«La sessualità viene allora accuratamente
rinchiusa. Mette casa. La famiglia coniugale la confisca e l’assorbe
tutta nella serietà della funzione riproduttiva. La coppia,
legittima e procreatrice, detta legge; s’impone come modello,
rende efficace la norma, detiene la verità, conserva
il diritto di parlare riservandosi la prerogativa del segreto.
(...)
E ciò che è sterile, se insiste e si mostra troppo
si trasforma in anormale: ne riceverà lo statuto e dovrà
pagarne le sanzioni» (2).
Michel Foucault
Noialtri vittoriani.
Così inizia la storia della sessualità di Michel
Foucault, e noi vittoriani lo siamo ritornati davvero, per mano
dei legislatori, di un parlamento che ha approvato dopo un iter
lunghissimo, la legge sulla procreazione medicalmente assistita
nel dicembre del 2003. La visione del mondo secondo cui la riproduzione
è procreazione ovvero creazione in funzione di qualcos’altro
sia dal punto di vista simbolico sia dal punto di vista fisico
e corporeo, per cui i figli si fanno in virtù di qualcosa
che trascende il consorzio umano, una visione del mondo rigidamente
religiosa e creazionista, ha determinato le linee della nuova
legge, a partire dal nome: «Norme in materia di procreazione
assistita».
Le tecniche di fecondazione assistita dal 1978 ad oggi hanno
aiutato qualche centinaia di migliaia di bambini a nascere,
figli di persone con problemi di sterilità appartenenti
al primo mondo. Queste pratiche sono comunque regolate da limitazioni
tecniche e scientifiche e da disposizioni deontologiche per
cui è lecito domandarsi il perché di tanto accanimento
per far approvare una legge che, invece di controllare con maggiore
cura l’operato dei centri che si occupano di questi interventi
in Italia (così come accade in Francia dove c’è
una legge dal 1994), va a colpire direttamente i soggetti che
intendono accedere alle tecniche di fecondazione assistita.
Da indagini dell’Istituto Superiore di Sanità (3)
emerge che la situazione nel nostro paese non era fuori controllo
ma anzi che i rapporti con i Centri erano stati istituiti già
da anni. Anzi, una discussa circolare del Ministro della Sanità
on. Degan (1985) che restringeva l’accesso alle tecniche
omologhe solo alle strutture pubbliche mentre lasciava la possibilità
di quelle eterologhe alle strutture private, circolare non ovunque
recepita a livello territoriale, già forniva maggiore
opportunità al libero mercato penalizzando il servizio
pubblico. Ora si apre alla migliore offerta sul libero mercato
dell’Europa unita visto che l’Italia nazionalista
e purista intende attenersi alla omologia (4),
e anche alla sterilità in alcuni casi, della famiglia
eterosessuale. Non crediamo che la fecondazione artificiale
sia una passeggiata che ciascuno vuole compiere amabilmente
cercando un figlio su misura. L’invasività delle
tecniche sul corpo della donna e sulla psicologia della donna
e del suo compagno sono sottovalutate, o solamente ignorate
nel nostro immaginario per cui il bello è che sembra
che si possa avere un figlio su ordinazione, mentre su ordinazione
non c’è niente se non una trafila estenuante e
la speranza di riuscire ad avere una gravidanza anche dopo anni
di attesa. Perché questa legge?
Spiegazioni nascoste
Cerchiamo di analizzare, decostruire alcuni punti nevralgici
del testo approvato per poter risalire a spiegazioni nascoste,
quasi sepolte sotto l’apparente naturalità della
piana e sterile sintassi del legislatore. Tra le finalità
della legge vi è quella di assicurare diritti a tutti
i «soggetti coinvolti, compreso il concepito».
Nell’articolo 5 in cui si esplicano i «Requisiti
soggettivi» di chi potrà accedere alle tecniche
si parla espressamente e solo di «coppie di maggiorenni
di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente
fertile, entrambi viventi». Chi sono i soggetti a
cui questa legge assicura i diritti? Un soggetto che non è
un soggetto individuale, ma una coppia, da un lato e dall’altro
un soggetto che non è tale, che non ha una sua materialità,
un soggetto che non parla, che non si muove, che solo dispute
teologiche possono decidere quando diviene soggetto, se ora
o tra mezz’ora o quattro giorni. Questa legge detta le
disposizioni di diritto in cui devono avvenire una serie di
operazioni molto materiali, che hanno a che fare con i corpi
fisici e con la fisiologia e la psicologia di soggetti capaci
giuridicamente e dotati di diritti civili, ma che al momento
di sottoporsi a queste tecniche per lo Stato italiano spariscono
nella loro individualità e materialità in favore
di qualcosa che trascende la loro vita individuale e la loro
libera scelta.
Se la sterilità è riconosciuta dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità come malattia che colpisce uomini
e donne, perché la possibilità di fare figli con
aiuto esterno viene data alla coppia e non ai singoli affetti
da questa malattia, ed è la coppia che deve essere soggetto
titolare di diritto in questo ambito di intervento medico? Infatti
sia uomini che donne non sono quasi mai nominati nel testo,
in particolare la donna – sul corpo della quale avviene
la quasi totalità delle pratiche connesse alla riproduzione
assistita – non viene mai presa in considerazione prima
del Capo VI dedicato alle «Misure di tutela dell’embrione»
il cui articolo 14 tratta dei «Limiti all’applicazione
delle tecniche sugli embrioni». A questo punto risultava
difficile non nominare la donna e allora i parchi legislatori
si limitano a prenderla in considerazione, ma come? Le tecniche
sono rivolte ad un corpo dal quale occorre prendere gli ovociti,
dopo averlo sottoposto a dovute stimolazioni ormonali, ma gli
ovociti che devono essere fecondati non possono essere più
di tre perché poi gli embrioni non siano più di
tre, ma non tutti gli ovociti sono uguali e adatti alla fecondazione,
come non tutte le cellule che si aggregano in vitro sono di
qualità tale da sviluppare un embrione. Inoltre non tutti
i cosiddetti embrioni sono di buona qualità per annidarsi
nell’utero (la percentuale di successo è al 24%
ora che la legge non è ancora applicata, tenderà
probabilmente a scendere viste le limitazioni). I vincoli posti
da questa legge sono sulla gestione del corpo della donna che
viene scomposto, destrutturato in organi atti alla riproduzione,
mentre di lei come soggetto – che è il corpo di
cui si tratta – il testo tratta solo per chiarire che
il trasferimento contemporaneo degli embrioni nell’utero
può essere bloccato solo a causa di «grave
e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di
salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione».
Ma se la fecondazione avviene esternamente al corpo della donna
e in vitro, quando dovrebbe essere previsto il suo stato di
salute? E si può parlare di salute in relazione ad una
persona che viene bombardata da cicli ormonali e che è
esasperata psicologicamente dalla lunga trafila in cui si esplica
la medicalizzazione riproduttiva del suo corpo?
Corpo oggettivato
Chi deve documentare lo stato di salute della donna è
il medico. Ed è il medico che deve decidere della salute
della donna per il reimpianto degli embrioni, che non possono
essere crioconservati. Tutto si gioca su un corpo che è
oggettivato, che non ha la dignità di un soggetto che
può mantenere la libertà di scelta, quella che
gli è propria in altri settori della vita. Ma perché?
È lecito a questo proposito non scandalizzarsi o reclinare
il capo ma cercare una spiegazione che si trova nella secolare
espressione della biopolitica, di quella serie di provvedimenti
che vengono a rispondere alla necessità di avere ed esercitare
potere sulla gestione della vita individuale e sociale. Il concetto
di biopolitica è stato sviluppato da Michel Foucault
e precisamente spiega il cambiamento di prospettiva epistemologica
che avviene nel XVIII secolo quando al potere sovrano che decide
quando il suddito deve morire, che ha il privilegio di dare
la morte, si sostituisce una organizzazione di politiche atte
alla gestione della vita sociale ma anche individuale (in questo
periodo si organizzano gli ospedali e nasce la scientificità
della classificazione, della distribuzione dei soggetti, della
loro impiegabilità disciplinata nel sociale). Lo Stato
borghese ha avuto un grande ruolo nello sviluppo delle politiche
rivolte alla gestione della vita, e la questione della riproduzione
della vita è sempre stata un punto focale di questo settore
della politica. Non limitiamoci a pensare che questa legge sia
solo uno degli esempi di biopolitica mettendoci il cuore in
pace, infatti si farebbe un errore di miopia. Occorre invece
fare uno sforzo per approfondire la questione e chiedersi perché
proprio un settore così marginale come la fecondazione
assistita meriti per il nostro parlamento una legge così,
invece di regolamenti specifici più tecnici e per gli
addetti ai lavori, proprio quelli che mancano a questo testo
troppo generalizzato per alcuni aspetti e molto rigido per altri.
Infatti la posta in gioco non è tanto la fecondazione
assistita quanto il dare una chiara indicazione di disciplina
dei corpi, di negazione della soggettività politica e
giuridica dei cittadini e di mettere ancora una volta sotto
scacco le donne e le loro libertà. La potenzialità
di creazione delle donne è ancora il cruccio di tutte
le ramificazioni del patriarcato, da quelle cattoliche integraliste
che mirano a sottomettere la soggettività della donna
alla potenza creatrice di una divinità che trascende
l’umana vita, a quelle scientifico-mediche che ancora
non hanno la possibilità di accaparrare dal corpo della
donna, fatto a pezzi dall’immaginario e dalla pratica
medica, il donare la vita.
Teratologia scientifica
Una espressione privilegiata della biopolitica è stata
sin dal XVIII secolo la creazione di un potere/sapere medico
e giuridico che investe il corpo femminile riproduttivo per
patologizzarlo. Quindi se da un lato alla donna comincia ad
essere riconosciuto il legame indissolubile con il feto (messo
in discussione dalla supposta neutralità del feto rispetto
al corpo della madre delle prospettive scientifiche precedenti)
dall’altro tutta l’organizzazione dell’ostetricia
e della letteratura scientifica e divulgativa fatta di divieti
e imperativi e consigli alla donna durante la gravidanza fa
trasparire il ruolo nascosto della teratologia scientifica.
Se la donna aveva una funzione attiva nella riproduzione allora
era lei che doveva essere disciplinata perché la possibilità
che generasse mostri riposava nella sua indisciplina corporea
e immaginativa (5). La donna che rimaneva
impressionata in negativo o che immaginava in positivo qualcosa
di mostruoso/estraneo, conduceva emozioni che potevano creare
un mostro (6). A questi discorsi si è
intrecciato da sempre il discorso razzista per cui è
su questo corpo che occorre porre una normazione tale che da
questo corpo non nasca un bambino impuro, non omologo. Tutte
le politiche razziste e nazionaliste si sono occupate in maniera
scientifica di costruire apparati culturali e giuridici per
tutelare la donna come il contenitore di una discendenza pura
fino a giungere alle espressioni più violente della biopolitica
nelle recenti guerre balcaniche e del continente africano fatte
di stupri e di considerazione simbolica del corpo della donna
come di una terra, di un confine da difendere o di cui impossessarsi.
Ma non occorre uscire dal territorio italiano per vedere che
dal punto di vista giuridico il corpo della donna è inteso
in senso oggettivante. Infatti nel nostro ordinamento permane
la concezione della libertà dell’habeas corpus
come senso del possedere, dell’avere proprietà
di un corpo che si esprime nella mancanza di limitazioni (libertà
negativa) e che potenzialmente può promuovere la libertà
positiva (autodeterminazione). Nel nostro ordinamento non è
ancora stata iscritta l’inviolabilità del corpo
della donna, perché la questione dell’autodeterminazione
cozza con quella del possedere/detenere. In particolare per
quello che concerne il corpo della donna occorre stabilire la
proprietà della sua potenzialità riproduttiva
anzi procreativa. Non è funzionale alla biopolitica infatti
che la donna abbia la possibilità di vivere il proprio
corpo, di essere il proprio corpo in un senso che supera quello
della proprietà e del detenere, e che questo sia riconosciuto
come autodeterminazione, perché la donna permane un contenitore
per altro, e su questo contenitore è necessario ribadire
la proprietà.
Altro problema da non sottovalutare è quello della sterilità
che può colpire gli individui e che in quanto malattia
può essere aggirata con l’escamotage della fecondazione
assistita. La sessualità simbolicamente sterile, quella
che non è finalizzata alla procreazione e al ‘donna
partorirai con dolore’ di biblica e dogmatica memoria,
è sempre stata un problema per il biopotere nell’occidente
cristiano e in particolare nella tradizione cattolica. Anche
per questo è stata approvata una legge che nasconde –
restringendo le possibilità di accesso alle tecniche
– i corpi sterili fisiologicamente e quelli sterili simbolicamente
(lesbiche, donne sole, omosessuali), una legge che classifica,
che divide e che orienta il nuovo corso della biopolitica italiana.
Monia Andreani
Note:
1.
Dottoranda di Ricerca in Antropologia Filosofica e
Fondamenti delle Scienze presso l’Università
degli Studi di Urbino, studiosa di filosofia politica
e di pensiero femminista, fa parte del gruppo di lavoro
sulle questioni di genere della FdCA (Federazione dei
Comunisti Anarchici, NdR).
2. La volontà di sapere, Milano, Feltrinelli,
1997, pp. 9-10.
3. Cfr. Indagine sull’attività di procreazione
medicalmente assistita in Italia, Rapporti ISTISAN
n. 03/14, Istituto Superiore di Sanità, 2003, www.iss.it/pubblicazioni.
4. Il significato di omologo ed eterologo viene del tutto
stravolto nel testo della legge sulla procreazione assistita
(ancora DDL. 1514). Infatti il significato di eterologo
è relativo a qualcosa che appartiene ad altra specie,
mentre questa legge, con malcelato intento razzista, interpreta
come eterologo un gamete maschile o femminile esterno
alla coppia che intende accedere alle tecniche di fecondazione
assistita.
5. Cfr. Rosi Braidotti, Madri, mostri e macchine,
Roma, Manifestolibri, 1996.
6. Echi di queste paure infatti si trovano nella specificazione
del legislatore che vieta espressamente: «la
fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie
diversa e la produzione di ibridi o di chimere».
Dalla singolarità immaginifica di questa affermazione
deriva il titolo di questo articolo.
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Come
si fa un comitato nazionale di Bioetica. Un esempio.
Membri:
Giuseppe Provettazzo (ordinario di
diritto dell’embrione), Giovanni Spiritazzo
(ordinario di ginecologia), Maria Bonadomo
(associata), Aldo Incapazzo (ordinario
diritto fallimentare), Mario Strazzo
(ordinario medicina e chirurgia), Paolo Paolazzo
(biblista), Maria Annuncionomo (associata),
Giuseppe Invidiazzo (giurista), Giovanni
Consigliazzo (rappr. Chiese monoteiste
unite), Joaquin Navarro Fals (rappr.
vaticano), Bugia Annunciata (rappr.
mezzi di com. di massa), Luca Verbazzo
(ordinario filosofia teoretica), Maria Monacomo
(rappr. mov. femminili), Giuseppe Azzo
(ordinario filosofia del diritto).
Presidente:
Giuseppe Polo Abortazzo
(psicologo)
Raccomandazioni
del costituito nuovo Comitato nazionale di bioetica.
In
accordo con le maggiori società di produzione
di salse per alimentazione umana, il Comitato, dopo
la costituzione di un gruppo di lavoro congiunto e il
confronto, durato circa due mesi, sul tema “quali
diete per il rispetto della persona in embrione”,
ritiene di poter fornire le indicazioni necessarie al
Governo per la stesura degli opportuni provvedimenti
di legge atti a preservare l’embrione umano da
attacchi gastronomici contrari al mantenimento del suo
naturale equilibrio.
In questi mesi molte sono state le tappe durante le
quali ci si è dovuti prodigare per l’appianamento
delle ovvie differenze di visione onto-teologica-gastronomica.
Si vedrà come, in appendice, si sia dato conto
del parere dei prof. Paolazzo e Fals,
i quali ritengono che sia assolutamente opportuno che
l’uomo possessore di un embrione porti la donna
portatrice sana non solo ai ristoranti consigliati ma
anche a farsi benedire con una frequenza di almeno due
volte al mese.
Vi sono stati poi pareri divergenti circa la gravidanza
di donne sole, sfornite di tutela; il prof. Verbazzo
ha già reso nota la sua opinione, non condivisa
dagli altri, secondo la quale la donna in questione
sarebbe libera di assaggiare panini alla maionese tonnata
in luoghi pubblici anche durante la vera e propria gestazione,
quando cioè l’embrione abbia già
assaporato le salse consigliate, ma solo nel caso il
soggetto non voglia o non debba essere sottoposto a
taglio cesareo.
[La differenza tra bisogno organico e volontà
non è stata presa in considerazione, trattandosi
di donne sole, il cui utero, parimenti a donne omosessuali,
non era stato preso in considerazione come buono (fruttifero
dello Stato, v. relazione Incapazzo)].
Azzo e Consigliazzo
poi, hanno attirato l’attenzione sull’opportunità
di proteggere comunque la donna da assaporamenti impropri
e pericolosi per la futura persona-embrione (crauti,
chili, tabasco, senape, mostarda e similari), e questo,
a loro parere, sin dal compimento dei dieci anni della
donna futura-gestante. Essi hanno raccomandato l’opportunità,
per un miglior sviluppo degli embrioni italiani ed il
rispetto della loro personalità, di far sì
che la naturale relazione uomo-donna a loro avviso necessaria
per la fecondazione, venga altresì sviluppata
all’interno di ambienti parrocchiali.
La problematica del contratto tradizionale di matrimonio
per soggetti-donne non ancora adolescenti, usanza tradizionale
che, ripristinata, garantirebbe in effetti un’alimentazione
più corretta dell’embrione e del suo contenitore
naturale sin dalla stria primitiva, questa problematica
dunque, verrà comunque presa in considerazione
attraverso la formazione di un nuovo gruppo di lavoro,
composto da Provettazzo, Annuncionomo,
Invidiazzo, e Incapazzo,
quest’ultimo si occuperà di relazionare
in particolare sul problema della proprietà da
parte dell’embrione di beni mobili e immobili
appartenenti al suo clan di origine (legge Berluschembrioni).
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