosfera che nel 1927 si iniziava già
a respirare, rilevava e conferiva il dovuto valore al nuovo
grande fenomeno di produzione di poesia e canzoni popolari che,
da lì a pochi anni, e grazie ad un conflitto che forse
era già prevedibile, avrebbe avuto il suo massimo sviluppo:
In un mondo in cui la poesia è stata abbandonata,
o che si è convertita in un esaltato mezzo di espressione
di pochi specialisti, questo risveglio, tramite la poesia, di
un senso positivo del domani, è tanto lodevole quanto
la stessa lotta per la libertà. (40)
Madrid,
novembre 1936, i funerali di Buenaventura Durruti
La disperazione dellesilio
Nel 1939, a esilio ormai cominciato, per la Spagna peregrina
non rimaneva che leco disperata del grido di dolore di
un poeta, León Felipe, che rappresenta la disperazione
dellesilio, cosciente come tutti che ormai gli sconfitti
avevano perso ogni cosa, la fattoria, i campi, il grano, la
Patria; una sola cosa era comunque rimasta loro, la voce antica
della terra, la canzone, intesa nel senso medievale, che nessuno
avrebbe potuto cancellare dalla memoria collettiva.
Andandosene gli esiliati avevano lasciato dietro solamente un
silenzio attonito, un mondo vuoto e senza canzone, perché
il popolo ormai era incapace di pronunciare parola, o semplicemente
non gli fu più permesso.
Tuya
es la hacienda,
la casa,
el caballo
y la pistola.
Mía es la voz antigua
de la tierra.
Tú te quedas con todo
y me dejas desnudo
y errante por el mundo...
mas yo te dejo mudo...
¡Mudo!
¿Y cómo vas a recoger el trigo
y a alimentar el fuego
si yo me llevo la canción? (41)
Se il titolo di questa riflessione richiama un verso del poeta
Miguel Hernández, che purtroppo non poté attendere
la morte cantando circondato dagli usignoli ma dalle pareti
di una cella franchista, mi sembra giusto concludere con questo
testo di León Felipe, che, per sua fortuna, la canción
se la llevó como compañera de su largo destierro.
Arianna Fiore
(Le traduzioni dal castigliano sono della autrice)
Note
1.
Il manoscritto appartiene ad un lotto di riviste ed opuscoli
sulla guerra di Spagna in vendita presso la libreria Pinkus
di Zurigo ritrovato nel 1970. Il diario è stato
pubblicato con il titolo La cuoca di Buenaventura Durruti,
La cucina spagnola al tempo della «guerra civile».
Ricette e ricordi, Roma, Derive e Approdi, 2002; dellautrice
sappiamo solo il nome di battaglia, Nadine, la sua passione
per la cucina e quanto lei ha voluto raccontare di se
stessa al proprio diario.
2. «Los reyes de la baraja», in HOMENAJE A
FEDERICO, MUSICA, POESIA E DUENDE DI FEDERICO GARCIA LORCA,
(cd), Il Manifesto, Finzioni. Trad.: Se tua madre vuole
un re / il mazzo di carte ne ha quattro: / re di danari,
re di coppe, / re di spade, re di bastoni. / Corri che
ti piglio, / corri che ti prendo, / corri che ti sporco
/ il viso di fango. / Dalloliveto mi allontano /
dal canneto mi allontano, / dal sarmento io mi pento /
di averti amato tanto.
3. J.L. MURILLO AMO, (tesi di laurea), España:
mito y realidad en el cancionero de la Guerra Civil española,
Michigan, Tulane University, 1993.
4. SALAUN S., Romancero libertario, Ruedo Ibérico,
Alençon, Francia, 1971;
5. Hijos del pueblo, in: Confederación Nacional
del Trabajo, Exilio Confederal, risguardo del disco ufficiale
della CNT. Trad.: Figli del popolo, ti opprimono delle
catene, / e questa ingiustizia non può continuare.
6. La Internacional anarquista, in Cancionero
Revolucionario, Ediciones Tierra y Libertad, Imp.
Castrera, Bordeaux, s.d. Trad.: Raggruppiamoci tutti/
nella lotta sociale / con la FAI raggiungeremo / la vittoria
finale.
7. La Internacional, in Cancionero Revolucionario,
Partido Comunista de España, Comisión Provincial
de Agitación y Propaganda, Santander, 1937. Trad.:
Raggruppiamoci tutti / nella lotta finale / il genere
umano / è la Internazionale.
8. Trad.: Lanarchia deve farci emancipare / da
ogni tipo di sfruttamento / il comunismo libertario /
sarà la nostra redenzione.
9. Trad.: Basta con lodiosa tutela / luguaglianza
deve diventare legge. / Non più doveri senza diritti,
/ nessun diritto senza il dovere.
10. Mi piacerebbe ricordare tra le numerose definizioni
del concetto di libertà le parole di un protagonista
della Guerra civile spagnola, Camillo Berneri, secondo
il quale, «la libertà è il potere
di obbedire alla ragione» e la base di questo
concetto di libertà è la relatività,
perché la società anarchica non è
«la società dellarmonia assoluta,
ma la società della tolleranza».
11. Hijos del pueblo, op. cit. Trad.: Quei borghesi,
così egoisti, / che tanto disprezzano lumanità,
/ saranno spazzati via dagli anarchici, / al forte grido
di libertà.
12. A las barricadas, in: Confederación
Nacional del Trabajo, Exilio Confederal, risguardo del
disco ufficiale della CNT. Trad.: Il bene più
caro è la libertà, / lottiamo per lei con
fede e valore.
13. MARTHA A. ACKELSBERG, Mujeres Libres. El anarquismo
y la lucha por la emancipación de las mujeres,
Virus Editorial, Barcellona, 1999, pp.124-125.
14. Himno anarquista, in: Cancionero revolucionario,
Ediciones «Tierra y Libertad», Imp. Castrera,
Bordeaux. Trad.: Salve proletario: è arrivato
il grande giorno / lasciamo gli antri dello sfruttamento,
/ non essere più schiavo della borghesia, / lasciamo
sospesa la produzione. / Uguali diritti ed uguali doveri
/ abbia per norma la società, / e sulla terra gli
esseri umani / vivano felici in fraternità.
15. La marsellesa de la paz, in: M. BAJATIERRA,
Canciones anarquistas, Airones de guerra contra el
capitalismo y contra el Estado, Biblioteca Plus Ultra,
Madrid, s.d. Trad.: Al rumore del cannone, / operai,
rispondete: / unione, unione fino ad ottenere / il trionfo
della pace.
16. La Internacional, in Cancionero revolucionario,
op. cit. Trad.: In piedi i poveri del mondo / in piedi
gli schiavi senza pane, / alziamoci tutti che arriva /
la rivoluzione sociale. Alzati, popolo leale / al grido
di rivoluzione sociale.
17. Jota libertaria, in Cancionero Revolucionario,
op. cit. Trad.: Né militari né preti,
/ né giudici né potenti / potranno fermare
la marcia / di anarchici militanti.
18. La marsellesa anarquista, ibidem Trad.: Non
rimanga in piedi lo Stato e le sue leggi / che sempre
ha schiavizzato ferocemente il popolo, / e la decrepita
ignoranza conservò / con le sue patrie, le sue
divinità e i suoi re. / Che al chiedere il pane
/ spinto dalla fame / gli risponde feroce e criminale
/ il fucile del boia in uniforme.
19. Hijos del pueblo, in: Colección de
canciones de lucha, Ediciones Pacific, Madrid, 1980.
Trad.: Nella battaglia la iena fascista / grazie al
nostro sforzo soccomberà.
20. La Marsellesa, in: Cancionero Revolucionario,
ediciones «Tierra y Libertad», Imp. Castrera,
Bordeaux. Trad.: Unaltra volta il sanguinoso
stendardo / i tiranni si permettono di alzare, / i tiranni
si permettono di alzare / Guardate le orde di traditori
/ che stanno per calpestare il suolo della patria. / Per
chi sono quelle catene / che stanno forgiando pieni di
ira? / che stanno forgiando pieni di ira?
21. Questa canzone ebbe molto successo durante la guerra
civile tanto che ebbe numerosi rifacimenti e cambiò
in seguito alle vicende della guerra. Fu molto provocatoria
perché la versione popolare a cui si rifaceva,
ripresa da Federico García Lorca nel suo lavoro
di riscoperta della tradizione canora spagnola, cantava
come protagonisti non i quattro generali, Franco, Sanjurjo,
Mola e Queipo de Llano, come ricorda la seconda strofa
della versione bellica, ma quattro muleros che
si recavano al fiume per far abbeverare le loro bestie.
Trad.: I quattro generali, i quattro generali / i quattro
generali / mammina mia che si sono alzati / la notte di
Natale, la notte di Natale / la notte di Natale, mammina
mia, / saranno impiccati.
22. Hijos del pueblo, in: Confederación
Nacional del Trabajo, op. cit. Trad.: Figlio del
popolo, ti opprimono catene, e questa ingiustizia non
può continuare. / Se la tua esistenza è
un mondo di dolore, / piuttosto che essere schiavo, scegli
la morte.
23. Trad.: «Vale di più morire che vivere
in ginocchio» e «Non passeranno».
24. E. GANTE, (Ed.), El Cancionero Revolucionario,
(folleto mensual), Biblioteca Tierra y Libertad, Madrid,
1932. Trad.: Amore e giustizia non hanno barriere;
/ il mondo è delluomo, qui il suo destino,
/ senza altre distinzioni, né altre frontiere!
/ La bandiera rossa deve avvolgere ogni cosa!
25. Anarquistas, in: M. Bajatierra, Canciones
anarquistas, Airones de guerra contra el capitalismo y
contra el estado, Madrid, Biblioteca Plus Ultra, s.d.
Trad.: Rosso stendardo, non più soffrire, /
lo sfruttamento deve finire. / Alzati popolo leale / al
grido di rivoluzione sociale!
26. Trad.: Colore rosso ha il fuoco, / colore nero
ha il vulcano / colore rosso e nero ha / la nostra bandiera
trionfale.
27. J. LLARCH, Cantos y poemas de la Guerra Civil de
España, Daniels libros Editor, Barcelona,
1987.
28. Vientos del pueblo, in: D. PUCCINI, Romancero
de la resistencia Española, Ediciones Península,
Barcellona, 1982. Trad.: Cantando aspetto la morte
/ che ci sono usignoli che cantano / in cima ai fucili
/ e in mezzo delle battaglie.
29. J.L. MURILLO AMO, op. cit.
30. J. LLARCH, op. cit. Trad.: È ora
che cada così tanta dittatura / vergogna della
Spagna per quello che ha fatto. / Mai più militari,
beghine e preti / abbasso la Chiesa, che cada il potere.
31. Trad.: La terra sarà il Paradiso / libero
dellumanità.
32. J.L. MURILLO AMO, op. cit. Trad.: Venerdì
Santo, Venerdì Santo! / gemeva la povera vecchia
/ Se avessi avuto un figlio / Vergine della Macarena,
/ Non come lo hai avuto / senza dolore, allimprovviso
/ ma come io lho avuto / perché io lho
partorito per davvero / con dolore, con affanno / e con
febbre nelle vene / e te lo avessero ucciso/ i cristiani
che ti pregano / come li malediresti / Vergine della Macarena!
33. J.L. MURILLO AMO, op. cit.
34. Himno de la internacional in: GANTE, op.
cit. Trad.: Alziamo la fronte, / noi curvati dal
lavoro / che sulla cima del monte / brilla il sole dellavvenire.
35. Amarrado a la cadena, in Cancionero Revolucionario,
op. cit. Trad.: Né il castello di Montjuich
/ né lo stesso Alcalá del Valle / devono
temere gli operai / quando scendono in strada.
36. Montjuich, in: Ibidem. Trad.: Non
mi si cancella dalla mente / la triste data / 13 di ottobre
/ ritorni nella mia mente / E alla mia memoria / tornano
gli echi / delle torture / di quel Montjuich.
37. Puente de los Franceses, in: DIAZ VIANA L.,
(Ed.), Canciones Populares de la Guerra Civil,
Taurus Ediciones, Madrid, 1986. Trad.: Ponte dei Francesi
/ Ponte dei Francesi / Ponte dei Francesi / mammina mia
/ nessuno ti passa / perché i madrileni / perché
i madrileni / perché i madrileni /mammina mia /
come ti proteggono! Madrid come resisti bene / Madrid
come resisti bene / Madrid come resisti bene, mammina
mia / ai bombardamenti!
38. Himno de los malhechores, in: GANTE, op.
cit. Trad.: Sii pronto ad alzarti / O Sole dellavvenire!
/ Vogliamo vivere liberi / e mai più servire!
39. En la plaza de mi pueblo, in: J. LLARCH, op.
cit. Trad.: Questa terra che non è mia /
questa terra che è del padrone / la innaffio con
il mio sudore / la lavoro con le mie mani. / Ma dimmi,
compagno / se queste terre sono del padrone / Perché
non lo abbiamo mai visto / lavorare nei campi? Con il
mio aratro apro i solchi / con il mio aratro io scrivo
/ pagine sulla terra di miseria e di sudore.
40. D. PUCCINI, Romancero de la Resistencia Española,
Ediciones Península, Barcelona, 1982.
41. Trad.: Tua / è la tenuta / la casa/ il cavallo
/ e la pistola. / Mia è la voce antica / della
terra. / Rimane tutto a te / e mi lasci nudo / ed errante
per il mondo
/ ma io ti lascio muto
/ Muto!
/ E come puoi raccogliere il grano / ed alimentare il
fuoco / se mi porto via con me la canzone?
Fucilazione
di Francisco Ferrer i Guardia in un'opera di Flavia Costantini
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