All’inaugurazione, lo scorso 20 maggio a Reggio Emilia, di una lapide in memoria dell’anarchico Camillo Berneri, la figura dell’anarchico lodigiano è stata commemorata da Massimo Ortalli, dell’Archivio Storico della Federazione Anarchica Italiana. Ecco il testo del suo discorso |
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Reggio Emilia, 20 maggio. Massimo Ortalli scopre la lapide
in memoria di Camillo Berneri (foto Fiamma Chessa) |
Sono ormai più di trent’anni che frequento la sede di via Don Minzoni, questa che ormai potremmo definire una sorta di luogo mitico dell’anarchismo, se mai l’anarchismo, invece di essere quella strana cosa fortemente materialista e coi piedi per terra quale è, avesse bisogno di luoghi nei quali la realtà quotidiana, la nostra realtà fatta di lotte e di impegno, avesse da trasfigurarsi nel mito.
In questa sede hanno preso forma tante idee, sono state fatte tante iniziative, promosse tante riunioni, sono passate, negli anni, centinaia e centinaia di compagne e compagni da tutta Italia. In questa sede è stata trasmessa l’immagine di un anarchismo solido, concreto – un anarchismo di “teste quadre” dovremmo dire, visto che siamo a Reggio Emilia – di quell’anarchismo che piace a noi, a noi che cerchiamo sempre di evitare la retorica e il tremendismo cari a tanti. Ebbene, a questa sede, a quanto pare, mancava ancora qualcosa. Ma i compagni di Reggio Emilia se ne sono accorti. Hanno colto il tratto che mancava, un segno materiale e ideale insieme, capace di collegarla, più di quanto già non fosse, alla storia e alla vita del movimento anarchico d’anteguerra.
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Foto di Fiamma Chessa |
E oggi ci troviamo proprio per tracciare questo segno, per aggiungere questo tratto così forte e simbolico. E lo facciamo con la lapide che veniamo a scoprire. Una lapide, non c'è bisogno di dirlo, particolarmente significativa, perché dedicata a Camillo Berneri. E questo non solo perché Berneri era un compagno reggiano fortemente legato, nella cultura e nella formazione politica, a questa terra, dove la solidarietà sociale non è mai stata una vuota espressione retorica bensì un modo di interpretare l’esistenza, ma anche perché l’anarchismo che esprimono oggi i compagni della Federazione Anarchica Reggiana è un anarchismo per molti versi simile, e debitore, e continuatore dell’anarchismo che fu di Berneri.
Di Berneri sì è detto molto, se ne è parlato recentemente ad Arezzo in un importante e affollato convegno, ne hanno tracciato il profilo anche oggi altri compagni e studiosi, e ancora si parlerà del ruolo e dell’importanza che questo “modesto” anarchico reggiano ha avuto non solo nella storia dell’anarchismo, ma in quella dell’antifascismo in particolare e del paese più in generale. Non starò quindi a ricordare la particolarità e la indubitabile originalità di questa figura nel panorama dell’anarchismo. Altri lo hanno fatto e molto meglio di come potrei farlo io. Quello che mi preme, piuttosto, qui in via Don Minzoni, di fronte a tanti compagni e compagne che conosco e apprezzo da anni, è mettere in risalto, è affermare quella che a mio parere, ma sono sicuro non soltanto mio, è una affinità particolare.
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Foto Claudio Mazzolari |
Fermezza ideologica
Berneri, si sa, fu uno sperimentatore, uno spirito libero ed eclettico capace di rivolgere la propria attenzione ovunque vedesse uno spiraglio utile a fare avanzare il pensiero libero e libertario dell’anarchismo. Uno sperimentatore, privo di preconcetti e di chiusure aprioristiche, aperto alla discussione e al confronto, e sempre pronto ad offrire al vaglio della critica le proprie analisi. Un anarchico sui generis, si definiva con acume, un anarchico capace di scrivere testi eretici quali L’Operaiolatria, Il cretinismo astensionista, o lo straordinario Il proletariato non si nutre di curati, apparenti eresie con le quali, riportando all’attenzione e alla discussione dei compagni argomenti ritenuti consolidati, riusciva a “imporre”, nel seno di un movimento raramente disposto a mettere in discussione alcunché, una discussione serena e fattiva. Ma le eresie di Berneri erano accettate e non rifiutate aprioristicamente perché Berneri, nel momento in cui rimetteva in discussione certe analisi, riaffermava al tempo stesso fermamente e solidamente le basi, le radici, i principi del pensiero anarchico. E proprio questa sua fermezza ideologica gli consentiva di “provocare” regolarmente le certezze degli anarchici.
Una fermezza ideologica che espresse in tutta la sua pienezza nelle tumultuose giornate della rivoluzione spagnola, proprio in quelle strade della Barcellona libertaria che lo videro morire tragicamente. E per un crudele paradosso, morire non per mano di quel fascismo assassino che tanto a lungo aveva combattuto non solo in Italia ma in tutti i paesi dell’esilio, ma per mano di quell’altro mostro, di quello stalinismo che stava soffocando, nel suo delirio totalitario, le grandiose conquiste di libertà e di civiltà del proletariato spagnolo. Ma questa è una storia che ben sappiamo.
Parlavo di affinità in precedenza. Ebbene, è proprio qui che voglio arrivare, a dire della sostanziale affinità che lega l’anarchico reggiano di un tempo agli anarchici reggiani di oggi. Perché, come Berneri si autodefiniva un anarchico sui generis, così appare l’anarchismo reggiano. Un anarchismo anch’esso sui generis, fortemente strutturato e calato nella realtà cittadina, capace di dialogare con ogni potenziale interlocutore, pronto a confrontarsi e a sperimentare, rimanendo però sempre tenacemente e solidamente legato alla matrice originaria dalla quale non si può prescindere.
Ed ecco che questo tratto di particolarità che unisce Berneri e gli anarchici reggiani oggi si concretizza simbolicamente in questo pezzo di marmo di Carrara apposto vicino alla ormai storica sede del gruppo anarchico reggiano. Un gruppo di anarchici dalla “testa quadra” ai quali noi oggi portiamo, così volentieri, il nostro più affettuoso segno di vicinanza e di condivisione.
Massimo Ortalli
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Brescello (Reggio Emilia). Massimo Ortalli di fronte al secondo piatto
di cappelletti durante il pranzo sociale al termine della manifestazione
a Reggio Emilia (foto Claudio Mazzolari) |
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Foto Claudio Mazzolari |
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Foto Claudio Mazzolari |
Il saluto della FIAP
Compagne, compagni,
sono onorato oggi di essere qui, come rappresentante provinciale della FIAP (Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane), associazione a cui aderirono Parri, Bobbio, Galante Garrone. Associazione nella quale si riconobbero le varie anime libertarie della Resistenza al nazifascismo, dai repubblicani agli azionisti agli anarchici. Siamo qui per ricordare uno dei più grandi combattenti dell’antifascismo: Camillo Berneri. La FIAP di Reggio Emilia “Circolo fratelli Rosselli”, ha voluto aderire a questa manifestazione organizzata dalla Federazione Anarchica Italiana di Reggio Emilia, per la posa della lapide in onore di Berneri, anarchico, grande antifascista sin dalla prima ora.
Uomo multiforme ed eclettico, allievo e poi collaboratore di Salvemini all’“Unità”, collabora pure alla “Rivoluzione Liberale” di Gobetti, instaura un confronto molto interessante con Giustizia e Libertà, unica formazione della sinistra con la quale gli anarchici condivisero la visione di lotta da portare al fascismo. Fuoriuscito ed esule in Francia ove collabora con i Fratelli Rosselli. Allo scoppio della rivoluzione spagnola, è tra i primi ad accorrere ed organizzare il primo contingente italiano in terra di Spagna. Muore a quarant’anni a Barcellona, assassinato il 5 maggio del 1937 per mano di sicari stalinisti.
Ho trovato molto bella la frase di Camillo Berneri che i compagni della FAI hanno messo sul volantino della manifestazione: L’Utopista accende delle stelle nel cielo della dignità umana, ma naviga in un mare senza porti.
Luigi Rigazzi
Coordinatore Provinciale FIAP di Reggio Emilia |
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