Con grande successo dell'ambasciatore della Bielorussia, Alexey Skripko, si è conclusa la vicissitudine, triste e per certi versi tragica, di Maria, la piccola bambina di Minsk, rapita o forse liberata da Chiara Bornacin e Alessandro Giusto. Chiara e Alessandro sono, come tanti altri, delle persone encomiabili comunque, perché offrono a tanti bambini e tante bambine, soprattutto della Bielorussia, dei periodi di vacanza a quei disgraziati vittime ancora di Chernobyl o a figli diseredati ospiti di orfanotrofi-lager dei paesi dell'ex Unione Sovietica.
La vicenda e il susseguirsi dei fatti di cui sto parlando sono noti perché hanno occupato per qualche giorno le pagine dei quotidiani, dei settimanali e delle varie televisioni. Maria, da qualche anno, arriva in Italia, ospite di questa famiglia, trascorre un periodo di vacanza, viene ritemprata, coccolata, amata, poi, invece di ritornare come le altre volte nel suo orfanotrofio in Bielorussia, confessa ai suoi genitori affidatari di subire maltrattamenti e violenze, privazioni e angherie, e chiede di restare in questa famiglia dove, evidentemente, si sente molto meglio. I due coniugi italiani, ormai legati da profondi sentimenti affettivi, decidono di nascondere la bambina e di sollevare così un caso internazionale. Infine la bambina dopo ricerche di polizia e carabinieri su ordinanza della magistratura viene trovata e, come un pacco, rispedita nel suo paese di origine. Fin qui i fatti, così come mi è dato conoscerli, dalla lettura e dall'ascolto dei media.
Alcuni giorni di grandi discussioni, di prese di posizione, di minacce, di moralismi di ogni tipo, si paventa addirittura un caso diplomatico grave tra Bielorussia e Italia, poi, come sempre, una volta spenti i riflettori dello scoop mediatico, dello spettacolo della politica, il silenzio, con buona pace di tutti. Trattati internazionali sulla tutela dei minori, politiche roboanti di Stati democratici a favore dell'infanzia, opinioni e valutazioni di psicologi e pedagogisti, ancora una volta dimostrano tutta la loro vacuità e fallacia. Ancora una volta interessi più generali (dove la parola, fuor di metafora, indica interessi di potere e di denaro di potenti lobby e di associazioni interessate al business) hanno ucciso un'altra piccola speranza di felicità. Ma tant'è! Cosa può contare in questo torbido giro di interessi e di affari costruito sulla vita infelice e tragica di migliaia di figli di nessuno la felicità e la serenità di una piccola fra le tante che ha rischiato di far esplodere e di svelare una grande verità davanti agli occhi di milioni di persone? Nulla, se non fastidio, poi la correttezza dei rapporti fra gli Stati, il rispetto delle leggi e degli accordi (come ha sostenuto l'onnipresente mediatico Massimo Cacciari che parla e sentenzia su ogni argomento della vita umana), devono prevalere, vengono prima di tutto, bla, bla, bla. Sarà anche vero, forse, che la Legge può essere una garanzia per i più deboli (talvolta certamente lo è, non certo per merito di chi le fa), ma a me pare che in questo caso proprio la Legge sia un pretesto per togliersi un fastidio dai piedi, una buona scusa per non affrontare il problema dell'infanzia, in modo vero e concreto, fuori dai grandi trattati, dalle grandi sedi internazionali, che ancora una volta hanno rivelato la loro strumentalità e la loro impotenza.
Logica
adultocentrica
L'insegnamento che, da questo punto di vista, mi pare si possa trarre è principalmente uno: in questa come in altre tragiche situazioni, oltre alla tragedia in sé, che già è enorme, la logica è sempre e comunque adultocentrica. I bambini e le bambine non hanno diritto di cittadinanza, di parola, di decisione. Non è dato a nessuno, fino alla maggiore età (che ridicola convenzione) di decidere nulla. La logica che sottintende il rapporto tra adulti e bambini è sempre e comunque ( a casa, a scuola, nelle associazioni sportive e ricreative, ecc.) fondata su di un rapporto gerarchico che ha da un lato la conoscenza, l'esperienza, la maturità, la responsabilità, la superiorità, dall'altra tutto il contrario. Questa caratteristica dei rapporti e delle relazioni umane persiste nonostante il secolo scorso sia stato definito il secolo del bambino per la enormità di studi, di ricerche, di discussioni, di conquiste anche, che hanno caratterizzato la nostra vita e che hanno indubbiamente, perlomeno in Occidente, salvaguardato un minimo di dignità e di rispetto dell'infanzia (poi, come sappiamo bene, i bambini e le bambine sono vilipesi e sfruttati in altri sottili e non meno violenti modi).
Insomma anche a Maria, piccola ma tenace bambina, è stato negato un diritto che nessuna società sembra voler riconoscerle: il diritto di decidere.
Mi immagino già le possibili obiezioni degli illuminati psicologi e dei pedagogisti seri, a simile affermazione. Non mi sfugge, tranquilli, il potere suadente che si può esercitare nel manipolare una piccola bambina, la strisciante persuasione che può ammaestrare la volontà infantile, la facile attrazione del paese dei balocchi verso una realtà di miseria, povertà, deprivazione. Nonostante ciò, consapevole di tutto questo, continuo a pensare che ogni bambino, ogni bambina, abbiano il diritto di esprimere i propri desideri e soprattutto, come in questo caso, di veder accettata la loro scelta. Perché non c'è Legge che tenga, caro sindaco-filosofo-ecc. e cari tutti voi che la pensate allo stesso modo, che possa violare questo per me irrinunciabile diritto.
La vera
democrazia
Certo non è mica così semplice; quando mai cambiare una radicata cultura gerarchica è stato facile, ma non è neanche impossibile. Certamente la democrazia vera non si insegna nelle aule sorde e fredde, asettiche e baronali, delle nostre scuole e università, delle nostre famiglie e delle nostre associazioni, ma si impara esercitandola, vivendola giorno dopo giorno. Con la fatica che necessariamente accompagna una vita relazionale diversa da quella dominante, in un mondo che attraverso la delega sistematica alle varie oligarchie di ogni potere, deresponsabilizza e svuota l'autonomia degli esseri umani, non è semplice ritrovare la vera libertà e la vera responsabilità. Ma, nonostante tutto ciò, ogni giorno vedo gli effetti devastanti di questa cultura deprivante e assisto alla fuga dalla responsabilità portata a sistema di vita e di relazione.
Non ci sono diritti possibili per i bambini e le bambine se non partiamo da qui, dalla convinzione profonda e interiorizzata (che divenga quindi comportamento coerente) che ognuno, a modo suo, con le proprie sensibilità e specificità, ha il diritto di decidere della propria vita, a partire proprio dai bambini e dalle bambine.
Utopia, follia, abdicazione della propria adultità e della incontestabile differenza che esiste tra adulto e bambino?
Credo proprio di no, so, perché ho visto e sperimentato, che anche i più piccoli, in un contesto propizio, sono in grado di decidere da soli su questioni importanti e significative.
Forse Maria non era in grado di scegliere dove e con chi voleva vivere?