Celia
Hart Santamaria è figlia di Haydèe Santamaria,
che partecipò all’assalto alla Caserma
Moncada (tappa iniziale della conquista del potere da
parte di Fidel Castro) e successivamente fondatrice
della “Casa de las Americas”, e di Armando
Hart, del Movimento 26 luglio, poi ministro della cultura
di Cuba e ex direttore del Programma Martiano.
Ai primi di aprile, Celia, ha affrontato in un’intervista
la questione delle possibili alternative di sinistra
del futuro di Cuba, con un’esplicita richiesta
agli anarchici di esprimere il loro punto di vista.
Pubblichiamo alcuni stralci tratti dalla risposta che
il Movimento Libertario Cubano (in esilio) ha diffuso
in rete. |
(…). Nella tua lettera tu tocchi argomenti di importanza
vitale, riguardo all’ “inerzia” del Partito
comunista e all’esistenza di “certi meccanismi
di restaurazione del capitalismo” a Cuba; fatti più
che risaputi e di scarsa novità, il cui unico aspetto
interessante è il fatto che sia tu ad ammetterli; ma
non è di questo che vogliamo discutere, almeno in questo
momento. Ciò che conta, in questo momento, è
prendere posizione nel contesto ideologico e politico, di
schierarsi riguardo a tale o talaltra situazione, questa o
quella evoluzione di certe persone.
È di questo genere di cose che vorremmo minimamente
e brevemente discutere con te.
Cercheremo di essere un po’ più precisi. Tu dici
che sei in cerca di un’opzione di sinistra, di un’alternativa
di sinistra per Cuba (e forse la stai elaborando).
Ti diciamo allora che la tua preoccupazione è anche
la nostra e quella di moltissime altre persone, tra le quali
in prima linea (non perché siano un’avanguardia
ma perché sono coerenti) ci sono gli anarchici che
tu citi nella tua lettera.
Certo, però, noi non possiamo essere d’accordo
con te quando dici che “a sinistra di Fidel c’è
il baratro”. È questa frase, e solo questa, che
vogliamo discutere adesso.
La prima cosa che vogliamo rilevare è il problema logico
sollevato da quell’affermazione, un’affermazione
che nega momentaneamente, escludendo certe rettifiche da parte
tua, le aspettative che avevi fatto nascere con certi tuoi
exploit.
Seguendo la logica si possono desumere solo due cose da quella
frase: o che l’alternativa di sinistra che vai cercando
si trova alla destra di Fidel oppure che l’alternativa
è Fidel in persona e l’assoluta continuità
del monologo autoreferenziale che egli ha perseguito da sempre.
Puoi ben capire che, se la tua alternativa di sinistra è
a destra di Fidel (cosa che non crediamo: non sembri così
sciocca) questo dibattito è del tutto senza senso e
sarebbe meglio chiuderlo qui.
Ma tu noterai anche che se l’alternativa di cui parli
non è altro che lo stesso Fidel per secula seculorum,
anche nella sua assenza fisica, non è molto chiaro
tutto quel tuo arrabattarti, se la questione si riduce a qualche
lettura di Trotsky, Lukacs, Rosa Luxemburg e Gramsci, quale
blando condimento.
Poi, comunque, non dal punto di vista logico, ma da quello
politico, dovresti proprio spiegarci che razza di sinistra
sarebbe quella a destra di Fidel. È la sinistra a destra
di Fidel la responsabile dell’“inerzia”
del Partito e dei “meccanismi di restaurazione capitalista”?
Com’è possibile? Fidel non se ne accorge? Per
caso il Líder Maximo, il Primo Segretario del Partito,
il Presidente del Consiglio dei Ministri è scavalcato,
i suoi orientamenti sono ignorati? O magari Fidel ripete il
biblico mistero della Trinità e, come Gesù,
che è uno con Iddio Padre, siede alla destra di se
stesso?
Queste domande vogliono solo mettere in luce la confusione
prodotta dalla brevità delle tue argomentazioni e il
fatto è che non siamo ancora arrivati al nocciolo della
questione, cioè non siamo ancora finiti nel “baratro”
che tu dici è la sola cosa che esiste a sinistra di
Fidel.
Le parole smarrite
Abbiamo cercato di affrontare l’argomento in modo rispettoso
e attento, nell’interesse di questo scambio di opinioni,
mettendo da parte per il momento gli inganni e le riserve
accumulatesi da decenni. Cerchiamo anche noi di vedere le
cose nella loro ampiezza e complessità, almeno con
i nostri mezzi limitati. Ci è successo di prendere
una serie di temi normalmente presenti nel pensiero della
sinistra, di collegarli a Cuba e a Fidel per estensione e
di chiederci quali elaborazioni e intuizioni potessero servire
da punti di partenza per la discussione.
A questo scopo siamo ricorsi allo strumento più potente
oggi disponibile: il motore di ricerca di Google, limitando
la ricerca alla frase esatta in lingua spagnola, in qualsiasi
formato di file e in qualsiasi campo.
In questo modo chiunque può controllare l’esattezza
dei nostri riscontri e lo puoi fare tu stessa, perché
siamo sicuri che tu hai accesso a Internet senza inconvenienti.
Vediamo i risultati della nostra piccola ricerca e forse anche
tu converrai con noi che sono davvero sorprendenti.
Cominciamo col dire che alle frasi “consigli operai
cubani” e “consigli operai a Cuba” la ricerca
su Google ci dice “no document found”; il che
probabilmente è dovuto al semplicissimo fatto che non
si riflette su qualcosa che non esiste nemmeno nella fantasia.
Si ha lo stesso risultato con l’espressione “autogestione
a Cuba”, anche se in questo caso abbiano trovato un
link, uno solo, sul “self-management cubano” che
si trova all’indirizzo es.geocities.com/anticivilizacion/antonfdr_GANDHI.htm
* e che c’informa che l’idea
è praticamente ignota sull’isola.
Seguendo la stessa procedura arriviamo alla triste conclusione
che, per quanto riguarda Cuba, non si scrive e non si parla
di “autonomia operaia” o di “sindacati autonomi”,
il che conferma solamente che i capi di tali organizzazioni
non sono terribilmente interessati alla faccenda e che l’orientamento
predominante consiste nel tenerle nella sfera di dipendenza
dello stato. Stando così le cose, non sorprende che
una cosa talmente “estremista” come l’interruzione
collettiva e volontaria del lavoro produce appena discorsi
a bassissima intensità: la ricerca di “scioperi
a Cuba” offre cinque documenti di carattere storico,
e se inseriamo “scioperi cubani” troviamo un unico
e strano risultato in www.bibliotecagnostica.com/Poscla22.htm.
Anche così abbiamo insistito nella ricerca, ma, con
sorpresa, nel caso di “coscienza di classe a Cuba”
e “coscienza di classe cubana” Google risponde
ancora “nessun documento trovato”. Le cose vanno
un po’ meglio con “cooperative cubane” e
“cooperative a Cuba” e qui troviamo finalmente
una trentina di documenti non necessariamente di origine ufficiale
o per lo più apologetici, tra i quali notiamo qualche
perla divertente come quella di Jesus Cruz Reyes che si dimostra
molto urtato quando gli si chiede se tali organizzazioni siano
o no indipendenti. Di fronte a un risultato tanto promettente
(rispetto ai precedenti) siamo andati avanti nella nostra
indagine ardimentosa, solo per sentirci dire che non esiste
niente sui “movimenti sociali cubani” né
sulle “università autonome cubane”, anche
se, per essere onesti, osserviamo adesso che ci sono quattro
documenti che contengono la frase “autonomia universitaria
a Cuba”, per informarci che non esiste, ovviamente,
e altri cinque, soprattutto riferiti al passato, che considerano
opportuno, per una ragione o per l’altra, utilizzare
la frase “movimenti sociali a Cuba”.
Così, dopo molti tentativi falliti, abbiamo deciso
una svolta nella nostra ricerca verso un concetto che certamente
non gode della nostra simpatia, quello di stato operaio. Sai
quanti documenti contengono la formula “stato operaio
cubano”? Solo trenta, in stragrande maggioranza trotzkisti
e non tutti favorevoli. Di questi uno solo viene da ambienti
ufficiali di Cuba, www.lajiribilla.cu/2002/n57_junio/1413_57.html
e in realtà si trattava di un contributo di John Hillson
inviato dalla città di Los Angeles. Pensiamo che questa
mancanza sia dovuta al fatto che quella formula s’identifica
con la tradizione trotzkista: pensiamo che il tuo ripescaggio
del fondatore dell’armata rossa incontri ovvie difficoltà
e per questo abbiamo fatto un tentativo per vedere se un’espressione
analoga avrebbe prodotto risultati migliori: stato proletario.
Nemmeno in questo caso un successo ha coronato i nostri sforzi:
la frase “stato proletario a Cuba” dava un solo
e orfano risultato. Si tratta di un articolo di Luis Ramirez
Caraballo e Antonio R. Barreiros Vazquez, intitolato “Posto
e ruolo delle FAR (Forze Armate Rivoluzionarie) quali componente
di particolare rilievo dello stato proletario cubano”,
che si può trovare sulla Revista Cubana de Ciencias
Sociales (anno 4, n. 12, settembre – dicembre 1986).
Forse, Celia, tu sei delusa come noi e anche tu ti irriti
quando qualcuno a Cuba parla di stato proletario e in realtà
non i proletari ha in mente, ma le forze armate. È
qualcosa che ha a che vedere con la militarizzazione della
società cubana?
Ma quale baratro?
Una battuta: abbiamo usato una serie di indicatori che sono
tutt’altro che perfetti e possono avere solo un carattere
approssimativo, ma comunque abbiamo la ferma impressione che
ci permettano di sostenere ipotesi plausibili. Per esempio,
che le riflessioni sulla costruzione di un’alternativa
di sinistra a Cuba si trovano davanti a un territorio quasi
vergine e inesplorato. Per questo ti chiediamo per favore
(nell’ipotesi che tu voglia risponderci) di fare un
piccolo sforzo di fantasia e di non consigliarci di continuare
la ricerca con espressioni come “sanità a Cuba”,
“istruzione a Cuba”, “sport a Cuba”
eccetera, perché quello che proponiamo non è
inevitabilmente contro cose del genere, anzi le riempie di
nuovi contenuti, le ridefinisce e le arricchisce indefinitamente.
Come probabilmente hai visto, dunque, c’è un
insieme di idee che in forma embrionale rappresentano le corrispondenti
conquiste rivoluzionarie della società (che in genere
fanno parte dell’immaginario della sinistra) e che a
Cuba sono utilizzate poco e male.
Noi siamo profondamente convinti di tre cose che sono intimamente
legate al nostro tema, come è stato posto fin dall’inizio:
in primo luogo, Fidel non ha dimostrato di avere sulle spalle
la testa più adatta a elaborare un pensiero e a definire
le azioni necessarie: ha avuto più di mezzo secolo
per farlo e… niente! In secondo luogo questo spazio
di idee e di realizzazioni non sta alla sua destra ma alla
sua sinistra. Infine, nessuna di queste rappresenta il “baratro”
così temuto e il cui solo nome provoca tanto spavento.
Ci basterà mostrarti tre esempi particolarmente significativi
e con possibilità di attuazione immediata.
In primo luogo un’alternativa di sinistra a Cuba dovrebbe
prendere in considerazione con urgenza una smilitarizzazione,
nel senso più ampio del termine. Essa non consisterebbe
soltanto nel ridimensionamento delle forze armate, con i concomitanti
risparmi e i corrispondenti trasferimenti di risorse in altri
settori dell’economia che ne hanno infinitamente più
bisogno. Comporterebbe anche l’annullamento degli storici
privilegi delle forze armate, farebbe sì che i diversi
problemi della società cubana non siano più
visti come questioni di “sicurezza nazionale”.
Soprattutto, la questione sarebbe di pensare il socialismo
come dovrebbe davvero essere, ovvero, nuove e vive relazioni
di solidarietà tra esseri liberi e uguali, evitando
di appiccicarci sopra un’articolazione non proprio socialista
tra “comandanti” e subordinati. Sono cose che
si possono realizzare subito, Celia, e non c’è
ragione per contrastarle.
Certo, tu ci dirai che la rivoluzione non può sopravvivere
senza le “sue” forze armate, ma questo non è
altro che un inganno al quale ti hanno abituato il “Líder
Maximo” e i suoi lacchè. Il fatto è che
le forze armate cubane sono costituite per reagire a un’ipotesi
di conflitto (una teorica invasione degli USA): un’ipotesi
avanzata per errore e che non si verificherà. In primo
luogo le forze armate cubane non avrebbero la forza (e siamo
d’accordo con te che questa è una disgrazia per
l’umanità intera) per contrastare i bombardamenti
aerei e gli attacchi devastanti che gli USA utilizzano nelle
prime fasi di un conflitto.
Come si è visto in Iraq, per la resistenza la guerriglia
è molto più efficace di un esercito convenzionale,
che semplicemente non è all’altezza del compito.
In secondo luogo, ci sono abbondanti indicazioni per presumere
che un conflitto del genere non sia assimilabile a quel modello:
Cuba non offre le stesse motivazioni addotte per l’Afghanistan
o per l’Iraq (e nemmeno quelle esposte poi per l’Iran
e la Corea del Nord) e non rappresenta una minaccia strategicamente
rilevante o che meriti una considerazione da parte dei militari
americani.
Se fai bene i tuoi conti, Celia, vedrai che i finanziamenti
erogati dagli USA per il “lavoro sporco” a Cuba
negli ultimi cinque anni, raggiungono una cifra inferiore
al bombardamento di una sola notte su Baghdad, e non importa
se la megalomania del Líder Maximo ci resta un po’
male per questo calcolo. Di conseguenza, la smilitarizzazione
è fattibile subito e non ha niente a che vedere con
il “baratro”.
Una
curiosa immagine di Ernesto “Che” Guevara ripresa
dal sito: es.geocities.com/ovejanegraweb/anarquismo_en_cuba.htm
Contro la pianificazione centralizzata
Un’alternativa di sinistra a Cuba, poi, dovrebbe intraprendere
immediatamente il cammino verso l’autodeterminazione.
Non credi che ci sarebbe una forte identificazione con la
costruzione del socialismo (una condizione irrinunciabile,
diremmo), con l’autogestione dell’economia da
parte dei lavoratori? Purtroppo, per molti anni a Cuba l’autogestione
è stata assimilata all’esperienza jugoslava e
implicitamente collegata alla minaccia incombente del mercato
e del conseguente “caos”.
Così tutte le speranze si sono riversate sul mito della
pianificazione centralizzata che nel mondo reale è
stato erroneamente identificato con la sapienza dei tecnocrati,
con l’onnipresenza dei militari o con le ineffabili
sortite del “Líder Maximo”, che hanno avuto
sempre la meglio sulle idee degli organi collettivi.
Basta poi guardare ai risultati: tu diresti, Celia, che la
strada percorsa dai primi impulsi per affermare il comunismo
sull’Isola della Gioventù all’attuale presenza
di multinazionali è una strada che porta verso il socialismo?
No, Celia, il piano centralizzato non solo non ci ha portato
il socialismo, ma si può anzi definire come una sequela
di fiaschi prima e dopo il fallito obiettivo di dieci milioni
di tonnellate di zucchero.
L’autogestione, intanto, si è guadagnata tutta
la credibilità ed è la strada intrapresa da
decine di movimenti in America Latina, quale strategia di
resistenza e metodo per soddisfare nella pratica (sia pure
con esiti contrastanti, sia pur sempre in contesti di neoliberalismo)
i bisogni più urgenti: cibo, salute, casa eccetera.
Ripetiamolo: l’autogestione è possibile subito
e non c’entra niente con il “baratro” che
tu presumi esista a sinistra di Fidel.
Infine, un’alternativa di sinistra a Cuba deve affrontare
con forza e determinazione il problema delle libertà
essenziali. Basterebbe solo smilitarizzare le teste e smetterla
di sospettare che dietro a ogni cubano si nasconda un “agente
dell’imperialismo” e subito la questione ci apparirebbe
in tutta la sua chiarezza.
Dimmi che male ci sarebbe per un progetto di costruzione del
socialismo, se dodici milioni di cubani godessero (tra mille
altre prerogative) del diritto di parlare, di viaggiare, di
organizzarsi in qualsiasi forma ritengano adatta. Ripeto una
delle tue affermazioni: “Oggi tutti i giovani che si
pongono interrogativi politici, quelli che vale la pena di
ascoltare, saranno sempre di sinistra, anarchici, trotzkisti…
Ma sono TUTTI rivoluzionari.”.
Benissimo, smettila di giocare a rimpiattino e sii sincera
con te stessa e con i lettori: lo sai o no che a quei rivoluzionari
non è permesso avere l’organizzazione politica
che vorrebbero, perché questo è un diritto riservato
al Partito comunista? Lo sai o no che a quei rivoluzionari
non è consentito aprire al pubblico una propria biblioteca,
fare trasmissioni alla radio, riunirsi senza chiedere l’autorizzazione,
avere un proprio quotidiano, e neppure sostenere liberamente
la propria posizione nei movimenti sindacali, giovanili, di
quartiere, di genere o ambientalisti?
Queste cose necessitano di un contesto di libertà che
attualmente non esiste e impongono non interventi dello stato,
ma autonomia, pretendono niente di meno di una possibilità
socialmente garantita per ogni collettivo (quale che ne sia
la natura) di fissare le proprie regole, purché non
danneggi la libertà altrui.
Tu godi di una situazione di privilegio, Celia, e non puoi
non esserti resa conto che l’ossessione della sorveglianza,
del controllo, della repressione è una cosa e la libertà
è tutt’altra. Da che parte pensi che stiano il
socialismo e la sinistra?
Sappiamo della tua attenzione alle cause della caduta del
blocco sovietico: allora, non credi che il fatale disprezzo
per la libertà dimostrato dai sovietici possa avere
almeno qualche cosa a che fare con quel disastro?
Quell’esperienza è una miniera d’oro di
insegnamenti e tutti inequivocabilmente portano a dire che,
in questo inizio di XXI secolo, non si può più
concepire il socialismo come frutto spontaneo di una fumosa
necessità storica, di una raffinata operazione di ingegneria
sociale o del genio di una volontà messianica. Il socialismo
del XXI secolo potrà solo nascere dalla coscienza collettiva
e questa può solo fiorire da una radice di libertà.
Niente a che vedere, Celia, con il “baratro”.
Celia Hart
Alternativa di sinistra
Smilitarizzazione, autogestione, libertà fondamentali:
tre elementi minimi e tre strade da percorrere per dare un’alternativa
di sinistra a Cuba e per mobilitare non solo l’élite
attualmente dominante ma il popolo cubano nel suo insieme.
Queste proposte non sono il “programma massimo”
degli anarchici, e forse le si potrebbero definire “riformiste”
nell’odierno contesto cubano.
Però sono un buon punto di partenza per articolare
una politica autenticamente di sinistra sull’isola.
Sai meglio di noi che livello di partecipazione e d’impegno
dovranno avere i comunisti cubani (soprattutto i più
giovani) con questa politica e che peso potrebbero avere all’interno
del partito quelli che farebbero proprio un orientamento del
genere.
Ciò nondimeno, non c’è dubbio che una
scelta tale finisce per scavalcare l’organizzazione
del partito e lascia spazio, fra l’altro, alle correnti
che tu stessa hai definito rivoluzionarie.
Per la stessa ragione, è certo che finisce per confliggere
con una costellazione di interessi, privilegi e aspettative
che sono chiaramente collocati alla sua destra, dentro e fuori
del Partito comunista: una situazione e un’evoluzione
che, se la memoria non c’inganna, fino a pochi anni
fa era considerata insita nella lotta di classe.
Sia come sia, Celia, dobbiamo andare avanti ad approfondire
l’analisi e a rafforzare la volontà. Se siamo
stati un po’ ironici nei tuoi confronti in molti punti
di questa lettera, è per il fatto che, per quanto capiamo,
non sei ancora entrata bene nel problema e non sei ancora
pronta a esprimerti pubblicamente con le tue radici autentiche.
Le tue intenzioni sembrano sincere e forse anche compatibili,
ma parli ancora a mezza voce, ti lasci trascinare da metafore
che non portano da nessuna parte e non hai avuto il coraggio
di mettere in tavola quel contesto di conflitti concreti che
stanno al fondo del processo di costruzione di un’alternativa
di sinistra per Cuba.
Pane al pane e vino al vino, Celia: ecco il vero inizio di
un’alternativa che sappia reggere alle eventuali avversità,
che non parta da intrighi di palazzo ma dalla coscienza collettiva
del popolo cubano.
Tu hai evitato con cura di parlare di scontro tra fazioni,
ma converrai con noi che è appunto questo che chiunque
può leggere tra le tue righe.
E sai anche che la battaglia va combattuta a qualunque costo,
perché è in gioco niente di meno che il futuro
del nostro amato popolo cubano. È una battaglia, Celia,
che va combattuta con idee chiare, precise, idee forti e non
con le solite odi in onore dell’intoccabile figura di
Fidel.
La si può combattere solo con il popolo organizzato
intorno alle proprie convinzioni più profonde, non
con vaghi avvertimenti e insinuazioni sulle faccende dell’élite
dominante. Devi pagare un prezzo ideologico e subire di persona
le pressioni del sistema, è comprensibile e questo
ti espone alle difficoltà e molestie.
Ma tu almeno puoi parlare, Celia, e questa è una possibilità
che la maggioranza di noi cubani non ha.
Noi abbiamo ogni giorno tanti svantaggi, rispetto a te, e
un solo ma gigantesco vantaggio: sappiamo che non tornerà
il Cid Campeador in sella a Babieca, che a sinistra di Fidel
non c’è un baratro, non c’è un burrone
e nemmeno un buco. Quello che si spalanca non a destra ma
a sinistra di Fidel, Celia, altro non è che l’ampio
spazio della libertà.
Movimento Libertario Cubano
movimientolibertariocubano@yahoo.com.mx
traduzione dal castigliano di Guido Lagomarsino
* Il collegamento segnalato
dagli anarchici cubani porta a una generica pagina Yahoo!,
abbiamo però trovato riferimenti al “self-management”
a Cuba alla pagina: http://www.geocities.com/nestor_mcnab/guerin/Conclusion.html.