Come recita il titolo del libretto che racconta i primi 3 anni di vita
della spazio sociale Libera, l’autogestione è possibile; possiamo aggiungervi, senza paura di smentite, che è necessaria. E proprio l'autogestione è stato il filo conduttore della 4 giorni che si è svolta a Libera dal 27 al 30 aprile di quest'anno.
Nella costruzione di un mondo senza servi né padroni è necessario che, una volta distrutti Stati e Capitale (il potere), gli uomini e le donne, finalmente liberi di organizzarsi tra loro, siano poi effettivamente in grado di sostentarsi e di produrre tutto ciò di cui necessitano per vivere, qualunque cosa sia. Quindi, è fondamentale dimostrare che l'autogestione non solo è possibile, ma che già è applicabile in tutti i campi della nostra vita: infatti sono milioni in tutto il mondo le persone che decidono di slegarsi da questo sistema producendo e gestendo autonomamente la propria realtà e senza imporre il privilegio e il ricatto del guadagno e dell’accumulo di denaro. È stato dunque importante creare un momento di confronto soprattutto perché il sistema attuale mina all'affermazione di tali pratiche attraverso vari metodi, che siano lo sgombero di una casa occupata o l’imposizione del copyright e sistemi di controllo e monopolio dell’autoproduzione e dell'informazione.
Questo è uno dei concetti-motore che ha ispirato l’organizzazione di queste giornate di incontro.
Organizzare una "fiera" delle autogestioni e delle autoproduzioni ha significato creare una situazione in cui è stato possibile non solo mettere in mostra i molteplici modi e le differenti pratiche autogestionarie, ma anche discutere sul significato più profondo del termine autogestione e sugli obiettivi di chi decide di utilizzare tale mezzo.
Dal punto di vista pratico, molti sono stati i laboratori tenuti da compagni e compagne che hanno condiviso le proprie conoscenze: serigrafia, falegnameria, shiatzu, boomerang, medicina naturale, teatro, riprese video e montaggio, autocostruzione di pannelli solari e antenne radio, autoproduzione di tofu, seitan, sapone ed alcolici. Le tematiche affrontate sono state estremamente varie e, grazie anche all'elevata presenza di compagni all'iniziativa, ogni laboratorio è stato molto partecipato. Vari e partecipati sono stati anche i momenti di dibattito: informazione libera e media autogestiti, autoproduzioni musicali legate alla scena d.i.y., autoproduzioni Fenix, energia dall'idrogeno, autogestione e mutualismo. È evidente anche in questo caso la varietà degli argomenti come ritengo evidente anche il filo conduttore che li lega.
La creazione di una rete di contatti che si avvalga di strumenti sempre più alla portata di molti che permetta di fare informazione senza filtri istituzionali o legati a qualche interesse economico, come pure la riappropriazione di alcuni aspetti della cultura, come la musica, concorrono nella creazione di una società libertaria e quindi alla distruzione di Stati e Capitale.
Alternativa concreta
alla società autoritaria
Per quanto sia necessaria una radicale inversione di tendenza del cosiddetto sviluppo, ora dettato da esigenze di mercato, l’autoproduzione di energia resta un obiettivo fondamentale in un processo di liberazione; questo può avvenire solo abbandonando il petrolio, che oltre ad essere fortemente inquinante ed esauribile, è oramai saldamente in mano ai “padroni della Terra” , andando a sperimentare metodi alternativi come le “fuel cell” a idrogeno che possono permettere a ogni comunità o addirittura a ogni individuo di prodursi il proprio fabbisogno energetico. I dibattiti su autogestione e mutualismo come forme di alternativa concreta alla società autoritaria sono stati il momento di formulazione teorica durante la fiera.
A testimoniare il vivace fermento creatosi nel corso dei quattro giorni, ci sono stati sia incontri che laboratori non precedentemente organizzati, ma nati spontaneamente, proposti nelle assemblee di gestione e partecipati con entusiasmo, come il laboratorio di antenne radio e un laboratorio di discussione e di ricerca sulla costruzione sociale del genere proposto da due compagne francesi. Partendo dal presupposto che il capitalismo si appoggia anche sul patriarcato per esercitare meglio il suo potere si è iniziato a riflettere, durante i 3 momenti di discussione che si sono creati, sul come riuscire a superare ed abolire quella differenza fra i sessi che genera e struttura l'insieme delle organizzazioni sociali. Le assemblee “di genere” sono state partecipate per le prime due serate sia da donne che da uomini e si sono creati momenti di dibattito davvero interessanti, dai toni accesi e in un'atmosfera frizzante, in cui sono state analizzate le origini, le cause e le condizioni attuali dell'oppressione femminile, dei soprusi che persistono da secoli sulla donna, oggi in modo più subdolo che in passato. La repressione sulle donne perdura dai tempi “delle streghe” e se oggi appare meno evidente è solo perché si sono trasformate le modalità con cui questo avviene, di pari passo con le trasformazioni culturali che hanno portato la società a ciò che è attualmente. Tutto ciò è stato oggetto di discussione nell'ultima assemblea riservata e partecipata da sole donne.
Cambiano le forme, ma non i contenuti. Il dibattito è stato così stimolante anche perché coloro che vi hanno partecipato non hanno avuto timore di apportare in assemblea contributi di esperienze vissute in prima persona per confrontarsi e conoscersi su resoconti concreti e più che mai attuali.
|
Repressione
e apatia sociale
La fiera, per quanto ricca di contenuti, non è mai stata appesantita da atmosfere in stile accademico o da “frikkettonismo”: tutto si è svolto in un clima di convivialità e cooperazione totale da parte dei partecipanti. Molti i/le compagni/e venuti/e da ogni parte d'Italia che sono rimasti più giorni in tende o camper sia per portare le proprie conoscenze che per un forte interesse nell'iniziativa: tra i tanti ricordo i/le compagne della comune “Auriga” di Parma che hanno portato prodotti, esperienze e conoscenze, attivandosi al forno a legna e sfornando pane e cibarie per tutti.
Seppur pre-organizzata da Libera, la gestione delle giornate è stata decisa nel momento assembleare nel quale quotidianamente, più o meno prima di cena, si davano disponibilità per la cucina, si fissavano gli orari di laboratori e dibattiti per il giorno successivo, e chiunque poteva proporre eventuali altre iniziative o idee per progetti sia legati alla fiera stessa che al di fuori di essa.
Dall'assemblea conclusiva uno dei limiti evidenziati con maggiore forza è stata la mancanza di una progettualità che uscisse come proposta dall'assemblea stessa per gettare le basi di un lavoro volto a creare una società autogestita. Sicuramente repressione ed apatia sociale, due facce della stessa medaglia del controllo, non rendono facile la diffusione di una pratica di cambiamento radicale della vita di ogni individuo: l'aumento del “benessere”, riferendosi all'inizio dell'oramai secolo scorso dove il fermento sociale libertario era sicuramente molto più forte, è certamente uno dei più zelanti “pompieri della rivolta”. Se a questo uniamo le varie “diatribe interne”, penso che, anche dal punto di vista progettuale, l'elevata partecipazione, la fitta di rete di contatti e di scambio che si è vissuta durante i 4 giorni di iniziativa anche tra compagn* vicin* ad ideologie diverse tra loro, siano da considerare come passi, invero un po' piccoli, verso la costruzione, se non della nuova società senza servi e senza padroni, almeno di un movimento libertario forte, che riesca a far diventare patrimonio di tutti e proprie idee e le proprie pratiche.
Questo evento ha esplicitato come si possa realmente affrontare ogni aspetto del vivere in modo autorganizzato andando a delegittimare e distruggere l'autorità e, forse, ha dato maggiore consapevolezza a chi pratica tuttora l'autogestione di quanto questa possa essere pratica condivisa e di quanto sia importante la diffusione delle proprie idee di libertà.
Concludendo, la fiera è stata un momento in cui ci si è resi conto che non è possibile considerare l'autogestione come qualcosa di esclusivamente tecnico, legato ad una situazione di auto-produttività o come qualcosa rivolto al funzionamento di una società futura, “post-rivoluzionaria”. L’autogestione deve essere anche e soprattutto l'autogestione dell'insieme delle lotte che oggi ci troviamo ad affrontare. Dobbiamo riflettere sul come sia possibile iniziare ad autogestire ora, nell'immediato presente, per creare spazi di resistenza liberati da questo sistema sempre più opprimente e totalizzante.