Sono poche le bandiere
statunitensi appese fuori dalle case nel piccolo stato del
Vermont. A differenza del resto degli USA, in questo stato
distante dieci ore di treno da New York e confinante con il
Canada, i 500.000 cittadini e cittadine estremamente gentili
e ospitali sembrano quasi vergognarsi del governo federale.
Non solo le manifestazioni contro Bush qui non mancano proprio,
ma quello che caratterizza questo stato è la democrazia
diretta. Orgogliose di essere state le prime a cacciare i
britannici, le terre del Vermont furono tra le principali
a ricevere il movimento libertario di ritorno alla terra degli
anni settanta. La sua capitale è Montepelier con soli
5.000 abitanti; la città più grande è
Burlington che ne ha 50.000: è in questa dimensione
umana che si esercitano le assemblee del paese dove i cittadini
e le cittadine veramente possono decidere. Non so quanto questo
sia un mito quanto una realtà certo è che sono
molti i comuni che, grazie alle assemblea di piazza, hanno
detto di no all’agricoltura OGM. Questo almeno mi racconta
Brian Tokar, il coordinatore del programma sulle biotecnologie
dell’Istitute for Social Ecology (ISE).
Fondato nel 1974 da Murray Bookchin e Daniel Chodorkoff, l’ISE,
formato da due costruzioni contenenti uffici, biblioteca e
alcune sale, ai margini di un bosco di larici vicino a un
laghetto, organizza ogni estate dei seminari per giovani studenti
ed è luogo di produzione culturale anarchica di primo
piano in Nord America. L’ISE è impegnato nella
trasformazione sociale ed ecologica della società studiando
il capitalismo sia negli aspetti globali sia nelle sue ripercussioni
nella vita quotidiana. L’ISE è una scuola dedicata
allo studio dell’ecologia sociale, un campo interdisciplinare
tra la filosofia, la teoria politica e sociale. Ogni estate
si ritrovano qui circa 300 studenti per lo più statunitensi
ma provenienti anche da altri paesi, dormono in tende nel
bosco vicino all’edificio. I programmi sono anche riconosciuti
come crediti universitari a diversi livelli.
Due libri di Murray Bookchin,
sull'ecologia sociale, editi da Elèuthera
Corsi
e programma dell’Istituto
Un apposito programma estivo articola i temi della ecologia
sociale, aggiornandola alle questioni attuali. Il programma
estivo presenta diversi corsi specifici. Un primo corso della
durata di tre settimane punta a discutere e mettere in pratica
i principi dell’ecologia sociale attraverso lo studio
e anche la stessa costruzione effettiva di tecnologie appropriate
alternative, attraverso una mescolanza di lezioni teoriche
e pratiche. Qui si studiano le foreste, l’alimentazione
e l’uso ecologico della terra.
Un altro corso della durata di una settimana, caratterizzato
sempre dall’alternanza di laboratori pratici e teorici,
analizzerà l’arte come strategia di espressione
comunitaria. L’artista diventa qui il facilitatore di
un processo partecipato e i laboratori producono pupazzi per
manifestazioni, esperienza di cultural jamming, ecc... È
un’altra occasione per riflettere sull’educazione
popolare e imparare come l’arte sia un metodo di intervento
politico nel rafforzamento dei legami comunitari. E sono infatti
spesso proprio alcune comunità del Vermont a offrire
occasioni per spunti pratici.
Infine il corso sulla ecologia sociale racchiude al suo interno
tantissime questioni. Per capire meglio in cosa consista l’ecologia
sociale occorre fare riferimento in modo, seppure molto sintetico,
al pensiero di Murray Bookchin. Benché costituisca
la principale attività, il programma intensivo estivo
non è comunque l’unica del centro fondato da
Murray Bookchin. Vi è infatti un programma annuale
con riconoscimento universitario a diversi livelli, un programma
di studio e intervento politico sulla biotecnologia e infine
una serie di conferenze durante il resto dell’anno dall’autunno
alla primavera su temi che spaziano da Bob Marley al giardinaggio
e dalla letteratura ai movimenti di liberazione del Sud del
mondo.
Del suo attualmente ultranovantenne ma sempre lucido fondatore
e attuale direttore emerito, Murray Bookchin, esistono tradotti
in italiano alcuni libri importanti: I limiti della città
(Feltrinelli, 1975), Post-scarsity Anarchism (La
Salamandra 1980), L’ecologia della libertà
(Elèuthera 1982), Per una società ecologica
(Elèuthera 1989), Democrazia diretta (Elèuthera
1994). È specialmente in Post-scarsity Anarchism
e L’ecologia della libertà che vengono
delineati i fondamenti dell’ecologia sociale, una disciplina
in costante rinnovamento, parte fondamentale dell’attuale
corso intitolato “Rifare la società”.
Bookchin crede in un mutamento radicale capace di attualizzare
le potenzialità di dissoluzione della società
gerarchica. L’ecologia sociale è disciplina che
spazia tra la biologia, l’economia, la psicologia, la
filosofia, l’antropologia, il femminismo, la storia,
le scienze naturali e la pedagogia. Vede nel dominio dell’essere
umano sulla natura un riflesso delle gerarchie umane: gerontocrazia,
patriarcato, signoria. La prospettiva di Bookchin è
decisamente anarchica: il parlamentarismo è moralmente
dannoso nel migliore dei casi e del tutto corrotto nel peggiore.
Il parlamentarismo mina infatti la partecipazione politica
nel senso antico: gestione della polis, faccia a faccia. Un
primo termine chiave dell’ecologia sociale è
la gerarchia, che Bookchin contrappone a Stato e Classe: essa
è infatti più profonda e include quindi anche
il dominio dell’uomo sulla donna, del vecchio sul giovane,
della tecnologia sulla natura, della città sulla campagna,
della mente sul corpo.
In queste opere Bookchin cerca anche di tracciare una storia
e capire i motivi che hanno condotto nel genere umano alla
creazione di gerarchie. In questa prospettiva Bookchin riprende
Kropotkin e aggiorna il suo mutualismo con le recenti teorie
biologiche sulla simbiosi. In natura non esistono specie superiori
e inferiori, ma solo catene alimentari. L’ecosistema
è circolare, mai piramidale e comunque la predazione
non è il solo legame tra le specie. Anzi le piante
e gli animali si adattano continuamente in un inconscio aiuto
reciproco. L’ape regina e il lupo cattivo sono solo
giudizi antropomorfici tendenti a naturalizzare l’ordine
del dominio umano. Il pensiero ecologico ha una forte carica
utopista: “Se non faremo l’impossibile ci troveremo
di fronte l’impensabile”.
Economia
morale
Sono questi e molti altri gli aspetti di un campo del sapere
assolutamente interdisciplinare e ancorato in un’etica
e in una pratica politica anarchica di municipalismo basato
sulla democrazia diretta. Non quindi una dottrina ma un campo
del sapere che serve da orizzonte per la formazione di giovani
impegnati nei movimenti sociali.
Con la recente nomina di Claudia Bagiackas come direttora
esecutiva acquistano maggior risalto altri due temi cardini
della riflessione che si è svolta nell’ISE dal
1974: il femminismo e l’educazione popolare. Claudia
ha infatti studiato pedagogia libertaria per oltre venticinque
anni in molti paesi (tra cui la scuola Montessorri in Italia).
L’ecologia sociale promuove una politica direttamente
democratica e confederale. Come corpo delle idee, l’ecologia
sociale prevede un’economia morale che si muove oltre
la scarsità e la gerarchia verso un mondo che completamente
celebra la diversità. L’ISE è stato un
pioniere nell’esplorazione e costruzione di mezzi ecologici
compatibili con un uso ecologico della terra. L’ISE
si sforza di essere un agente di trasformazione sociale e
per oltre 28 anni ha spesso preceduto riflessioni e pratiche
usate dai movimenti, basti pensare a quanto poco fosse presente
la riflessione femminista e ecologista nei movimenti sociali,
riflessioni che, nel movimento libertario, nel migliore dei
casi erano di nicchia e comunque slegate da prospettive di
cambio radicale dell’intera società. La crisi
ecologica in cui ci troviamo oggi immersi è globale,
le risposte delle istituzioni politiche sono inadeguate e
il destino della nostra biosfera è in grave pericolo.
Ogni anno si ritrovano, provenienti da vari paesi, studiosi/e
e attivisti/e libertari/e che credono che possiamo e dobbiamo
articolare una prospettiva sociale coerente che renda possibile
una nuova società ecologicamente sana, per disarticolare
localmente l’incubo di questa globalizzazione che perpetua
e rinforza le gerarchie di tutti i tipi. L’ecologia
sociale suggerisce che le soluzioni alla crisi ecologica richiederanno
un nuovo metodo di vita sociale basato sulle comunità
umanamente regolate, decentralizzate, democratiche. Vivere
un periodo in questa società e provare a rifarla con
le proprie mani è quanto il centro ogni anno ripropone.