Non sono io il principe azzurro
Alberto Ghiraldo ha curato una compilation di cover di Luigi Tenco raccogliendo contributi da vari musicisti e cantautori italiani. Detta così, in una riga e mezza, sembra una cosa normale. Quello che non è normale, è che "Non sono io il principe azzurro" non è un cd: i vari musicisti e cantautori, da Gigi Giancursi dei Perturbazione a Diego Galeri dei Timoria, da Stefano Giaccone a Giulio Casale, qui dentro non cantano né suonano
ma scrivono. "Non sono io il principe azzurro" è un libro. Un libro che canta canzoni di una volta, un libro che accende musiche da qualche parte in testa, canzoni e musiche che non sarà facile ricondurre al silenzio o almeno a un volume sobrio adatto ad una tranquillità condominiale. Ognuno dei pezzi scritti è una rivisitazione di una canzone di Tenco: a volte la canzone è un pretesto, a volte un urlo, altre volte un sottofondo, altre volte ancora un alibi, altre volte una scintilla.
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La copertina dell’antologia
tributo a Luigi Tenco |
Il libro, nonostante sia strutturato come una serie di episodi piuttosto brevi e quindi adatti ad un’attenzione frammentaria e scostante, è impossibile da leggere in treno (ho provato, sono un pendolare d’esperienza): sembra che (quasi) ogni storia ti prenda per il collo e ti porti dentro a una vertigine suggestiva, e c’è il rischio reale di sbagliare stazione, di arrivare altrove. Le varie storie sono mucchi di parole distanti accomunati da un amore sconfinato. Per fortuna siamo lontani da una raccolta di santini, di lumini accesi, di lacrime e sospiri: in questi racconti c’è piuttosto un Tenco sfuggevole e bastardo e nerovestito, un Tenco poeta dallo sguardo incazzato come bora ghiacciata che soffia in una giornata d’inizio primavera, un Tenco con la barba lunga e l’alito cattivo di chi la notte ha bevuto troppo e dormito un cazzo, un pezzo di ferro stretto in mano e idee così chiare in testa da oscurare per sempre il sole. Un progetto assai bello e curioso, e probabilmente introvabile nelle solite librerie: se lo trovate prendetevene due copie, perché una poi la regalerete a qualcuno che vi sta a cuore, e sarete contenti in due.
Info, contatti, richieste etc.: edizioni Il Foglio, via Boccioni 28, 57025 Piombino (Livorno), www.ilfoglioletterario.it, email: ilfoglio@infol.it.
La storia si canta
Non è poi così difficile parlare di cose e persone che non si conoscono direttamente: basta solo dedicarsi a quello che è uno sport nazionale assai diffuso, cioè saperla lunga, fare finta di essere informati, tirarsela. S’inventano un paio di aneddoti difficoltosi da verificare, si millanta un’amicizia di vecchia data o una parentela lontana (tanto chi vuoi che poi si preoccupi di andare a vedere), o mal che vada ci si può arrampicare sugli specchi del m’è stato detto e m’hanno raccontato e cavarsela comunque in una qualsiasi conversazione davanti al distributore del caffè in tarda pausa pranzo.
Ad esempio, eccomi qua a parlarvi di Fabrizio Poggi, armonicista, del quale non so niente di niente. Non ho mai ascoltato un suo disco, non l’ho mai visto in concerto, non l’ho mai incontrato. Ci si ignorava beatamente a vicenda, sopravvivendo entrambi benone, finché un giorno una conoscente comune mi ha suggerito di prendere contatto con lui. In un quarantott’ore scarse, qualche email, una telefonata neanche tanto lunga e un veloce scambio di posta prioritaria ho fatto una scoperta piacevole: ho conosciuto per ora, tra virgolette un compagno in gamba, uno che si sbatte e che non si rassegna, uno con cui avrei voglia di passare del tempo a raccontarmi e a sentirlo raccontarsi.
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Fabrizio Poggi |
Di informazioni su Fabrizio ne ho poche, ma voglio parlarvi comunque di un suo cd, La storia si canta, che è uno di quei lavori che ti lasciano addosso i segni delle unghie e dei denti, un cd copertina rossa che mescola Storia (quella con la esse maiuscola) e storie (nel senso di storie piccole e personali) inquadrando le facce della gente e concentrandosi sull’espressione dello sguardo. Un disco ad altezza d’uomo, dove si canta di lavoro e lontananza, di libertà e schiene spezzate-ma-non-piegate, di scioperi e stazioni del treno. Mi ha sorpreso il ragionamento che accosta il canto delle mondine a quello degli emigranti, i cantastorie pavesi ed Ivan della Mea: melodie magari distanti cent’anni che però Fabrizio fa scoprire figlie della stessa miseria, della stessa passione, della stessa disperazione.
Era da tanto, tanto tempo che non ascoltavo un’armonica con così tante storie dentro. Sono frastornato, incantato, disorientato in mezzo a queste schegge di tristezza senza tempo né casa che riconosco anche come il mio rumore più segreto e nascosto. È come un blues che sa di nebbia in Valpadana, un blues rabbioso di quelli più duri, di quelli che rendono l’anima del colore delle notti senza luna.
Il cd è pubblicato da Felmay (www.felmay.it, email: info@felmay.it), un catalogo esagerato di musiche popolari e tradizionali da tutto il mondo e oltre. Trovate informazioni su Fabrizio Poggi sul sito www.turututela.com, email megange@tin.it. Ma voi ascoltate, ascoltate.
Marco
Pandin
stella_nera@tin.it
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A Milano il 7 maggio
Mettete insieme una delle migliori trombe italiane, la band che ha inventato il genere comico-didattico-musicale, uno dei più promettenti gruppi del panorama jazz-funky e avrete uno straordinario concerto da non mancare e da ricordare a lungo. Andrea Giuffredi, prima tromba dell’orchestra di Ennio Morricone, la sempre imprevedibile Banda Osiris e il giovane e talentuoso sestetto degli Ottavo Richter (suonano per strada nelle notti di Milano, applauditi dai passanti ma quasi sempre scacciati dalle forze dell’ordine) si riuniscono infatti il 7 maggio sul palco dell’Auditorium di largo Mahler di Milano.
Un andirivieni libero e dissacrante tra luoghi comuni e invenzioni di stile, provocazioni ed improvvisazione, citazioni colte e d’autore e umorismo surreale.
Informazioni: 328 5399486, email: info@regia.biz. |
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