Al centro del numero 17 (dicembre 1972-gennaio 1973) viene pubblicata la prima
parte del Kalendario di Anarchik, relativa ai primi sei mesi del 1973.
Per tanti giorni del semestre la penna di Roberto Ambrosoli (il padre certus dell’inossidabile personaggio anarchico) propone un riferimento storico. È, questo del calendario, un ulteriore indicatore della volontà della redazione di percorrere anche nuove strade nella comunicazione.
Da segnalare anche la scelta di affidare all’avv. Giuliano Spazzali, militante marxista-leninista e al contempo attivissimo difensore degli anarchici allora incarcerati, l’articolo di apertura del numero. Si intitola “La libertà di Valpreda e la nostra” e fa il paio con il breve ma significativo editoriale “Una vittoria nostra”, che senza trionfalismi evidenzia il ruolo degli anarchici nella crescente mobilitazione che ha portato alla scarcerazione di Pietro Valpreda, principale imputato per la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969.
Sempre in tema anti-repressivo va segnalato in ultima pagina (allora erano 16 le pagine di “A”, se pure di formato doppio rispetto ad oggi) lo scritto di Laura Landi, del gruppo Durruti di Firenze, sugli sviluppi politico-giudiziari del “caso Serantini”, il giovane anarchico di origini sarde pestato dalla polizia e lasciato morire in carcere a Pisa nel maggio precedente.
Se le vicende repressive hanno sempre uno spazio particolare nella rivista di quegli anni, è interessante notare anche in questo numero 17 una grande varietà di tematiche affrontate: le lotte extra-sindacali all’aeroporto di Milano Linate, la politica antioperaia dell’ENI di Ottana (Sardegna), la scissione del 1892 tra socialisti riformisti e anarchici, le vicende della Comunidad del Sur in Uruguay, il problema del caro-vita a Milano, una lunga lettera dalla Polonia, l’assoluzione del militante anarchico britannico Stuart Christie, ecc. ecc.
Una curiosità. Allora la rivista costava 200 lire, che corrispondono più o meno a 10 centesimi di euro. Con il costo di una copia attuale, allora ci si abbonava per tre anni (e più).