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Il l leader americano Richard Nixon e quello sovietico Leonid Brezhnev seduti
sul gabinetto: “Svelati i retroscena dello storico incontro” recita lo strillo in copertina di “A” 22 (giugno 1973), nel riprodurre la storica vignetta di Rieser.
“Centro-sinistra, centro-destra, sempre quella è la minestra” è il titolo dell’editoriale in seconda pagina.
Una rivista seria, la nostra, ma non certo seriosa. Almeno in quegli anni. Lo conferma la pubblicazione, al centro di quel numero, della seconda parte (il secondo trimestre) del calendario di Anarchik, realizzato dalla matita caustica del torinese Roberto Ambrosoli, che peraltro (sotto il suo solito pseudonimo R. Brosio) firma in apertura un delicato scritto sulla “violenza rivoluzionaria o no”. Delicato perché storicamente controverso e dibattuto è quel tema, ma ancor di più in quel momento perché lo scritto di Ambrosoli affianca l’editoriale “L’attentato e l’attentatore” dedicato alla spinosissima vicenda dell’attentato alla Questura di Milano realizzato da Gianfranco Bertoli il 17 maggio 1973. Una vicenda e un personaggio che provocarono subito differenti prese di posizione all’interno del movimento anarchico, mentre all’esterno passò quasi indiscussa la qualifica di “fascista” per entrambi.
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La forte attenzione che in quei primi anni di “A” viene dedicata al mondo e alle problematiche socio-economiche è testimoniata dall’analisi del “nuovo modo di sfruttamento” alla FIAT e dalla paginona firmata da Luciano Lanza (E. Cipriano) di commento all’annuale relazione del Governatore della Banca d’Italia Guido Carli. Di carattere più generale è il vero proprio mini-saggio di Amedeo Bertolo (A. Di Solata) su “Classi e lotta di classe” in Italia, nel quale viene ribadita quell’analisi nuova per la strategia di sempre che identifica nell’ascesa della nuova classe tecno-burocratica l’elemento maggiormente innovativo rispetto alla “tradizionale” analisi dicotomica padroni/proletari. A Nico Berti (Mirko Roberti), lo “storico” per eccellenza dei Gruppi Anarchici Fedrati (GAF) da cui principalmente traeva linfa “A”, si deve la presentazione di 3 “libri per l’estate”, alcuni tra i tanti che l’editoria non-anarchica sfornava in gran numero in quegli anni. Al giovane Paolo Finzi (Camilo Levi) ancora una volta il compito di presentare il medaglione di una figura anarchica del passato, all’occasione il mitico militante siculo-toscano Pietro Gori, autore tra l’altro di quella sempreverde canzone “Addio a Lugano”, più nota come “Addio Lugano bella” considerata un po’ l’inno degli anarchici di lingua italiana.
Per concludere, segnaliamo l’ormai consueto aggiornamento della situazione politico-giudiziaria e della campagna di contro-informazione sul caso di Giovanni Marini, l’anarchico salernitano nel cui nome l’antifascismo militante conobbe per anni una vigorosa fiammata.
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