Rivista Anarchica Online


 

V for
Vendetta

Uscito nelle sale nel 2005, diretto da James McTeigue, il film dei fratelli Waschowski (Matrix) è tratto dalla graphic novel V for Vendetta scritta da Alan Moore, illustrata da David Lloyd [Magic Press, 2005, Euro 21,00 (in italiano: Rizzoli, 2006, Euro 17,00)].
L’Inghilterra post-atomica è il Paese Numero Uno del Nuovo Ordine Mondiale. Non si esce dopo il coprifuoco. In una Londra dark, i passi rintoccano sull’umido e sulla pietra, urla di violenze soffocate coperte dal rimbombo delle notizie ufficiali negli altoparlanti.


Nella serie si nascondeva una protesta contro il governo Thatcher, nel film è l’Occidente a essere contestato (la prigione di Evey sembra Guantanamo). Sembra di leggere, nelle inquadrature, pagine di quotidiani dei nostri giorni: il Mondo sotto controllo; il Potere imposto con i media; la fobia religiosa del Giusto e del Buono; l’integralismo delle prediche sbavate dai guru tecnologici, pagati dallo stesso Mercato che regge il Sistema; il pubblico concepito come puro intrattenimento.
È qui che arriva la maschera. V, la parodia: il volto coperto dalla maschera di Guy Fawkes, cospiratore che il 5 novembre 1605 aveva attentato al Parlamento britannico. V è il non-volto che sfida il Sistema. Si muove di notte con la velocità della determinazione, l’assenza di pietà della reazione al sopruso, la consapevolezza che “non sono i popoli che devono avere paura dei propri governi, sono i governi che devono avere paura dei popoli”. Ed è qui la differenza. Le parole, prima che le lame. Sono le parole che tagliano in V. Le parole che risvegliano e che esprimono dubbi.
V è reazione al Potere imposto dai pulpiti deliranti il nuovo dio, movimenti misurati e precisi che uccidono, che scandiscono gli eventi come bit in un codice techno. Memorie decifrate da un’improvvisa coscienza, che accende attenzione e non la tradisce.
Sono solo le idee che sopravvivono agli uomini, “Remember Remember the 5th of November”, recita V. Una lettera che non è nome singolo ma collettivo. Perché V è tutti, e tutti sono V. La rivolta è questione di scelta “È il principio fondamentale dell'universo: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”, condizione della Fisica dinamica.
La V di Vendetta è una A rovesciata senza cerchio, essenziale: due linee oblique che convergono, a impattare la ragione della libertà, a rendere l’unione simmetrica.
Due lame rosse che sono educazione alla ribellione verso tutti i fascismi. Calm Like A Bomb, come nei Rage Against The Machine.

Mauro Garofalo

 

 

Nel cuore della
rivoluzione spagnola

Le testimonianze di miliziani, di là da articoli per particolari avvenimenti, non sono moltissime. Anzi.
Questa testimonianza sulla Rivoluzione / Guerra di Spagna (Antoine Gimenez, Amori e rivoluzione, Ricordi di un miliziano in Spagna (1936-1939), Edizioni La Baronata) venne scritta a metà degli anni ’70 da un miliziano del Gruppo Internazionale della Colonna Durruti, ma pubblicata solamente nel 2006 nella versione originale francese.
In questi ricordi, che coprono l’intero periodo della Guerra di Spagna, l’autore espone il suo vissuto, ciò che ha fatto, visto, sentito o creduto di vedere o di sentire, una descrizione dal basso, da semplice miliziano, con uno stile libero. E affidata esclusivamente alla sua memoria, una scelta che provocherà ovviamente alcuni errori e approssimazioni storiche, probabilmente il prezzo da pagare per un’opera “autentica”. La originalità dello scritto non si basa solo sulla modalità del dire, ma soprattutto del non tacere. Non tace nell’ammettere che proprio osservando e partecipando alla collettivizzazione del villaggio di Pina di Ebro da vagabondo, ladro, diventa anarchico: “Nel 1936 ero quello che oggi è convenuto definire un emarginato... credevo di essere un anarchico. In realtà ero solo un ribelle... mi preoccupavo solo di vivere e di demolire la struttura esistente... senza mai di sapere come ricostruire una nuova società...”.
Non tace nell’abbozzare avvincenti e singolari ritratti di alcuni/e miliziani/e del Gruppo Internazionale – italiani, francesi, svizzeri, tedeschi, russi, algerini, cubani – che compongono una massa eterogenea di anti-eroi: alcuni già militanti anarchici o anarco-sindacalisti (come Louis Mercier Vega), maknovisti, giustizieri, pacifisti, filosofe (come Simone Weil), cineasti, critici d’arte, attrici, infermiere, ma anche vagabondi, ladri o rapinatori, soldati o ufficiali di ventura in altre guerre, fascisti dissidenti.
Non tace dei conflitti all’interno del Fronte popolare, delle decisioni antirivoluzionarie dei comunisti stalinisti che distruggono dall’estate 1937 numerose collettività per voler mantenere uno stato borghese secondo le direttive dell’Unione sovietica, ma anche quelle di molti anarchici sostenitori sia della presenza di ministri anarchici, sia della militarizzazione. Scelte che rompono l’importante spirito rivoluzionario dei libertari che voleva inscindibile la guerra dalla rivoluzione. Non tace nell’esprimere i suoi contrastanti sentimenti di fronte alla guerra, alla violenza, al sangue, come la paura, il panico, l’angoscia, la sofferenza, il dolore, la crudeltà, ma anche l’inutilità, l’indifferenza, l’anestesia o l’estraniazione. Non tace nell’infrangere alcuni tabù, tradizionali nella memorialistica sulle guerre e rivoluzioni, rivelando senza falsi pudori gli affetti, gli amori, l’erotismo, la grande voglia di vivere il presente, ma soprattutto dimostrando che la vita e la lotta sono inseparabili dal desiderio e dalla passione. Non tace – nonostante la rivoluzione mancata – di aver continuato a combattere nelle fila repubblicane contro franchismo e fino all’ultimo, con la morte nel cuore.


Infine, tre parole sull’autore Antoine Gimenez. Spagnolo? Francese? In realtà nasce a Chianni Pisa) nel 1910 col nome di Bruno Salvadori. A Livorno, ragazzino, dopo uno scontro assieme a degli anarchici contro i fascisti in cui viene ferito, conosce Malatesta. A 18 anni emigra in Francia, sopravvivendo da vagabondo, ladro, a volte contrabbanda in Spagna della pubblicistica anarchica. Viene arrestato, condannato ed espulso più volte dalla Francia e dalla Spagna. È segnalato come anarchico dalla polizia fascista italiana per aver venduto il suo passaporto. In seguito, grazie all’anarchico Giuseppe Pasotti, organizzatore di una rete di passaggi di uomini e di propaganda tramite la Lega italiana dei diritti dell’uomo, ottiene un nuovo passaporto, spunta Antoine Gimenez, cittadino italiano, mentre Bruno Salvadori scompare per sempre.
Nell’estate 1936 è in Spagna nei pressi di Lérida come bracciante, pochi giorni dopo è miliziano nella Colonna Durruti. Smobilitato nell’ottobre 1938 come tutti i volontari stranieri, lascia la Spagna nel febbraio 1939, e viene detenuto nel campo francese di Argélès-sur-Mer dove fa parte del gruppo Libertà o Morte, composto da 117 libertari. Domiciliato con la sua famiglia a Marsiglia dagli anni ’50, scrive i suoi ricordi in francese tra il 1974-1976, è in contatto con il gruppo anarchico locale, ma i suoi tentativi di pubblicarli falliscono.
Riesce a mantenere la nuova identità fino alla morte, avvenuta a Marsiglia nel 1982, in barba agli Stati italiano, spagnolo e francese...
Nel 2004 il suo dattiloscritto, depositato presso il Centre International de Recherches sur l’Anarchisme (CIRA) di Marsiglia, viene riscoperto, pubblicato in francese nel 2006, tradotto in castigliano, ora in italiano.

Gianpiero Bottinelli

Il libro di 256 pagine, € 16,50, può essere richiesto a: Edizioni La Baronata, casella postale 22, CH-6906 Lugano oppure a: baronata@anarca-bolo.ch.

 

 

Bombe su
Barcellona

“Quan plovien bombes”. “Quando piovevano bombe” si intitola una bella mostra sui bombardamenti di Barcellona effettuati dall’aviazione italiana. La mostra è prodotta dal Museu d’Historia de Catalunya e per vari mesi farà un giro per l’Italia. Si inizia il 30 novembre a Novi Ligure (Alessandria) nel salone della Biblioteca comunale. In contemporanea si svolgerà un convegno storico promosso dalla rivista “Spagna contemporanea” sulla memoria degli italiani partecipanti alla guerra civile.
Questi bombardamenti costituirono il primo atto di terrorismo bellico contro la popolazione civile in Europa e furono una scelta del duce per dimostrare al mondo intero le capacità militari del fascismo. Colpire Barcellona significa attaccare una metropoli che stava autogestendo, in forma assembleare e libertaria, la produzione e la società. Gli attacchi ripetuti causarono circa 3.000 morti, molti più che nel caso della più nota Guernica colpita questa soprattutto da aerei nazisti.
Ricordare oggi questo evento significa rafforzare la memoria dei disastri della guerra e delle responsabilità dell’Italia dell’epoca. E smentire, con dei dati storici di fatto, l’immagine nazionalista e assolutoria dell’ “italiano brava gente”.

Claudio Venza