Quasi tutti sanno (o dovrebbero) cosa sia la Shoà. Pochi invece, quasi nessuno, cosa voglia dire Porrajmos. È il termine che in lingua romané significa “distruzione”, anzi “qualcosa di più” – come spiega Giorgio Bezzecchi, il rom harvato che ha tradotto per Fabrizio De André le ultime strofe di Khorakhané –: “devastazione”, “divoramento”, comunque “annientamento”. Sta a indicare lo sterminio degli zingari, Rom e Sinti, per opera dei nazisti e dei fascisti, nei luoghi – Auschwitz soprattutto – che a stento, e di malavoglia, la nostra memoria contemporanea accetta di ricollegare alla tragedia dei nomadi europei preferendo tenerli segregati in una terra di nessuno della storia, esattamente come ne tiene segregati i discendenti nelle tante terre di nessuno delle nostre periferie urbane.
Una lingua tagliata
Furono 500.000, forse più, i “figli del vento” sterminati nei lager. Altre centinaia di migliaia furono perseguitati incarcerati, deportati, le famiglie sciolte, le comunità disperse, allo scopo dichiarato di sradicare il Wandertrieb, l’“istinto nomade”, identificato dall’eugenetica paranoide fascista con il disordine, la trasgressione, la commistione del sangue e la degradazione del costume. Eppure la loro – nell’epoca del politically correct e dell’omaggio spesso rituale alle vittime di ogni genocidio – rimane una lingua tagliata. Una memoria drammaticamente muta.
Tenta di rimediare a questo silenzio che lascia l’inquietante sensazione di un secondo porrajmos, l’omaggio (il 5° dal 2000) che la rivista anarchica “A” ha dedicato alla memoria di Fabrizio De André: due Dvd (uno nero, con 4 filmati di testimonianza e uno rosso con due spezzoni di spettacolo e una storia di vita) più un libretto di documentazione, raccolti sotto il titolo A forza di essere vento… Sono gli strumenti per un viaggio in un territorio storico “altro”, oltre il confine delle nostre verità convenzionali. Chi vorrà affrontarlo, vi incontrerà l’altro radicale – questo è per noi lo “zingaro”, l’“ultimo degli ultimi” – che ci racconta la nostra storia non detta: la storia della nostra colpa. Del nostro esser andati oltre nel processo di disumanizzazione dell’altro da noi, fino a perdere ogni brandello di umanità.
Si prenda l’episodio del 16 maggio 1944 a Birkenau, così come viene ricostruito nello splendido intervento-lezione di Marcello Pezzetti, del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano. Birkenau era la componente del complesso concentrazionario di Auschwitz destinata allo sterminio. Lì, accanto agli ebrei, dal 16 dicembre 1942, in esecuzione del “decreto Auschwitz” con cui il governo del Reich aveva dato inizio alla “soluzione finale” per gli zingari, avevano iniziato ad affluire, nel Blocco IIe, decine di migliaia di Rom e Sinti, uomini, donne e bambini, tenuti, a differenza degli altri, tutti insieme, senza dividere le famiglie, fino al maggio 1944 quando fu decisa la liquidazione del “settore zingari”. I circa 4.000 nomadi sopravvissuti avrebbero dovuto essere avviati, in un solo colpo, alle camere a gas. E fu allora che avvenne l’incredibile: gli zingari resistettero. A mani nude, qualcuno armato del solo coltellino di latta improvvisato nelle baracche, contrastarono le SS. I pochi sopravvissuti raccontano che erano le madri in prima fila, a difendere con le unghie e con i denti i loro bambini, alcuni dei quali di pochi mesi, nati nel campo stesso. Fu – dice Pezzetti – “qualcosa di straordinario. Qualcosa di cui si dovrebbe sempre parlare”: una delle pochissime rivolte in un campo di sterminio, e l’unica ad aver avuto successo perché l’operazione fu interrotta, l’annientamento sospeso. Almeno temporaneamente. Due mesi e mezzo più tardi, dopo aver trasferito un migliaio di deportati a Buchenwald e aver indebolito la capacità di resistenza del Blocco IIe, il 2 agosto, 2.847 zingari – uomini, donne, bambini (circa 300) – verranno “passati per il camino” nel crematorio n. 5. Dopo di allora, commenta Pezzetti, dopo che anche le voci di quei 300 bimbi sopravvissuti tra gli orrori furono spente, “non ci sarà più vita a Birkenau”.
Il rumore
del vento
Oppure si guardino le immagini di Hugo: la sconvolgente testimonianza di Hugo Hollenreimer, un Sinto tedesco che conobbe le sevizie del dottor Mengele, nell’ambulatorio di Birkenau dove il medico SS usava le coppie di gemelli zingari come cavie per i propri esperimenti, nell’intervista di 19 minuti con Giovanna Boursier – che è anche autrice di un sintetico ma documentatissimo saggio pubblicato nel volumetto di accompagnamento –, con sullo sfondo le immagini di Auschwitz e in sottofondo il rumore del vento, durante il pellegrinaggio che un gruppo di Sinti e di Rom compì nel 60° dello sterminio finale degli zingari. È un documento raro, perché nella cultura di quei popoli è radicata l’idea che non si possa “raccontare il male”. E parlare dei morti – soprattutto di “quei morti” – è cosa troppo dolorosa, che sconvolge chi parla e chi ascolta, in qualche misura insopportabile. Infatti il bel volto di Hugo si contrae e si torce prima ancora che le parole comunichino l’orrore, le linee armoniche si spezzano quando ricorda l’uomo biondo, costretto a correre nudo tra i cani che ne smembravano il corpo, o il dolore del ferro che entra nella carne, come se, in quelle vite perdute, si perdesse anche lui. E, alla fine, ritorna l’eco delle prime frasi del racconto, quando dopo il rastrellamento che diede inizio alla deportazione, rinchiusi in attesa della tradotta per Auschwitz, tra lui e il padre si svolse il seguente dialogo: “Papà perché siamo qui? – Perché siamo Sinti – Siamo Sinti ma non abbiamo fatto niente di male…”.
È il dialogo che risuona ancor oggi, in tante parti del mondo. Lo dice benissimo Moni Ovadia, in 19 secondi, all’inizio del cd nero, sotto il titolo Hai mai avuto un amico zingaro?: “Viviamo in una società che non sa accogliere l’altro e non sa vedere il punto di vista dell’altro”. È questo il nodo: il punto di vista dell’altro. E, dunque, una questione di sguardo. Di saper vedere. O meglio, sapere da quale parte mettersi per “vedere”. Fabrizio De André lo sapeva. Era il punto di vista degli ultimi Gli ultimi come sono, non come vorremmo che fossero (in genere “come noi”, anzi, come vorremmo essere senza riuscirci). Per questo le sue canzoni sono, insieme a un grido di giustizia, un potentissimo antidoto contro l’ipocrisia. L’ultima strofa di Khorakhané diceva “e se questo vuol dire rubare / questo filo di pane tra miseria e fortuna / allo specchio di questa kampina / ai miei occhi limpidi come un addio / lo può dire soltanto chi sa raccogliere in bocca / il punto di vista di Dio”. Un invito a tacere se non si è capaci di assumere il punto di vista degli altri. Era il suo modo poetico di giudicare i giudici. E per dire che mai più dev’essere dato agli aguzzini il potere di decidere quale sia la vita “virtuosa” e quale la “degenerata”. Il buono, da assimilare, e il cattivo, da cancellare. Per questo – hanno ragione i redattori di “A” – ci manca così tanto il “suo sguardo anarchico”.
Marco Revelli
ripreso da “Alias”, supplemento settimanale de “Il Manifesto” dell’11/11/2006, originariamente intitolato “500.000 figli del vento sterminati dai nazifascisti”
Presentazioni del
2Dvd Zingari
Elenco provvisorio
Per conferma della data, specificazione di orario e luogo, nonché del programma dettagliato, clicca qui. La data in corsivo indica che alla presentazione non siamo presenti noi
di “A”.
Ottobre 2006
16, Milano, Circolo ARCI “La Scighera”
25, Palermo, Scuola “De Gasperi”
26, Catania, Libreria “La Gramigna”
30, Ragusa, Centro socio.culturale
Novembre 2006
9, Milano, Ateneo Libertario
Dicembre 2006
16, Imola (Bo), Archivio Storico della FAI
Gennaio 2007
11, Alessandria, Associazione Cultura e Sviluppo
13, Pordenone Ex Convento di San Francesco
20, Sala Bolognese (Bo) Casa della Cultura
22, Milano, Circolo Familiare di Unità Proletaria
24, Como, Università dell’Insubria
25, Cuneo, Centro Incontri della Provincia
27, Firenze, CPA
27, Pisa, Laboratorio di disobbedienza “Rebeldia”
27, Aosta, Circolo ARCI “Saperi e Sapori”
27, Roma, Ara Pacis
27, Ventimiglia (Im), Cittadinanza Attiva
27, Cassano d’Adda (Mi), Biblioteca Comunale
31, Winterthur (Svizzera), Giornate Libertarie
Febbraio 2007
2, Trezzo d’Adda (Mi), Società Operaia 3, Arcore (Mi), Circolo ARCI “Blob”
7, Piacenza, Spazio Libero “Pacio”
9, Parma, Teatro-Cinema “Edison”
24, Lodi, Casa del Popolo
Marzo 2007
22, Udine, Cinema “Il Visionario”
Come procurarselo: il 2Dvd+libretto “A forza di essere vento. Lo sterminio nazista degli Zingari” costa 30,00 euro. Sono previsti i seguenti sconti di scala: 27,00 euro l’uno per chi ne acquista almeno 3 copie; 24,00 euro per chi ne acquista almeno 5 copie, 20,00 euro per chi ne acquista da 10 copie in su.
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