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Un bel disegno di un piraña con il manganello, del disegnatore Galli, campeggia in copertina del n. 19 (marzo 1973): “il governo Andreotti propone un rafforzamento del potere poliziesco” spiega la didascalia. E all’odiato Andreotti è dedicato l’editoriale di apertura di Paolo Finzi (nome de plume Camillo Levi) il quale – sia detto per inciso – da quel numero sostituisce Gianni Bertolo nella responsabilità legale di “A”. Una delle tesi sostenute è la critica alla fortissima personalizzazione del conflitto politico-sociale, con la continua sottolineatura – soprattutto da parte delle organizzazioni della sinistra extra-parlamentare di ispirazione marxista – del ruolo personale di Giulio Andreotti e la conseguente campagna fortemente connotata ad personam. Un po’ come sarebbe avvenuto poco dopo contro Amintore Fanfani (il famoso “fanfascisno”) e in tempi recenti contro Silvio Berlusconi. A distanza di oltre 35 anni ci ritroviamo nelle considerazioni sviluppate allora sull’argomento.
Decisamente controcorrente, e ben documentata, è la storia dell’IRA, l’esercito separatista nord-irlandese, firmata da Rossella Di Leo: In un epoca di diffusa e indistinta simpatia per quella organizzazione (che in Italia godeva anche della “tolleranza” degli ambienti cattolici e clericali, per essere espressione in qualche modo dei sentimenti anti-protestanti nell’Ulster), già i titoli dei due articoli (La questione irlandese e L’IRA nazionalista) segnalava un approccio critico che si inseriva appieno nella linea generale di “A”. La stessa Di Leo aveva già scritto in termini analoghi sull’ETA, per certi aspetti analoga formazione militare e militarista dei Paesi Baschi. È questo del rifiuto del terzomondismo e del sostegno acritico alle cosiddette “lotte di liberazione nazionale” uno degli elementi di più significativa frattura tra la nostra rivista e una diffusa sensibilità a sinistra (“Vietnam vince perché spara”, “Palestina rossa”, ecc.), che lambiva anche ambienti libertari.
Sullo stesso numero di “A” vengono trattati numerosi altri argomenti: la rivoluzione culturale cinese, gli incidenti con morti sul lavoro nell’edilizia, una fabbrica in lotta, l’autoritarismo a scuola, la pedagogia libertaria e il ruolo di Francisco Ferrer. Al centro della rivista si trova la Lettura di Bakunin, curata da Giampietro “Nico” Berti (pseudonimo: Mirko Roberti), prima di una serie di 4 dossier dedicati ad altrettanti teorici dell’anarchismo.
Uno strumento talmente ben fatto e utile che da allora è stato più volte da noi ristampato ed è ancora disponibile tra i nostri “materiali”.
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