La copertina del secondo numero di “A” mostra due immagini di Pietro Valpreda, allora in carcere da 15 mesi con l’accusa di strage, in relazione alla bomba esplosa a Milano in piazza Fontana il 12 dicembre 1969. Una è una foto segnaletica, l’altra “com’è davvero”. E una didascalia spiega “Con questi sistemi si costruiscono “i mostri”.
All’internoAmedeo Bertolo intervista uno degli avvocati di Valpreda, il comunista Guido Calvi, ancora oggi attivo (ora è nel Partito Democratico) come avvocato e come parlamentare.
La Croce Nera Anarchica firma il primo articolo, sempre su un caso politico-giudiziario che vede giovani anarchici in carcere con l’accusa di aver fatto esplodere delle bombe. In questo caso si tratta delle esplosioni avvenute sempre a Milano, sempre nel 1969, ma questa volta alla Stazione Centrale e alla Fiera Campionaria il 2 aprile, anniversario della Liberazione.
Entrambi questi casi troveranno ampio spazio sui numeri successivi della rivista ed entrambi si concluderanno con la caduta di tutto il castello accusatorio e l’assoluzione degli imputati anarchici.
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Con la traduzione dall’inglese delle Note sull’anarchismo di Noam Chomsky e una storia della rivolta di Kronstadt, scritta dal redattore romano Guido Montana, “A” prosegue nella sua linea di chiarificazione e di polemica con la sinistra marxista, rivendicando l’originalità filosofica e storica del socialismo libertario rispetto a quello autoritario.
Altri articoli si occupano della gara spaziale tra Usa e Urss, delle occupazioni di case, del problema dell’inquinamento industriale, Tante le notizie in breve dal mondo.
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“Gorgonzola (Milano) – Strillonaggio
sulle linee celeri dell’Adda”
recitava la didascalia in ultima pagina.
Le linee celeri dell’Adda non ci sono più,
sostituite dalla metropolitana.
Lo strillonaggio, anche come termine,
è perlopiù un ricordo del passato.
“A” invece c’è ancora |
Ma il pezzo più difficile, quello che più fece discutere e ancora oggi suscita non poche perplessità, è quello di Guido Montana sulla rivolta dei “Boia chi molla” a Reggio Calabria. Già un altro foglio libertario edito in Sicilia aveva preso posizione sostanzialmente favorevole, suscitando un vivace dibattito. La posizione della redazione di “A” (espressa in un breve e non molto chiaro corsivo dopo la firma dell’autore) lasciava intendere che quella di Montana era una possibile interpretazione. Montana nel suo scritto (significativamente intitolato “Chi ha paura del lupo cattivo”) se la prendeva più con la sinistra che demonizzava quel movimento che con i neo-fascisti che lo attizzavano e guardava ai fatti della Calabria come a un significativo banco di prova. La storia si è poi incaricata di smontare l’immagine proposta di quel movimento che di libertario aveva ben poco.
Sta di fatto che in seguito ad un dibattito interno alla redazione, proprio a partire da quello scritto, Guido Montana interruppe – dopo un ultimo articolo sul caso Valpreda apparso sul numero successivo – la sua collaborazione con “A”.
Da segnalare che il clima intorno alla rivista era di grande interesse e per molti anche di entusiasmo. Appena nata “A” cresceva in fretta, anche come consenso e vendite. Ma per tirare un primo bilancio il gruppo promotore si era dato il limite dei 3 numeri. Ne mancava ancora uno.