Urbanistica. Con
un taglio molto diverso tra di loro (sarcastico quello di
Carlo Oliva, rigorosamente documentato quello di
Adriano Paolella), i primi due scritti affrontano la questione
della casa, delle volumetrie, dei piani urbanistici e quant’altro
connesso con la “legge sulla casa” che mentre scriviamo
queste note è in discussione in Parlamento.
Bibliografia. Al centro della rivista c’è
il dossier “Leggere l’anarchismo
2”, nel quale Massimo Ortalli presenta in maniera
organica, suddivisi per aree tematiche, oltre 200 libri di argomento
anarchico, usciti nel corso degli ultimi 3 anni e mezzo, da
quando – cioè – nell’ottobre 2005 venne
pubblicata (dentro “A” 311) la
prima “puntata” di questa eccezionale rassegna
bibliografica. Aldilà della già fondamentale possibilità
di avere sotto tiro praticamente l’intera produzione che
ci riguarda (dai grandi editori alle più significative
autoproduzioni), questo lavoro certosino del nostro amico e
collaboratore è concreta testimonianza della vitalità
del patrimonio delle idee anarchiche ben aldilà dei modesti
confini organizzativi del movimento che a queste idee si richiama.
Indirettamente è la conferma degli ampi spazi, non solo
culturali, che si aprono di fronte a noi, tra chi rifiuta il
pensiero unico del Potere e vuole tenere aperta una prospettiva
critica e libertaria. In direzione ostinata e contraria, come
ben sintetizzava il nostro amico e compagno Fabrizio De André.
Anche questo dossier (come il precedente del 2005) viene tirato
in migliaia di copie a se stanti, per favorirne la diffusione.
Cibo&anarchia. Nessuna ideologia o partito
si è mai occupato di cucina, a parte forse i comunisti
che mangiano i bambini, ma ormai il tema, che da pochi decenni
è uscito dal tinello delle casalinghe e dalle tavolate
dei crapuloni, permea gran parte della nostra società.
Ovunque si parla di cibo, piatti e ricette sono diventate un
argomento ossessivo e l’alimentazione viene utilizzata
spesso come una metafora del mondo.
Insomma, se fino a poco tempo fa la distinzione ideologica in
campo alimentare era tra avere troppo da mangiare e non averne
proprio, ora che la fame è praticamente sparita dalla
penisola le scelte politiche affrontano temi come la sostenibilità
economica, i valori etici, il rispetto del lavoro.
Per quanto riguarda il rapporto tra cucina e anarchia, ci sono
forse però più domande che sicurezze. Per cominciare,
esistono delle scelte nel campo dell’alimentazione che
si possono definire anarchiche? Potrebbe esserlo l’autoproduzione,
oppure la scelta di ingredienti biologici o legati alla cosiddetta
“filiera” corta e alla produzione sostenibile? Oppure
è l’alimentazione vegetariana o vegana a rispettare
scelte libertarie, negando la violenza contro gli animali oltre
che favorire una più consapevole gestione delle risorse
del pianeta Terra? O ancora, è meglio rispettare le (supposte)
tradizioni come legame sincero con la campagna o tuffarsi nelle
contaminazioni del mondo?
Se poi si entra nel campo del gusto, della cucina vera e propria,
le poche considerazioni si sciolgono nella constatazione che
tutto vale, che in effetti non esiste una cucina anarchica ma
al massimo si può parlare di una cucina degli anarchici.
Due libri sono recentemente usciti su queste tematiche, a cura
rispettivamente di Rino De Michele (edizioni La Fiaccola, info@sicilialibertaria.it)
e di Andrea Perin (edizioni Elèuthera, www.eleuthera.it).
In questo numero di “A” riproduciamo stralci del
libro di De Michele e del libro
di Perin.
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