Da
giornalista mi schiero...
Carissimi di “A”,
le riflessioni di Carlo Oliva sul
papa in ospedale (“A” 307 di aprile, pagina 5-6)
intitolate “Quello che aspettano tutti” mi trovano
d’accordo sulla critica all’abitudine dei giornalisti
televisivi di ambientare in modo spettacolare anche notizie
che potrebbero tranquillamente essere lette in studio, ma mi
trovano anche in disaccordo su altre e più importanti
questioni. Lo dico facendo parte di quella categoria di diavoli
incarnati che è quella dei giornalisti.
Oliva però, che dalla categoria si tiene fuori sebbene
scriva pure lui su un giornale (“A”, appunto) si
è subito dimenticato, come si dice qui all’Inferno,
di verificare la notizia. Si chiede, infatti, come mai la stampa
ha lavorato all’aperto e al freddo, fuori dal Policlinico
Gemelli, che secondo lui sarebbe “indubbiamente provvisto
di una sala stampa ben riscaldata”. Una breve verifica,
per esempio nel sito Internet del Gemelli, fa scoprire che non
è così, che sale stampa “ben riscaldate”
al Gemelli non ce ne sono. È la conferma di quello che
dice la pratica di noi giornalisti: sale stampa ci sono nelle
regioni, talvolta nelle province e nei comuni, qualche volta
in questura, dai carabinieri, nei tribunali, ma negli ospedali
no. E credo proprio che al Gemelli, visto che di malati non
c’era solo il papa, non avrebbero gradito avere decine
di giornalisti e operatori (poi centinaia, migliaia) nell’ingresso
o a spasso per i reparti. Così, ahimè, tutta l’argomentazione
di Oliva sui giornalisti fedifraghi fuori dall’ospedale
solo per far bella figura, cade per la falsità della
premessa.
Né sono d’accordo su un altro concetto forte di
Oliva: “Il diritto alla privacy spetta a tutti: anche
al papa”. Non è così. Perché il diritto
alla privacy è inversamente proporzionale alla notorietà
del personaggio trattato. E il papa, che si ritiene nientemeno
che il tramite fra l’uomo e dio, ne ha diritto meno di
tutti.
Il concetto di privacy, così com’è stato
introdotto in Italia, è basato sulla difesa del singolo
cittadino dall’invadenza delle banche dati. Si voleva
insomma impedire che il vostro nome finisse in elenchi venduti
e comprati senza il vostro consenso da commercianti di “mailing
list”. Su questo si è innestato il diritto del
singolo a non vedere sfruttata o comunque male utilizzata la
propria immagine: celebre il caso del tifoso urlante che chiede
e ottiene che la sua immagine non venga più usata come
spot per una trasmissione sportiva.
Di questo concetto si sono impadroniti polizie, carabinieri
e compagnia per tenere più nascoste possibili le loro
indagini (quante volte abbiamo sentito invocare la privacy...
di un morto, in modo da non far sapere se e come è arrivato
all’obitorio) ma in particolar modo i ricchi e i potenti.
Infatti vogliono difendersi dai paparazzi i primi, dai cronisti
i secondi. Ma non dovrebbe essere così: se sei famoso,
vai in tivù, sui palchi di tutta Italia, reciti, balli
o canti e i tuoi amori sono roba da copertina, la tua privacy
è ridotta alle mura di casa. Se sei un calciatore lo
stesso: la mia gamba rotta non conta nulla, quella di un attaccante
sulle cui imprese è basata la performance di una società
calcistica magari quotata in borsa è cosa di tutti. Idem
per un politico: una contravvenzione a me non è roba
da cronaca, una al all’ex-ministro Ferri, quello dei 110
all’ora, sì. Le corna alla moglie da parte di un
privato cittadino sono cosa sua, quelle di un politico difensore
della monogamia no. Peccato, anzi, che in verità oggi
con la scusa della privacy si difenda più il Papa del
marocchino arrestato, più Berlusconi della donna violentata
o abusata, i figli dei piloti di Formula 1 dei ragazzini dei
bassi di Napoli, eccetera. E tanto per fare un esempio se questo
criterio si rivelasse vincente oggi non si sarebbe potuto scrivere
nulla di Bettino Craxi fino alla sentenza definitiva, non si
sarebbe potuto parlare del suicidio di Raul Gardini, non si
sarebbe potuto seguire il processo ad Andreotti e così
via.
Io – lo dico per schierarmi – trovo ogni censura
pericolosa, anche nella trattazione della cronaca. D’accordo,
proteggiamo le figure deboli, le vittime, ma occhio, perché
non sempre il confine è chiaro. E soprattutto se il papa
è stato dato “in pasto alle folle” non mi
pare, come vorrebbe Oliva, che sia diventato “da potente
a vittima”. La spettacolarizzazione era la sua forza e
lo è rimasta. Credo, se mai il suo paradiso lo ha accolto,
che da lì se la rida di un ragionamento come quello di
Oliva, e sia ben contento di essere stato così tanto
seguito e osannato anche in punto di morte.
Cristiano Draghi
(Firenze)
...io
invece ne sono fuori
Sì, è vero, collaboro abitualmente ad “A”
(e anche a Radio Popolare di Milano) e, come se non bastasse,
ho in tasca una tessera da pubblicista da quasi quarant’anni,
ma mi permetto lo stesso di “chiamarmi fuori” da
una categoria professionale con la quale rapporti professionali
non ho, soprattutto tenendo conto della seriosità che,
almeno a giudicare dalla lettera di Draghi, alligna tra i suoi
membri. Quanto al resto, a parte il discorso sulla sala stampa,
sul quale faccio pubblica ammenda, ma che non mi sembra, nonostante
tutto, così dirimente sulla questione, quelle di Draghi
sono opinioni e non posso far altro che ringraziarlo per averle
espresse.
Carlo Oliva
(Milano)
Una
bella, memorabile, giornata piovosa
Mi chiamo Stefano ho 19 anni, da circa 3 anni leggo la vostra
RivistA.
Non mi è mai capitato in questo tempo di trovare circoli
dalle mie parti dove poter condividere con altri le mie idee.
Ma circa due settimane fa, data l’occasione della gita
a Barcellona con la mia classe, ne ho approfittato per seguire
le tracce, poche ma sufficienti, trovate nel libro di Fulvio
Abbate “il ministro anarchico”, per raggiungere
l’unico posto della città dove si può ancora
vedere sventolare la bandiera rossa e nera. Prendendo così
un pomeriggio tutto per me mi recai sotto la pioggia per le
vie strette del centro storico fino ad arrivare alla grande
piazza antistante il museo d’arte moderna, da cui partivano
altre viuzze. In una di queste, in carrer Joaquin Costa, c’è
la libreria La Rosa de Foc, un piccolo locale a pian terreno
tappezzato di libri, e su alcuni di questi si riconoscevano
Malatesta, Bakunin, Durruti e J. Garcia Oliver; al centro seduta
a un tavolo una signora all’apparenza taciturna. Non parlo
castigliano né il catalano però c’ho provato
e così con la scusa del libro, che avevo con me come
guida, abbiamo cominciato a parlare, strano ma non impossibile,
nelle nostre rispettive lingue.
Insegna
davanti ad una sede della Confederacion Nacional del Trabajo
(CNT)
È stata una sensazione mai provata prima, era come
stare a casa, come se conoscessi quella persona da tempo; e
lei sembrava ansiosa di parlare contrariamente a come era apparsa,
senza la minima diffidenza.
Mi ha parlato un po’ della storia di quel libro, dello
scrittore, e gli occhi le brillavano al ricordo di Garcia Oliver.
Quando poi mi disse: “molti compagni come te dall’Italia
passano di qui quando vengono in Spagna” mi si è
aperto proprio un altro mondo, letto solo nei libri, “companeros”
quella parola risuonava nella mia testa, era un sentimento che
aveva tutto il profumo della Libertà che mai nei miei
viaggi ho provato, che improvvisamente ha reso bella quella
giornata piovosa e memorabile la mia visita a Barcellona.
Stefano Pilotto
(Roma)
Saluti alla redazione, con l’augurio di
continuare il buon lavoro finora svolto.
Attenzione
all'integralismo...
Spett. le Rivista Anarchica,
ho avuto occasione di leggere un articolo
a firma di Maria Matteo pubblicato sul Vostro ultimo numero
(maggio 2005) di commento alla recente morte del pontefice Giovanni
Paolo II.
Mi è stato segnalato da un carissimo amico e collega
che frequenta spesso il Vostro sito ed è culturalmente
ed ideologicamente vicino alle Vostre posizioni.
Sapevo o, meglio, immaginavo ovviamente quali sarebbero stati
gli orientamenti espressi ed in genere su quali linee si sarebbe
svolta la riflessione su un evento e su un uomo lontano sideralmente
dal movimento anarchico.
Tuttavia sono ancora stupito ed amareggiato dalla violenza ideologica
gratuita e dal livore contro la religione e le persone di fede
(di qualunque fede), ancora vittime a dir Vostro di quella superstizione
infantile così dura a morire nonostante i duecento anni
di secolarizzazione imperante.
Il tono, lo spirito e la lettera del corsivo mi sono sembrate
così poco rispettose dei sentimenti religiosi di molte
persone e dei loro simboli e figure di riferimento, certo non
condivisibili ma non per questo meritevoli di insulti (irripetibili
le parole sulla sofferenza del papa, sul segno di essa nel corpo
del Cristo e sulla cattiveria di Karol Wojtyla).
Si potrebbe replicare punto su punto inoltre alla serie di inesattezze
e falsità storiche di quanto sostenuto ma non è
forse questo l’intento con il quale ho deciso di scriverVi.
A mero titolo esemplificativo, non mi risulta che vi sia mai
stata alcuna benedizione delle sedie elettriche statunitensi,
parimenti non ricordo (e le fonti storiche non temono di essere
smentite) alcun popolo inferocito contro Pio IX ed il fantomatico
e ridicolo tentativo di buttare la salma nel Tevere avvenne
ad opera di un manipolo di giacobini guidati da Felice Cavallotti
che poco aveva a che fare con la gente di Roma la quale accorse
invece in massa (più di 300.000 persone in una città
che allora arrivava forse a 200.000 abitanti) a rendere omaggio
alla salma del pontefice. La “fuga a San Lorenzo”
(???) altro non fu che l’esecuzione delle ultime volontà
di papa Mastai Ferretti che scelse quella chiesa di Roma come
sua ultima dimora terrena. La Chiesa non ha mai santificato
alcun carnefice di rivoluzionari spagnoli ma al contrario ha
portato sugli onori degli altari 231 martiri inermi massacrati
dal fuoco dei social-comunisti spagnoli. È vero tuttavia
che in quella tragica vicenda e dolorosa pagina vi furono anche
dei cattolici che dall’altra parte si macchiarono di orrendi
delitti ma non furono certo beatificati: la verità storica
e l’onestà intellettuale impongono di saper distinguere.
Poche parole infine sulla presunta benedizione dei massacri
in Jugoslavia (???) ad opera del papa polacco. In quell’occasione
Wojtyla parlò al contrario di “ingerenza umanitaria”
che è cosa ben diversa dall’incensare i cannoni
e che rappresenta sul piano della politica internazionale la
frontiera più avanzata per la difesa dei diritti umani
contro la tirannide e la barbarie prevaricante.
Ma, come detto, non è mia intenzione ribattere punto
su punto a queste argomentazioni quanto sollevare spunti di
riflessione (lo dico senza alcun spirito polemico od apologetico)
verso chi si dichiara campione della libertà individuale
e libero pensatore razionale.
È veramente esempio di libertà di pensiero il
vostro odio innaturale e, mi sia consentito, irridente nei confronti
del sentimento religioso dei credenti, ovvero di centinaia di
milioni di persone (a contare solo i cattolici)?
Avvertire non fastidio ma addirittura livore nei confronti di
chi accetta di stare in coda per ore per salutare la salma di
un papa? Non è questo forse lo stesso fanatismo ed integralismo
che tanto rimproverate alla Chiesa Cattolica ma di segno rovesciato?
La libertà di pensiero che cercate non potrebbe approdare
anche ad una visione religiosa dell’esistenza? E se anche
voi, in maniera pienamente legittima, la negate, non è
segno di apertura mentale e di vera libertà pensare che
qualcuno possa avere idee diverse dalle vostre senza per questo
essere considerato un oscurantista superstizioso dedito all’auto
e all’etero flagellazione nell’esaltazione della
sofferenza?
Non vi sembra che paradossalmente abbiate ricreato in senso
materialista, razionalista e laicista lo stesso mostro che volevate
distruggere, ovvero l’integralismo e l’assolutismo
negatore della libertà?
Non condivido niente di ciò che dite e che scrivete ma
sono contento che anche voi possiate liberamente e legittimamente
dire la vostra. Ve la sentireste di affermare lo stesso nei
confronti della stampa cattolica? Buone riflessioni e un saluto
a tutti!
Roberto Caria
(via e-mail)
...sì,
ma contro il clericalismo
Non è nostra intenzione ribattere qui alle critiche
e alle argomentazioni specifiche del lettore. Se vorrà,
potrà farlo con assoluta competenza l’autrice dello
scritto contestato, la nostra collaboratrice Maria Matteo. Pubblichiamo
alcune considerazioni di un nostro redattore.
Colgo l’occasione della lettera di Roberto Caria per
dire qualcosa di “nostro” sull’argomento:
nostro nel senso di mio e di quanti so condividere nella sostanza
il mio approccio. Anche su questo tema, infatti, esistono tra
gli anarchici opinioni e sensibilità anche molto distanti
tra di loro.
Noi non siamo religiosi, nel senso che comunemente si dà
al termine: non facciamo parte di alcuna chiesa o gruppo religioso,
non crediamo nel Dio delle scritture né siamo appassionati
alle questioni religiose in generale. Siamo atei, ma cerchiamo
di non fare dell’ateismo una… religione capovolta.
Abbiamo letto “Dio e lo stato” di Bakunin, i tanti
opuscoli editi da Franco Leggio (del tipo “Le dieci prove
della non-esistenza di dio” e similari), ci siamo abbeverati
da giovani alle numerose fonti di derivazione illuministica
sulle negatività delle religioni, ecc. Oggi ci interessano
ancora, ma ci ispirano meno, molto di meno. Il nostro pensiero
si è fatto più aperto, meno dogmatico (anche in
senso ateistico). Il fatto è che la scelta religiosa
ci appare sempre più una cosa a metà tra il fumoso
(e noi, diceva Errico Malatesta proprio in una polemica sull’argomento,
di fumo non ne insacchiamo) e il personale.
Più che la polemica anti-religiosa, ci interessa –
sempre se portata avanti con equilibrio e con rispetto per la
libertà di chiunque di pensarla come vuole – la
polemica anti-clericale, la lotta contro lo strapotere clericale.
Polemica e lotta che in Italia significano innanzitutto contrasto
alle pretese egemoniche e liberticide della Chiesa cattolica.
Qui non è questione di dio, angeli e paradiso. Qui si
tratta di difendere, almeno, quel che resta delle vecchie e
sane libertà individuali e sociali, contro ogni concezione
di Stato etico. Si tratta di ricacciare, per quanto possibile,
lo Stato e le sue leggi fuori dalla camera da letto, da tutte
le stanze delle nostre abitazioni, dalla nostra vita quotidiana.
Al nostro fianco ritroviamo, sempre meno numerosi, i difensori
democratici dello Stato laico, della rigida distinzione tra
Stato e Chiesa: liberali, radicali, liberi pensatori, socialisti
vecchio stile, ecc.
Stato o non Stato, sentiamo un’irrefrenabile bisogno di
libertà, individuale e sociale, e poi la necessità
della denuncia e di un’opposizione alla cloroformizzazione
della società operata dalla Chiesa cattolica e dal suo
gigantesco apparato propagandistico, per niente contrastato,
anzi decisamente rafforzato, dall’opera della “sinistra”
sia riformista sia radicale – che, a parte alcune nobili
ma piccole eccezioni, si adegua alla retorica ufficiale. Vedasi
il gigantesco spot pro-Chiesa giocato sui mass-media prima con
la morte di Giovanni Paolo II poi con l’elezione del riciclato
Ratzinger (passato in pochi giorni da esponente conservatore
e reazionario qual è a nuovo idolo buonista da omaggiare
e osannare ad ogni piè sospinto).
Per quanto riguarda noi anarchici, stia tranquillo il lettore.
Non siamo mossi da violenza ideologica gratuita o da livore
contro la religione e le persone di fede. Anche quando la nostra
critica è forte e dura, non viene mai meno il rispetto
per l’individuo e per la sua libertà. O almeno,
cerchiamo di comportarci così anche quando non è
facile, in una società che da duemila anni è pesantemente
condizionata dalla volontà egemonica e dall’intolleranza
quotidiana delle gerarchie ecclesiastiche.
Paolo Finzi
I
nostri fondi neri
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Sottoscrizioni.
Albino Trucano (Borgiallo) 10,00; Aurora e Paolo (Milano)
ricordando Umberto Marzocchi nel 19° anniversario
della scomparsa, 500,00; Antonio Pennisi (Acireale)
20,00; a/m Cesare V., Rocco, Manuela e Alessio (Settimo
Milanese) 15,00; Antonio D’Errico (Milano) 10,00;
Roberto Malnati (Malnate) 20,00; Renzo Adriano Zella
(Montagnoso) 10,00; Andrea Cassiol (Cesio Maggiore)
30,00; Roberto Colombo (Boffalora Ticino) 7,00; Medardo
Accomando (Manocalzati) 20,00; Marco Cella (Saronno)
10,00; Dario Bernardi (Milano) 10,00; Giampaolo Verdecchia
(Firenze) 20,00; Franco Cappellacci (Marotta di Fano)
10,00; Alessandro Natoli (Cogliate) 14,00; Salvatore
Piroddi (Arbatax) 10,00; Mario Leo Morabito (carcere
di Napoli-Secondigliano) 53,00; Giuseppe Ceola (Malo)
20,00; Lucio Brunetti (Campobasso) 10,00; Juan Manuel
Carmine (Bigorio – Svizzera) 5,00; Massimiliano
Leombruni (Faloppio) 10.00; Cariddi Di Domenico (Livorno)
ricordando Foffo, 70,00; AB (Milano) 9,50.
Totale euro 893,50.
Abbonamenti sostenitori.
Enrico Calandri (Roma) ricordando Franco Serantini,
100,00; Livio Balestra (Nizza – Francia) 100,00;
Franco Cappellacci (Marotta di Fano) 100,00; Davide
Tornaghi (Milano) 100,00; Fabrizia Golinelli (Carpi)
150,00.
Totale euro 550,00.
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