Il disegno di legge di iniziativa governativa intitolato “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, rubricato come Atto Senato n. 733, è stato approvato il 5 febbraio 2009 ed è passato alla Camera, dove ha assunto il n. 2180. Il disegno di legge inizialmente conteneva quelle norme che erano state stralciate dal cosiddetto “pacchetto sicurezza” approvato prima dell’estate con decreto legge (d.l. 23.5.08 n. 92, convertito in l. 24.7.08 n. 125). Il testo arrivato in aula ha subito notevoli modifiche ed integrazioni tanto che dagli iniziali 20 articoli si è arrivati a 66 al momento dell’approvazione finale.
Va preliminarmente ricordato che il 9 febbraio il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge contenente il “pacchetto giustizia” e la riforma dell’ordinamento giudiziario. Il 20 febbraio, infine, è stato approvato il decreto legge cosiddetto “antistupro” che contiene anche tutte una serie di norme già approvate nel disegno di legge 733 che così entrano in vigore immediatamente, senza attendere l’iter alla Camera.
La lettura congiunta di questi diversi elaborati normativi è utile per comprendere, se ancora ve ne fosse bisogno, il disegno schiettamente autoritario di questo governo e la sua strategia, portata avanti senza tentennamenti, volta all’espansione di quello che può essere definito a tutti gli effetti uno stato di polizia.
È significativo che nell’art. 1 del disegno di legge 733 troviamo, tra le altre cose, la introduzione di un nuovo articolo del codice penale (art. 341bis) che prevede il reato di “oltraggio a pubblico ufficiale”, punito con reclusione fino a tre anni per chi offenda l’onore di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni: una bella fattispecie penale utilizzabile con grande elasticità per colpire ad esempio i manifestanti che lanciano slogan “oltraggiosi”... All’altro capo del disegno di legge, troviamo l’art. 60, intitolato “Repressione di attività di apologia o incitamento di associazioni criminose o di attività illecite compiuta attraverso internet”, nel quale viene prevista la possibilità del Ministro dell’Interno di oscurare con decreto siti internet nell’ambito di procedimenti penali di apologia di reato o di istigazione a disubbidire alle leggi: anche qui tornano in auge i reati di opinione, con effetti potenzialmente devastanti sulla libertà di espressione e di critica, ed è centrale il ruolo del Ministro dell’Interno, che controlla la polizia.
La quale polizia diventa con la “riforma della giustizia” (art. 3) l’unico soggetto che raccoglie le notizie di reato e svolge le indagini, svuotando di fatto il ruolo del pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari.
Piccolo anticipo di questo potenziamento della polizia di cui alla riforma della giustizia è contenuta nell’art. 22 del disegno di legge 733 che modificano le norme sul processo davanti al giudice di pace, consentendo alle forze di polizia, semplicemente informando il pubblico ministero, di portare direttamente davanti al giudice gli arrestati in flagranza per reati come... “Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato”, cioè il famigerato reato di “clandestinità” (nuovo art. 10bis del T.U. Immigrazione contenuto nell’art. 20 del disegno di legge 733): rapido giro dal Giudice di pace e rapida espulsione; o, più realisticamente, permanenza fino a 6 mesi negli ex centri di permanenza temporanea (C.P.T.) oggi centri di identificazione ed espulsione (C.I.E.). La cosa è stata ottenuta senza prevedere la reclusione per il reato di “clandestinità”: basta rendere la condotta una fattispecie penale, seppur contravvenzionale, punita con sola ammenda (da € 5.000 a € 10.000), non oblazionabile e con un apparato repressivo che marcia a tappe forzate con l’unica finalità dell’espulsione o dell’internamento nel centro di identificazione ed espulsione.
Totale discrezionalità
Il periodo massimo di trattenimento doveva essere aumentato dagli attuali 60 gg. a ben 18 mesi, ma la norma del disegno di legge 733 fu bocciata in aula al senato. Così, approfittando del “necessità ed urgenza” di approvare il decreto che reprime maggiormente i reati legati alla violenza sessuale ed introduce nel nostro ordinamento il reato di atti persecutori a sfondo sessuale, meglio noto come “stalking”, norme in gran parte già presenti nel disegno di legge 733, ha fatto approvare anche altre norme che devono ancora passare al vaglio della Camera ed ha aumentato a sei mesi la possibilità di trattenimento presso i CIE, addirittura anche per chi vi sia già trattenuto al momento di entrata in vigore del decreto legge (art. 5 decreto legge 20.2.2009). Con applicazione retroattiva di una norma peggiorativa in materia di libertà personale, seppure non penale. Con il che torna al pettine in modo clamoroso il nodo della creazione di un sottosistema carcerario come quello dei cpt/cie tutto interno all’ordinamento amministrativo e senza le garanzie del sistema carcerario e giudiziario penale.
La normativa che “urgeva” e che non poteva attendere il dibattito alla Camera è quella relativa alle “ronde”, contenuta nell’art. 6 del decreto legge 20.2.2009, intitolato “Piano straordinario di controllo del territorio”: tutto un programma... Il comma 3 prevede l’istituzione delle “ronde”, ma il loro ambito operativo sarà definito da un successivo decreto del solito Ministro dell’Interno. Torna la totale discrezionalità governativa in materia di libertà personale, con la creazione di un apparato parapoliziesco sotto il controllo dei sindaci, cioè di amministratori locali che avranno ciascuno la propria piccola o grande “milizia” cittadina, i cui membri tra non molto faranno parte di una unica “milizia”: dall’immaginario dell’Italia dei comuni medioevali all’Italia fascista, a quella attuale, nella quale, pezzo a pezzo, decreto dopo decreto, legge dopo legge, si costruisce un aggiornato regime clericofascista. E non stupisce allora che nello stesso decreto stiano “stupro”, “clandestini” e “ronde”: la comunità di sangue e terra sa difendere le proprie donne dagli stranieri. Potente messaggio alle viscere di un paese distratto e schiacciato dalla crisi economica, incattivito e sfarinato, pronto a gettarsi sul capro espiatorio offerto dal potere: come sempre, quello più povero di noi.