Messico: non siamo venuti a dirti
che cosa fare,
né a condurti da nessuna parte.
Siamo venuti a chiederti umilmente,
rispettosamente, che ci aiuti.
Che non permetta che torni
ad albeggiare senza che questa
bandiera abbia un posto degno
per noi che siamo il colore della terra.
dallo Zócalo di Città del Messico
CCRI – Comando Generale dell’EZLN
Messico, marzo 2001
(traduzione del comitato Chiapas «Maribel» –
Bergamo)
Anarchia e Chiapas
Anarchia come concetto o come pratica politica vissuta ogni
giorno? Nel caso specifico qui analizzato, voglio scrivere di
anarchia come sviluppo di forme di convivenza affermatesi dal
basso, alternative al potere imposto e in perenne stato di rebeldia,
ovvero resistenza ad oltranza, nei confronti di chi vorrebbe
restaurare un sistema di dominio sui popoli indigeni liberatisi
attraverso la lotta zapatista.
Mi riferisco all’anarchia come comune denominatore, sul
quale possiamo iniziare a rapportarci tutti quanti al fine di
trovare quell’unità di intenti che si rafforza
proprio nell’eterogeneità delle proposte politiche
nelle diverse realtà sociali. La parola compagno come
indelebile marchio che rende forti nel disagio e pronti a vivere
la rebeldia come istinto di sopravvivenza.
Questi interrogativi e tentativi di risposta rappresentano il
filo conduttore della ricerca politica e sociale che l’associazione
Paviainseriea (1), attiva da anni nello
sviluppo sociale e culturale della comunità pavese, si
è riproposta attraverso la realizzazione di un gemellaggio
con una struttura di base (Municipio Autonomo 1° de Enero)
del movimento rivoluzionario zapatista. Al ritorno in Italia,
abbiamo riportato con noi queste sensazioni incrostate sotto
i nostri stivali color del fango di Chiapas.
In questo breve resoconto del viaggio appena concluso, vorremmo
manifestare a tutti i lettori le necessità di aiuto internazionale
a queste comunità ribelli allargando il tema fino a coinvolgere
una più generale discussione sugli importanti temi sociali
e politici sollevati dalla rivolta zapatista del 1994.
Per chi non fosse familiare con la situazione chiapaneca, mi
sembra importante fornire qualche indicazione generale per inquadrare
la situazione sociale e politica.
Escuelita Autonoma
Paese di rivoluzioni e contraddizioni
(2)
La rivoluzione messicana del 1917 e i seguenti sviluppi politici
non portarono ad un redistribuzione delle terre in Chiapas,
a differenza di quanto successo in altri stati messicani caratterizzati
da una parziale applicazione di questo strumento, cosicché
poche famiglie latifondiste (terratenientes) hanno
mantenuto da sempre la proprietà della terra più
fertile e con essa anche dei contadini che la lavorano (peones
acasillados). Va comunque rilevato che la Costituzione
messicana del 1917 (articolo 21) sanciva che le terre pubbliche
erano inalienabili: questo costituiva una relativa protezione
nei confronti degli indigeni che coltivavano la terra statale,
ovvero le terre marginali a bassa resa, in forma collettiva.
L’ineguaglianza sociale costituisce una delle caratteristiche
di base della società messicana, profondamente divisa
tra un’élite bianca con caratteristiche
socio-economiche comparabili alla media europea ed una fetta
consistente di poveri emarginati che vivono al di sotto del
livello di sussistenza. Nello stato del Chiapas, questa polarizzazione
estrema assume caratteri di emergenza sanitaria, educativa,
sociale ed economica a causa del completo isolamento culturale
e sociale delle popolazioni indigene locali e dell’economia
basata sul latifondo e sullo sfruttamento delle cospicue risorse
naturali da parte delle multinazionali.
È sufficiente una gita da turista con autobus di prima
classe attraverso gli stupefacenti scenari montani del Chiapas
per accorgersi della realtà drammatica delle popolazioni
indigene. Non occorre snocciolare una sequela infinita di indici
di sottosviluppo per dimostrare come la situazione economico-sociale
del Chiapas non sia migliorata significativamente negli ultimi
decenni. Gli studi dell’organizzazione indipendente messicana
«Centro de Investigación para el Desarrollo»
dimostrano che tuttora «il Chiapas è uno degli
Stati appartenenti alla Federazione Messicana dove si hanno
le peggiori condizioni per la salute: le abitazioni non offrono
alcuna protezione contro i fattori di rischio derivanti dalle
condizioni ambientali; la carenza di spazio non permette di
isolare gli ammalati ed evitare la trasmissione di malattie
infettive; la totale mancanza di acqua potabile ed un sistema
fognario inefficiente non permettono di raggiungere le condizioni
minime di igiene» (3).
Il Chiapas è geograficamente posizionato in una zona
di rilevante importanza strategica, sia per il Messico che per
gli Stati Uniti, in quanto costituisce il corridoio naturale
verso L’America Centrale. È inoltre ricco di risorse
naturali (petrolio, uranio, legno, carbone, acqua) e fornisce
oltre la metà del fabbisogno messicano di energia elettrica;
tuttavia, paradossalmente, la maggior parte delle comunità
contadine di questo Stato non sono rifornite di elettricità.
Sintetizziamo sull’argomento citando l’autorevole
settimanale liberista The Economist: «la ricchezza [del
Chiapas] ha avuto la tendenza a finire direttamente nei forzieri
del Governo o nelle tasche dei latifondisti» (4).
Cronistoria di una sollevazione popolare
(5)
Il primo atto pubblico della rivolta zapatista risale al gennaio
1994, quando i guerriglieri dell’EZLN (Ejército
Zapatista de Liberación Nacional), difensori delle
popolazioni Indigene discendenti degli antichi Maya, occuparono
brevemente sette città nello stato sudorientale del Chiapas
tra le quali la città più importante dello Stato:
San Cristóbal de las Casas.
La causa scatenante della rivolta va ricercata nelle condizioni
di arretratezza economica, sociale e politica che caratterizza
i popoli originari (indigeni) dell’area e causata da secoli
di sopraffazioni e ingiustizie da parte delle classi dominanti
bianche. La ratifica del trattato di libero commercio tra Messico,
Canada e gli Stati Uniti (NAFTA) (6)
e la riforma della Costituzione per quanto attiene alla possibilità
di alienazione delle terre statali ha costituito il colpo di
grazia del potere neoliberista nei confronti delle popolazioni
indigene.
Nell’editoriale del giornale rivoluzionario El Despertador
Mexicano, gli zapatisti dichiararono le loro motivazioni:
«abbiamo fatto richieste per centinaia di anni credendo
alle promesse che mai si sono realizzate, e sempre ci hanno
detto di essere pazienti e che dovevamo attendere tempi migliori.
Ci hanno raccomandato prudenza e ci hanno promesso che il futuro
sarebbe stato migliore. Ebbene, abbiamo verificato che non è
così, tutto procede allo stesso modo o peggio rispetto
ai tempi dei nostri nonni e dei nostri padri. Il nostro popolo
continua a morire di fame e di malattie curabili, sopraffatti
dall’ignoranza, dall’analfabetismo e dalla mancanza
di cultura. E abbiamo capito che se noi non combattiamo i nostri
figli continueranno a vivere in questo modo. E questo non sarebbe
giusto» (7).
I ribelli dell’EZLN dimostrarono precocemente una capacità
di dialogo non comune sia con il governo federale che con l’opinione
pubblica messicana ed internazionale. Parve subito chiaro che
non si trattava soltanto di un gruppo armato e che la conquista
militare del potere non era il principale interesse della comandancia
zapatista. Si intravedeva che l’obiettivo degli insurgientes
era eminentemente politico: il riconoscimento del diritto delle
popolazioni indigene ad una vita dignitosa e all’autogoverno
delle proprie terre ancestrali.
È di fondamentale importanza sottolineare che l’EZLN
evitò di perseguire una strategia di vendetta violenta
sulle autorità vessatrici ed evidenziò l’esigenza
di un dialogo aperto e paritario con le Istituzioni al fine
di pervenire all’obiettivo politico dell’autogoverno
delle comunità. Con questa strategia, gli insorti si
conquistarono immediatamente l’appoggio convinto delle
avanguardie culturali e sociali sia messicane che internazionali
che si strinsero a difesa delle posizioni politiche dell’EZLN.
Di conseguenza, dopo un iniziale intervento armato ordinato
dal Governo attraverso l’invasione del Chiapas da parte
di un cospicuo contingente dell’Esercito Federale con
i conseguenti morti e feriti da entrambe le parti, l’intervento
di quella che fu definita come la società civile contribuì
a fermare l’iniziale e violentissima repressione operata
dalle decine di migliaia di soldati inviati dal Presidente messicano
dell’epoca, Carlos Salinas de Gortari, a soffocare la
ribellione.
La storia successiva è stata caratterizzata dall’atteggiamento
ambiguo del governo che da un lato negoziava e stringeva accordi
con l’EZLN e dall’altra parte procedeva con le provocazioni
violente sui municipi autonomi creati dalle comunità
zapatiste sul territorio controllato dall’EZLN. L’esempio
più eclatante è rappresentato dal non rispetto
da parte del governo degli accordi di San Andrés (8)
riguardanti i diritti dei popoli indigeni. Nel dicembre del
1997, in seguito al massacro di 45 indigeni (15 bambini, 21
donne e 9 uomini) da parte di gruppi paramilitari filogovernativi
appoggiati dall’esercito federale, la situazione peggiorò
notevolmente ed i colloqui di pace subirono un’ulteriore
battuta d’arresto. Tuttavia, grazie alla mobilitazione
di molte personalità in Messico e all’estero, che
si opposero all’atteggiamento del governo e dell’esercito
federale, si riuscì a convincere il governo del PRI (Partido
Rivolucionario Istitucional) (9)
a perseguire da quel momento in poi una repressione relativamente
più nascosta definita «guerra a bassa intensità».
La politica di repressione del governo, tesa a perpetuare la
miseria ed il silenzio degli indigeni attraverso l’occupazione
militare dello stato e l’appoggio a bande paramilitari
di tendenza reazionaria, intese fiaccare la resistenza dell’EZLN
evitando di incorrere nel biasimo dell’opinione pubblica
internazionale. Nel 1998 la "Commissione Civile Internazionale
di Osservazione per i Diritti Umani" scriveva: “lo
stato del Chiapas vive in questi momenti le conseguenze di una
situazione di profonda scomposizione politica e di preoccupante
destrutturazione sociale. A tutti i livelli si comprende come
le strutture istituzionali siano incapaci di assicurare la presenza
dello stato di diritto e come la società chiapaneca,
specialmente le comunità indigene, soffrano le conseguenze
di una situazione generalizzata di violenza e impunità”.
Un secondo documento della Commissione, datato 1999, fotografa
una situazione ulteriormente peggiorata.
Nel luglio del 2000, l’elezione di Vicente Fox alla presidenza
messicana (10) fece rinascere le speranze
per una soluzione pacifica del conflitto. Il Presidente Fox
promise di mettere fine radicalmente alle politiche repressive
del governo precedente del PRI e di favorire una soluzione di
lungo periodo alle problematiche dei popoli indigeni del Chiapas.
Purtroppo, queste soluzioni non sono state trovate e le élites
politiche, sociali ed economiche messicane ed internazionali
continuano a resistere all’idea di dignità indigena.
Il subcomandante Marcos (11) ha saputo
convincere, almeno in parte, i moderni mezzi di informazione
a fungere da cassa di risonanza mondiale del movimento legato
ai diritti dei popoli indigeni del Chiapas. Nella primavera
del 2001, gli zapatisti hanno organizzato la Marcia per la Dignità
Indigena, durata due settimane con partenza dal Chiapas e conclusione
a Città del Messico. La Marcia si è conclusa con
una manifestazione nella piazza principale di Città del
Messico (lo Zócalo) di fronte ad oltre 250.000 persone.
In assenza di chiare garanzie del rispetto degli accordi pregressi,
Marcos ha accuratamente evitato di incontrare il Presidente
Fox che, nell’occasione, è apparso più interessato
alla foto ricordo, quindi allo sfruttamento pubblicitario dell’iniziativa
di pace che non all’appoggio delle richieste zapatiste.
La Comandante zapatista Esther, durante il suo discorso tenuto
presso il Congresso (parlamento federale) messicano, ha successivamente
sollecitato l’approvazione della legge per i diritti dei
popoli indigeni, da lungo tempo prevista in base agli accordi
di San Andrés. Purtroppo, il Congresso ha poi approvato
una riforma rimaneggiata in molti punti e non rispondente agli
accordi iniziali, perdendo l’occasione di risolvere finalmente
una questione di diritti umani che pesa sullo sviluppo del paese
e che avrebbe potuto costituire un segnale di civiltà
per il mondo intero.
La legge, originariamente, avrebbe dovuto concedere alle comunità
indigene un’autonomia limitata, nonché l’autogoverno
ed il controllo della terra sulla quale queste popolazioni vivono
da secoli, ma la versione approvata svuota questi concetti di
molti significati pratici. Anche gli osservatori di chiara impronta
liberista della rivista «The Economist» riconoscono
che i conservatori del PAN e del PRI, responsabili degli emendamenti
alla legge, «hanno sostenuto che la legge avrebbe danneggiato
l’unità del paese [anche se] in privato ammettono
di aver temuto che [la legge] potesse danneggiare gli interessi
dei boss locali e dei proprietari terrieri, in particolare negli
stati meridionali, nei quali le dispute sulla proprietà
della terra sono comuni» (12).
Il 29 aprile del 2001 la comandancia general del EZLN
prende atto del fatto che «la riforma costituzionale sui
diritti e la cultura indigeni, recentemente approvata dal Congresso
dell’Unione, […] non risponde in assoluto alle domande
dei popoli indios del Messico, del Congresso Nazionale Indigeno,
dell’EZLN, né della società civile nazionale
e internazionale che si è mobilitata nei fatti recenti.
[…] La detta riforma tradisce gli accordi di San Andrés
e […] rappresenta una grave offesa ai popoli indios, alla
società civile nazionale ed internazionale e all’opinione
pubblica, poiché disprezza la mobilitazione ed il consenso
senza precedenti che la lotta indigena ha raggiunto in questi
tempi» (13). Gli zapatisti hanno
quindi scelto di interrompere i contatti con il governo e di
ritornare alla resistenza ed alla ribellione tra le montagne
della Selva Lacandona.
Il Chiapas oggi (14)
Le informazioni che arrivano in occidente sono poche e, non
a caso, distorte. La situazione in Chiapas è tutt’oggi
caratterizzata dalla presenza dell’esercito (sebbene in
misura ridotta rispetto al passato) e di formazioni paramilitari
di disturbo appoggiate dai settori più retrivi della
società messicana (in primis i terratenientes
ovvero i latifondisti), tuttora non disarmate e attive nella
repressione violenta nei confronti degli indigeni. Il governo
ha perseguito una strategia di divisione delle comunità
indigene attraverso corruzione, favoritismi, progetti di aiuto
economico alle comunità più docili dal punto di
vista politico.
I rifugiati che hanno dovuto lasciare le proprie case nel corso
della guerra sono circa 15.000, dei quali soltanto 1.400 sono
tornati alle proprie case (15). La causa
principale del fallimento degli «accordi di riconciliazione»,
promossi dal governo e indirizzati al ritorno dei profughi,
è da ricercare nella totale assenza di leggi che prevedano
il risarcimento dei danni e la persecuzione dei colpevoli di
violenze e furti.
Al fine di giungere ad una soluzione definitiva del conflitto,
la «Commissione Civile Internazionale di Osservazione
per i Diritti Umani» aveva raccomandato al governo messicano
di accettare le tre rivendicazioni che l’EZLN proponeva
come condizioni fondamentali per riavviare i colloqui di pace:
• rispetto del progetto di riforma costituzionale della
Commissione Parlamentare COCOPA;
• liberazione di tutti i prigionieri politici zapatisti
senza che si producano ulteriori arresti che possano complicare
la situazione;
• ritiro dell’esercito nelle posizioni precedenti
alla guerra.
La risposta delle Istituzioni messicane in relazione a queste
richieste è stata quasi totalmente negativa. Nuovi gruppi
paramilitari nascono con il preciso scopo di allontanare gli
indigeni dalla resistenza zapatista (con la forza o attraverso
la corruzione) con il coinvolgimento diretto o indiretto dei
maggiori partiti messicani e degli organi di governo locale
e federale. Nel 2002, la Suprema Corte de Justicia de la
Nación ha considerato non accettabili i 330 ricorsi,
presentati da diversi municipi indigeni di vari Stati del Messico,
contro la nuova legge costituzionale sui diritti dei popoli
indigeni approvata l’anno precedente (16).
I primi segnali dai partiti maggiori, PAN e PRI, sono di assoluta
indisponibilità a rivedere la legge (truffa) sui diritti
degli indigeni, sebbene ci siano alcuni deputati sensibili a
questi problemi soprattutto tra le file dei partiti di sinistra
che pure sulla questione hanno sempre mantenuto una posizione
ambigua (primo fra tutti il PRD) (17).
Nel frattempo, l’iniziativa politica degli zapatisti rimane
di alto profilo e conferma la tradizione radicale e autenticamente
popolare di questo movimento che guarda il mondo dal basso con
gli occhi delle comunità in lotta.
Il tradimento degli Accordi di San Andrés ha portato
l’EZLN a sospendere totalmente qualsiasi contatto con
il governo federale messicano ed i partiti politici e ad intraprendere
una strategia diversa da quella del negoziato con le forze politiche.
Come molto lucidamente analizzato da Gustavo Castro Soto dell’ONG
chiapaneca CIEPAC in un recente articolo, l’EZLN ha deciso
che nei territori ribelli saranno applicati per le vie di fatto
gli Accordi di San Andrés, sottolineando così
i due assi centrali nella loro strategia: Resistenza e Ribellione.
«L’unica strada che ci hanno lasciato è quella
di organizzarci con resistenza e ribellione», ha affermato
il Comandante Tacho. Per il Comandante David «Con la nostra
lotta, resistenza e ribellione desideriamo dare un piccolo contributo
alla lotta più grande contro il neoliberismo e la globalizzazione
della morte che minaccia tutta l’umanità».
Dunque si apre un’altra strada per i popoli indigeni:
la via dei fatti. Gli zapatisti hanno scelto di rafforzare la
loro ultima trincea, di rivolgersi in basso, ai piedi, alla
terra come base fondamentale dell’autonomia per germinare
dal basso un nuovo cammino. Per l’EZLN la strategia si
concentra «nell’esercitare il nostro diritto nella
pratica, quale giusta strada che devono percorrere i popoli
indigeni del Messico» (18).
Durante una festa aperta alla società civile nazionale
ed internazionale il 9 Agosto presso Oventik, municipio de San
Andrés Sacam`chén de los Pobres, di fronte a decine
di migliaia di persone i rappresentanti del CCRI-Comandancia
General dell’EZLN hanno spiegato al mondo che i 27
Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti (MAREZ) si raggrupperanno
su basi geografiche intorno a cinque Caracoles (letteralmente
mulinelli) di nuova costituzione (19).
Dal punto di vista pratico, i Caracoles sono una riorganizzazione
del territorio zapatista. Ad ogni Caracol corrisponde una precisa
zona geografica comprendente vari municipi autonomi ribelli
zapatisti. Ognuno di questi municipi continua a governarsi in
piena autonomia amministrando la giustizia, la salute, l’educazione,
la terra, il lavoro, l’alimentazione, l’informazione,
la cultura e il transito locale. Vengono eletti dai Municipi
1 o 2 loro rappresentanti all’interno della Giunta del
Buon Governo. Infatti ad ogni Caracol corrisponde una Giunta
del Buon Governo (acronimo messicano JBG) con funzioni di coordinamento
verso l’interno e verso l’esterno (20).
Verso l’interno con i seguenti compiti:
• riequilibrio dello sviluppo fra i municipi e fra le
comunità all’interno di ogni Municipio;
• mediazione nei conflitti fra Municipi Autonomi e fra
questi e quelli governativi;
• verifica e indagini sulle denunce per violazioni dei
diritti umani da parte dei Municipi Autonomi;
• vigilanza e rispetto delle leggi dei Municipi Autonomi
Ribelli Zapatisti.
Verso l’esterno con i seguenti compiti:
• rapporti con la società civile nazionale ed internazionale
(visite, progetti, accampamenti di pace, ricerche, ecc.);
• partecipazione a manifestazioni ed eventi (in coordinamento
con il CCRI dell’EZLN);
• verifica, indagini e denuncia delle violazioni dei diritti
umani nei confronti di comunità e di Municipi Autonomi.
Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno vigila perché
le giunte rispettino il principio zapatista del «comandare
obbedendo». L’Esercito Zapatista di Liberazione
Nazionale, attraverso il suo portavoce Marcos, in occasione
della formazione delle Giunte, spiega al popolo quali saranno
gli importanti cambiamenti nei rapporti tra l’EZLN e i
governi autonomi zapatisti: «da questo momento non sarò
più portavoce dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti.
Questi hanno già chi può parlare, e bene, per
loro. Nel mio ruolo di comandante militare delle truppe zapatiste,
vi comunico che a partire da questo momento i Consigli Autonomi
non potranno ricorrere alle forze miliziane per il lavori di
governo. Dovranno pertanto sforzarsi di fare come dovrebbero
fare tutti i buoni governi, cioè ricorrere alla ragione
e non alla forza per governare. Gli eserciti si devono usare
per difendere e non per governare. Il lavoro di un esercito
non è quello del poliziotto o di agente del Pubblico
Ministero. Di conseguenza, come vi verrà comunicato dai
nostri comandanti, verranno ritirati tutti i posti di blocco
e di controllo che al comando delle autorità autonome
le nostre forze mantenevano su sentieri e strade, così
come la riscossione di tasse a privati. […] Continua ad
essere nostro lavoro e nostro dovere proteggere le comunità
dalle aggressioni del mal governo, dei paramilitari e di tutti
quelli che vogliono far loro del male. Per questo siamo nati,
per questo viviamo e per questo siamo disposti a morire»
(21).
Con la formazione delle Giunte, «i governi municipali
acquisiscono una proiezione regionale che tenta di rafforzarli
attraverso una politica regionale, e nel contempo obbliga tali
governi ad esercitare la propria funzione pubblica in accordo
a principi di moralità. […] Così, questo
processo di creazione di nuove forme di governo indigene, contraddice
l’idea formalista e positivista che le istituzioni politiche
possono esistere solo quando esista un processo giuridico formale
di creazione in accordo con le regole generate all’interno
del chiuso ambito giuridico. Come possiamo vedere, se il diritto
non ha la capacità, in un dato momento storico, di creare
le istituzione che la società domanda, la stessa società
può avanzare nella costituzione delle proprie nuove strutture
politiche e spesso ciò creerà uno scontro con
l’ordine vigente. A seconda della forza delle due parti
(lo Stato ed il movimento sociale), successivamente inizierà
o meno il suo riconoscimento giuridico formale. Ciò significa
che la lotta politica dei popoli indigeni non può esser
limitata al riconoscimento giuridico dei loro diritti, ma alla
creazione delle istituzioni politiche che permettano ad essi
una vita buona, in accordo con la propria cultura ed adeguata
al mondo di oggi (22).
Aspetti di un movimento che si distingue
Il movimento zapatista dichiara di essere un «esercito
di pace», formato da guerrieri che non credono nelle armi
(23). Queste sono impugnate soltanto
per difendere i territori presidiati sia dall’esercito
che da commandos paramilitari sovvenzionati dai latifondisti
ma per la verità la resistenza delle comunità
ha sempre assunto, fino ad oggi, caratteri di resistenza passiva
e non violenta. Attraverso questa strategia basata sull’iniziativa
politica, gli zapatisti si sono assicurati oggi uno status quo
nel quale sostanzialmente le comunità, organizzate nei
Municipi Autonomi, convivono come forme tollerate di autogoverno
con i municipi ufficiali.
Questo è un movimento di liberazione nazionale che ha
saputo distinguersi nettamente dai movimenti di guerriglia attivi
in altre zone del mondo. Basta analizzare l’espressione:
«ci siamo fatti soldati perché non ci siano più
soldati» o quando affermano di «comandare obbedendo».
Nella cosmovisione indigena l’obbedienza non è
rivolta a nessuno se non al popolo al quale orgogliosamente
appartengono (24) e per questo motivo
nelle zone controllate dall’EZLN si leggono cartelli con
la scritta: «qui comanda il popolo e il governo ubbidisce».
La stessa organizzazione militare dell’EZLN è basata
su un’inversione di sovranità rispetto ai movimenti
guerriglieri tradizionali. Si tratta innanzitutto di un esercito
quasi totalmente costituito da indigeni con un gruppo di comando
politico, il CCRI ovvero il Comité Clandestino Revolucionario
Indígena, ma anche militare costituito da rappresentanti
indigeni eletti dalle Comunità. «All’apice
stanno le comunità che, in assemblea, nominano i loro
comandanti. L’immagine del comandante guerrigliero perde
ogni idealizzazione quando si conosce personalmente qualche
comandante dell’EZLN. La comandante Trini, per esempio,
è una donna tojolabal di sessantadue anni che vive nella
sua comunità, svolge i lavori quotidiani […] indossa
i tipici vestiti delle indigene, è grassa e porta sandali
oppure va scalza. […] La divisione dei ruoli nell’EZLN
appare abbastanza netta. Il contatto con le comunità
viene tenuto dai membri del CCRI, organo formato esclusivamente
da indigeni eletti dalle loro comunità, che hanno l’incarico
di comandanti e al quale non può appartenere Marcos in
quanto meticcio» (25). Il CCRI
rappresenta quindi la Comandancia General dell’EZLN
e Marcos, con il ruolo di subcomandante, agisce da portavoce
e comandante operativo delle operazioni militari. Le comunità
vengono comunque consultate in occasione di ogni decisione di
natura strategica.
Marcos dice che le sue armi sono «la parola, la memoria
e il sogno» (26). Il sub Comandante
Marcos parla per metafore, utilizzando un linguaggio nuovo e
capace di arrivare direttamente al cuore della società
civile. È un linguaggio fatto di metafore e poesia. Una
poesia per il popolo e del popolo, un linguaggio capace di risvegliare
valori quali orgoglio, onore, dignità, fierezza e coraggio
(27). Gli zapatisti dichiarano costantemente
di non essere interessati al potere, ma unicamente al riconoscimento
dei diritti umani e civili degli indigeni.
Manifestazione zapatista allo
Zocalo
Il gemellaggio di Paviainseriea (28)
Nella prima settimana di novembre 2003, insieme a Valentina
Negri, in qualità di rappresentanti di paviainseriea,
siamo giunti a Morelia, sede del caracol competente
per territorio per incontrare la Giunta del Buon Governo a cui
fa capo il Municipio Autonomo 1° de Enero (29)
con cui l’associazione paviainseriea è gemellata.
La JBG Torbellino de Nuestras Palabras è composta
di 14 rappresentanti dei 7 municipi autonomi della zona, eletti
tra i membri dei consigli municipali zapatisti di ogni municipio.
Presentiamo quindi la nostra associazione alla Giunta tentando
di spiegare come Paviainseriea, pur con risorse limitate, abbia
operato un coinvolgimento della cittadinanza pavese attraverso
un movimento «dal basso» ossia con un coinvolgimento
diretto delle persone che da semplici spettatrici diventano
protagoniste delle attività. Le precedenti raccolte fondi
a favore del Chiapas, oltre ad aver sensibilizzato ed avvicinato
la città alla causa zapatista, grazie soprattutto agli
interventi ed ai filmati proiettati durante le serate, hanno
inoltre consentito di raccogliere fino ad oggi 3.500, inviati
successivamente al MA Primero de Enero e utilizzati per l’acquisto
di materiale didattico e sanitario per le scuole autonome del
Municipio. Viene inoltre sottolineato come la nostra disponibilità
di risorse da inviare ai nostri fratelli e sorelle zapatiste
sia strutturalmente legata alla raccolta di fondi presso la
cittadinanza, essendo Paviainseriea una struttura «di
base» sostanzialmente autofinanziata e priva di contributi
pubblici. Concludiamo poi sottolineando che la nostra presenza
(ovviamente autofinanziata attraverso i nostri risparmi privati)
vuole essere un ulteriore passo per rafforzare la relazione
con i compagni indigeni e per meglio comprendere quale sia il
metodo migliore per lavorare insieme in futuro.
I compagni delle JBG ringraziano la nostra associazione che,
con il suo contributo, unisce il suo granello di sabbia a quello
di altri per appoggiare la causa zapatista. Viene sottolineato
poi che i nostri contributi dovranno essere d’ora in poi
indirizzati direttamente alla Giunta che determinerà
quelli che sono i progetti più urgenti all’interno
della regione di competenza, trattenendo una quota del 10% utilizzata
per le esigenze di coordinamento tra i diversi Municipi e la
Giunta stessa. Viene comunque specificato che la destinazione
dei fondi raccolti sarà comunque preferenzialmente destinata
al Municipio gemellato, a patto che tale destinazione non costituisca
una violazione del principio fondamentale di sviluppo equilibrato
di tutte le comunità. La Giunta è stata costituita
proprio per dar voce a tutti i compagni zapatisti, anche a chi
è più isolato a causa del proprio insediamento
sulle montagne, e decidere quindi quali sono le necessità
impellenti a cui rivolgere in primis gli appoggi. Ogni forma
di aiuto consente al popolo indigeno di auto-sostenersi senza
l’appoggio governativo.
Nella nostra successiva permanenza presso le diverse Comunità
decentrate (30) componenti il Municipio
Autonomo 1° de Enero, abbiamo avuto modo di incontrare tutta
la popolazione (donne, uomini e bambini) attraverso le assemblee
di base indette in ogni Comunità al fine di incontrarci.
Nelle assemblee, dopo l’iniziale preghiera (31),
l’inno messicano, l’inno zapatista e l’inno
dell’educazione zapatista ci vengono illustrate le necessità
che sono molteplici: presidi medici, materiale scolastico, elettricità
ed acqua potabile, risorse ancora in gran parte carenti nella
zona.
Malgrado le difficoltà affrontate delle comunità
zapatiste rimangano enormi, quando chiediamo ai compagni, che
cosa hanno guadagnato con questa lotta ci rispondono senza esitazioni:
«Ora non abbiamo più padroni, i nostri figli vanno
a scuola e mangiamo tre volte al giorno». È vero
che i tre pasti giornalieri sono costituiti quasi esclusivamente
da fagioli, uova con pomodoro e tortillas di mais ma, in effetti,
quelle elencate ci sembrano ottime ragioni per lottare.
Affrontiamo poi con diversi compagni del Consiglio municipale
un altro argomento scottante e di sicuro interesse per il pubblico
italiano: il rifiuto degli aiuti che tutte le comunità
zapatiste oppongono ai governi statale e federale. La risposta
è univoca e convinta: i governi hanno dimostrato una
totale indisponibilità a rispettare gli accordi politici
conclusi nel decennio scorso con gli zapatisti (32)
per cui la strada del dialogo è a questo punto conclusa
senza risultato e occorre realizzare la vera autonomia. Ovviamente,
la vera autonomia consiste nel resistere al tentativo governativo
di comprare il consenso politico attraverso aiuti che nascondono
una volontà di controllo e dominio da parte delle autorità.
Prima della partenza veniamo infine salutati da tutti i compagni
che scherzano sul fatto che dopo un’altra giornata passata
in montagna siamo totalmente ricoperti di fango: queste battute
ci forniscono l’alibi per andarcene in bellezza solennemente
dichiarando di non volerci lavare gli scarponi per poter portare
con noi in Italia il fango di Chiapas. La figura retorica funziona
soltanto dopo la traduzione spagnolo-tzeltal (33)
e l’avventura si chiude nella speranza di poter tenere
fede alle promesse fatte.
Valentina Negri
Perché appoggiare lo zapatismo
A mio avviso ci troviamo innanzi ad un fondamentale fronte
di lotta contro l’ingiustizia globalizzata forse addirittura
avvicinabile alla situazione creatasi sul fronte spagnolo nel
1936.
Appoggiare agli zapatisti non è un problema umanitario
ma politico: se gli zapatisti vincono, allora la speranza in
un mondo migliore per tutti i popoli del mondo potrà
faticosamente sopravvivere. Se questi gruppi di indigeni ribelli
perdessero, questa sconfitta potrebbe avere ripercussioni drammatiche
su tutti i movimenti che si ribellano ai dettami della politica
neoliberista e ritardare di decenni la lotta contro l’ingiustizia
in tutto il mondo.
Alla completa assenza di appoggi da parte della comunità
politica internazionale (34), per ovvie
ragioni di opportunità, si aggiunge il quasi totale disinteresse
da parte del mondo della cooperazione internazionale, a causa
dell’indisponibilità degli zapatisti a tollerare
i compromessi tipici di questo tipo di intervento (35).
Di conseguenza, gli appoggi disponibili sono estremamente ridotti
e, per questa ragione, riteniamo che occorra una mobilitazione
generale di tutte le strutture libertarie in Italia (36)
per aiutare questi compagni.
Va sottolineato che l’aiuto a queste forme di resistenza,
così come ve lo stiamo proponendo, si caratterizza per
l’assenza di forme d’intermediazione o di direzione
da parte del benefattore, così come la completa assenza
di costi amministrativi per la gestione degli aiuti. Le risorse
che raccogliamo vengono inviate direttamente dal nostro conto
corrente ai referenti degli organi politici controllati dalle
comunità (e cioè il conto corrente della competente
Giunta del Buon Governo) e i progetti di sviluppo prevedono
la completa autonomia decisionale delle comunità beneficiarie
attraverso le competenti forme di autogoverno (Municipi Autonomi
e Consigli di Comunità)Va sottolineato che l’aiuto
a queste forme di resistenza, così come ve lo stiamo
proponendo, si caratterizza per l’assenza di forme d’intermediazione
o di direzione da parte del benefattore, così come la
completa assenza di costi amministrativi per la gestione degli
aiuti. Le risorse che raccogliamo vengono inviate direttamente
dal nostro conto corrente ai referenti degli organi politici
controllati dalle comunità (e cioè il conto corrente
della competente Giunta del Buon Governo) e i progetti di sviluppo
prevedono la completa autonomia decisionale delle comunità
beneficiarie attraverso le competenti forme di autogoverno (Municipi
Autonomi e Consigli di Comunità (37).
Si tratta quindi di un aiuto che può essere verificato
da parte nostra nei suoi risultati pratici, anche attraverso
costanti contatti e visite presso le comunità, ma che
parte in forma completamente incondizionata. Questa scelta deriva
dalla fiducia che riponiamo nella capacità di autogoverno
delle comunità zapatiste (e, in generale, in tutte le
forme di autogoverno).
Per evidenziare ulteriormente le difficoltà che i compagni
affrontano ogni giorno nella lotta contro il potere, siamo appena
stati informati che i compagni della Giunta del Buon Governo
del Caracol di Torbellino de Nuestras Palabras (vedi il resoconto
di viaggio alle pagine precedenti) stanno subendo un attacco
in forze da parte di formazioni legate al PRI. In base al resoconto
dell’importante quotidiano messicano La Jornada, il Sindaco
priista (38) della vicina cittadina di
Altamirano avrebbe minacciato di distruggere le installazioni
zapatiste di Morelia. Sulla base dei dati disponibili, il conflitto
sarebbe originato da motivazioni esclusivamente politiche e
per il momento lo scontro fisico sarebbe stato evitato. Attualmente
sono presenti in zona numerosi esponenti delle forze armate
e di polizia e nulla sappiamo di come si evolverà la
situazione (39).
Per queste motivazioni politiche tutti gli amanti della libertà
si devono attivare per sostenere questa lotta. Sinceramente,
anche osservare i bambini a piedi nudi nel fango che ti guardano
e ti sorridono fa molto UNICEF e può aiutare a scuotere
le coscienze, ma ricordiamoci che la scelta di aiutare questo
popolo in questo momento è soprattutto una scelta politica
alternativa al potere.
Marco Gastoni
Presidente associazione Paviainseriea
Ringraziamenti:
Oltre a ringraziare tutti i compagni zapatisti incontrati
in questi anni in Chiapas e fuori, desidero ringraziare tutte
le associazioni italiane operative sulla questione zapatista
e, in particolare, Sergio di Ya Basta! di Milano. Grazie anche
ad Annamaria del Comitato Maribel di Bergamo e Renza del Comitato
Chiapas Torino per aver diffuso pubblicamente, in tutti questi
anni, le traduzioni dallo spagnolo di tutti i documenti rilevanti
su questo argomento. Senza di loro, probabilmente l’Italia
non sarebbe uno dei paesi più sensibili e attivi su queste
tematiche. Inoltre, volevo indirizzare un ringraziamento particolare
all’inviato del quotidiano messicano «La Jornada»,
Hermann Bellinghausen, che ho avuto la fortuna di incontrare
recentemente, per aver fatto conoscere a tutto il mondo le notizie
che giungevano dalla Selva Lacandona fin dal 1994. Last,
but not least, ringrazio moltissimo Valentina Negri e Michele
Zancan e tutti gli altri compagni dell’associazione Paviainseriea
per il supporto fornitomi.
Note
1.
Paviainseriea è un’associazione di base d’ispirazione
libertaria che si occupa di organizzare eventi culturali
in appoggio a iniziative sociali rivolte a soggetti svantaggiati,
basandosi sull’attività volontaria e gratuita
di tutti i propri soci e organi rappresentativi. L’associazione
è svincolata da appoggi politici, sostanzialmente
autofinanziata e promuove una strategia di crescita culturale
e sociale dal basso. Per ulteriori informazioni sulle
attività degli ultimi anni ed eventuali contatti
si veda il nostro sito internet: http://www.paviainseriea.it.
2. Il capitolo è basato in parte sull’opuscolo
edito dall’associazione Paviainseriea Chiapas
di Marco Gastoni e Michele Zancan (settembre 2002).
3. Contra la pobreza por una estrategia de política
social di Guillermo Trejo, Claudio Jones (coords.),
1993.
4. «The Economist», 15 Marzo 2001.
5. Il capitolo è basato in parte sull’opuscolo
edito dall’associazione Paviainseriea Chiapas
di Marco Gastoni e Michele Zancan (settembre 2002).
6. North America Free Trade Agreement entrato
in vigore proprio il 1 gennaio 1994.
7. «El Despertador» Mexicano, 1.1.1994.
8. Gli accordi di San Andrés (16 febbraio 1996)
furono firmati dai rappresentanti del potere esecutivo
(governo federale), da una commissione parlamentare (COCOPA
– Comisión de Concordia y Pacificación)
che annoverava rappresentanti di tutti i partiti politici
e dai rappresentanti dell’EZLN e prevedeva il riconoscimento
costituzionale dei diritti e della cultura dei popoli
indigeni.
9. Il PRI ha governato il Messico per 70 anni fino al
2000. Il termine «revolucionario» inserito
nel nome di questo partito è semplicemente un omaggio
di facciata al passato rivoluzionario messicano di Francisco
«Pancho» Villa: in realtà le politiche
del PRI sono sempre state estremamente conservatrici e
hanno favorito l’ulteriore allargamento dell’enorme
disuguaglianza sociale tipica del Messico.
10. Vicente Fox ex alto dirigente della Coca Cola in Messico
guida il PAN (Partido Acción Nacional) e il governo
federale di centro destra.
11. Portavoce e stratega dell’EZLN. Nelle parole
ufficiali dell’EZLN Marcos «nacque 11 anni
fa nella selva Lacandona e da allora ha vissuto, bevuto,
mangiato e dormito insieme a noi, gli indigeni del Chiapas;
Marcos, così come tutti i membri del CCRI (Comité
Clandestino Revolucionario Indígeno), non
sa niente e non è niente se non un rappresentante
in più, insieme al CCRI, degli indigeni del popolo
chiapaneco».
12. «The Economist» (3.5.2001).
13. Comunicato del CCRI-Comandancia general del EZLN 29
aprile 2001.
14. Il capitolo è basato in parte sull’opuscolo
edito dall’associazione Paviainseriea Chiapas
di Marco Gastoni e Michele Zancan (settembre 2002).
15. Fonte «The Economist» (10.1.2002).
16. Vedi paragrafi precedenti.
17. Partido de la Revolución Democrática.
18. Gustavo Castro Soto «Per comprendere l’EZLN»
Chiapas al Día, No. 380 CIEPAC (Center for Economic
and Political Investigations of Community Action, A.C.
ciepac@laneta.apc.org)
CIEPAC Chiapas, Messico 21 ottobre 2003.
19. «Guarda, là nel ruscello si è
formato un mulinello e nel suo centro la luna esegue la
sua danza tremolante. Un mulinello... o un caracol. Dicono
qui che i più antichi affermano che altri ancora
più antichi dicevano che i primi su queste terre
avessero il culto per la figura del caracol. Dicono che
dicono che dicevano che il caracol rappresenta l’ingresso
al cuore, così dicevano i primi a conoscenza. E
dicono che dicono che dicevano che il caracol rappresenta
anche l’uscita dal cuore per camminare nel mondo,
come i primi chiamarono la vita. E non solo, dicono che
dicono che dicevano che con il caracol si chiamava la
collettività affinché la parola scorresse
da uno all’altro e nascesse l’accordo. E dicono
anche che dicono che dicevano che il caracol era d’aiuto
affinché l’udito percepisse anche la parola
più lontana. Questo dicono che dicono che dicevano.
Io non lo so. Io cammino con te mano nella mano e ti mostro
quello che vede il mio udito e ascolta il mio sguardo.
E vedo e sento un caracol, il pu’y, come lo chiamano
nella lingua di qua.» Subcomandante Marcos «Chiapas:
la tredicesima stele Prima Parte: Un Caracol» Traduzione
del Comitato Chiapas di Torino.
20. Sintesi del Comitato Chiapas di Torino.
21. Parole del subcomandante Marcos il 9 agosto presso
Oventik, municipio de San Andrés Sacam`chén
de los Pobres. Traduzione del Comitato Chiapas di Torino.
22. Juan Carlos Martínez «Le giunte del buon
governo: Autonomia e governabilità non statale»
Chiapas al Día, No. 379 CIEPAC (Center for Economic
and Political Investigations of Community Action, A.C.
ciepac@laneta.apc.org)
Chiapas, México 17 ottobre 2003, traduzione di
Luca Martinelli.
23. Resistenza in Chiapas di Elisabetta Tola
e Paolo Figini
24. Id.
25. Raúl Zibechi, Il paradosso zapatista. La
guerriglia antimilitarista in Chiapas, Elèuthera,
1998, p. 57.
26. RadioChango: Marcos e l’epopea degli zapatisti
di Jacques Blanco.
27. Vedi per esempio il discorso allo Zócalo di
Città del Messico.
28. Estratto dall’opuscolo edito dall’associazione
Paviainseriea di Pavia Notizie dal Chiapas: Visita
alla Giunta Del Buon Governo «Corazon Del Arcoiris
De Nuestra Esperanza» e al Municipio Autonomo di
1° de Enero di Valentina Negri e Marco Gastoni,
2003, disponibile su richiesta.
29. 1 Gennaio, in onore del 1 gennaio 1994 inizio della
rivolta zapatista.
30. Nei giorni successivi visitiamo le Comunità
di Patria Nueva, Nuevo Jerusalén e Tierra de Santa
Maria.
31. Gli zapatisti sono in maggioranza cattolici.
32. Si vedano, per esempio, i mai rispettati accordi di
San Andrés del 1996 tra EZLN, Governo Federale
e Congresso.
33. Molti compagni non capiscono e non parlano correttamente
lo spagnolo e si esprimono nella lingua madre di derivazione
maya.
34. L’appoggio politico alle strutture zapatiste
è limitato a pochi gemellaggi promossi da alcune
associazioni e Comuni in gran parte italiani. Per una
visione completa dei (purtroppo pochi) gemellaggi attivi
si veda il sito dell’ONG messicana Enlace Civil
http://www.enlacecivil.org.mx/.
35. Sappiamo bene quante contraddizioni e problematiche
si nascondano nel funzionamento delle politiche di aiuto
economico sviluppate da governi ed associazioni occidentali
nei paesi poveri.
36. Siamo a conoscenza che esistono relazioni tra alcune
organizzazioni libertarie e le comunità zapatiste
e questo appello è ovviamente rivolto a dare supporto
a tutte le iniziative impegnate nel Chiapas.
37. Eventuali aiuti che intendiate inviare in Chiapas
possono essere canalizzati attraverso la nostra associazione,
sul c/c 70475860173 ABI 03069 CAB 11333 (risparmiando
sui costi del bonifico bancario) oppure possono essere
inviati direttamente. Contattate Paviainseriea attraverso
il nostro sito internet http://www.paviainseriea.it
o la redazione di A
e vi forniremo tutti i dettagli su come procedere.
38. Ovvero appartenente al PRI.
39. «La Jornada» 10 dicembre 2003. |
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