Quattro conti.
Come ogni anno, al 30 novembre facciamo il punto della situazione
economica di «A» e cominciamo a stendere il bilancio,
che viene poi spedito ai diffusori e agli amici di «A».
Questo bilancio tiene conto sia della rivista sia delle altre
iniziative collaterali, che negli ultimi quattro anni sono state
soprattutto quelle legate a Fabrizio De André.
Nel 2003 abbiamo speso complessivamente 136.490,87 euro, a fronte
di entrate per 123.478,13 euro, con un passivo di 13.012,74
euro (corrispondente circa al 10% delle uscite). In compenso,
in magazzino abbiamo ora circa 6.000 copie del Dvd+libretto
«ma la divisa di un altro colore», sostanzialmente
già pagate dalle vendite nei primi sei mesi.
L’attivo nelle casse di «A», che a fine 2002
era di oltre 35.000 euro, si è ridotto ora a 22.046,37
euro.
Per farla breve, la rivista va abbastanza bene, con una leggera
tendenza all’aumento degli abbonamenti e delle copie vendute.
Mentre benissimo continuano ad andare le nostre 3
iniziative legate a De André, cioè il dossier
«Signora libertà, signorina anarchia» (uscito
nel 2000, ne abbiamo vendute finora 11.500 copie), il Cd+libretto
«ed avevamo gli occhi troppo belli» (2001, 17.000
copie vendute) e il Dvd+libretto «ma la divisa di un altro
colore» (2003, 4.000 copie vendute). Si consideri che
dall’uscita del dossier (nel marzo 2000) al 30 novembre
scorso, dalle 3 iniziative De André abbiamo complessivamente
incassato 228.000 euro, a fronte di una spesa di 132.000 euro,
con un utile di 96.000 euro, tutto finito nelle casse della
rivista.
Bene sta andando anche l’ultimo nato, il 2Cd «Mille
papaveri rossi», prodotto e edito dal nostro storico collaboratore
Marco Pandin, il cui ricavato (così come quello di tutta
la ‘Musica per A’, sempre curata da Marco) finisce
nelle nostre casse.
Aldilà dei dati economici, siamo pienamente soddisfatti
della rete di relazioni politiche e umane che siamo riusciti
a stabilire tramite la commercializzazione di questi prodotti,
che – lo sottolineiamo – sono tutti e tre «marchiati»
in copertina con la nostra «a» cerchiata e rientrano
in una operazione culturale tendente a evidenziare e a ricordare
la dimensione anarchica del cantautore genovese.
Non, dunque, un’operazione commerciale per fare soldi,
ma in prima battuta un’operazione culturale che ha permesso
a noi della redazione, e ai molti compagni che hanno creduto
nel nostro progetto, di allargare i nostri orizzonti, realizzando
tra l’altro iniziative pubbliche perlopiù coronate
da un’eccezionale affluenza di pubblico. Un successo nostro
che è al contempo un punto fermo per il nostro movimento,
tutto proiettato all’esterno.
Ne sono una conferma i molti abbonamenti sottoscritti da persone
che si sono avvicinate a noi inizialmente solo per l’acquisto
di un prodotto legato a De André. Ne è ulteriore
conferma la presenza ormai «istituzionale» dei nostri
prodotti nei principali siti di fan di De André come
in quello della Fondazione Fabrizio De André. Ne sono
definitiva conferma i numerosi messaggi di stima e simpatia
inviatici da sconosciuti acquirenti dei nostri prodotti, spesso
colpiti dalla profondità del legame culturale tra Fabrizio
e l’anarchismo.
Bombe e imbecilli. Mentre gli anarchici sono
impegnati nelle loro rispettive attività (sindacalismo
di base, attività culturali, partecipazione ai movimenti
anti-guerra, iniziative editoriali, ecc.), prosegue quotidianamente
sui mass-media lo stillicidio di notizie sui cosiddetti anarchici
insurrezionalisti (spesso sinteticamente definiti «gli
anarchici»).
Pacchi-bomba, petardi nei cassonetti, lettere intimidatorie
e simili strumenti fanno parte dell’armamentario di questi
(a volte un po’ fantomatici) «anarchici insurrezionalisti»,
che sono giunti ad utilizzare provocatoriamente l’acronimo
della Federazione Anarchica Italiana (FAI), a nome di una fantomatica
Federazione Anarchica Informale – e in questo numero pubblichiamo
la netta denuncia da parte degli anarchici
di Reggio Emilia che sono attualmente responsabili della
Commissione di Corrispondenza (una specie di «segreteria»)
della FAI. E la nostra rivista, che non ha mai fatto parte di
alcuna organizzazione anarchica (nemmeno della FAI, di sicuro
la principale tra queste organizzazioni), esprime la sua fraterna
solidarietà alla FAI, ricordando che alcuni dei propri
collaboratori (Antonio Cardella, Gianfranco Marelli, Maria Matteo,
Massimo Ortalli, Giorgio Sacchetti, Salvo Vaccaro, ecc.) e numerosi
compagni e gruppi diffusori di «A» appartengono
proprio alla FAI. Tra le molte cose che ci accomunano, vi è
il rigetto istintivo di qualsiasi «informalità»
e la rivendicazione piena di un impegno sociale svolto alla
luce del sole, nel solco di una tradizione più che secolare
che ha già fatto appieno i conti con l’uso scriteriato
della violenza individuale e non, presente in pochi (ma ben
strombazzati) episodi quasi tutti a cavallo tra ’800 e
’900. Interessante, in proposito, la lettura dello scritto
di Andrea Papi.
Gli anarchici – lo ripetiamo – lottano alla luce
del sole, organizzano scioperi, editano libri e giornali, si
battono per i diritti delle minoranze, propugnano l’autogestione
e fanno tante altre cose. I pacchi-bomba e i cassonetti della
spazzatura li lasciamo volentieri ai servizi segreti e agli
imbecilli che vogliano collaborare con loro, gratis o a pagamento
poco ci interessa.
Addio. È morto a Imola Cesare Fuochi,
partigiano combattente, militante anarchico, uomo integro e
buono. Lo ricorderemo sul prossimo numero.
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