Nelle guerre e nei conflitti, nelle rivoluzioni e nelle repressioni, si sa,
non possono non albergare odio, violenza, ingiustizie e quantaltro. Ma la speranza
che almeno i bambini siano preservati da simili nefandezze è dura a morire.
Sembra però che questo sentimento di rispetto, spesso lasci il posto a manipolazioni così orribili da far sembrare addirittura inverosimile il racconto che invece puntualmente viene fatto da chi non accetta di chiudere gli occhi di fronte all’evidenza. Leggo sul quotidiano israeliano Ha’aretz del 14/02/08 (è una specie di The Guardian o de La Repubblica, foglio sempre giustamente critico nei confronti di una certa politica di destra ed espansionista di Israele) che la televisione di Hamas, che trasmette programmi nella striscia di Gaza, ha messo in onda una serie di cartoni animati veramente molto maledettamente speciali. Dopo la morte del pupazzo “Farful” (dall’aspetto di Topolino) per mano di uno spietato militare israeliano, nel corso della trasmissione “Pionieri di domani”, ha fatto la sua comparsa un altro personaggio fantastico, dall’aspetto di un grande coniglio, che proclama a ogni piè sospinto, che divorerà gli ebrei. Tralasciando altri particolari altrettanto inauditi, c’è da soffermare la nostra riflessione su un recente episodio del cartone animato. Il coniglio Assud, dopo aver appreso della morte “da martire” del fratello Nahul, confida alla giovanissima conduttrice Saraa: “Tutti noi siamo aspiranti martiri, vero Saraa? Noi sacrifichiamo le nostre anime e tutto ciò che abbiamo per la nostra terra patria”. Saraa risponde: “Noi libereremo al-Aqsa (la moschea con la cupola dorata di Gerusalemme, ndr) dalla sozzura dei sionisti”. E Assud conclude il dialogo con queste parole: “Io Assud farò piazza pulita degli ebrei e li divorerò, ad Allah piacendo”.
Nella medesima emittente televisiva, sempre in questo febbraio del 2008, una madre dice del proprio figlio appena adolescente, attentatore militante di Hamas, di non essersi mai sentita così felice: “Ho mandato a nozze quattro figli e non ho provato tanta felicità come ora che grazie a Dio mando un figlio fino in Paradiso, grande come cielo e terra; spero che Dio eleverà mio figlio per cento scalini e lo sposerà con settantadue vergini. Dico ai sionisti: noi abbiamo giovani determinati a morire! E dico alle madri musulmane: educate i vostri figli ad amare la morte dei santi”. E la madre di tutte le madri nel mondo globalizzato e tecnologizzato, la televisione, sembra proprio che stia facendo bene la sua parte in questo crescente delirio di violenza e di terrore. Immagino che a questo punto del mio discorso qualcuno possa obiettare con le solite stanche giustificazioni per spiegare il perché si sia arrivati a questo punto del baratro, più di qualcuno, soprattutto nella sinistra politicamente corretta, imputi agli israeliani la colpa di ogni nefandezza, ma preferisco pensare che molti sospendano le solite litanie e si fermino, senza se e senza ma, a riflettere sulle conseguenze di queste pratiche di propaganda e di violenza inaudita contro bambini e bambine. Non credo ad una visione immacolata dei bambini, ritengo anzi che debbano fin da piccoli essere parte vera e fattiva, con le loro specifiche sensibilità e conoscenze, di una comunità.
Ma quando l’indottrinamento diviene la prassi educativa non ci sono margini, a mio giudizio, di giustificare questa educazione. Oltretutto recentemente sono ricomparsi i kamikaze bambini, sono stati imbottiti di esplosivo handicappati e persone prelevate da istituzioni psichiatriche, in nome di una causa. Allora qualche riflessione mi appare proprio inevitabile e altrettanto non rinviabile credo sia una presa di coscienza e di posizione nettamente e radicalmente ferma e di condanna per tutto ciò. Sono sempre più convinto che la drammatica situazione di povertà e miseria in cui versa la popolazione palestinese, oltre che risultato di manipolazioni politiche di grandi interessi internazionali, di scelte sbagliate compiute dai governi israeliani, di corruzione estesa dei rappresentanti politici dell’autorità palestinese stessa, e di molte altre concause, sia anche il frutto di una drammatica esposizione ideologica e di un indottrinamento religioso che, come si può evincere dagli episodi sopra citati, stanno penetrando e colonizzando le coscienze delle giovani generazioni.
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Il pupazzo Farful |
La pedagogia dell’odio è strettamente funzionale (vorrei dire indispensabile) a un disegno politico quale è quello del terrorismo. Come spiegare altrimenti, con quel poco di razionalità che ancora ci resta, queste aberrazioni umane, come giustificare l’immolazione della propria giovanissima vita sull’altare della lotta al pur odiato Israele, come concepire il “dono” della vita dei propri figli da parte di madri così fanaticamente votate alla causa? Solo un profondo, sistematico e capillare sistema formativo può arrivare a determinare comportamenti così inauditi. La logica del dominio e del potere formativo riesce, laddove altri condizionamenti non arrivano, a determinare i comportamenti degli esseri umani, in particolar modo se essa si esercita fin dalle giovanissime generazioni.
Obiettivo del terrorismo è quello di trasformare azioni violente in risultati politici, seminando terrore fra la popolazione anonimamente intesa. Ognuno diviene un potenziale bersaglio tanto che in ogni momento, in ogni luogo, la sua vita è in pericolo. Non si tratta tanto di un evento fattuale quanto, piuttosto, di una condizione psicologica, che non si manifesta nella scena pubblica bensì all’interno di una percezione degli individui. Il successo che gli atti di terrorismo conseguono consiste proprio nella sua efficace capacità di seminare la paura tra un numero elevato di persone pur colpendone direttamente un numero relativamente basso. Ecco perché un attentato in un autobus semi vuoto a Tel Aviv è in grado di terrorizzare sei milioni di cittadini israeliani. Questo è il grande potere simbolico del terrorismo: trasformare un evento fattuale “minore” in un esteso e incontrollabile dramma psicologico che a sua volta viene strumentalizzato politicamente.
Da qui discende l’importanza di una profonda e penetrante azione pedagogica che trasforma un atto di barbarie in un gesto di redenzione. Ma è proprio qui che si può sconfiggere questo potere, con un’azione educativa che neutralizzi questa pedagogia dell’odio a favore della vita, dell’amore, della solidarietà.