Parlando della rivolta popolare in Grecia
È ancora troppo presto per tentare di fare una valutazione
complessiva della rivolta del dicembre scorso in Grecia. La
parola “rivolta”’ non è esagerata,
visto che migliaia di persone, non solo nelle città
grandi (Atene, Salonicco, Patrasso) ma anche in quelle della
provincia si sono radunate nelle strade per esprimere la propria
protesta contro l’omicidio a sangue freddo nel quartiere
di Exarchia ad Atene del sedicenne Aleksis Grigoropoulos.
Gran parte di tutta quella gente, e principalmente gli studenti
delle scuole superiori, sono stati i protagonisti dell’assalto
alle questure in tutta la Grecia, mentre molte decine di banche
sono state distrutte come anche centri commerciali di grandi
compagnie ed enti periferici dello Stato.
Tutto ciò che si può riferire in questo momento,
anche se ci si soffermasse ad una semplice descrizione degli
eventi, sono frammenti riduttivi e sicuramente insufficienti
a spiegare ciò che è successo e quello che ancora
sta avvenendo in Grecia. Senza dubbio questi fatti hanno bisogno
di un’analisi più approfondita che non può
trovare spazio in questo breve resoconto.
L’inizio e lo sviluppo dei fatti
Exarchia è un quartiere al centro di Atene, frequentato
dalla gioventù “alternativa”’ della
capitale greca. In quest’area, ci sono tante sedi, librerie
e altri centri di gruppi antiautoritari-anarchici e di organizzazioni
della sinistra extraparlamentare. Nei confini di questa area,
si trova anche il complesso di edifici del Politecnico, un
luogo simbolo per le lotte democratico-radicali della gioventù
e anche un’area dove si tengono tante assemblee e manifestazioni.
Una zona pedonale di quel quartiere, in via Messologhiou,
negli ultimi anni è diventata il luogo di ritrovo della
gioventù. Due o tre anni fa, l’esistenza di una
libreria della estrema destra aveva causato la sua ripetuta
distruzione, la presenza permanente di forze di polizia in
quel punto e come conseguenza, incidenti numerosi tra la polizia
e gli anarchici e i giovani in generale. Alla fine, questa
libreria si è trasferita, le caffetterie di questa
via sono aumentate, come la gente che frequenta quel quartiere.
Comunque, alcune zone, dove non ci sono caffetterie, sono
diventate luogo di ritrovo di quella parte della gioventù
la quale partecipa più o meno attivamente alle manifestazioni
del movimento antiautoritario-anarchico.
Aleksis Grigoropoulos era un ragazzo di una compagnia di giovani
adolescenti i quali spesso si trovavano in questo posto. È
il ragazzo, il quale all’improviso, ha pagato con la
propria vita, l’odio e la smania di persecuzione che
da anni – o sostanzialmente da sempre – viene
coltivata all’interno della polizia greca nei confronti
dei giovani della sinistra extraparlamentare e in particolare
degli anarchici. Una rabbia e un atteggiamento fortemente
condizionati da una mentalità di estrema destra, una
nevrastenia che ha trovato la riconferma nei proiettili del
poliziotto di 38 anni, Vassilis Corconeas, e del suo collega,
i quali sono andati lì, consapevoli di uccidere a sangue
freddo.
In totale assenza di rispetto nei confronti del ragazzo ucciso
le autorità hanno deciso di inviare immediatamente
le forze speciali nel quartiere Exarchia. Da quel momento,
gli avvenimenti hanno cominciato a correre così rapidamente
che nessuno di noi poteva aspettarsi una rivolta popolare
di queste dimensioni. [La dimensione della rivolta è
stata paragonata da alcuni analisti, per certi versi, a quella
del dicembre 1944 che dette l’avvio alla Guerra civile
greca].
Il Politecnico è stato occupato dagli anarchici e da
altri giovani, ma quello che è più importante,
è che gli scontri e le barricate sono improvvisamente
aumentati in tutto il centro urbano della capitale con cortei
di protesta spontanei e decine di scontri e danneggiamenti
di banche e centri commerciali.
In quella sera del 6 dicembre, una notte che nessuno poteva
immaginare quello che stava succedendo e tutti hanno percepito
che questo era solo una risposta parziale (una prima risposta
/ era solo l’inizio), gli scontri sono continuati ad
espandersi anche ad altre città attraverso la rete
dei gruppi di compagni (es. Salonicco, Patrasso, Ioannina).
Quella notte è stata una notte di “rivolta anarchica”
– con un significato più ampio – caratterizzata
da una prassi anarchica. Il giorno dopo (domenica) è
stata organizzata un’assemblea e un corteo che si è
diretto verso la sede centrale della polizia di Atene. Quella
marcia impressionante per numero di partecipanti è
iniziata dal viale Alexandras e velocemente si è transformata
in una battaglia: scontri con la polizia si sono ripetuti
per ore in grande parte del centro di Atene con la distruzione
di negozi di grandi compagnie, di banche e di supermercati.
La giornata di lotta ha trasformato la rivolta anarchica del
giorno precedente in una rivolta delle città principali
che riguardava tutte le realtà dei movimenti e di tutte
le sue componenti.
Il giorno successivo, lunedì 8 dicembre, ha rappresentato
il culmine di questa rivolta popolare. Nessuno poteva prevedere
che cosa poteva succedere dopo. Quella mattina, è stato
il turno degli studenti, che hanno partecipato con tante manifestazioni
e cortei totalmente autorganizzati e spontanei in quasi tutta
le provincie della Grecia e con l’obiettivo di attaccare
le questure di ogni città ma anche altri edifici statali
(palazzi municipali, palazzi di giustizia etc.). Quel giorno
e le due giornate successive, la polizia ha dovuto sostenere
tanti scontri per difendere le questure locali dalle pietre
e dalla frutta [arance selvatiche] che migliaia di studenti
liceali gli lanciavano contro. Si sono sentiti anche alunni
delle scuole elementari tornare a casa scandendo il più
noto slogan del momento in Grecia contro la polizia: “Sbirri,
porci, assassini”. La polizia non poteva agire drasticamente,
soltanto cercava di fare la guardia alle questure e cercava
di difendere i suoi impiegati dalla evidente rabbia popolare.
Anche l’albero di Natale...
Il pomeriggio dello stesso giorno, migliaia di persone si
sono raccolte al centro di Atene, mentre altre manifestazioni
si sono realizzate in diverse città della Grecia. I
fatti di quella sera ad Atene, sono stati i più violenti
– da parte dei rivoltosi – e il culmine della
protesta popolare. Gli insorti hanno letteralmente occupato
il centro della città. Piano piano tutte le banche
sono state distrutte o danneggiate, non da poche decine di
persone, ma da centinaia di giovani. Mentre tutti i principali
centri commerciali del centro storico stavano bruciando o
avevano le vetrine frantumate, il corteo si dirigeva verso
la Piazza di Sintagma ed il Parlamento Greco senza che nessuno
potesse ostacolare il suo avanzare. Questa esplosione di violenza
popolare, da parte di migliaia di giovani, lavoratori, disoccupati,
e innumerevoli immigranti, principalmente originari dei paesi
balcanici e da paesi asiatici, ha provocato la distruzione
di circa 400 uffici statali o negozi – nella stragrande
maggioranza dei casi di proprietà di grandi catene
commerciali. È stato dato fuoco al grande albero di
Natale del Comune di Atene di fronte al Parlamento, sulla
piazza di Sintagma, e questo incendio è diventato il
simbolo assoluto della rivolta popolare nel centro della città.
La polizia ha provato ad attaccare in più punti la
manifestazione provocando solo l’allargamento degli
scontri anche in altri quartieri di Atene dove si sono registrati
molti episodi di guerriglia urbana con barricate e lancio
di bottiglie molotov. L’immagine della città
in quella notte, era quella di un luogo di scontri con decine
di edifici distrutti, fumo e auto bruciate abbandonate sulle
strade. Le forze di polizia avevano come unico obiettivo quello
di difendere il Parlamento e si muovevano con grande concentrazione
di uomini senza riuscire però a fermare la protesta
che è continuata tutta la notte soprattutto nel quartiere
di Exarchia. È significativo che molte banche, non
solo al centro ma anche in periferia, hanno iniziato a riparare
i danni solo una ventina di giorni dopo dagli incidenti per
paura di altri attacchi.
Al centro di Atene, oltre all’occupazione del Politecnico
da parte degli anarchici e altri giovani, ci sono state anche
altre due occupazioni importanti di palazzi universitari:
la prima quella della Facoltà di Economia, realizzata
anche questa dagli anarchici-antiautoritari; la seconda quella
della Facoltà di Giurisprudenza da parte di organizzazioni
antiautoritarie e della sinistra. Occupazioni simili di edifici
sono state fatte anche a Salonicco, seconda città per
importanza della Grecia.
Il martedì successivo, è continuata la tensione
nel centro di Atene, ed è da segnalare l’episodio
dell’attacco di circa un centinaio di anarchici, con
pietre e bombe molotov, al Tribunale, durante la prima udienza
relativa alla convalida degli arresti dei due poliziotti-assassini.
Da notare che le barricate e gli scontri sono continuati con
le forze di polizia per le strade nei pressi degli edifici
occupati anche nei giorni successivi come in altri luoghi
della città le manifestazioni degli studenti . C’è
stato anche il tentativo da parte delle forze governative,
principalmente a Patrasso e a Larissa, di promuovere manifestazioni
di cittadini “indignati” [termine storico per
definire le squadre d’azione contro gli oppositori organizzate
durante la dittatura dei colonnelli], proprietari di negozi
e di gruppi di estrema destra, con la richiesta di riportare
l’ordine nelle strade e difendere le proprietà.
In alcuni casi queste manifestazioni sono riuscite ma senza
risultati concreti e i rivoltosi hanno ripreso il controllo
delle piazze.
L’occupazione di Aghios Dimitrios
Tuttavia è stata posta la questione politica se questa
rivolta, indipendentemente dai focolai principali di scontri
con le forze di polizia – in particolare nelle zone
universitarie ormai vulnerabili per il parziale abbandono
della regola del non intervento nei campus universitari da
parte delle forze dell’ordine –, si potesse allargare
ad altre realtà sociali. I rivoltosi, nel frattempo,
si sono interrogati come combattere la disinformazione dei
mezzi di comunicazione di massa e coinvolgere il più
gran numero di cittadini, che per vari motivi non poteva partecipare
agli scontri di piazza che coinvolgevano soprattutto il centro
della città, dando così l’opportunità
di un allargamento temporale e di qualità di questa
rivolta.
L’occupazione del municipio di Aghios Dimitrios (un
comune della metropoli ateniese) effettuata da parte di una
cinquantina di compagni anarchici-libertari la mattina di
giovedì 11 dicembre ha dato un’ulteriore motivazione
alla protesta. Con l’occupazione del comune, si sono
svolte riunioni spontanee di studenti che si sono ritrovati
sulla strada fuori dal municipio, mentre altri studenti, nella
stessa mattina, hanno manifestato contro la polizia di due
stazioni locali. Il pomeriggio dello stesso giorno, alcune
centinaia di persone, di questo comune, alcune provenienti
anche da altri luoghi vicini, hanno risposto all’invito
lanciato dagli occupanti per la realizzazione di un’assemblea
popolare, utilizzando l’edificio del comune che per
la prima volta nella sua esistenza è stato veramente
aperto ai cittadini. Questa occupazione che aveva lo scopo
principale di informare la comunità del territorio
sulle ragioni della protesta ha aperto la strada ad un coinvolgimento
di un più vasto settore della società, sotto
forma di “democrazia diretta”, costituito da lavoratori,
disoccupati, auto-occupati, studenti, e anche pensionati.
L’occupazione del municipio di Aghios Dimitrios è
durata 6 giorni, realizzando continuamente controinformazione,
assemblee popolari aperte, due manifestazioni nelle strade
e azioni di sabotaggio delle macchine obliteratrici dei biglietti
della stazione della metropolitana adiacente. Si deve anche
sottolineare che gli occupanti si sono confrontati anche con
l’associazione degli impiegati del comune. La pratica
dell’occupazione di edifici pubblici e la realizzazione
di assemblee aperte si è ripetuta anche in altre zone
di Atene e in altri centri della Grecia. L’esperienza
ha pertanto mostrato che questa forma di azione e il rapporto
sostanziale tra diversi soggetti sociali si sono potuti realizzare
in due aree dove l’azione degli anarchici-libertari
è presente già da diversi anni. Per esempio,
a Aghios Dimitrios (Brahami), da molto tempo sono attivi lo
spazio libertario Pikrodafni e alcuni gruppi anarchici, mentre
ad Halandri (un altro comune di Atene), c’è lo
spazio occupato Prapopoulou e prima c’era lo spazio
autogestito di Aghia Paraskevi-Halandri.
Questa serie di occupazioni sono continuate anche contro altre
sedi istituzionali o di organizzazioni para-istituzionali,
mercoledì 17 dicembre ad esempio un consistente gruppo
di lavoratori ha occupato l’ufficio centrale della Confederazione
generale dei lavoratori della Grecia, nel centro di Atene.
Anche in questo caso, sono state coinvolti centinaia di lavoratori
e di compagni, mentre si sono realizzate molte assemblee e
manifestazioni.
A Salonicco esperienze simili sono state realizzate dai compagni
anarchici-libertari con l’occupazione del Comune di
Sikees, con l’organizzazione di assemblee aperte a Sikees
e Ano Poli e anche con l’occupazione del Centro dei
lavoratori di Salonicco (30 dicembre).
Dai proiettili al vetriolo
Un episodio forse mai accaduto prima, di “terrorismo
padronale”, è successo il 23 dicembre che dimostra
bene la convergenza politica dello stato e del capitale in
Grecia in questo ultimo periodo. Una lavoratrice immigrata
Constantina Cuneva che lavorava in una grande compagnia di
pulizie diretta da un quadro del partito – oggi di opposizione
– PASOK (Partito socialista panellenico, fondato da
Andreas Papandreou, presieduto oggi dal figlio George) è
stata aggredita con del vetriolo sulla faccia da alcuni sconosciuti,
ma è forte il sospetto che i mandanti dell’aggressione
siano da ricercarsi tra i vertici dell’impresa. Cuneva
che è un membro attivo dell’Associazione dei
pulitori dell’Attica e lavoratrice di questa ditta,
aveva capito già da qualche giorno che si trovava in
grave pericolo e aveva anche partecipato all’assemblea
aperta dell’edificio occupato della Confederazione dei
lavoratori della Grecia dichiarando pubblicamente che il datore
di lavoro la minacciava. Sfortunatamente, tutto si è
verificato e fin oggi (31 dicembre) la sfortunata lavoratrice
si trova ricoverata in prognosi riservata in ospedale con
gravi lesioni fisiche irrimediabili. Questo tentato omicidio
ha già avuto la sua risposta da parte di un centinaio
di compagni del movimento anarchico e dell’estrema sinistra
(27 dicembre) con l’occupazione dell’edificio
centrale della compagnia statale delle ferrovie di Atene (dove
opera la ditta di pulizia di cui è responsabile il
dirigente che ha minacciato la Cuneva). Le mobilitazioni e
le risposte di vario tipo al “terrorismo” dei
datori di lavoro continuano ogni giorno.
Concludendo (finora...)
“Crediamo che oggi non manchi né la dinamica
né la forza del movimento anarchico per un confronto
anche con le altre forze politiche in Grecia e in altri paesi
ma vorremmo riuscire a realizzare progetti più concreti.
Nei posti dove questo succede osserviamo che con il passare
del tempo i risultati si vedono e fanno crescere il movimento.
Rimane la nostra volontà a far sì che la metropoli
ateniese e la provincia greca diventi con il tempo un punto
di riferimento del movimento anarchico-libertario internazionale”.
(estratto da un’intervista a
Fotis Katevas pubblicata in «A rivista anarchica»,
novembre 2008, p. 24)
La psicosi poliziesca della estrema destra contro questo “contagio
di disobbedienza di massa” ha lasciato la sua traccia
assassina sui proiettili che hanno colpito lo sfortunato ragazzo
di 16 anni. La società greca ha capito che la tragedia
che ha travolto la famiglia di Alexis potrebbe colpire ogni
famiglia.
Questo omicidio ha provocato l’esplosione di una rabbia
sociale accumulata da tempo nei confronto di un sistema politico
completamente corrotto e degenerato. Gli anarchici-libertari,
in questo contesto di esplosione sociale, non tanto come forza
politica organizzata ma più come persone attive, hanno
costituito un fattore “endogeno” di questa rivolta,
fin dall’inizio e per tutta la sua evoluzione. Il fuoco
ha illuminato Exarchia e si è diffuso in tutto il paese
grazie ai nuclei di compagni che hanno reagito con determinazione.
Il patrimonio di queste lotte – e non la forma –,
dell’assalto alle questure e alle banche – una
questione che fin poco tempo fa apparteneva solo all’esperienza
di qualche gruppo anarchico –, si è diffusa nella
coscienza di un parte importante della società greca
come qualcosa di “naturale e quotidiano”.
La metropoli ateniese e la provincia greca, molto più
intensamente e rapidamente di quello che qualcuno poteva immaginare
è, infatti diventata, “un punto di riferimento
del movimento anarchico-libertario internazionale”,
un movimento che con la sua solidarietà tangibile ha
aiutato assai i rivoluzionari e ha trasmesso il messaggio
fuori dei confini nazionali. Comunque, dentro questo processo
sociale esplosivo, è insorta anche una parte della
società greca, quella dei tanti figli di immigranti
che sono cresciuti in Grecia, i quali non sono sicuramente
rappresentati dalle forze politiche parlamentari della sinistra.
È una parte della società estesa anche in altre
città greche, che coinvolge tanti settori sociali e
diverse fasce di età.È estremamente pericoloso
l’atteggiamento delle organizzazioni della sinistra
di cercare in tutti i modi di contenere la protesta nell’ambito
di un movimento giovanile e studentesco escludendo un qualsiasi
allargamento ad altre realtà sociali. Inoltre, è
particolarmente rischioso anche l’atteggiamento di chi
si compiace della spettacolarità dell’azione
sovversiva pensando solo al rafforzamento di ogni struttura
esistente del movimento anarchico-antiautoritario.
La nostra priorità deve essere in questo momento il
tentativo di espansione della lotta sociale e di classe, in
termini di democrazia diretta e di autogestione e non il chiudersi
in spazi sociali specifici (es.: studenteschi) oppure in comunità
politiche specifiche (es.: anarchici).
Alla fine dobbiamo ricordate l’importanza dell’azione
in difesa di tutti i compagni colpiti dalla repressione ed
in particolare di circa 70 compagni incarcerati [sotto il
provvedimento di carcerazione preventiva che può durare
anche fino a 18 mesi] alcuni dei quali sono accusati di gravi
reati.