Apertura
senza pregiudizi
Gentile Codello,
leggo il suo commento sulla proposta – sinteticamente
espressa dalla formula “un bambino, un voto” –
e nonostante la sua critica negativa devo ringraziarla per l’apertura
senza pregiudizi a un’idea che la trova invece contrario.
Per quanto possa apparirle strano sono invece d’accordo
con molte delle sue osservazioni, in particolare non penso al
principio di delega “come unica forma di manifestazione
del proprio pensiero”. Sono convinto – ma in materia
vi sono molti studi e lavori sperimentali – che la ricerca,
o almeno il tentativo di ricerca, di una reale uguaglianza umana
debba iniziare presto, appena un bambino viene al mondo. Alla
maggiore età, nella gran parte dei casi, le disuguaglianze
sono già segnate. E allora che fare? L’attuale
inadeguatezza dei meccanismi della democrazia mi è evidente
e dal sistema dei partiti ho ricevuto risposte trasversali –
per almeno metà negative o imbarazzate – avendo
come impronta di fondo proprio la preoccupazione e l’incertezza
del consenso. Ma questo forse è proprio l’aspetto
positivo e centrale: d’altra parte, a me per primo questa
proposta pare necessaria ma certo non sufficiente. Lei scrive
che “occorre rendere scuole e famiglie veri luoghi di
espressione della propria autonomia, dell’uguaglianza
e della responsabilità. Gli esempi non mancano, proviamo
ad estenderli.”. Se sono esempi generalizzabili mi piacerebbe
conoscerli – alcune idee presenti e passate le conosco,
ma forse non quelle che lei ha in mente – perché
l’intenzione mia è proprio quella di aprire un
dibattito su idee nuove – o portare a conoscenza più
generale quelle già esistenti – e il voto, alle
madri o i genitori, è solo lo strumento. Le sarei perciò
molto grato se potesse fornirmi le indicazioni a cui fa cenno
nel suo articolo. Mi auguro di leggerla. Un cordiale saluto,
Luigi Campiglio
(Milano)
Scaccia
pensieri
Cari compagni, ho appena terminato di pranzare,
e, tra un boccone e l’altro, sono stato “allietato”
dal servizio del TG1 a cura dell’ineffabile Pino Scaccia,
il quale, parlando della visita di Bush a Roma, ci mette al
corrente dell’esistenza di, cito testualmente, “gruppi
anarchici autonomi”.
“Ohibò” dico io, quindi ci sono anche dei
gruppi anarchici non autonomi, in buona sostanza esiste una
Confanarchici (tipo Confcommercio, Confindustria) ed io non
ne sapevo niente!!! E voi?, voi ne eravate a conoscenza o, come
sempre, vi cullate nella beata ignoranza?
Oppure, mi viene in mente un’altra ipotesi, ci sono anarchici
che fanno parte di Autonomia Operaia, o, viceversa, degli autonomiaoperaisti
che militano in gruppi anarchici... chissà che confusione
ideologica... comunque anche di questi mi sa che né io
né voi né i compagni tutti ne sapevano niente.
Insomma compagni, orsù, basta disinformazione, seguiamo
Pino Scaccia ed impariamo, finalmente, quello che c’è
da sapere su anarchici, anarchia ed anarchismo!!!
... se comunque, nel frattempo, qualcuno di voi riesce a svelare
il mistero è pregato di mettere tutti a conoscenza del
risultato...
Vi abbraccio fraternamente e vi auguro una buona digestione
con il TG1 “tutto ciò che avresti voluto sapere
e non hai mai osato chiedere”.
Antonio Abbotto
(Sassari)
Una
novità
Sabato 4 giugno eravamo in piazza, a Roma, ad accogliere Bush.
Non è per noi una novità questa forma di ospitalità
nei confronti dei governanti statunitensi, eravamo in piazza
a febbraio del ’69 per accogliere Nixon. Non sarà
stata una novità per una parte dei partecipanti alla
manifestazione che, per anagrafe e spirito, avrebbero potuto
essere in quella ed altre date e probabilmente c’erano.
Molte sono state le non novità. Siamo entrati nel corteo
dal Lungotevere all’altezza del Circo Massimo; in fondo
al Circo ci siamo fermati ad attendere dei compagni.
Dal corteo che ci seguiva, almeno due-tremila persone, escono
prima alcuni manifestanti, poi alcune decine, in parte incappucciati,
che attraversando il Circo lanciano sassi e razzi verso la polizia.
Rientrano nel corteo. Riescono e lanciano razzi e alcune piccole
molotov. Rientrano.
Non è stata una novità. Una tattica già
teorizzata e utilizzata negli anni settanta e, in maniera diversa,
più recentemente a Genova. Una dinamica che prevedeva
nelle intenzioni il continuo “aumento del livello di scontro”
attraverso l’azione di pochi e l’uso strumentale
del corteo fino a pervenire ad una diffusa estensione delle
azioni, non disdegnando l’uso di armi, proprie o improprie.
Una tattica violenta nei confronti del resto dei manifestanti
che subiscono, non condividendo, l’azione e la reazione
fisica e politica di quanto accade; una tattica che lascia molto
spazio a presenze attive infiltrate, e che, in particolare oggi,
non porta a nessun risultato nemmeno nell’ottica della
originaria ispirazione, a parte, e nel migliore dei casi, ad
una forma di terapia contro la rabbia malamente espressa in
forme pesudo-teatrali.
Non è stata una novità. Al Circo Massimo siamo
intervenuti contro comportamenti finalizzati a creare condizioni
di scontro fisico con i gendarmi. Ci è successo già
molte volte. Una delle maggiori frustrazioni che ricordiamo
di aver subito nel tempo, e che ci siamo portati fino ad oggi,
è stata quella di non essere intervenuti con sufficiente
efficacia durante l’assalto a un’armeria romana
da parte di un gruppo fuoriuscito da un corteo a cui partecipavamo
intorno al ’77.
Stavolta, memori del passato e del tutto intenzionati a che
non si ripetesse, abbiamo preso di petto questi incappucciati
con parole chiare, precise, a brutto muso, come negli ultimi
anni ci accade.
E c’è stata una novità. Altri compagni si
sono agitati con noi, ci hanno seguito di istinto in questa
paradossale posizione in cui ci siamo trovati, davvero insolitamente,
a fare da “cuscino” tra i gendarmi e i “cattivoni”;
una posizione non bella. Venti minuti. Urlacci, qualche spintone
o poco più ma è riuscito: gli incappucciati –
alcuni giovani, altri meno (più strutturati o “destrutturati”),
altri mai riconoscibili – hanno interrotto l’azione.
Abbiamo saputo poi che una scena simile era avvenuta anche a
Piazza Venezia
Ed era cosa nuova. Per noi, che abbiamo sempre guardato con
penosa degnazione lo sfoggio militarista dei vari “servizi
d’ordine” che si sono alternati nel tempo, che abbiamo
sempre creduto che il corteo si dovesse “autogestire”
anche relativamente alla propria sicurezza, che siamo sempre
stati convinti della bontà della azione collettiva suggerita
dalla coscienza di chi è presente, questo momento di
presa d’atto spontanea (e non spontaneistica) del corteo
e l’azione che ne è seguita ci ha accarezzato il
cuore di vecchi anarchici.
I fatti hanno superato le nostre ansie, e ci hanno confermato
la bontà del nostro convincimento; persone, che non si
conoscono, che non sanno cosa hanno in comune, persone che in
un attimo, per scelta individuale, percorrendo una via non semplice,
si muovono insieme a risolvere un problema annoso.
In un momento difficile un comportamento chiaro, logico, severo,
pacifico, intelligente, autonomo, creativo, libertario per la
sua genesi e per le forme con cui si è manifestato.
Questa è una novità e ci è apparsa una
bella novità.
Linda, Adriano, ecc.
(Roma)
antiglo@mclink.it
I
nostri fondi neri
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Ettore Valmassoi (Quero) ricordando Belfa, 25,00;
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che cresce per dispetto”, 30,00; Massimo Ortalli
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50,00; a/m Massimo Ortalli, Gruppi Anarchici Imolesi
ricordando Spartaco Borghi, 50,00.
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