A
volte c’è un articolo che da il là ad
un intero numero, che spicca per originalità. È
il caso, nel decimo numero di “A” (febbraio 1972)
de “La rivoluzione domani” firmato da Amedeo Bertolo
(pseudonimo: A. Di Solata), tra i fondatori della rivista
(e oggi, 37 anni dopo, tra i responsabili delle Edizioni Elèuthera
e del Centro Studi Libertari di Milano). Siamo in piena campagna
di mobilitazione sulla Strage di Stato (varie pagine
di “A” se ne occupano) e, sul’onda
lunga del ’68, la parola rivoluzione resta all’ordine
del giorno. Da qui parte Bertolo per una critica durissima
alla mistica della rivoluzione, quale era portata avanti soprattutto
dai numerosi gruppi dell’estrema sinistra marxista,
spesso ferocemente divisi tra di loro ma uniti della convinzione
dell’ineluttabilità dello scontro finale borghesia/proletariato
(e della necessaria vittoria di quest’ultimo). In un
saggio di un certo respiro Bertolo contrappone al materialismo
dialettico marxista il “tradizionale” volontarismo
anarchico, inserito nella originale analisi socio-economica
del ruolo svolto dalla nuova classe tecnoburocratica. Significativa
la conclusione del suo scritto: Dovremo allora rinunciare
alla strategia rivoluzionaria o rinviarla a tempi migliori?
– si domanda Bertolo – No di certo. Proprio
quando la situazione è oggettivamente e soggettivamente
sfavorevole alla rivoluzione, il lavoro rivoluzionario è
maggiormente necessario. Dovremo abbandonare – questo
sì – il gioco degli slogan falsamente rivoluzionari,
per guadagnare in serietà, efficacia e prestigio. Dovremo
costruire la rivoluzione anarchica nelle coscienze e nelle
cose, con modestia, con tenacia, senza illusioni.
Interessante anche “I nuovi padroni”, un’analisi
del potere dei dirigenti nelle imprese multinazionali svolta
da Luciano Lanza (pseudonimo: Emilio Cipriano), anche lui
allora redattore di “A” (e oggi direttore della
nostra rivista cugina “Libertaria”). Nei primi
anni della nostra rivista Lanza ha avuto il merito di seguire
con attenzione le vicende economico-finanziarie internazionali,
argomento perlopiù assente nella pubblicistica anarchica.
Oltre due pagine sono dedicate al “leggendario
Machno”, il guerrigliero anarchico ucraino
che, alla testa di un esercito insurrezionale dal 1917 al
1921, difese la rivoluzione sovietica dagli attacchi delle
truppe bianche reazionarie e al contempo dell’Armata
Rossa normalizzatrice comandata da Lev Trotzky. Già
abbiamo avuto modo di ricordare l’importanza data dalla
redazione di “A” alla storia del movimento anarchico
internazionale, una scoperta più che una rivisitazione
dato il generale silenzio della storiografia ufficiale su
quelle pagine libertarie. E ancora una volta va ricordato
che la storiografia era allora, in Italia, sostanzialmente
appannaggio della cultura marxista dominante nelle Università
e nell’editoria – con poche, meritorie eccezioni.
Una piccola annotazione. Dopo dieci numeri, la redazione ringrazia
Marcello Baraghini per aver assicurato per un anno la direzione
responsabile di “A”, nonostante non fosse anarchico.
Dal numero successivo sarà Gianni Bertolo, fratello
di Amedeo e lui compagno nostro, ad assumerne la responsabilità
legale. E il buon Marcello continua oggi anche lui, 37 anni
dopo, con le edizioni di Stampa Alternativa a battere i sentieri
dell’editoria alternativa e a tratti saldamente libertaria.