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Da sinistra: Raffaella Giardini e Alessandra Galbiati |
Si fa presto a dire «le galline». Non avevo mai conosciuto una gallina in vita mia. Anzi, erano sempre stati esseri che mi procuravano una leggera repulsione. Il loro fissarti gelido, le zampette squamose, quel muoversi a scatti, lo sguardo inespressivo e vitreo, me le rendevano estranee, lontane. Insomma, rispetto ai mammiferi, anche ai più piccoli, il paragone non reggeva proprio. Alfonso e Carlotta arrivarono una domenica pomeriggio. Alfonso aveva una ferita su una zampa: lo avevano tenuto legato con una corda perchè non scappasse. Presto lo avrebbero ucciso perchè il suo strepitoso e altissimo canto infastidiva una signora del cortile dove viveva. Lo avremmo accolto nel rifugio se insieme a lui ci avessero portato anche una gallina per fargli compagnia. Così anche Carlotta fu salva. Ma Carlotta era ancora una pulcinotta (sarebbe stato uno spreco regalare una gallina già adulta) che il gallo seguiva come fosse una figlia. Alfonso non cercò mai di accoppiarsi con lei e necessitava di una compagna che gli fosse all’altezza. Giuseppe, il contadino che collabora alla gestione del rifugio, decise allora di rubare una gallina dal pollaio della moglie la quale non se ne accorse o, se si accorse, non disse mai nulla. Appena Alfonso vide Clotilde avvicinarsi guardinga alla nuova residenza fu amore a prima vista. In due minuti si accoppiarono 4 o 5 volte.
I tre uccelli vissero tranquilli per due mesi, in perfetta armonia. Dopo qualche settimana trovammo una gallina girovaga, scappata da non si sa dove, che passeggiava incurante dei cacciatori e dei carnivori della zona. Ovviamente dopo un breve inseguimento anche Claretta fu sana e salva nell’oasi. Alfonso apprezzò Claretta (anche se la sua favorita rimaneva Clotilde) e tra le tre galline e il gallo si instaurò presto grande amicizia e complicità. Carlotta, l’unica gallina bianca, seguiva Alfonso ovunque e anche lui apprezzava la sua vicinanza, la chiamava e correva per raggiungerla quando si perdevano di vista. Ma ancora adesso non li abbiamo mai visti accoppiarsi.
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Alfonso, Carlotta e Claretta |
Condizioni assurde
e vergognose
I quattro intrattenevano rapporti amichevoli anche con le capre e le anatre (meno coi maiali) ma ad una certa ora del pomeriggio estivo il quartetto si isolava e si incamminava a esplorare la parte in fondo del campo.
Passò qualche altra settimana e arrivò nel rifugio un gruppetto di galline ovaiole. Esseri che erano stati costretti a sopravvivere in condizioni assurde e vergognose. Animali malati, esauriti nel corpo, storditi nella mente. Ai mangiatori di uova vorrei dire: «Che le uova possano andarvi di traverso e possiate un giorno capire davvero la violenza da cui nascono!». I primi 3-4 giorni le nuove arrivate quasi non si muovevano. Spaventate dagli altri animali e dall’entusiasmo di Alfonso, stavano in disparte, come se stessero imparando a vivere. Due di loro (Mosciona e Codanera) purtroppo morirono. Indebolite dopo anni di gabbia e antibiotici si ammalarono al contatto con la vita.
Ma la vita alla fine contagiò quelle che sopravvissero. Decisero un giorno di dimenticare il passato. Decisero di non serbare tristezza e di godere di quella felicità che ancora sarebbe rimasta. Le galline cantano! Come tutti gli altri uccelli. Modulano diversi suoni. Il più comune, quello che tutti conosciamo, è il classico «cococo» riferito al cibo. Poi modulano dei suoni dolci e gorgoglianti per comunicare gioia e benessere. Urlano quando si spaventano e si salutano quando si incrociano. Se si ha un po’ di pazienza e le si osserva con attenzione, si iniziano a comprendere molti particolari e si inizia a conoscere il carattere di ognuna. All’inizio, per intenderci tra noi, dicevamo «le galline», ora diciamo: «Hai visto che Crestina si avvicina per farsi accarezzare?”, «Schifì e Clotilde non si piacciono molto, spesso si beccano mentre mangiano», «Moscina non ama la compagnia di Alfonso e se ne sta spesso da sola a girovagare nell’erba»,... Ora ogni gallina ha il suo nome e così come per i cani e le persone, il suo carattere individuale.
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Bibì e Bibò |
Bibì e Bibò, per esempio, sono letteralmente inseparabili. Amiche per la pelle fin dal primo momento, non stanno mai a più di un metro una dall’altra. All’imbrunire danzano insieme in cerchio e si appollaiano contemporaneamente sulla staccionata per passare la notte vicine, a stretto contatto. Sì, perchè a differenza di tutte le altre, loro dormono all’aperto. Amano le stelle e il vento, amano la pioggia e la brina. Come le cornacchie sugli alberi e i pettirossi nelle siepi, loro sentono di essere dei veri uccelli. Probabilmente vicine un tempo nella stessa gabbia, o sorelle nella stessa incubatrice, mi piace pensare che si siano sempre fatte forza a vicenda, un tempo nella orribile sorte come ora nelle belle sere di luna. Questo loro affetto reciproco, così totale e incondizionato, è tra le cose che mi emozionano di più quando osservo gli animali del rifugio. E mi chiedo, per esempio, se Mosciona, morta poco dopo il suo arrivo, non abbia per caso lasciato una delle altre con una ferita nell’anima che io non riesco neppure ad immaginare.
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Mosciona prima di morire |
Un mese dopo il gruppo si allargò ancora: arrivarono Adalberto e Camilla, un’altra coppia a rischio-vita. Adalberto è un galletto piccolo, Camilla la sua minuscola compagna. Il primo giorno pensammo di metterli in un recinto da soli per tenerli un poco sotto osservazione e evitare che Alfonso potesse essere eccessivamente aggressivo con lui e insistente con lei. La mattina ci spaventammo: i nuovi arrivati erano fuggiti dal recinto. Meno male che erano solo volati oltre la rete a poche decine di metri, per raggiungere le altre galline del rifugio. Adalberto, che è piccolissimo e molto gentile rispetto ad Alfonso, è il preferito di Bibì e Bibò che, seppur non disdegnano Alfonso, passano più tempo con lui. Lo becchettano, lo puliscono teneramente e lo coinvolgono nelle loro danze e canti di felicità. Crestona, invece, non ama i maschi, non li cerca e loro sembrano rispettare la sua indifferenza. Clotilde e Carlotta sono molto gelose di Alfonso, forse rimpiangono il terzetto o al massimo il quartetto iniziale e tentano, inutilmente, di scacciare le altre galline che il grosso gallo continua a chiamare a raccolta quando trova qualche chicco di mais per terra o una zona di terra particolarmente attraente da becchettare. Claretta, socievole e molto meno possessiva, non è per nulla ostile al gruppetto delle nuove arrivate, anzi, la si vede spesso passeggiare e fare amicizia ora con l’una, ora con l’altra. Camilla è forse la più infelice. Troppo piccola per Alfonso, troppo diversa dalle altre galline, un po’ dimenticata da Adalberto, spesso si consola inserendosi nel gruppo delle anatre che mi pare siano animali più schivi e tolleranti delle galline.
Quando ero piccola, la sola idea di poter entrare in contatto con una gallina, o peggio ancora con le sue zampette gelide, mi procurava una specie di incubo, ora, appena arrivo al rifugio la mattina, vado di corsa a prendere Cocò dal suo recinto provvisorio (zoppica leggermente e l’abbiamo isolata in modo da proteggerla dall’irruenza delle due maiale) e lei, appena mi sente, mi canta una sua dolce melodia e quando la prendo in braccio e l’accarezzo continua a gorgogliare, contenta che qualcuno le sussurri parole gentili.