Rivista Anarchica Online


testimonianze

Vivere da anarchici
di David Koven

 

L'opposizione alla Seconda Guerra Mondiale, la scuola libertaria di Stelton, l'impegno antimilitarista e anarchico, l'arte…. Giunto a 87 anni, un anarchico statunitense ripercorre le tappe della sua vita ed espone le sue idee.

 

Quando avrò finito di scrivere queste pagine, avrò ormai festeggiato il mio ottantasettesimo compleanno (11 settembre 2005). Fin dagli anni trenta ho aderito al movimento anarchico, perché lo consideravo, e lo considero ancora, la migliore alternativa alle interdizioni politiche che dominano il mondo oggi. Come potete immaginare, la mia personalità e la mia esistenza sono state profondamente influenzate da queste convinzioni e da uno stile di vita anarchico. Cercando di pensare ai temi da affrontare suggeriti dalla redazione, penso che in realtà, invece di una pedante analisi di una delle vostre proposte, preferirei ragionare e dialogare su vari argomenti. Allora, cominciamo!

La cultura pop

Ne so davvero poco, sulla cultura pop di oggi, se non per certe immagini volgari che si vedono alla televisione. Ho trovato irritante il “rap” fin dal suo primo apparire e la pseudo-musica che lo accompagna: mi pare troppo violenta, antifemminista e non vera musica. È soltanto ritmo, senza melodia. Io sono un cultore della musica classica e del jazz, e un ritmo che non contiene melodia mi lascia completamente freddo. Oggi, quando osservo ballare i giovani, che saltellano a tempo uno davanti all'altro senza toccarsi, resto sconcertato. Ai miei tempi, ballando al ritmo di una melodia jazz, nella coppia nasceva un caldo legame. Ci tenevamo abbracciati, riconoscevamo la nostra natura di esseri umani, e ci muovevamo con grazia, certe volte addirittura cantando le parole poetiche delle melodie su cui danzavamo. Teoricamente spettava all'uomo guidare, ma la donna aveva almeno un ruolo di parità nella coppia. L'eleganza e la bellezza dei movimenti che ci univano al compagno o alla compagna, ci colmavano di piacere.
È indubbio che il ballo avesse una forte componente sessuale, ma le sensazioni erano reciproche nella coppia. In un certo senso, era per noi un mezzo per superare gli atteggiamenti sessualmente negativi di questa società. Oggi osservo la gente che balla e non ci vedo niente di espansivo, niente che sia capace di unire. Nel migliore dei casi, può essere una forma di masturbazione solitaria. Ricordiamoci che i nostri sensi, la nostra sessualità sono forze vitali, che dobbiamo considerarli nella loro reciprocità, che il nostro compagno o la nostra compagna ne ricavano lo stesso nostro piacere.

L'ambiente

In questo mondo dominato dai soldi e dal potere, la mia paura è che il pianeta non resti abitabile per più di un centinaio d'anni. Entro un secolo la corruzione del nostro ambiente avrà reso il mondo invivibile. Quello che faccio proprio fatica a capire è come mai questo semplice fatto non riescano a vederlo i politici e i poteri finanziari che essi rappresentano. A conti fatti, sono esseri umani come noi, hanno famiglie, figli, un passato e, si spera, un futuro. Ma una patologica brama di denaro e di potere impedisce loro di vedere la realtà (forse il loro interesse nei viaggi spaziali è un riflesso della speranza di riuscire a sottrarsi alla catastrofe incombente).

Razza e divisioni etniche

Io sono cresciuto a Brownsville, un quartiere ebraico di Brooklyn, e sono convinto che, anche se c'è stato qualche miglioramento nelle relazioni tra la gente, restino forti dubbi sul fatto che ci sia stato un deciso progresso per la vita di persone di diverse razze ed etnie, rispetto ai borghesi degli strati medi e superiori. Per esempio, cito questo passo di una newsletter del Southern Poverty Low Center, un'organizzazione che lavora per favorire la tolleranza e combattere i pregiudizi razziali ed etnici.

Ci sono oltre 700 gruppi che se la pigliano con gli ebrei, i neri, i gay, gli immigrati… ci sono oltre 450 siti web di questo genere… il sito White Crusader for Youth si rivolge ai ragazzi perché aderiscano alla “Guerra Santa della Razza”… un altro, Viking Youth, esalta Hitler come un grande eroe. “The Radical Religious Right” [La Destra religiosa radicale] è un gruppo che predica l'intolleranza, che esercita la violenza a scuola per impedire l'educazione alla comprensione reciproca. I vigilantes bianchi, danno la caccia, armati, agli emigranti messicani lungo il confine e ora a questa caccia si uniscono i neonazisti.

I ghetti abitati dalle comunità nere e latinoamericane, infestati dalla violenza, non sono molto cambiati da come li ricordo da bambino cresciuto in un sobborgo di Brooklyn. Il pregiudizio razziale ed etnico non è scomparso. Mi ricordo di avere discusso con un amico nero, quand'ero un adolescente, sulla violenza che era così diffusa a quei tempi. Lui mi disse: “Se pensi che non sopravvivrai molto più di vent'anni, fai di tutto per accumulare tutto il denaro e il potere che puoi fin da subito”. Il ghetto in cui sono cresciuto era dominato dalla mafia ebraica, “Murder Inc.”, che si strutturava reclutando i giovani che pensavano di non avere un futuro ed erano così spinti a ricorrere alla violenza per raggiungere le ricchezze e il potere promessi loro dai boss mafiosi.

Venezia 1984. David Koven (a destra) assieme a
Attilio Bortolotti (dal libro fotografico “Ciao anarchici”)

Religione

Ricordo di essere diventato agnostico quando avevo circa dodici anni. Un gruppo di noi ragazzi sedeva sui gradini della sinagoga locale e discuteva di religione. Ricordo di avere detto agli altri che mi stavano vicino: “Se ci fosse un Dio e tollerasse di farci vivere in queste condizioni, dovremmo sbarazzarci di Lui.” Per la maggior parte, le religioni del mondo sono forti nelle zone dove la gente è povera, ignorante, senza speranza di un futuro decente e influenzata dalla visione della splendida vita a venire che gli ortodossi promettono dopo la morte.

La mia via verso l'anarchismo

Quando avevo sedici anni, le mie convinzioni si radicalizzarono. Avevo aderito alla Young Communist League, indotto a farlo osservando come si comportavano i ragazzi un po' più grandi di me della sezione della YCL del mio quartiere. Quando la polizia sfrattava gli inquilini dagli appartamenti e scaricava mobili e cose in strada, perché non riuscivano a pagare l'affitto, quei ragazzi decisi sfidavano la polizia e riportavano gli sfrattati nelle abitazioni. All'epoca la YCL era abbastanza democratica, ma poi lo fu sempre meno e non era più permesso fare critiche su tutto quello che combinava Stalin. Ne rimasi deluso: la sinistra fu una delusione. Dopo che avevo lasciato l'organizzazione, certi giovani della YCL che erano stati miei amici, quando mi vedevano passare attraversavano la strada per non salutarmi ed evitare di parlare con me. Qualche tempo dopo, un giorno che me ne andavo in giro per il quartiere, incontrai un gruppo di giovani anarchici. Parlai con loro per un po', mi accorsi che avevano un carattere appassionato, e cominciai a frequentarli. Le loro opinioni sull'anarchia crearono un rapporto e mi portarono a un impegno che sono durati per tutta la vita.
Non avevo avuto un'istruzione tradizionale, perché trovavo noiosa la scuola pubblica e avevo faticato a prendere il diploma delle superiori. Per fortuna, a un paio d'isolati da dove abitavo con la mia famiglia c'era una biblioteca pubblica: fu lì che mi sono formato. Ero un lettore vorace. A causa della Depressione, della povertà della mia famiglia, della morte precoce di mio padre, avevo cominciato a fare qualsiasi lavoro mi capitasse fin da ragazzo. Credo che tutti questi fattori abbiano fatto sorgere in me la convinzione di riuscire a fare qualunque cosa fossi chiamato a fare. Di lavori ne ho fatti di ogni genere e tipo. La fortuna più grossa è stata di trovare un impiego nella Jersey Central Railroad verso la metà degli anni trenta. Prima ci ho lavorato come itinerante, nella manutenzione, rimettendo in sesto le vecchie locomotive che non erano più utilizzate dalla fine della Grande Guerra, e poi come fuochista (erano i vecchi tempi delle macchine a vapore). Era un lavoro che mi piaceva tanto e che mi faceva guadagnare quanto bastava per mantenere me e la famiglia, quando mi resi conto che era il momento di andare a stare per conto mio.
Il mio rapporto con i giovani anarchici aveva intanto inciso profondamente sul mio modo di pensare. Con lo scoppio della guerra e la mia relazione con Audrey Goodfriend, una giovane anarchica figlia di anarchici, io/noi prendemmo una posizione anarchica pacifista, convinti che “non si deve uccidere per costruire una società libera”. Eravamo convinti poi che Adolf Hitler fosse una creatura dei politicanti inglesi e americani, che volevano creare una zona cuscinetto per proteggere il capitalismo britannico e americano dall'immaginata minaccia del comunismo stalinista. Quando l'ho conosciuta, Audrey lavorava nella redazione della rivista anarchica contro la guerra Why?, che poi prese il nome di Resistance. Era uno dei pochi periodici contrari al conflitto pubblicati negli Stati Uniti, e anch'io collaborai ben presto alla sua uscita.

Alternative

Convinti com'eravamo che una società anarchica non fosse realizzabile nel tempo della nostra vita, pensavamo però di dover tentare di tenere in vita la nostra bella visione. Finita la guerra, Audrey e io facemmo un viaggio attraverso il paese, andando a trovare amici e compagni e parlando a vari gruppi delle nostre convinzioni. Al termine del viaggio ci stabilimmo a San Francisco, che alla fine degli anni quaranta era una città meravigliosa. A New York tornammo negli ultimi mesi del 1946, quando mia madre ci comunicò che mia nonna Yetta, alla quale ero molto affezionato, stava morendo di cancro. A New York rimanemmo sempre in rapporto con i compagni del gruppo di Resistance, fino alla morte di Yetta, e poi decidemmo di tornare a San Francisco. Eravamo convinti di dover tentare di vivere al meglio un'esistenza da anarchici, e convincemmo due dei nostri compagni newyorchesi a seguirci e a fondare una comune per vivere in modo cooperativo. All'epoca a San Francisco c'era un gruppo di anarchici italiani molto attivo: avevamo molti amici e compagni tra loro e tra gli artisti e scrittori bohémien che vivevano e lavoravano in quella città.

Comunità

La nostra comunità funzionò bene fino a quando Sally, la compagna dell'altra coppia, non rimase incinta. A quel punto, mentre Audrey e io eravamo contenti dell'arrivo di quello che pensavamo sarebbe stato il primo figlio della comune, l'altra coppia annunciò che se ne sarebbe andata per tirare su da sola il bambino. Noi continuammo a restare in rapporto con i gruppi anarchici della città. Nel 1951 nacque la nostra prima figlia, Diva (chiamata così in onore di una compagna di New York). Due anni dopo arrivò la secondogenita, Nora. Allora tentammo nuovamente di costruire una comune con una coppia di compagni e amici, anch'essa con due figli. L'esperimento andò bene fino a quando non fummo impegnati nella fondazione della Walden Community and School della East Bay. Ce ne andammo da San Francisco quando Audrey, che insegnava alla Walden e raggiungeva la scuola tutti i giorni con le due bambine piccole, ebbe un incidente mentre stava tornando a casa. Decidemmo allora di trasferirci a Berkeley, dov'era la sede della scuola e di far fare a me il pendolare da casa al lavoro di elettricista nei cantieri di San Francisco. Scovammo e acquistammo una casa vecchia e spaziosa a Berkeley, e decidemmo di andarci a vivere, mentre i nostri compagni della comune, Belle e Ivan, decisero di restare a San Francisco.
Quando nacque la KPFA, una emittente radio rivolta alle comunità, fondata da un gruppo di obiettori di coscienza che erano stati anche in carcere per le loro convinzioni pacifiste, noi ci mettemmo in contatto con questi compagni. Nel 1953 Dwight Eisenhower, allora generale dell'esercito, si era candidato alla presidenza degli Stati Uniti e la KPFA organizzò un dibattito sulle imminenti elezioni. Furono invitati esponenti dei democratici, dei repubblicani, dei comunisti e dei socialisti. La discussione doveva essere presentata e condotta da Denny Wilcher, che era un attivista contro la guerra. Uno dei membri del gruppo fondatore della radio aveva suggerito a Denny di invitare anche me, “l'anarchico”, a partecipare. Io avevo già fatto alla radio una lettura di una “storia ferroviaria” che avevo scritto, in cui raccontavo la mia vita di macchinista sui treni e spiegava come funzionavano le ferrovie. Come potete ben immaginare, avevo il pallino sempre dalla mia parte, rispetto agli altri partecipanti al dibattito, al punto che questi, esasperati, si rivolsero tutti verso di me e mi dissero: “È facile per lei criticare le nostre proposte, ma lei, che cosa propone?” Al che risposi: “Metterei tutto il mio tempo e le mie energie per costruire scuole, cooperative, alternative comunitarie allo sfruttamento sociale che voi tutti rappresentate.” Finita la trasmissione, dopo che gli altri se n'erano andati, Denny venne da me e mi disse che lui e i suoi compagni stavano pensando di aprire una scuola a Berkeley. Audrey e io avevamo ancora casa a San Francisco, all'epoca, e io proposi che venissero a trovarci nel weekend. Fu quello l'inizio del Walden Center e della Walden School. Ci volle un anno intero di discussioni e di preparazione, prima che riuscissimo a fare della scuola una realtà.

La Walden School

Il gruppo che aveva dato vita alla scuola era composto da quattro coppie, tutte di idee pacifiste: Denny e Ida Wilcher, Lee e Alan McRae, Stan e Marylou Gould, Audrey Goodfriend e io. Più avanti si aggiunse una nostra amica, Barbera Moskowitz. Oltre a condividere la stessa visione filosofica, noi avevamo tutti figli piccoli, in età scolastica e non volevamo mandarli in una public school. Pensavamo, anzi eravamo convinti che il tipo di scuola che avevamo in mente potesse dare molto di più e meglio di quello che offrivano le scuole pubbliche. La struttura didattica che alla fine uscì dalle nostre discussioni era quella di una scuola senza autorità centrale. Prefigurammo una scuola che fosse una cooperativa di studenti e insegnanti. Inoltre ritenemmo che mettere al centro del programma curriculare l'insegnamento artistico avrebbe offerto ai bambini gli strumenti per sviluppare le energie, le conoscenze e le capacità necessarie a fare qualsiasi cosa volessero al mondo. Fu una grande fortuna che tre degli insegnanti/fondatori fossero artisti noti. Ida era stata una ballerina di danza moderna e si era esibita con molte delle più note compagnie di balletto del paese. Fu lei a seguire gli allievi nei corsi di danza e teatro. Lee era una straordinaria musicista e si dedicò all'insegnamento dei primi rudimenti di una cultura musicale rivolta a tutti gli allievi della Walden; Barbera era una ceramista e insegnava a lavorare la creta in modo creativo. Poi conoscevamo artisti e poeti che si offrirono volontari per lavorare con i bambini. Audrey, che era una esperta matematica, introduceva i piccoli alle scienze esatte. Tutte le donne del gruppo fondatore lavorarono per anni alla Walden senza prendere un soldo. Gli uomini partecipavano alle attività della scuola in tutto il tempo libero. Alan, che aveva studiato architettura, progettò una ristrutturazione dei vecchi edifici, per ricavarne le aule che utilizzammo quando la scuola partì nella sede attuale. Un'altra fortuna fu che tra i primi genitori che mandarono i propri figli alla Walden c'erano degli abili carpentieri. Denny, che lavorava come rappresentante di case editrici, avrebbe impegnato il suo tempo con gli allievi più grandi, qualche mattina alla settimana, nella discussione delle “notizie di attualità”. I Wilcher avevano anche una casa di vacanze su nelle sierras, e gli insegnanti della Walden vi avrebbero accompagnato gli allievi, che avrebbero così imparato a fare escursioni, a campeggiare, a come comportarsi in un ambiente naturale. Io lavoravo ancora come elettricista per le imprese di costruzioni a San Francisco e mi occupai di tutti gli impianti elettrici della Walden. Uno dei ricordi più belli è di quando stavamo allestendo una delle aule e io scavavo una fossa per far passare i cavi elettrici, con un paio dei ragazzini più grandi che stavano lì con me che si davano da fare con le pale per completare il lavoro. La scuola era aperta anche alla sera a corpi di ballo, poeti e gruppi di discussione. Quando il Vietnam Day Committee fu espulso dalla sede universitaria di Berkeley, a causa delle sue attività contro la guerra, lo invitammo a utilizzare gli spazi della Walden per gli incontri e i dibattiti; i suoi esponenti accettarono volentieri e ci rimasero fino a quando non trovarono uno spazio loro. Sono passati quarantasette anni da quando ci unimmo per darle vita, e la scuola funziona ancora alla grande, sempre con la struttura che le avevamo dato. Mi ricordo che una volta un amico mi ha chiesto: “Koven, quale pensi sia stata la cosa migliore che hai fatto nella vita?”. Io ho risposto: “Due cose sopra le altre. Ho tirato su due figlie bravissime, forti e piene di talento, e sono stato uno dei fondatori della Walden School.”

Venezia 1984. David Koven (a sinistra)
assieme all'anarchico australiano
Bob James
(dal libro fotografico “Ciao anarchici”)

Al lavoro

Ci si possono inventare tanti modi per tirare avanti in questa società, senza fare quello che è considerato un lavoro normale. C'è una lunga storia, che risale al nostro passato di persone che si uniscono nel tentativo di creare situazioni comunitarie, cooperative per sé e per gli amici. Penso, però, che in questa età dell'elettronica ci sia troppa gente che passa molto tempo con il culo su una sedia davanti a un computer e che per questo sia diventata più difficile un'evoluzione verso una società comunitaria. Nel periodo di massimo fulgore della cultura hippy, tra gli anni cinquanta e sessanta, mi ricordo, c'era una forte tendenza in quella direzione e s'erano sviluppati molti collettivi cooperativisti. Oggi, invece, ne esistono pochissime. All'epoca ne avevo visitate parecchie e speravo che la nostra visione anarchica cominciasse finalmente a evolversi. Purtroppo, però, la maggior parte ha avuto una vita molto breve, soprattutto perché troppi di quei collettivi erano formati da uomini che se ne restavano seduti sulle loro chiappe a fumare roba, mentre le donne facevano il possibile per tenere unito il collettivo, andavano a lavorare fuori e lasciavano tutti i loro guadagni al gruppo. Alla fine questi esperimenti sono crollati perché le donne si sono stancate di farsi mettere i piedi in testa.

È possibile restare anarchici facendo un lavoro normale?

Io penso di sì, a condizione che si eviti che la sete di denaro devasti i rapporti con i compagni di lavoro. Quando lavoravo come elettricista aderente al sindacato, lo facevo con il massimo impegno. Mi piaceva la sfida rappresentata dalla costruzione di un palazzo, mi piacevano i rapporti con gli altri sul lavoro, e sono andato avanti in questo modo per tanti anni. Non volevo fare il lacchè del capo. Un giorno, mentre lavoravo dove avevamo in costruzione alcuni edifici in un paio di isolati rettangolari per conto della Longshoremans Union, il capo elettricista, un franco-canadese e un'ottima persona, con il quale andavo molto d'accordo, dovette essere portato d'urgenza all'ospedale per un attacco renale. Toccò a me di accompagnarlo, ed egli mi chiese di finire il lavoro al posto suo. Accettai e conobbi così il piacere che si prova a prendere un rotolo di disegni tecnici e a creare da quelli una realtà. Mi trovai così davanti al problema di fare quel lavoro senza scendere a compromessi con le mie convinzioni profonde. Riflettendoci, mi si sviluppò nella mente l'idea di uno stile di lavoro che mi permettesse di continuare a praticare quel bel mestiere che per caso mi era toccato. Ero molto bravo come elettricista, e non avevo mai avuto difficoltà a trovare lavoro. Quando uno che aveva in appalto le installazioni elettriche mi assumeva, gli dicevo che io dovevo prima di tutto essere leale verso gli altri lavoratori e il mio sindacato, ma siccome ero anche convinto che il lavoro andasse eseguito nel modo giusto, senza che ci si dovesse rimettere mano (come mi era capitato di vedere in molti casi), era probabile che avrebbe potuto consegnarlo addirittura in anticipo. L'altra scelta che avevo fatto era quella di non accettare mai un lavoro che fosse in contrasto con la mia filosofia. Rifiutai, per esempio, di partecipare alla costruzione delle carceri della contea e anche quando un appaltatore, che pure mi era simpatico, partecipò a una gara per la costruzione di piattaforme d'artiglieria sulle alture della Marin Country, oltre San Francisco, e la vinse, mi chiese di gestire i lavori, gli dissi di no, spiegandogli che ero un pacifista e quindi contrario a costruire quegli impianti bellici. Mi rispose che qualcuno doveva pur farli e chi li faceva poteva guadagnarci un bel mucchio di soldi. Questa fu la fine del mio rapporto con lui. Una delle maggiori soddisfazioni che ho avuto è che quando prendevo una nuova commessa, molti degli uomini che avevano lavorato con me lasciavano il posto dov'erano e venivano a lavorare con me.
Un'altra osservazione. Un anno ho insegnato ad un corso serale per apprendisti. Avevo il compito di fornire gli elementi teorici di base dell'elettricità e di illustrare come questi elementi si traducono in realtà nelle costruzioni. Alla prima lezione spiegavo agli studenti che se pensavano di scegliere un mestiere solo per i soldi, era meglio che se ne cercassero un altro, perché le ore di lavoro sarebbero state le ore migliori della loro vita e se non provavano piacere in quello che facevano, alla lunga ne sarebbero stati distrutti. Sottolineavo poi che dovevano diventare così capaci nel lavoro, che le imprese dovevano avere bisogno di loro più che loro delle imprese. Non mi dimenticherò mai di quella volta, alla fine del corso, che uno studente mi si è avvicinato e mi ha detto: “Dave, mi ricorderò sempre la tua prima lezione. Ho sempre voluto fare il pompiere, ho appena fatto l'esame, l'ho superato e adesso finalmente lo farò.”.

Manifestazioni contro la guerra

Come potete bene immaginarvi, io e la mia famiglia ci siamo sempre impegnati a partecipare alle manifestazioni contro la guerra. Ecco un altro bel ricordo: verso la fine della guerra del Vietnam, a San Francisco ci fu un grande corteo di protesta. Ci andammo anche Audrey e io. Quando arrivammo in città, la manifestazione era appena cominciata e noi ci mettemmo ad aspettare su un marciapiede, per decidere a quale gruppo unirci. Spuntò improvvisamente un pezzo del corteo che in prima fila aveva un gruppo di giovani apprendisti elettricisti. Mi videro e si misero a gridare: “Dave, dai, vieni con noi!” Erano tutti ragazzi che avevano lavorato con me e con i quali avevo discusso tante volte sul significato della guerra. Quello fu proprio un altro momento di gioia della vita di Audrey e mia.

Una vita da anarchico!

Francamente parlando, so di non avere grandi speranze per il futuro. Di sicuro non vedremo sorgere una società anarchica finché siamo in vita, ma cerchiamo di non far scomparire la nostra bella visione. Cerchiamo di farla vivere quanto meglio possiamo, di non rafforzare le strutture della società governate dal profitto e dal potere e ostili alla vita. Non permettiamo che le nostre idee si perdano per sete di denaro o si dissolvano sullo schermo del computer. Come ho già osservato, è possibile fare lavori normali senza dare una mano agli avidi padroni.

Ultime osservazioni

Se sei un uomo, cerca di trattare la tua compagna almeno su di un piano di parità. Se sei una donna, non farti mettere i piedi sulla testa dagli uomini o da altre donne per la tua sessualità. In entrambi i casi, fate sì che i vostri figli non finiscano nelle gabbie delle strutture scolastiche e della religione.
In un mondo dove chi abita in una grande città non sa nemmeno chi sono i suoi vicini, cerchiamo di impegnarci nelle attività comunitarie che saranno utili alla nostra esistenza e l'arricchiranno. Non tenete nascoste le vostre idee, ma esprimetele in modo da non spaventare la gente.
Cercate di evitare di ricorrere alla violenza quando protestate per qualche cosa. Ricordatevi che ogni rivoluzione violenta ha finito per portare al potere gente ancora peggiore di quella che aveva cacciato.
Se vi è possibile, impegnatevi nel mondo dell'arte: ha una forza vitale.
Quanto al sesso, in questa società dove ha assunto un significato negativo e segnato dal senso di colpa, cercate di tenere viva e soddisfacente la vostra sessualità e di dare alla vostra compagna o al vostro compagno tutto il piacere che potete. Il sesso è una forza positiva, che favorisce una calma interiore e la salute sia fisica sia mentale.
Terminerò questo pistolotto dicendo: “La vostra idea anarchica vi dischiuderà la strada verso una vita splendida!”.

David Koven
Traduzione di Guido Lagomarsino dalla rivista anarchica americana “Social Anarchism” n. 39/2006