Il numero 12 di “A” (maggio 1972) è il primo a vedere l’introduzione (parziale) del colore: la novità sta nel rosso della copertina. I titoli riportati in prima pagina indicano la forte attenzione per l’attualità; Perché gli anarchici non votano, Le candidature-protesta, La burocrazia sindacale e i consigli di fabbrica, L’assassinio di Feltrinelli, Le comuni libertarie, Tumaros e anarchici in Uruguay, La pista tricolore di piazza Fontana.
Un ampio dossier iniziale è dedicato alle prossime elezioni politiche del 7 maggio, le prime dalla nascita della rivista. Amedeo Bertolo (firma: A. Di Solata) fa un’analisi approfondita (“Il solito imbroglio”) della situazione politica italiana, evidenziando il ruolo dei vari partiti e contestualizzando lo storico astensionismo anarchico nella realtà italiana del 1972. In un box viene riportata la posizione espressa da Errico Malatesta nel 1897, mentre un altro articolo ricorda i principali episodi di candidature-protesta, a volte con protagonisti anarchici. Le ragioni di questa attenzione sono evidenti: l’anarchico Pietro Valpreda, in carcere con l’accusa da ergastolo di essere l’autore dell’attentato di piazza Fontana a Milano il 12 dicembre di 3 anni prima, ha accettato l’offerta di una candidatura (candidatura-prosta, appunto) nella lista de “Il Manifesto”. La redazione (l’abbiamo visto nella scorsa puntata) si era espressa contro e in questa sede l’approfondimento storico suona come una sottolineatura di quella contrarietà.
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Interessante un lungo e documentato intervento di un compagno operaio della S.A.M.P.A.S. sull’uso burocratico dei Consigli di fabbrica (da poco introdotti) da parte delle burocrazie sindacali. La medesima realtà dei consigli operai ritorna in un saggio tradotto dal mensile anarchico francese Fronte Libertaire sulla Repubblica ungherese dei consigli del 1919. E la realtà della fabbrica e operaia ritorna in una vivace tavola-rotonda su “La comune e la fabbrica” (sottotitolo: Un dibattito sui possibili rapporti tra l’anarco-sindacalismo e le comuni libertarie sperimentali), nella quale si confrontano alcuni militanti (tutti maschi, per inciso) di due gruppi torinesi, uno (“Azione anarchica”) impegnato in forme tradizionali di attività (propaganda e agitazione), l’altro (“La Comune”) teso all’attuazione pratica di esperimenti produttivi libertari. Da rilevare che anche un lungo articolo sulla situazione femminile (“Donne si diventa”) è firmato da un uomo, Domenico Demma.
La questione della presenza delle donne nel movimento anarchico non può considerarsi risolta dalla teorica “parità” che le idee anarchiche (come altri filoni di pensiero) affermano. La realtà è spesso ben altra…
Segnaliamo infine una pagina di quel numero di “A”, incentrata su 3 articoli legati alla controversa questione della violenza: si parla dell’assassinio di GianGiacomo Feltrinelli, della questione degli scontri di piazza come strategia politica (di “Potere Operaio” e di altre organizzazioni della sinistra extra-parlamentare) e soprattutto, in un articolo intitolato “Abbaia e fuggi” si affronta per la prima volta su queste colonne la questione delle Brigate Rosse, dei Gaap e della lotta armata quale veniva delineandosi. Le righe finali dell’articolo sono drastiche: Opporre allo stato, ai padroni, alle loro truppe mercenarie sparute pattuglie di “guerriglieri”, fuori luogo e fuori tempo, è follia o provocazione. O l’una e l’altra assieme.