Iniziamo con qualche notizia biografica (la sua attività
di docente, di scrittore…). In quali circostanze la
sua famiglia è arrivata a Venezia?
Sono nato in una famiglia di sopravvissuti al Primo Genocidio
del Ventesimo secolo. I miei nonni venivano da parte di mio
padre dalla città di Sivas e quelli di mia madre dalla
città di Erzurum, entrambi situati in Anatolia, nell’Armenia
Occidentale con una forte presenza armena, annientata durante
il Genocidio perpetrato dal governo Ottomano dei Giovani Turchi
nei confronti della popolazione armena di cittadinanza ottomana
fra gli anni 1915-21. Attualmente in tutte due le città
non esistono più armeni, come in tutta l’area
circostante dell’Armenia Storica.
Successivamente, dopo il Pogrom del 1956 contro i greci e
il golpe militare del 1960, le minoranze in Turchia non avevano
più un futuro garantito. Nel 1966, i miei genitori
mi hanno mandato, da solo a Venezia, avevo 12 anni, dove allora
esisteva ancora un Collegio Armeno e dove ho finito le medie
e il liceo. In seguito ho frequentato l’Università
Cà Foscari, subito dopo la laurea, ho iniziato ad insegnare
prima nel Liceo Armeno e di seguito presso l’Università
Statale di Milano, la lingua armena. Fra gli anni 1999-2005
ho avuto anche un incarico di insegnamento di Lingua e Letteratura
Turca presso l’Università di Lecce, in quanto
sono specializzato sia nella Storia Medio Orientale che in
Lingua e Letteratura Turca.
Il genocidio subito dagli Armeni è ancora argomento
attuale di discussione e polemiche. È possibile quantificare
il numero delle vittime? Quali metodi ha usato lo stato turco
per operare questo sterminio?
Ovviamente chi organizza scientificamente un genocidio tenta
di cancellare non solo le tracce ma anche gli indizi. Nel
caso della Amministrazione Ottomana gli “indizi”
sono rimasti indirettamente, attraverso la documentazione
degli archivi ottomani, la documentazione del Patriarcato
Armeno di Istanbul e soprattutto come fonte imparziale, le
relazioni dei Consoli Generali e degli Ambasciatori dei paesi
occidentali (in modo particolare di quelli degli Stati Uniti,
Russia, Germania, Italia, Francia , Inghilterra) e la documentazione
delle missioni religiose operanti sul territorio Ottomano
abitata dagli Armeni. Almeno un milione e cinquecentomila
armeni secondo questi dati sono periti e circa altrettanti
sono stati sradicati dal proprio territorio, sparpagliati
nei diversi paesi del mondo formando la nuova Diaspora Armena,
che oggi è più numerosa degli abitanti della
Repubblica dell’Armenia. Per quanto riguarda le polemiche,
io penso che siano diventate in mano al governo della Turchia
un metodo per rinviare una seria discussione e la nascita
di un pacchetto di soluzioni accettabili da tutte e due le
parti. Capisco le difficoltà dei dirigenti turchi;
purtroppo per decenni hanno mentito al proprio popolo, raccontando
menzogne non soltanto riguardo alla questione armena ma per
tutte le questioni storicamente importanti della nazione turca
degli ultimi due secoli. Fanno parte di questa sfilza di bugie
piccole e grandi la questione cipriota, quella kurda, quella
dei diritti umani, la situazione sociale ecc., ecc. Adesso
però si sentono costretti ad aggiustare la mira ma
ovviamente con molte difficoltà; il popolo turco è
più informato inizia a distinguere il vero dal falso.
Non si può, per es., risolvere la questione kurda dicendo
che i genitori del Presidente Abdullah Ocalan erano di origine
armena…i primi a non accettare più questa tragicommedia
sono proprio i turchi.
Mappa dell’attuale
Armenia
Cosa rappresenta l’attuale stato dell’Armenia.
È stato in grado di salvaguardare la cultura, la lingua,
l’identità?
L’Armenia, nata nel 1918 e dal 1920 facente parte dell’ex
Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, è diventata
un paese indipendente nel 1991. È situata su un decimo
del suo territorio storico, è la periferia di se stessa.
Questo piccolo paese, subito dopo la sua formazione , prima
ancora di guarire dalle ferite profonde del Genocidio, ha
dovuto sopportare anche il peso enorme della Seconda Guerra
Mondiale, a fianco delle forze sovietiche , perdendo altri
250 mila dei suoi migliori figli. Gli armeni, in proporzione
al loro numero, sono stati la popolazione sovietica che ha
dato il maggior numero di ufficiali, decorati e Eroi dell’Unione
Sovietica. La salvaguardia della cultura e della lingua è
sempre stata una irrinunciabile priorità per gli armeni,
assieme alla propria complessa identità. La nazione
armena, preparata ed aperta all’integrazione, non ha
però mai perso la propria cultura di appartenenza,
anche quando ha dovuto lasciare la propria casa ed allontanarsi
dalla terra dei propri padri. Lo stato dell’Armenia
e le organizzazioni culturali della Diaspora sono stati complementari
in questa opera colossale di salvaguardia della propria identità
nazionale.
Qual è la situazione della diaspora armena (sia nel
mondo che nel Veneto, a Venezia in particolare…)?
La Diaspora Armena è molto vasta, in quanto frutto
del Primo Genocidio del XX secolo e della conseguente deportazione
dei sopravvissuti. Per parlare dei grossi numeri posso dire
che in Francia vivono circa mezzo milione di Armeni, negli
USA più di un milione, in Russia due milioni e a Istanbul
in Turchia sessantamila persone. In Italia siamo circa 3.000
e nel Veneto non superiamo le 300 anime, a Venezia meno di
100. Comunque vorrei ricordare che indipendentemente dalla
quantità, Veneto e Venezia sono stati sempre dei centri
importantissimi per l’armenità intera. I primi
Armeni vennero già nel XII secolo a Venezia, come già
nel 1299 i Veneziani avevano un Bailo nel Regno Armeno di
Cilicia, il primo Libro armeno a stampa è stato pubblicato
nel 1512 a Venezia, la più grande Congregazione Armena
della storia Culturale degli armeni ha tutt’ora sede
sull’Isola di San Lazzaro nella maestosa Laguna di Venezia.
Dal 1836 al 1996 è esistito il Collegio Armeno Moorat-Raphael
di Venezia che ha forgiato tutti i migliori intellettuali
armeni per più di un secolo e mezzo, sia per l’Occidente
che per l’Oriente.
Oggi gli armeni della Diaspora hanno decine di organizzazioni
Culturali e politiche, sono impegnati individualmente nell’arte,
nella cultura , nella politica , nelle professioni dei rispettivi
paesi d’adozione. Nel Veneto per esempio sono molto
famigliari i cognomi: Babighian, Arslan, Gianikian, Zekiyan,
Pazargiklian, Mildonian, e tanti altri, stimati medici, intellettuali,
architetti, studiosi, economisti, ecc.
Ahmed
Gemal, triunviro dei “Giovani Turchi”, all’epoca
del genocidio
Il Parlamento curdo in esilio ha pubblicamente riconosciuto
le responsabilità dei Kurdi nel genocidio degli Armeni.
Quali furono le circostanze di questa complicità con
lo stato turco e qual è l’importanza di questa
dichiarazione?
L’Impero Ottomano si è sempre servito di gruppi
sotto il suo controllo, per aizzare questi contro un’altra
minoranza, sia nazionale che religiosa.
L’organizzazione feudale dei Kurdi ha fatto sì
che l’imput del governo centrale Ottomano trovasse presto
presa su una parte della popolazione che doveva obbedienza
cieca al capo villaggio. Inoltre le proposte allettanti fatte
ai Kurdi che avrebbero potuto impossessarsi dei beni degli
armeni, comprese le donne (nella loro mentalità anch’esse
facenti parte dei beni) ha fatto il resto. Non è un
caso che quasi tutti i miei amici kurdi abbiano almeno una
nonna di origine armena e che continuino a chiamarmi “dayi”,
parola turca che indica lo zio da parte della mamma.
In seguito i kurdi hanno avuto nell’Armenia un grosso
alleato. A Yerevan, capitale della Repubblica Armena, esiste
tuttora un istituto rinomatissimo di studi kurdi, un teatro
in kurdo e una radio in lingua kurda. Tutto questo quando
in Turchia, dove almeno un quarto della popolazione è
di origine kurda, solo la pronuncia del nome “kurdo”
o della parola “Kurdistan” significava essere
sbattuti in galera senza un processo ed essere tacciati di
separatismo o peggio ancora di terrorismo. A me personalmente
fa molto piacere il pronunciamento del Parlamento Kurdo in
Esilio, il rammarico sincero per il Genocidio degli Armeni,
ma tanti altri armeni si aspettano una posizione più
chiara da parte dei Kurdi. Una esplicita autodenuncia della
loro complicità diretta; solo così la verità
verrebbe in superficie e la giustizia potrebbe trionfare.
Altrimenti questa dichiarazione rischia di diventare uno dei
tanti proclami fatti da numerosi parlamenti dell’Europa
e del Mondo che presentano dopo 90 anni il loro “dispiacere”
per un fatto “increscioso”, certe volte senza
nemmeno indicare chiaramente il responsabile e condannare
apertamente la Turchia. Il cambio di regime o gli interessi
concreti di oggi non possono indurci a digerire l’indigesto.
Che senso avrebbe oggi condannare l’Olocausto, esternare
il nostro dispiacere senza citare che c’è stato
un regime nazista e uno stato scellerato che ha scientificamente
organizzato l’annientamento del popolo ebraico?
Enver
Pascià, triunviro dei “Giovani Turchi”,
all’epoca del genocidio, in seguito sconfitto e ucciso
dai bolscevichi
Ha detto che il genocidio degli Armeni è stato il primo
caso (per il XX secolo) in cui uno stato fece massacrare milioni
di suoi cittadini…
I Giovani Turchi, nazionalisti, che avevano preso il potere
nello stato Ottomano, scossi all’inizio del XX secolo
dalle grosse perdite di territori e conseguente potere, hanno
creduto che salvando la parte essenzialmente “turca”
dell’Impero Ottomano, potevano sopravvivere al proprio
sogno di panturchismo e di panturanismo e conservare quello
che rimaneva dal vasto impero plurinazionale e multietnico.
Si tratta di una questione, oltre che morale ed etica, soprattutto
tecnicamente giuridica: l’assassinio di una intera nazione.
Ed è proprio per questo motivo che i giudici turchi
della corte marziale che portò in giudizio i dirigenti
politici del Comitato Unione e Progresso (Giovani Turchi)
e i capi militari del periodo di guerra, li accusarono il
26 aprile 1919, di “deportazioni... e sterminio di tutto
un popolo che costituiva una comunità distinta”.
Dopo tre mesi, il 19 luglio 1919, il verdetto della corte
marziale condannò a morte in contumacia i principali
dirigenti dell’epoca (tra loro i triumviri Taalat Pascià,
Enver Pascià e Ahmed Gemal) e a 15 anni personaggi
ritenuti di secondo piano. Oggi, con il senno di poi, possiamo
affermare che non c’è stata una sufficiente memoria
storica nel condannare questo Genocidio, altrimenti fatti
tragici del genere non si sarebbero ripetuti durante gli anni
bui del secolo appena passato anche nei confronti del popolo
ebraico…
Ha anche detto che la questione non è solo quella degli
Armeni, dei Kurdi, di Cipro… ma è la Turchia
ad essere in crisi (economica, sociale…). Potrebbe ampliare
questo concetto?
Come tutte le nazioni in crescita rapida anche la Turchia
sta vivendo i guasti del capitalismo sfrenato. Io non sono
un economista, posso solo constatare quello che vedo passeggiando
nelle vie della città dove sono nato, Istanbul. Esistono
due economie quella interna in lira turca e quella esterna
in dollari o in euro. La gente arranca per arrivare alla fine
della giornata in una situazione confusa ed economicamente
molto precaria. I giovani non hanno prospettive; non aggiungerei
la situazione dell’Anatolia che per errori di valutazione
economica è stata completamente svuotata dei suoi abitanti
e della propria produzione agricola, essenziale per il paese.
Fino a un ventennio fa la Turchia era un paese assolutamente
autosufficiente per il suo approvvigionamento alimentare;
oggi è normale acquistare in negozio un pollo ungherese,
burro tedesco e frutta che arriva da altri paesi mediterranei.
Malgrado l’esportazione si faccia ormai con parametri
e prezzi internazionali (e di conseguenza anche l’importazione),
l’operaio continua ad essere retribuito con parametri
“locali” assolutamente insufficienti per far fronte
alla propria vita quotidiana. Questa situazione potrebbe creare
a medio termine guasti significativi e preoccupanti nella
sfera sociale del paese.
Taalat
Pascià, triunviro dei “Giovani Turchi”,
all’epoca del genocidio
Dovendo fare una richiesta al popolo turco…
I turchi sono un popolo mite e buono; questa loro eccessiva
bontà ha fatto sì che numerosi capi , anche
nella storia recente, abbiano potuto manipolare i sentimenti
nazionali e soprattutto religiosi della popolazione, creando
situazioni inaccettabili per il futuro. Personalmente chiederei
di essere più coraggiosi nel fare ordine nei loro armadi
storici, tirando fuori tutti gli scheletri scomodi. Sono una
grande nazione, non devono temere le conseguenze, che saranno
sicuramente più edificanti della attuale situazione,
di questo continuo nascondersi dietro un dito. I principali
popoli con i quali hanno avuto epiloghi tragici sono tutti
loro vicini,sono popoli con cui hanno vissuto lunghi periodi
di pace e di prosperità. E pensare che loro stessi
chiamavano gli armeni, Millet-i Sadika (popolo fedele). Si
deve ricominciare da quel punto…