I sei Salvatori
È una Palermo onirica e concreta, fantastica e reale,
la città che Fulvio Abbate ricorda e racconta nel bel
romanzo Zero maggio a Palermo (Baldini & Castoldi,
2003). Una Palermo speciale, quale mai è stata raccontata
(«il «romanzo di Palermo», non un «romanzo
su Palermo», esattamente!»), caoticamente popolata
da un mondo uscito dalla feconda immaginazione dellautore,
ma nello stesso tempo vero, in carne e ossa, conosciuto e riconoscibile.
Il popolo della città, la sua gente, i mafiosi malacarne,
i compagni edili, i dipendenti comunisti della Regione, lalto
sottoproletariato, i fascisti delle palestre, i goliardi col
berretto a punta, lamico Dario, i Beati Paoli e il loro
irraggiungibile segreto, le cugine Silvì e Vartan, le
studentesse fuori sede sempre ben disposte... e poi Salvatore
Cuore di Zundapp, lanarchico motociclista che finalmente
ha raggiunto il paradiso dei pezzi di ricambio, e i suoi sei
compagni, i sei Salvatori, bizzarri anarchici con lo stesso
nome e con una sola identità, affascinanti coscienze
critiche e ammalianti richiami per una scelta di libera trasgressione.
Uscito una prima volta nel 1990 e ristampato di recente, Zero
maggio a Palermo ci riporta agli inizi degli anni settanta
quando lItalia in generale, e con essa il capoluogo siciliano,
vissero, finalmente, la straordinaria stagione di quei mutamenti
sociali, politici ed esistenziali che, pur contraddittoriamente,
riuscirono a trasformare questo paese, almeno per qualche tempo,
in un posto più disponibile e sensibile ad un discorso
di civile libertà. Ed è allinterno di questo
processo di trasformazione collettiva che si svolge lavventura
esistenziale di Ale, il giovane protagonista, spinto alla prematura
militanza in una periferica sezione del PCI dal bisogno di dare
un senso più profondo, non solo individuale e generazionale,
al passaggio dalladolescenza alla maturità. Romanzo
di formazione, dunque, come spiega Abbate nella sua «Nota,
tredici anni dopo», ma anche romanzo di «affabulazione
civile», animato dal desiderio di «mettere in comunicazione,
fra gli altri, Albert Camus e Pier Paolo Pasolini con Raymond
Queneau e Màrio de Andrade. Magari attraverso la mediazione
di Brecht». Ecco dunque, in questo viaggio ricco di fantasiose
metafore e di terranei accadimenti, gli incontri con la città,
con lanima della città, «una città
magmatica che trabocca sempre di magia, nel bene e nel male
[...] con le sue strade, le sue chiese, le sue ingiustizie e
la sua umanità», e con i suoi abitanti, i malacarne,
a rappresentarne la tragica immutabilità; e le inconsapevoli
ma libere ragazzine, che nella loro incoercibile propensione
a buttare per aria la morale dei nonni senza chiedersi perché,
ne rappresentano lo scomposto processo di trasformazione. E
agli antipodi di questi «incivili» protagonisti,
troviamo i protagonisti «civili», gli ingenui e
diligenti compagni della sezione del PCI e gli anarchici, gli
anarchici palermitani, qui connotati con una accezione volutamente
paradossale, ma pur sempre fisicamente presenti. Come furono
fisicamente presenti, eccome!, nella Palermo di lotta di quegli
anni ormai lontani.
Gli anarchici, dunque. Salvatore Cuore di Zundapp, il settimo
Salvatore, volato nel paradiso dei pezzi di ricambio dopo un
incidente in moto, causato, probabilmente dalla solita pazzesca
impennata. E i suoi strani, imprendibili compagni a lui sopravvissuti,
sempre assieme a formare un perenne «collettivo»,
ununica entità. E a tentare, come il demonio nel
deserto di santAntonio, il giovane Ale, combattuto fra
la militanza «seria», ma pesantemente ingessata,
nel Partito comunista, e il desiderio di spiccare quel volo
liberatorio che gli permetterebbe di atterrare su una dimensione
di sostanziale alterità. E forse, se non fosse per la
paura di doversi poi chiamare Salvatore come loro, nulla lo
tratterrebbe dal salto definitivo.
Sia come sia, comunque, questi anarchici «fantastici»
sono anche sei compagni in carne e ossa, impegnati nel romanzo
come allora si era impegnati nel quotidiano, nelle manifestazioni
per la liberazione di Valpreda e Marini, nella denuncia delle
criminali trame statali, nella lotta sui posti di lavoro e di
studio, nella «vigilanza» antifascista, nelle manifestazioni
controculturali. Come lo furono, nella realtà di quei
tempi, i «vecchi» compagni del «Mackhno»,
del «Pinelli», del «Friscia», i compagni
della FAI e della Federazione anarchica palermitana, soliti
a riunirsi nella mitica sede di Piazza Meli 5, e che a lungo,
soprattutto negli anni settanta, furono al centro della vita
della Federazione Anarchica Italiana, ricoprendo importanti
incarichi, come la Commissione di Corrispondenza, la redazione
del settimanale «Umanità Nova», la Commissione
di relazioni internazionali. Più volte Abbate lascia
capire di avere avuto regolare frequentazione con loro, e di
avere anche simpatizzato con il forte movimento anarchico palermitano
degli anni settanta, apprezzandone lanima libertaria e
non dogmatica e la sua capacità di colloquiare orizzontalmente
con la città, e ancora oggi riscontriamo, nella sua variegata
produzione intellettuale, la stima, priva di preconcetti e pregiudizi,
che porta per gli uomini e le idee dellanarchismo. E se
anche la caratterizzazione dei sei Salvatori e delle loro esperienze
è accentuatamente paradossale, vi ritroviamo, comunque,
gli echi di azioni concrete di cui ancora abbiamo testimonianza.
In due dei brani riportati, si narra di uno scontro notturno
fra i sei Salvatori e un gruppo di fascisti delle palestre e
di una contestazione «controculturale» al Festival
Pop che si tenne nel capoluogo siciliano nel 1971. Su questultimo
episodio ho rintracciato un raro volantino, addirittura bilingue,
distribuito in quelloccasione, felicemente in grado di
dimostrare la sostanziale attinenza fra quanto descritto nel
romanzo e quanto effettivamente avvenuto.
Vari sono, dunque, i protagonisti di Zero maggio a Palermo,
e, a fianco dei nostri anarchici, Ale con il suo desiderio di
cambiare il mondo, e Palermo, affascinante e inafferrabile città,
piena di misteri e cose straordinarie, amata e abbracciata,
felice di essere presa ma anche sfuggente ad ogni comprensione
che non sia quella dellimmaginazione. E nel desiderio
di Ale di cambiare il mondo, desiderio che passa attraverso
lingenua adesione a un partito ricco di generosi militanti
ma anche burocraticamente ingombrante e oppressivo, la consapevolezza
dellimpossibilità di cambiare Palermo, e quindi
il mondo. Eppure la necessità di provarci, nonostante
linadeguatezza degli strumenti a disposizione.
Nel concludere la sua «Nota, tredici anni dopo»
lautore scrive: «Non mi è quasi mai capitato
di rileggere il libro per intero, un po per pudore o addirittura
vergogna, ma anche perché sono trascorsi molti anni dalla
storia. [...] Ciononostante, se oggi i Salvatori tornassero
a chiamarmi dalla strada dicendo: «Ma che ci stai a fare
ancora con quelli lì, dai, vieni con noi!» benché
nel frattempo abbia scoperto il disincanto, non esiterei a raggiungerli
nel piazzale della vita, perfino in mutande, sventolando magari
la loro bandiera, quella dei refrattari che ritengono la libertà
e la rivolta valori assoluti, senza comunque dimenticare che
per molti uomini e donne essere stati comunisti in Sicilia ha
significato credere che la storia possa esistere davvero, nonostante
la mafia e la convinzione di quartiere che la terra sia ferma
sotto una pioggia lenta e acida».
Così Abbate onora una storia piena di ombre ma anche
di grandi luci dedicandola ai compagni della sua vecchia sezione,
e io, con lui, dedico questo «Ritratto in piedi»
ai due anarchici di Palermo che ancora oggi, con mio grande
piacere, collaborano a questa Rivista.
Massimo Ortalli
Nota.
Di Fulvio Abbate «A-Rivista» ha pubblicato una breve
autobiografia nel n. 288 del marzo 2003. A questa rimando,
per maggiori notizie sullautore e sulla sua attività
intellettuale.
Cuore di Zundapp
di Fulvio Abbate
Forse adesso Dario, invasato comè dal pensiero
del tesoro, non si ricorda più di Salvatore Cuore di
Zundapp, il motociclista anarchico, omonimo di altri sei anarchici,
che da qui passava ogni pomeriggio e non ci salutava mai perché
aveva fretta di raggiungere lofficina di via Empedocle
Restivo. Eppure Cuore di Zundapp era anche suo amico, tiepidamente
ma lo era. Daltronde, Salvatore non aveva molto tempo
da dedicare ad altro che non fosse la sua moto lucida e immortale.
Ci pensano gli altri sei Salvatori a perpetuarne la memoria
come fosse un dépliant degli ultimi modelli in commercio.
Loro ormai ne hanno preso in appalto il cordoglio, certi come
sono che Cuore di Zundapp si trova al sicuro in paradiso, non
quello solito, bensì un altro paradiso in tutto simile
a un magazzino di concessionaria, il paradiso dei pezzi di ricambio:
dove su una scaffalatura lui riposerà beato e lucente
accanto a carburatori, marmitte, valvole e ogni altro accessorio
meccanico.
Salvatore Cuore di Zundapp, in realtà, nel paradiso pezzi
di ricambio non cè ancora arrivato, ma comunque
vi giungerà presto, cioè quando i cappuccini,
dentro le loro catacombe, avranno terminato di farlo bello e
presentabile di fronte allEterno.
Cuore di Zundapp conosceva soltanto le parole più facili,
gli era ignoto il termine «irreversibile» che avrebbe
accompagnato il referto del suo coma; comunque per lui i motori
non avevano segreti. I suoi amici lavrebbero presto trafugato
dallobitorio, se lo sarebbero portato via di nascosto
per consegnarlo proprio ai cappuccini. Avrebbero detto:
«Prendetelo, è il nostro caro Salvatore. Se per
cortesia lo fate tornare comera prima... Grazie».
I frati, in effetti, sarebbero ben lieti di fare questo piacere
ai Salvatori. Metterebbero subito Cuore di Zundapp sul tavolo
di marmo per cominciarne limbalsamazione; forse lavorerebbero
scalzi ed euforici di fronte al nuovo arrivato, perché
secondo loro Salvatore starà bene tra le mummie dei secoli
passati: ufficiali con la feluca, frati, notai, gentiluomini,
garibaldini, piccole vergini rivestite con un cartoccio di merletti,
e anche un feto cresciuto come un anatroccolo bruciato dal sole.
Tutti morti assai antichi del Sette e Ottocento.
Come Anarchik
di Fulvio Abbate
Mi mancano i sei Salvatori. Li ho visti davvero poco da quando
Cuore di Zundapp non cè più. Vengono a cercarmi
in sezione però si fermano davanti al cancello, restano
ad aspettarmi in strada, dove li raggiungo per salutarli con
due baci ciascuno. Non è per sospetto che preferiscono
tenersi lontano dagli altri compagni, è solo un capriccio
della loro irrequietezza inspiegabile. Sono tutti e sei anarchici.
Spesso litigano perché si chiamano tutti e sei Salvatore:
non si capiscono e vengono quasi alle mani, ma non decidono
mai di stabilire un ordine gerarchico che li faccia chiamare
primo, secondo, terzo, come si fa per i calciatori omonimi.
Spruzzando con la vernice nera su muri e saracinesche, hanno
riempito il quartiere di A cerchiate, che si mostrano accanto
ai SUCA segnati dai fessi. I Salvatori cercano di somigliare
nellaspetto ad Anarchik, lomino con cappellaccio
e camicione neri che ghigna nel loro fumetto preferito. Con
queste e altre prodezze da qualche tempo hanno costituito il
loro circolo sotto i portici.
Stavolta, dopo che ci siamo salutati, mi chiedono:
«Scusa Ale, toglici una curiosità, che ci stai
a fare con i comunisti? Lo sai che se continui a frequentare
la sezione nessuna ragazza ti guarderà mai? Vieni con
noi, dai...»
Ci penso e scopro che mi prendono per il culo: e poi che fatica
pendere dalle labbra dellanarchia, che non si sa mai quando
arriva; comincia con la preistoria e si perde in un futuro che
i Salvatori descrivono beato; e io dovrei crederci? Poi, se
diventassi anarchico, dovrei vestirmi di nero come loro, e magari
chiamerebbero Salvatore anche me.
Dicono che già dal tempo delle camicie rosse gli anarchici
erano presenti e attivi, e che lo stesso Garibaldi entrava e
usciva dagli uffici londinesi della Prima Internazionale e quando
incontrava Bakunin si baciavano lungamente. Questo racconto
è quello che maggiormente mi tenta, perché io
quando penso alla spedizione dei Mille mi commuovo o meglio
vorrei esserci stato. Immagino subito i garibaldini che si dedicavano
al bel canto nelle case dei notabili liberali palermitani e
i loro ufficiali agli avamposti del Cassaro. Peccato che i Salvatori
non sono poi così intelligenti non sanno leggere nei
miei occhi, loro subito dopo cambiano lusinga dicendomi:
«Cosa vuoi? Diccelo e provvediamo».
E si mettono in attesa di una risposta.
Thank you Paliermo
di Fulvio Abbate
Ma improvvisamente ecco una lettera dei Salvatori. Come gli
sarà venuto in mente agli anarchici di spedirmi proprio
una lettera? Forse si tratta della prima che scrivono. È
quindi un fatto veramente eccezionale, dimostra che mi vogliono
davvero bene. Parlano soltanto del festival dove sono andati
ieri sera. Mi sarebbe piaciuto esserci anchio alla Favorita,
avrei portato ovviamente anche Dario e Silvana. Certo, potremo
andarci nel corso della settimana, però non è
lo stesso che assistere al giorno dapertura. Insieme agli
anarchici ci saremmo divertiti di sicuro tutti. E invece devo
accontentarmi di un racconto scritto.
«Caro Ale, ma che ci fai ancora coi comunisti? Tu e quello
scemo di Dario non capite niente. Se venivate ieri sera al Palermo
Pop vi sareste divertiti come ci siamo divertiti noi. Se ti
raccontiamo quello che abbiamo visto vi prende linvidia
e diventate rossi di rabbia. Siete proprio due stronzi e questo
è soltanto un complimento. Ora senti cosa ti sei perduto
perché hai preferito stare dietro al tuo amico e ai Beati
Paoli. Tra parentesi dovete sapere che questa ragione ci fate
pena e chissà che non vi togliamo il saluto. Ma voi lo
sapevate davvero che ieri cominciava il festival pop? E lo avete
visto Monte Pellegrino illuminato e psichedelico? E magari avete
visto pure i manifesti incollati ovunque. Ti stiamo parlando
di una cosa importante con tanto pubblico speciale di capelloni
e figli dei fiori che dicono fate lamore non fate la guerra.
Cerano pure i tifosi del Palermo e anche se non centravano
niente, nessuno se lè sentita di togliergli le
bandiere rosanero. Cera pure la zia che sudava perché
faceva caldo e loro avevano i caschi e le divise pesanti.
Tutto è cominciato tranquillamente, il bordello è
venuto solo quando un cantante americano alla fine della canzone
si è abbassato i pantaloni e si è uscito una minchia
lunga e nera. Una cosa che non è piaciuta ai palermitani
tanto che hanno detto di fargliela vedere a sua sorella. Lhanno
pure arrestato portandoselo via coi pantaloni ancora abbassati
tanto che non poteva camminare e gli sbirri dovevano trascinarlo
e dargli pugni nei fianchi tanto per gradire. Ovviamente in
mezzo al pubblico cerano pure molti compagni che ogni
tanto si stufavano delle canzoni e cominciavano a gridare diciamo
basta diciamo basta come fanno quelli senza tetto davanti al
municipio quando si riunisce il consiglio comunale e intanto
non ci sono case scuole e ospedali nei quartieri popolari. E
qui si parla si parla e intanto noi moriamo di sete e di fame.
La musica però riprendeva e nessuno diceva più
niente solamente suca ogni tanto. Il pubblico giovanile era
tanto e tutti pieni di carinerie tipo buongiorno ti voglio bene
e baci in bocca e nessuno voleva fare la guerra ma soltanto
lamore. Come lo fanno gli ippi che avevano tatuate le
margherite sulla fronte e quindi erano guardati di traverso
dagli sbirri che dicevano questi sono tutti drogati dalla testa
ai piedi. Noi che eravamo vestiti di nero siamo riusciti a entrare
a gratis e nessuno se nè accorto proprio perché
cera già così buio che per entrare a gratis
bastava evitare i riflettori. Subito ci siamo messi insieme
agli altri compagni. Ma non cerano soltanto anarchici
cerano pure comunisti di ogni tipo. Noi dopo un po
ceravamo già rotti la minchia e allora abbiamo
deciso che non era giusto divertirsi mentre Valpreda stava chiuso
in carcere. Per questo motivo abbiamo cominciato a gridare anche
noi diciamo basta diciamo basta e poi ci siamo messi a lanciare
sacchetti di sabbia contro il palco dove uno stronzo continuava
a cantare. Siamo riusciti a fare una tempesta con tutta quella
sabbia che sembrava a un certo punto di stare nel deserto. Tutti
scappavano e si coprivano gli occhi accecati e sbattevano tra
di loro e si rotolavano senza volerlo. I1 presentatore ha tentato
di fermare tutto dicendo ragazzi per carità così
succede una carneficina ma non diceva fate lamore non
la guerra. Ma intanto un commissario se nè fregato
di quello che diceva il presentatore e così gli sbirri
hanno caricato con i manganelli e gli scudi di plastica per
ripararsi dalla sabbia e dagli sputi. Noi come ammaestrati a
questo punto abbiamo cominciato a correre e loro dietro e noi
a ridere e loro a bestemmiare. Alla fine chi le ha prese non
centrava nulla e nel fuggi fuggi qualcuno sè
rotto la gamba e qualcuno la testa e qualcuno sè
strappato i vestiti mentre Monte Pellegrino allegramente guardava
la scena e se ne fregava. Pure che serano messi a fare
lamore hanno preso certi colpi di manganello sul culo
e la schiena come regalo. E piangevano ancora quando è
tornata la calma. E poi il presentatore ha il coraggio di dire
che le forze dellordine sono nervose e bisogna comprenderle
visto che sono in piedi da stamattina e forse preferirebbero
stare altrove. A questo punto chi la salva più la situazione?
Mentre i feriti vengono accompagnati fuori allospedale
e se ne vanno zoppicanti e continuano a piangere.
Arrivati a un certo punto saffaccia sul palco uno che
non si sa chi è. Sembrava una seppia enorme anzi una
foca con una collana doro col medaglione, lorologione
e lanello sempre doro al mignolo. Si mette a cantare
con una voce che sembra quella di uno che borbotta e rutta perché
ha mangiato troppo. Fatto sta che questa cosa che sembra un
pachiderma riesce a fare tornare il silenzio mentre gli squaglia
il grasso della panza. Tanto che noi diciamo ma chi è
la madonna nera di Tindari? Gli basta un gesto del mignolo con
lanello doro per fermare il bordello. Così
gli sbirri tornano composti e noi pure ci alziamo in piedi dicendo
ma questo chi lha visto mai? I1 pachiderma ha capito che
qui non si scherza coi cazzi e deve risolvere al più
presto la situazione perché se non la risolve lui non
la risolve nessuno e dice thank you Paliermo tank you very much
Paliermo. Poi va sul bordo del palco per salutare meglio il
pubblico ma quelli che stanno lì sotto appena lo vedono
si tolgono perché dicono se questo cade giù ci
ammazza tutti lavete visto quanto pesa, è tutto
sugna. Però nemmeno a crederci il pachiderma se ne viene
fuori con una sorpresa. Si mette a cantare lInternazionale
e a nessuno di noi ci sembra vero e siamo subito tutti felici
mentre gli sbirri si mangiano il fegato telefonano alla questura
e chiedono che dobbiamo fare? Lorco marino ha cantato
e ruttato proprio lInternazionale e noi labbiamo
salutato coi pugni chiusi che si alzavano e placavano la tempesta
boreale dei sacchetti di sabbia. Mentre cantava il pachiderma
si gonfiava sempre di più come un orco marino e sollevava
la testa. Così il pubblico ha potuto vedere che caveva
veramente le branchie nascoste dentro il doppiomento. Poi ha
ipnotizzato tutti con la luce del brillante che aveva al mignolo.
E noi ci siamo messi a dondolare con gli occhi drogati nel vuoto.
Perfino Monte Pellegrino si è fatto fioco e nessuno ha
avuto più la forza di applaudire mentre il pachiderma
finiva di cantare e se ne andava rimbalzando come un pallone
sulla sabbia. Dice che si chiama Barry White ed è il
cantante del futuro ma noi non labbiamo mai sentito nominare.
E tu Ale come ti saresti divertito. Salvatore Salvatore Salvatore
Salvatore Salvatore Salvatore.»
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Laterizi democratici
di Fulvio Abbate
Soltanto gli anarchici, non molto tempo addietro, li hanno
incontrati nel tratto di strada in cui via Abruzzi si divide
in due corsie. Ci hanno poi raccontato che i fascisti sparavano
ad altezza duomo con la lanciarazzi: ed erano saette velenose
che ferivano soltanto laria. Ovviamente i Salvatori non
hanno fatto finta di niente, e, senza pensarci troppo, hanno
accettato la provocazione e quindi lo scontro.
Che è cominciato con una sassaiola, ma di sassi non se
ne trovavano, allora i nostri amici hanno fatto ricorso ai laterizi
accatastati nel cantiere di un edificio in costruzione; e che
rumore dinferno facevano quei mattoni cadendo, si spaccavano
in mille pezzi, quindi i fascisti dovevano cercare riparo dietro
le auto parcheggiate, nel mezzo di unecatombe di parabrezza,
vetrine, insegne, cartelli che andavano in frantumi; e i fascisti
carponi a tentare di ripararsi, e i Salvatori a dargli addosso
con certe mazze di legname da costruzione, armi mediate lì
per lì, fornite dagli stessi edili che intanto serano
affacciati dai ponteggi per incitare allantifascismo militante,
e certamente se la situazione si fosse messa male per gli anarchici,
gli edili sarebbero intervenuti gettando calce viva e fumante.
Perché gli edili palermitani anche se sono costretti
a distruggere e costruire sui prati di ossa, e sui giardini
degli emiri non sono fessi, pure loro sanno del colpo
di Stato, e hanno conosciuto la faccia velenosa di chi nel 60
dette lordine alla polizia di sparare, uccidendo qui a
Palermo il compagno Vella della sezione Montegrappa e poi due
ragazzini che avevano ancora le facce degli orsacchiotti.
A un certo punto uno dei fasci ha tentato una sortita ricorrendo
alle arti marziali: sè staccato dal gruppo urlando
come un ossesso, comunque non gli è andata bene perché
gli anarchici prima lhanno fatto avvicinare, e quando
se lo sono trovato davanti gli hanno tirato in faccia il suo
stesso secchio di colla dimenticato allangolo di via Umbria.
Il fascista sembrava annegato dentro il bianco duovo,
dopo il gesto inatteso dei Salvatori, non vedeva più
nulla e gridava inferocito, prometteva vendette, e bestemmiava
contro i suoi capi che non potevano intervenire perché
la pioggia di laterizi democratici continuava a tempestarli
senza sosta. Anche gli edili si erano messi a combattere, e
gridavano ai fascisti cornuti e altri insulti. La lanciarazzi
era ormai scarica, e intanto i Salvatori potevano castigarli
e per scherno mettersi a ballare e spernacchiarli. Mentre gli
edili ballavano sulle impalcature del fabbricato che stavano
costruendo. Lo immagino il livore dei fasci, mica fasci qualunque,
ma cinture nere dellalto sottoproletariato stagionato
in palestra e al bigliardino, elementi guasti che passano i
pomeriggi in un seminterrato al neon per imparare le mosse del
judo e poi gridano in coro: «Camerata... Presente!»
E poi vanno dalle puttane di piazza Borsa.
E adesso sei anarchici, traditori dellalto sottoproletariato,
grazie allaiuto dei compagni edili, riuscivano a bloccarli
con un diluvio di materiali da costruzione: laterizi, refrattari,
tufo, ceramiche, calce, sputi, insomma tutto il campionario.
Ma cè di più, perché i Salvatori,
nonostante il tafferuglio, continuavano a raccontarsi i fatti
loro: parlavano di me e di Dario, dicendosi: «Proprio
simpatici quei due comunisti, peccato che adesso non ci sono.
È stata una buona idea presentare Silvana ad Ale, anzi,
più tardi lo chiamiamo per sapere come gli va, si, più
tardi andiamo a trovarlo».
E intanto la Giovane Italia sallontanava, i fasci erano
proprio costretti a volare via dal piazzale dopo la prova di
forza titanica dei Salvatori che questarte della potenza
non lhanno appresa in nessuna polisportiva. Perché
gli anarchici massacrano senza vanità atletiche, gli
anarchici sono gli stessi che in Spagna, nel 37, facevano
il tiro a segno contro la statua di Gesù di Madrid. Gli
anarchici non pensano di dover somigliare al discobolo che cerca
leleganza nel disegno dei muscoli sul corpo, gli anarchici
guardano il bersaglio e non piangono, si tengono le lacrime
per quando Palermo si chiamerà Giusi. E intanto i fasci
scappavano fuori dal quartiere, e i sei Salvatori dietro, ululanti
come lupi, chissà dove hanno imparato a ululare i Salvatori?
Ululavano così bene da far gelare di paura i condomini
di via Sardegna e pure i fasci cercavano di nascondersi dentro
lunico bar rimasto aperto. Mentre il quartiere sprangava
le porte di fronte alluomo lupo, temendone il ritorno
che fa paura...
Non un solo esercente dava più ricovero ai fasci, che
erano costretti a nascondersi in un garage, certi di trovarsi
ormai al sicuro, ma agli anarchici è bastato annusare
lasfalto per raggiungerli rotolando come pietre.
Brani tratti da: Fulvio Abbate, Zero maggio a Palermo,
Baldini&Castoldi, Milano, 2003
Volantini e documenti
1°
Il Festival Pop è:
Loccasione che la società ha creato per
strumentalizzare i movimenti di contestazione:
Condizionandone i comportamenti,
Creando una fittizia atmosfera di libertà
allinterno della quale si favorisce lazione
di repressione degli organi di Stato.
Non una lotta contro la polizia perché incarcera
un compagno, ma perché organo della repressione
di Stato.
Non una lotta contro il biglietto di ingresso, espressione
di privilegio, ma contro lorganizzazione di questo
Pop, che trasforma i raduni dei giovani in speculazioni.
Esiste unautorganizzazione sociale cancellatrice
di ogni forma di autentica libertà:
LO STATO
Palermo 7/9/71
2°
Assodato che questa vita sociale si svolge secondo
un copione ben prestabilito da chi comanda; non cè
dubbio: la vita è teatro!
Teatro nel quale tu sei libero di fare solamente
ciò che ti impone il copione.
Anche il fascista è libero come te di essere schiavo
di uno Stato.
II fascista vuole uno Stato forte ed autoritario quindi
un copione, molti altri vogliono altri Stati quindi altri
copioni.
Ti sei mai chiesto se per la tua effettiva libertà
esiste una reale differenza tra i copioni?
Esci dal teatro
distruggi qualunque copione
realizza te stesso.
Gli anarchici
Palermo 27/11/71
3°
Omaggio ai bravi & buoni studenti della facoltà
di Agraria
Per inaugurare il Nuovo semestre di lezioni
abbiamo pensato di dedicarVi questa poesia scritta nel
1901 da un certo Signor Malfatti, la cui Eredità
Culturale è stata sicuramente recepita e portata
avanti (con impegno) dal Nostro Caro nonché Brillante
Ministro della Pubblica Istruzione F. M. (Franco Maria,
Ndr) Malfatti.
Firmato
Nucleo Studenti Pentiti
Poesia
Il bravo fanciulletto va diligente a scuola;
legge nel suo libretto, scrive qualche parola.
Impara a far di conto; chiamato è sempre pronto,
e nellora di spasso gioca senza far chiasso.
Del fanciulletto attento il maestro é contento;
e a casa il fanciulletto trova carezze e affetto.
Malfatti
P.S.: mamme, papà, fratelli e sorelle maggiori
lo giuriamo al cospetto della dea normalità che
non lo facciamo più.
Nucleo Studenti Convertiti (ex pentiti)
Palermo s.d.
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