Abel Paz (nome di battaglia di Diego Camacho) è
un militante anarchico molto noto anche fra i compagni in Italia.
A quindici anni prese parte alla rivoluzione spagnola del 1936,
trovandosi in un teatro così intenso come la città
di Barcellona dove si trovò quasi per gioco a difendere
la città dal sollevamento dei franchisti. Dopo questa
esperienza fondamentale, che lo ha condizionato per tutta la
vita, andò in esilio e a causa della sua resistenza antifranchista
dovette conoscere le carceri della dittatura spagnola. Si dedica
attivamente alla diffusione delle conoscenze sulla rivoluzione
spagnola attraverso la stesura di numerosi saggi, che hanno
conosciuto traduzione anche in italiano. Tra i suoi libri più
importanti ricordiamo la biografia Durruti e la Rivoluzione
spagnola a cura della Biblioteca Franco Serantini di Pisa, della
Zero in Condotta di Milano e della Fiaccola di Ragusa, che si
spinge molto più in la della semplice storia di vita
di un uomo per arrivare a fare un’ampia ed approfondita
panoramica sulla storia dell’anarchismo e della Rivoluzione
in Spagna.
A. F.
Le donne e l’anarchismo
Vorrei iniziare questa conferenza ringraziandovi per la vostra
presenza, e soprattutto le donne, che sono molto più
numerose degli uomini.
Non so come mai, ma alle donne interessa l’anarchismo
molto più che agli uomini e questo è molto importante
perché alla fine dei conti la donna è il motore
della storia.
Fino ad oggi la donna non ha contato molto nella storia, si
è arrivati perfino a credere che non avesse l’anima.
Nel Concilio di Trento, che avvenne nel mille cinquecento e
qualcosa, non ricordo più l’anno esatto, alcuni
dei cardinali che si trovavano in quel Concilio dissero: «Ma
come! Com’è possibile? Stiamo discutendo dell’anima
degli animali e ci dimentichiamo che esistono le donne!»
E allora uno di quei cardinali che si trovava lì disse:
«Sì, sì, io ho una governante che è
formidabile! Ma allora che facciamo, diamo anche alle donne
il titolo di essere umano?» «Sì, ma dobbiamo
porre una condizione: non si devono sentire libere. Per questo
dobbiamo fare in modo che il matrimonio debba essere quello
che finora non è stato, durante il Medio Evo. Durante
il Medio Evo infatti l’atto sessuale era un atto di solo
piacere, e questo piacere dal Concilio di Trento in avanti non
si deve neppure nominare. Bisogna stabilire una dipendenza tra
l’uomo e la donna, e che la donna accetti il principio
secondo cui lei non è altro che una macchina per la riproduzione
di esseri umani e l’uomo è il padrone di questa
macchina, ma sempre con la condizione che l’uomo capisca
che non deve trasformare la relazione tra l’uomo e la
sua donna come un atto di piacere, vale piuttosto il contrario».
«Ma non possiamo neanche dire che l’uomo deve smettere
di provare piacere, concetto chiamato dalla religione cattolica
lussuria». E allora l’altro cardinale disse: «E
allora, come facciamo a risolvere questo problema?». E
questo disse: «Beh, potremmo far nascere delle case con
prostitute, meretrici», ma a questo punto un altro cardinale
disse: «Ma le meretrici saranno solo le produttrici del
piacere dell’uomo! E la Chiesa che beneficio ne può
trarre da tutto questo?»
«Le tasse, è chiaro. Che ogni prostituta paghi
le tasse sul proprio lavoro».
Io sono convinto che la situazione della donna, nonostante quanto
si possa dire, continui ad essere la stessa. Il cambiamento
dipende da voi stesse perché non è permettendo
alle donne di andare a lavorare in fabbrica che le si concede
la libertà. Questa è una menzogna, si tratta piuttosto
di una doppia forma di schiavitù, quella della fabbrica,
più quella della casa, più le sfuriate del marito
che arriva tardi a casa, che tira due urli e lei è sempre
pronta a chiedergli scusa.
Ora mi hanno detto che nel campo della pubblicità qui
in Italia si sta arrivando al massimo della perversione, che
nelle vetrine mettono delle donne, ma delle donne vere, mentre
si stanno provando dei reggiseni. lo non capisco come facciano
le donne a non rompere quelle vetrine, e a bruciare quei centri
di perversione. Non so se tutto questo è vero, ma che
cavolo state facendo, donne! Dovete romperle quelle vetrine,
e non aspettate le manifestazioni per farlo!
Il Dario Fo dell’anarchia
Non so se tutto questo può valere come un’introduzione,
ma quello che volevo dire è che molte volte senza rendermene
conto inizio a parlare a ruota libera e poi parlo di tutt’altro
rispetto a ciò che mi ero preposto. Volevo chiedervi
se avete capito il contenuto del video. L’ho fatto interrompere
apposta, perché non sapevo se lo stavate capendo completamente
(1), se vi stancava, anche se in realtà
non mi sembrava. lo credo che tutto quello che avete visto è
il reale dramma della rivoluzione spagnola, si vede soprattutto
nella prima intervista che viene fatta a Durruti, nelle cui
risposte si trovano tutti i problemi della rivoluzione spagnola.
Spero che più o meno lo abbiate capito. Vi voglio dire
una cosa: se di tutto questo ne avete capito il trenta per cento
è già tanto, e se le immagini apportano un altro
dieci per cento, arriviamo al quaranta che è già
una percentuale importante.
Partendo da queste premesse e sperando di stancarmi e stancarvi
il meno possibile e di non dover ripetere quello che ha già
detto il video mi sembra quasi che potremmo iniziare, se vi
sembrano sufficienti le conoscenze che avete sulla rivoluzione
spagnola, o quello che avete visto.
Possiamo allora passare ad una seconda fase, chissà forse
la più produttiva e cercherò di essere il più
esplicito possibile. Vorrei che mi diceste i dubbi o le domande
che volete risolvere e chiarire così potremmo vedere
l’interesse di ognuno di voi sull’argomento, mi
potete fare delle domande, non importa se vi sembrano sciocche,
se posso vi rispondo, solo se posso, perché non sono
mica Dio! A proposito, sto cercando di affittare un vestito
da prete per usarlo nelle conferenze, che ve ne pare? Se lo
facessi i carabinieri pensate che direbbero qualcosa? Non sarebbe
bello fare un po’ di cagnara, vedere un processo giudiziario
ad un anarchico che si maschera da prete per fare una predica
sovversiva tra persone che non vogliono la sovversione, gente
tranquilla di questo mondo, nelle proprie casette, con le loro
macchine, e che né vogliono fare la rivoluzione né
tantomeno gli interessa... Perché se per caso commettessimo
l’errore di fare la rivoluzione sarebbe veramente tragico,
perché c’è gente che non vuole lavorare,
e se facessimo la rivoluzione penserebbero che è finito
il momento di lavorare. Ossia, ci sarà il grande miracolo,
le patate e i pomodori cresceranno da soli. Per questo bisogna
pensare, riflettere se stiamo bene in questo mondo e non dobbiamo
preoccuparci più di cambiarlo, se ci piace questo stato
di cose o se invece siamo ancora così pazzi da credere
che invece sì è possibile cambiarlo, e ci chiediamo
in cosa e come.
L’altro giorno mi ha detto un professore in una università
dove ero andato a tenere una conferenza, (e a me le università
non piacciono, qui è molto più bello, più
piacevole) (2): «Non capisco, lei
si è rivolto ora ai miei studenti e con lei li vedo ridere,
con me non è mai successo». «Forse succede
perché lei è una specie di rappresentante del
Vaticano, che li sta sempre minacciando con l’inferno.
lo sono una specie di Dario Fo dell’Anarchia che ride
di tutto, e alla fine riesco a contagiare tutti con la mia risata».
Le domande
Se c’è qualche compagno o compagna che vuole domandare
qualcosa e prendiamo finalmente l’argomento sul serio.
Là alla fine della stanza c’era una compagna che
mi diceva che aveva vergogna a fare domande di fronte a tutta
questa gente. Guarda bambina, facciamo così, mandiamo
via tutti quanti e rimaniamo tu ed io e facciamo l’amore.
A parte gli scherzi, pensa che non ci sia nessuno e domanda.
Dopo il 1937 quando avete dovuto stare a fianco dei
comunisti sapendo che stavate lottando per qualcosa che in realtà
non era più quello che volevate, che cosa avete provato
dentro di voi?
Io volevo fare la stessa domanda della ragazza. Uno
dei pochi aspetti che ho letto sulla guerra di Spagna è
stata la rivoluzione anarchica e anche io sono stato sorpreso
dal fatto che gli anarchici abbiano accettato di fare parte
di un governo dove c’era anche un partito comunista borghese.
Non capisco come è stato possibile che gente che rischiava
la propria vita al fronte per un ideale di libertà abbia
potuto cambiare tanto. Non riesco proprio a capirlo.
È normale che tu non lo capisca ed allo stesso tempo
è normale che nemmeno io lo capisca. Ci sono altre domande?
Per gli anarchici in generale c’è molta amarezza
per come è finita la guerra civile spagnola e la rivoluzione
perché si sa che alcuni militanti anarchici tra il 1936
e il 1939 parteciparono al governo come ministri (3).
È che per rispondere a questo tipo di domanda bisognerebbe
spiegare la storia di dieci anni prima. Ma andiamo avanti con
ordine. Ci sono alcune domande che io pensavo si potessero riunire
ma non è così. La prima questione è quella
che mi proponeva la compagna, come ci siamo sentiti quando abbiamo
dovuto lottare per qualcosa che già sapevamo non essere
quello che in realtà volevamo. Poi, in un secondo tempo,
quando i comunisti fecero chiudere le formazioni degli anarchici
e noi andammo a lottare con loro e sapevamo che non andavamo
a lottare per la rivoluzione ma per la controrivoluzione, i
nostri sentimenti, quali sono stati. Perché abbiamo continuato?
E sentendo cosa?
Guarda, compagna, io credo che della rivoluzione in generale
ci sia un’idea molto falsa e allo stesso tempo molto idilliaca.
La gente crede che la rivoluzione bisogna farla per vincerla.
Senza dubbio nella storia, con un po’ di conoscenze, si
sa che la rivoluzione, quello che si intende per rivoluzione,
non è altro che una serie di scazzottate in momenti determinati,
in cui non puoi fare altro che affrontare di petto quella determinata
situazione.
L’esempio della rivoluzione francese
Questo fu quello che avvenne in Francia nel 1789, quando scoppiò
la rivoluzione francese. La rivoluzione francese ebbe le sue
proprie caratteristiche in condizioni storiche determinate.
Si può notare che in tutte le rivoluzioni che sono avvenute
che c’è un primo periodo, che è il periodo
di tripudio, di festa, che è quando si rompono le catene,
e questo è un momento molto significativo. Ma quando
si scatena questo movimento rivoluzionario, immediatamente si
pone una questione: chi mette in moto questo movimento rivoluzionario?
È la classe lavoratrice o quella contadina in un determinato
momento, o bisogna invece considerare che all’interno
di questa rivoluzione c’è anche l’influenza
della classe che potremmo definire più o meno «illuminata»?
È in realtà questa la classe che si assume la
responsabilità di come indirizzare questo determinato
movimento. E in questo momento, se questa rivoluzione non ha
saputo o non è riuscita a contagiare le altre classi
o gli altri paesi, allora, tutto quello che hai ottenuto, (perché
si ottiene tutto nei primi quindici giorni), non vale molto,
è fine a se stesso. Se non riesci a contagiare il resto
dei paesi circostanti, le classi o le partì «illuminate»
di questa rivoluzione che si considerano la classe dirigente
non rompono con la rivoluzione ma capiscono che bisogna difenderne
le conquiste. C’è quindi un periodo di flusso che
è quello che dà il primo impulso a questa rivoluzione
e un periodo di riflusso che è il momento in cui questa
rivoluzione cerca di conservare le conquiste ottenute.
E senza neanche volerlo, siccome si è già trasformata
in una rivoluzione conservatrice, devono iniziare a ricostruire
la società che si è appena cercato di abbattere
e si ricostruirà, entra in funzione quello che potremmo
chiamare la controrivoluzione, la lotta tra i rivoluzionari,
quelli che non sono disposti a rinunciare e che all’interno
del proprio concetto rivoluzionario vogliono portare questa
rivoluzione più lontano, e quelli che allo stesso tempo
inciampano nelle difficoltà, che credono che la rivoluzione
si sia esaurita, e bisogna difendere allora quello che si è
ottenuto.
Per questo, durante tutto il processo della rivoluzione francese,
in cui potevamo considerare Robespierre come il rappresentante
della dittatura di segno proletario è quello che finisce
per essere una vittima di quello stesso movimento e lascia libero
il campo (come in realtà è già) a Bonaparte
che è quello che finirà per instaurare la vera
dittatura, perché vuole espandere la rivoluzione francese
a tutta l’Europa, ma in un modo ormai diverso,. come impero,
è la Francia che vuole dominare l’Europa in nome
dei principi della Rivoluzione Francese, che ormai però
non ha più nulla di rivoluzionario.
Questo concetto che sto sviluppando può essere perfettamente
applicato alla Rivoluzione Russa, e ne sono le caratteristiche
dominanti. Alla fine infatti risultano trionfare i rivoluzioni,
ma hanno successo solo per la classe dominante, ma è
la classe operaia la vera perdente. In Russia furono i bolscevichi
quelli che vinsero la Rivoluzione e i lavoratori russi quelli
che la persero.
In pratica ci sono vittorie che sono sconfitte e sconfitte che
sono vittorie, come ad esempio nella Comune di Parigi e la rivoluzione
spagnola, che almeno non finiscono in una dittatura nelle mani
dei gruppi che intervengono in prima persona nella difesa della
rivoluzione.
Né il partito comunista, né il partito socialista
nel caso spagnolo riuscirono a massacrare completamente gli
anarchici, né gli anarchici ebbero la pretesa di eliminare
i comunisti e i socialisti in vista di instaurare una fantomatica
dittatura anarchica. Potremmo dire che le forze dominanti all’interno
di quel processo rivoluzionario sono più o meno equilibrate
e hanno creato una situazione in cui la Spagna non può
essere più la Spagna di prima, perché i lavoratori
hanno in mano le fabbriche, hanno i fucili e non sono disposti
a rinunciare a tutto questo.
Lo Stato cerca di ricostruirsi, ma non può farlo, nonostante
tutti gli sforzi che vengono fatti non ci si riesce più,
perché queste forze sono ormai in una lotta costante
e questo è visto dal punto di vista interiore della Spagna.
Ma non c’è nessun conflitto rivoluzionario che
può essere considerato come una cosa autonoma dal resto
del processo internazionale, come nel caso del Cile. Se Allende
avesse armato i lavoratori il destino del Cile non sarebbe stato
quello che gli è toccato. Io non voglio dire che avrebbe
trionfato la rivoluzione, ma forse quello che noi non siamo
riusciti ad ottenere in Spagna...
(Parte della registrazione è andata persa. Ritengo
che Abel Paz dopo aver parlato per poco della condizione del
Cile, abbia iniziato a spiegare il sollevamento dei militari
nel luglio del ’36 a Barcellona)
La rivoluzione spagnola
Quando nel luglio del 1936 iniziò il sollevamento, a
Barcellona ci comportammo in un modo molto determinato. Lasciavamo
avanzare i ribelli, e quando erano già avanzati abbastanza
e dietro di loro c’erano i lavoratori, si tiravano su
le barricate e con le quattro armi che avevamo li provocavamo.
Tra di loro c’erano i militari, che non potevano né
avanzare né retrocedere. Quando finivano tutta la polvere
da sparo che avevano, non potevano fare altro che arrendersi
e inoltre man mano che i soldati si rendevano conto che li stavano
ingannando se ne andavano volontariamente.
Era un esercito di trenta o quaranta mila persone, (in realtà
non si è mai riusciti a capire quanti fossero), che parti
con i propri cannoni, con le mitragliatrici alle cinque di mattina,
ed alle dieci aveva perso tutto, gli erano stati tolti i camion,
con dentro le mitragliatrici. Alle due del pomeriggio, quell’esercito
non può fare altro che arrendersi.
Io non conosco un altro caso come questo nella storia, un popolo
che ferma un sollevamento fascista, gli aneddoti che posso raccontarvi
sono moltissimi.
Quando il popolo catalano, il popolo di Barcellona, che erano
tutti anarchici, e c’era di tutto fra di noi, i ladri,
le prostitute, tutti avevano preso parte alla lotta, all’assalto
delle caserme, i fucili passavano di mano in mano, e ne ho visto
passare fra le nostre mani quaranta o cinquanta mila che non
si potevano più controllare. Inoltre, quando hai preso
parte ad una lotta di questo tipo e con un fucile in mano qualcuno
ti chiede chi sei, tu gli spari, perché la situazione
è calda, è troppo calda, non ti puoi più
fidare. Il sollevamento militare iniziò il diciannove
luglio, alle cinque di mattina.
Il sabato, io mi trovavo li, avevo quindici anni, ero un ragazzino,
ma ero li, e non ero solo, eravamo in tantissimi. 115 anni di
allora non sono quelli di oggi. 1 ragazzi di quindici anni ora
sono stufi di mangiare cioccolato, e noi non sapevamo neppure
cosa fosse il cioccolato, siamo diventati grandi prima di essere
ragazzi, ci trovavamo dentro ad una lotta sociale come se fosse
tutto un gioco, potremmo dire così, senza esagerare.
La gente si chiedeva: abbiamo fatto fronte all’esercito
per difendere una Repubblica, ma anche con la Repubblica non
stavamo bene, ma vivevamo meglio che sotto il fascismo, e per
questo bisognava difendere la Repubblica.
Ma una volta che la gente ha le armi in mano, che ha la forza,
e alle cinque di mattina non l’aveva, ma alle dieci o
alle undici sì, allora lì, in quel momento, la
Repubblica scompare, l’idea della Repubblica scompare.
Ci si dice che se è da sempre che si lotta per fare la
rivoluzione ora che si hanno le armi in mano bisogna farla,
e la facciamo. Le fabbriche vengono collettivizzate, l’impresa
telefonica, che è della ITT americana, viene confiscata.
Le compagnie ferroviarie che sono di proprietà francese,
subiscono lo stesso destino. (...)
In Spagna il 45% dell’economia più importante era
straniero, e noi che allora potevamo confiscare, dovevamo prendere
fra le nostre mani le forze essenziali di ricchezza. Ma qui
si trova il vero problema della rivoluzione spagnola, perché
la nostra rivoluzione rimane in questo modo circoscritta ai
soli confini spagnoli.
La situazione internazionale è quello che determina il
destino della Spagna. C’è qualche matto trotzkista
che parlava per parlare, chiedendosi perché gli anarchici
che erano i padroni della situazione non ne abbiano approfittato
per prendere il potere. Il motivo è facile, perché
non ne avevamo voglia, perché non volevamo! Noi il diciannove
ed il venti luglio potevamo prendere il potere, avevamo la forza
per farlo. Ma se avessimo preso il potere, instaurando la nostra
dittatura, saremmo stati davvero migliori dittatori degli altri?
Avremmo dovuto eliminare quei pochi comunisti che c’erano,
ma questo non era un problema per l’anarchismo. Il problema
è nella democrazia diretta, rispettare le minoranze,
e rendere tollerante una società di maggioranze e minoranze,
quindi si organizzarono organismi rivoluzionari secondo il potenziale
delle assemblee, e le assemblee nominavano un comunista, nominavano
un socialista, nominavano un anarchico, ma c’era alla
base un programma pratico. Se quello di cui si aveva bisogno
era fare scuole bisognava fare scuole, lì non c’era
un programma del fronte popolare, c’erano necessità
perentorie che bisognava risolvere e se questo voleva dire che
tu ed una persona di un partito diverso dal tuo vi trovavate
di fronte ad una situazione reale, le idee sparivano e rimanevano
le necessità.
Questo è come noi intendevamo il problema e così
è come lo abbiamo considerato fino al settembre del ’36,
quindi nei tre mesi di luglio, agosto e settembre. Cosa c’era
intanto attorno alla Spagna?
C’era la Francia, la Francia che temeva la Germania, la
Germania, l’Italia, il Portogallo e un po’ più
in là, la Russia. Poi, a nord, nel mare, l’Inghilterra.
Gli interessi del capitalismo francese, della borghesia francese,
come quelli della borghesia inglese, stavano intanto facendo
pressioni sui propri governi. Quando viene posto il problema
della Repubblica si propone una questione fra gli anarchici:
se facciamo sparire il governo repubblicano, il governo che
ha intanto costituito Franco, diventerà di fronte alla
Società delle Nazioni, tanto illegittimo quanto questo
nuovo governo che noi dovremmo costituire, mentre il governo
repubblicano è un organo legale ed è legittimamente
rappresentato alla Società delle Nazioni. Per questo
si decide di appoggiare ufficialmente quel governo, per questo
lo si sostiene.
Organismi popolari
Ma ci sono una serie di organismi rivoluzionari all’interno
del paese in cui sono scomparsi i municipi, sono scomparse le
deputazioni, sono scomparsi una serie di organismi ufficiali
che sono stati sostituiti da organismi popolari, e l’unica
cosa che rimane alla vista dell’opinione internazionale
è il governo come istituzione.
Molti si chiedono perché non abbiamo eliminato il governo.
La risposta è proprio in quello che vi sto ora spiegando,
perché se avessimo fatto scomparire il governo repubblicano
il poco carattere legale che ci rimaneva lo avremmo cancellato.
Il governo repubblicano il diciannove luglio aveva già
posto il problema della vendita delle armi da parte della Francia
alla Repubblica spagnola, commercio legittimo tra i due governi.
Ma il governo francese inizia a subire le forti pressioni della
borghesia francese che lo porta a rifiutare di vendere queste
armi con la scusa della presenza dei comunisti in Spagna. Stavano
speculando con il comunismo quando non c’era in realtà
nessun pericolo comunista, ma nelle condizioni del ’36
la rivoluzione russa era ancora molto vicina, e isolata. La
paura della borghesia inglese e francese era che in qualunque
momento si potesse verificare in qualsiasi paese qualcosa di
simile a quello che avevano fatto i comunisti in Russia, e la
vicinanza della Spagna costituiva quindi per loro un rischio
molto concreto.
Gli anarchici sono un qualcosa difficile da classificare, l’idea
che la borghesia ha degli anarchici è che sono quattro
matti, che non fanno altro che rapine. Non viene attribuita
al movimento anarchico una forza organizzativa perché
ignorano perfino quello che è la Spagna, sono talmente
ignoranti da non sapere che in Spagna non c’è il
comunismo, c’è l’anarchismo.
Sotto le pressioni di Leon Blum, che è un socialista,
socialdemocratico, che in quel momento dirige il Fronte Popolare,
il capo di quel governo, si decide che si vuole aiutare la Repubblica.
Io voglio credere che fosse sincero nel volerlo, ma la borghesia
francese gli risponde che se appoggia quella repubblica comunista
avrebbe aperto le porte a Hitler, perché preferivano
Hitler a Stalin, l’idea dello stalinismo era un’altra
cosa, la borghesia vedeva Stalin con un coltello fra i denti.
Per salvare la situazione si creò quello che venne chiamato
il Comitato del Non Intervento, nasce in Francia, tra il governo
francese e quello inglese. Il loro proposito era quello di dover
convincere ad entrare nel Patto anche i capi della Germania
e dell’Italia, Hitler e Mussolini. Ma Mussolini già
dal 19 luglio stava mandando aerei, stava attivamente intervenendo,
e Hitler anche stava appoggiando Franco. I francesi e gli inglesi,
a questo punto, per paura che scoppiasse una guerra europea,
(e il timore era reale, una guerra europea avrebbe potuto verificarsi),
cercano di muoversi in un modo che avrebbe potuto tutelarli.
Gli inglesi cercano di fare un accordo con Mussolini, perché
non bisogna dimenticare che nel novembre del `35 Mussolini aveva
invaso l’Abissinia, e gli inglesi avevano fatto finta
di niente. Mussolini stava prendendo forza, in quel momento
era quello che dominava il Mediterraneo.
Nel Mediterraneo in quei momenti era la rotta inglese del petrolio
che passava attraverso il canale di Suez fino a Gibilterra ma
che prima doveva passare per Maiorca, per le Baleari, cosa che
le era già stata concessa da Franco.
Le Baleari in un certo modo annullavano l’isola di Malta
e Alessandria, basi inglesi.
In quel momento il padrone del Mediterraneo era Mussolini, ma
dall’altro lato ci sono le isole Canarie. Vi sto parlando
di tematiche internazionali perché la Spagna è
una questione globale e questo ci può far capire l’isolamento
che abbiamo sofferto. In queste condizioni Hitler e Mussolini
si impegnano ad intervenire, a prendere formalmente parte al
Comitato del Non Intervento, e alla fine anche Stalin accetta
di farne parte.
L’accordo che venne preso consisteva nel cercare di isolare
il conflitto spagnolo perché non avesse nessuna ripercussione
europea e che tutto venisse circoscritto agli spagnoli, anche
se il prezzo sarebbe stato sgozzarci l’uno con l’altro.
Eppure Mussolini continuava a mandare uomini ed armamenti, Hitler
continuava a mandare aerei e tecnici, e se noi chiedevamo ai
francesi di poter comprare delle armi loro non ce le davano,
e gli inglesi facevano la stessa cosa, tutelati dal Patto del
Non Intervento. Però gli inglesi stavano intanto mandando
il petrolio a Franco. Noi spagnoli abbiamo commesso un grave
errore: volevamo una rivoluzione libertaria e questo è
terribile.
Durruti lo dice nell’intervista che abbiamo appena visto:
Chi può aiutare una rivoluzione libertaria? Solo il proletariato.
E ora vediamo in quali situazione si trovava il proletariato.
Tutto questo succedeva nell’agosto del ’36. Avevamo
fatto molti sforzi per mandare i migliori militanti in Francia,
i migliori oratori affinché venisse illustrato ai lavoratori
francesi e a quelli inglesi il progetto della rivoluzione; ma
ormai la maggior parte di loro era d’accordo che non si
poteva più aiutare la Spagna perché altrimenti
si sarebbe verificato un conflitto internazionale.
E quindi il conflitto spagnolo lo dovevano risolvere gli spagnoli
fra di loro, ma noi lo risolvemmo difendendoci come ci difendevamo,
con le armi in mano, ed anche senza armi, mentre gli altri si
stavano tutti armando fin a denti. Ci trovavamo fra l’incudine
e il martello. E così arrivammo al mese di settembre.
Quasi tutti gli storici stanno cercando di ingannarci con quello
che scrivono, perché di tutto quello che sto raccontando
non ne parlano, non parlano di quello che successe durante i
primi sei mesi della nostra guerra. Parlano del dopo, per questo
i professori universitari sono contenti che gente come me, con
la lucidità per difendere la nostra causa ancora sessant’anni
dopo, ne rimanga poca.
Fino a settembre Stalin non intervenne. Aveva paura di Hitler
e gli interessava di più venire a un’intesa con
Hitler che a difendere la Repubblica, perché lui sapeva
che in Spagna il partito Comunista non aveva nessuna forza,
ma in settembre avvenne un evento di rilevante importanza.
Le collettività operaie, le milizie operaie, i sindacati,
tutta quella situazione rivoluzionaria convulsiva internazionale
aveva assunto delle dimensioni ormai imponenti. Inoltre i disperati
della storia, quegli operai tedeschi sconfitti, traditi dalla
socialdemocrazia, o gli italiani esiliati che si trovano nelle
stesse condizioni, che non hanno rinunciato alle loro idee socialiste
o anarchiche, tutta questa gente divisa in diversi paesi all’interno
dei partiti comunisti dell’area borghese iniziarono a
protestare. Si chiedevano come poteva essere possibile che la
patria del proletariato stesse letteralmente abbandonando una
rivoluzione come quella spagnola. Non riuscivano a crederci.
Stalin si vide allora obbligato a inventare una maniera per
eliminare tutte queste proteste: le Brigate Internazionali,
composte da tutti questi sinceri rivoluzionari furono una risposta
alle proteste internazionali. Molti di loro si sacrificheranno
per la Spagna, e andarono incoscienti a morire per Togliatti
e per altri comunisti come Vidali, che si erano incaricati in
realtà di eliminare la parte più sovversiva di
questi proletari.
Inoltre rimane da risolvere il grande problema delle armi, e
Stalin arrivò ad una decisione verso la fine del mese
di settembre. Pensò che avrebbe potuto essere un buon
affare riuscire a mandare alla Repubblica tutte le armi che
non valevano più a nulla, ma facendogliele pagare in
anticipo.
Si stabilì quindi un accordo tra il governo repubblicano
e la Russia secondo cui i russi si impegnavano a mandare carri
armati, aerei, a condizione che il governo repubblicano avesse
loro anticipato il costo di tutto questo materiale. Il costo
era più della metà del tesoro in oro, 5.400 tonnellate
di oro, che partirono il 25 di ottobre del 1936 e che arrivarono
indisturbate ad Odessa.
Ma pensate ad una cosa: queste barche partirono da Cartagena,
dovevano risalire tutto il Mediterraneo, passare di fronte alle
isole Baleari, passare davanti all’Italia per entrare
nel Bosforo ed arrivare ad Odessa e nessuna di quelle barche
italiane che i servizi segreti italiani avevano, nessuna di
queste barche intervenne per fermarli.
Quindi è più che esplicita la complicità,
il gioco fra la Russia, Hitler, Mussolini ed il resto, e noi,
popolo spagnolo, eravamo solamente delle vittime all’interno
di questo gioco.
Quando arrivò il tesoro ad Odessa la Russia iniziò
a mandare le armi, che per noi erano necessarie, importanti
soprattutto perché in quel momento Madrid era circondata
dai fascisti, ma stava iniziando la grande campagna del partito
comunista. Nelle conferenze dicevano: «Vedete, gli anarchici
vi stanno promettendo l’utopia, la collettivizzazione
delle fabbriche, della terra, ma le armi siamo noi, è
grazie alle armi della Russia che noi tutti possiamo difenderci!»
«L’importante è vincere la guerra e lasciare
la rivoluzione da parte!», e quindi come conseguenza di
questo, la gente iniziava a riflettere in una determinata maniera
pensava che questo poteva essere vero, ed inoltre il bisogno
delle armi era davvero molto forte. In quel momento non venne
mai detto che il governo repubblicano aveva pagato le armi con
l’oro, questo venne presentato come un atto di generosità
della grande Russia che ci aveva regalato le armi per difenderci.
Il partito dell’ordine
In quel momento tutte le persone che non avevano ancora assunto
una posizione ben precisa, siccome in Spagna il Partito Comunista
si presentava come il partito dell’ordine, iniziarono
a pensare che le collettività erano state un errore economico,
che la proprietà doveva continuare a restare nelle mani
degli antichi proprietari. Pensavano che non volevano la rivoluzione,
che quello che volevano era in realtà l’ordine
repubblicano, in quanto stavano difendendo la Repubblica, e
la Russia era con loro.
I proprietari a cui era stata tolta la terra diventarono subito,
evidentemente, comunisti, e anche quelli a cui erano state tolte
le fabbriche, perché per il partito dell’ordine
i rivoluzionari sembravano degli squilibrati senza controllo.
Sembrava volessero dimenticare in quel momento che gli anarchici
erano stati quelli che avevano messo in piedi una Spagna unita
e che i miliziani che erano partiti nel luglio per l’Aragona,
per far fronte ai franchisti, ora venivano chiamati banditi,
si diceva che avevano tolto la terra ai contadini, che non avevano
fatto la guerra, che non avevano fatto assolutamente nulla.
Si creò pertanto una situazione kafkiana, i comunisti
si stavano mettendo nell’esercito da ogni parte, noi anarchici
volevamo mantenere le nostre milizie, ma le milizie non ricevevano
nessuna arma, tutte le armi erano destinate agli elementi del
partito comunista.
II dilemma che nasce fra gli anarchici è scegliere tra
un colpo di forza che avrebbe fatto finire la guerra (chissà,
forse sarebbe stato meglio) e Franco, vittorioso sarebbe andato
subito al potere o cercare politicamente di neutralizzare tutto
questo. Questa fu la linea che venne approvata nel novembre
dei 1936.
Per questo la CNT ebbe 4 ministri, solo per questo motivo, non
perché noi rinunciammo all’anarchismo, ma perché
fu la situazione politica ad imporlo.
Io in quell’epoca avevo quindici anni, ero contrario a
questa scelta e mi chiedevo come poteva essere possibile avere
dei ministri anarchici, lo consideravo un tradimento! Ma allora
avevo quindici anni, ora ne ho 78, è diverso. Ora ho
letto moltissime cose, e so molto di più di quello che
sapevo allora, ho visto tutti gli errori che abbiamo commesso,
e per essere sinceri siamo stati obbligati a commetterli perché
sono state le circostanze a portarci in questa condizione.
Nonostante tutto, i comunisti non ci massacrarono come in Russia,
non ci massacrarono come in Germania, o in Bulgaria o in qualsiasi
paese in cui il partito comunista è andato al potere,
perché dovunque questo si è verificato il primo
pensiero che ha avuto è stato quello di massacrare gli
anarchici e non i borghesi.
Ma noi in Spagna siamo riusciti ad essere forti di fronte agli
uni e agli altri, e a mantenerci anarchici.
È evidente che Franco ha vinto la guerra. E alla fine
dei conti fu normale che succedesse perché in quel momento
la borghesia spagnola quelli che metteva in carcere e che fucilava
erano gli anarchici. Franco invece fu più «imparziale».
Disse che aveva intenzione di fare il fronte popolare della
morte: socialisti, comunisti, anarchici, repubblicani, fucilati
tutti insieme senza distinzione.
E in un certo modo penso che sia stato giusto così perché
sarebbe stato tragico se avesse ammazzato solo gli anarchici,
anche se ne ammazzò molti, perché bisogna ricordarlo,
ma naturalmente caddero anche i comunisti, i socialisti, caddero
tutti.
In linea generale è un processo molto difficile e importante
in cui sessant’anni dopo bisogna riflettere molto e bisogna
sapere quello che si chiede perché la riflessione ci
può portare per lo meno e prepararci in modo che la prossima
volta non si rischi di commettere gli stessi errori.
Bisogna sempre tenere presente quanto è accaduto nel
1936: il proletariato era drogato dalla socialdemocrazia e cloroformizzato
dallo stalinismo, dall’altra parte era invece oppresso
da Mussolini, e dall’altro ancora da Hitler. Quale proletariato
poteva accorrere in nostro aiuto? Ma il capitalismo internazionale
sì poteva venire a fotterci, e in effetti non perse l’occasione
di farlo.
Se si tiene in considerazione che sulla rivoluzione spagnola
sono stati scritti un sacco di libri più che sulla seconda
guerra mondiale questo già dice molte cose. E per quale
motivo? Ce n’è uno solo: perché almeno per
una volta nella storia gli anarchici intervennero in un conflitto
di carattere nazionale e internazionale, e misero in pratica
le loro idee, e contro il vento e la tempesta dimostrarono che
il collettivismo e la società senza classe possono esistere,
e che non è più l’idea di quattro matti
che non sanno dove andare, ma di militanti che hanno una capacità
politica e creativa che si dimostra attraverso il loro intervento
nella rivoluzione spagnola. E che non sono quattro comunità
di tre matti, che stiamo parlando di tutta l’Aragona,
con un milione di abitanti, con 450 comunità che si reggono
con l’autonomismo ed il federalismo che viene poi portato
a Valenza e in Catalogna e per più di un anno la gente
non muore di fame, e tutto funziona bene, e ogni cosa migliora,
e inoltre migliora l’insegnamento, la sanità, le
relazioni umane.
Non è la società perfetta, perché la società
perfetta non si realizzerà mai, perché dietro
all’idea ci sono sempre altre idee e l’utopia è
inaccessibile perché è eterna, è la rivoluzione
permanente. Ma noi abbiamo contribuito a dimostrare che il capitalismo
nonostante sembra si mantenga ben saldo con tutte le forze,
che ha e che ha avuto, stava e sta in realtà sprofondando.
Arianna Fiore
Note:
1. Il video era in lingua spagnola senza sottotitoli, per
questo Abel Paz non era sicuro che il pubblico lo stesse
capendo.
2. Abel Paz si sta riferendo alla biblioteca libertaria
Francisco Ferrer, sita in piazza Embriaci a Genova.
3. Durante la guerra civile spagnola furono ben quattro
gli anarchici che accettarono un ministero al governo. Nella
Generalitat Catalana García Birlán venne nominato
responsabile della Sanità e dell’Assistenza
Sociale, Juan Fábregas passò ad occuparsi
del Ministero dell’Economia. Federica Montseny fu
ministro della Sanità nella Repubblica Spagnola fino
al 1937, e García Oliver era il ministro della Giustizia. |
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