1. Sant’Agostino sosteneva che gli animali feroci furono creati da Dio con l’intento di spaventare l’uomo perché si rendesse conto delle pene dell’inferno e Lutero declassò le mosche dalla categoria degli animali superflui a quella dei nocivi, perché erano mandate dal diavolo per disturbarlo nelle sue profonde meditazioni la cui profondità, presumibilmente – di teleologia in teleologia –, aumentava proporzionalmente alla sua stitichezza. L’idea di una teleologia cosmica può esser fatta risalire ad Aristotele il quale, osservando che non può esser considerata una coincidenza il fatto che i molari che macinano sono sempre piatti – parliamo di denti –, mentre gli incisivi, ovvero quelli che tagliano, sono affilati. E se coincidenza non può essere, va da sé che un fine – un fine a governare la forma dei denti come tutto il commestibile e il non commestibile – ci deve essere.
2. Per quanto folle possa sembrare, attualmente sono ancora attive – particolarmente attive – numerose agenzie formative antidarwiniane. Il perché e il come ciò sia avvenuto già nel 1859, all’indomani della pubblicazione de L’origine delle specie di Charles Darwin, è ben raccontato da Nicola Nosengo e da Daniela Cipolloni in Compagno Darwin, da dove traggo due giudizi che non lasciano dubbi su ciò che sarebbe seguito in considerazione degli enormi interessi incancreniti che il libro veniva a disturbare. Recensendolo sul Times del 26 dicembre 1859, Thomas Huxley disse che L’origine delle specie era un “fucile Whitworth nell’arsenale del liberalismo” e Karl Marx disse che, “nonostante tutti i limiti”, è in quel libro che, “per la prima volta”, “la teleologia nella storia naturale riceve un colpo mortale”.
3. Nella sua Storia del pensiero biologico, tuttavia, Ernst Mayr fa notare che “finché la selezione naturale non venne pienamente compresa” ci fu chi – come Teilhard de Chardin, che, pure, costituì una sorta di spina evoluzionistica nel fianco della Chiesa Cattolica – postulò “l’esistenza di una forza non fisica (forse perfino non materiale) che guidava il mondo verso una perfezione sempre maggiore”. Si tratta della teoria dell’ortogenesi – teoria che, alla faccia di Marx, condizionò ancora non poco la storia della biologia e non solo di quella. Mayr fa l’esempio dei tanti psicologi del Novecento che, nell’osservazione dei comportamenti e nell’attribuir loro finalità, ricorrono a concetti come quelli di “intenzione” che, ambigui e indefiniti come sono, renderebbero “impossibile un’analisi obiettiva”.
4. Recensendo il libro di Darwin, d’altronde, Von Baer era stato chiarissimo: “Il mio fine”, diceva nel tentativo di asetticizzarne il pensiero (o di bagnarne le polveri – per riprendere la metafora di Huxley), “è difendere la teleologia, perché “le forze naturali devono essere coordinate e dirette” (neretto mio) e perché, in caso contrario – se si trattasse di forze cieche –, non si potrebbe mai produrre “ordine”. Scambia il proprio modo di vedere – da cui dipende l’ordinato come il disordinato, a seconda dei presupposti – per una caratteristica delle cose stesse e fonda su questo errore la sua argomentazione antievoluzionista. Non a caso, quindi, in certi usi, il termine “evoluzione” designa – che lo sappia o no il parlante – una sorta di positività – come se le squadre speciali dell’ortogenesi si fossero date da fare per creare confusione nel campo avverso.
5. Il neuroscienziato Giorgio Vallortigara – che, con Vittorio Girotto e Telmo Pievani, ha scritto Nati per credere – ha rilasciato alcune dichiarazioni pubbliche che andrebbero valutate con molta circospezione. Sarebbe “probabile” – a quanto afferma – che “la selezione naturale abbia premiato tra i nostri antenati proprio quelli in grado di vedere in un fenomeno non una conseguenza naturale ma l’azione di qualcuno”. Sarebbe pertanto in ragione di ciò che il nostro cervello è predisposto a credere – dove il verbo non designa soltanto un “credere” qualsiasi, ma anche un “credere” tutto speciale – e il fatto che “i bambini sino a dieci anni tendono spontaneamente a spiegare col creazionismo l’origine degli animali”, qualsiasi siano le convinzioni dei genitori, lo dimostrerebbe. “Ci siamo concentrati”, dice, “su bambini e neonati: in loro si osservano i meccanismi cognitivi propri dell’essere umano. I bambini trattano gli oggetti in termini teleologici, funzionali. Chiedono sempre ‘a che serve’ una certa cosa. Ad esempio, ‘a cosa serve la nuvola?’. Per loro, ‘Serve per piovere’. I bambini”, è la conclusione “concepiscono i fenomeni naturali come qualcosa di progettato intenzionalmente, con uno scopo preciso, pensato da entità sovrumane”.
Non credo che con ciò si voglia restaurare una teleologia cosmica, ma laddove non si premetta che “mezzo” e “scopo” non sono proprietà dell’oggetto osservato ma categorie mentali – che considerandole “innate” (qualunque cosa possa voler dire) non esenta dall’analizzarne le fasi applicative nella crescita di un bambino che, peraltro, ben difficilmente, arriverà “tabula rasa” di fronte alle domande del neuroscienziato – il pericolo di qualsiasi ricaduta antievoluzionista resta (e il titolo del libro lo sta drammaticamente a dimostrare).
6. Di una certa resistenza a quella morte che Marx – troppo ottimista – proclamò, e della gravità della situazione in atto, testimonia anche la recensione al minimo sindacale che Dario Fertilio ha dedicato (nel “Corriere della Sera” del 14 febbraio 2009) a Compagno Darwin. Si complimenta per il titolo – che sarebbe “gradevole”, “induce al sorriso”, “fa giovane”, “sdrammatizza piacevolmente lo scontro tra evoluzionisti e creazionisti” – e, nel veleno della coda, dice che “però il diavolo si nasconde nei dettagli”. E in che consisterebbe questo “diavolo”? Dove cascherebbero, insomma, questi asini di autori? Risposta di Fertilio: nel dichiararsi “infallibilmente certi di discendere dagli oranghi, dal ‘brodo primordiale’ eccetera…”, insomma, nel qualificarsi come “darwinianamente corretti”. Ora, dal momento che le cose stanno esattamente al contrario – ovvia e neppur doverosa la premessa – se mai è la leggerezza del titolo che rischia di far perdere qualcosa in termini di tara al testo (il creazionismo non è una teoria scientifica che possa concorrere con l’evoluzionismo: non c’è alcunché da sdrammatizzare) –, non mi è difficile scorgere in questa ingenua richiesta di darwinismo scorretto il corrispettivo di tutte le volute e men volute misinterpretazioni dell’evoluzionismo.
Felice Accame
Nota
Storia del pensiero biologico è pubblicato da Bollati Boringhieri, Torino 1990. Compagno Darwin è edito da Sironi, Milano 2009. Nati per credere è edito da Codice, Torino 2008.
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