Rivista Anarchica Online
Cronache sovversive a cura della Redazione
I cubisti selvaggi
Milano, 6 luglio. I "cubisti" dei depositi Giambellino e Ticinese dell'ATM (Azienda Tranviaria
Municipale), hanno prolungato lo sciopero ufficiale (indetto dai Sindacati) con uno sciopero selvaggio,
bloccando con picchetti l'uscita delle vetture filoviarie e tranviarie per tutta la giornata. Da Giambellino
è uscita una sola vettura su 90, da Ticinese hanno ripreso il servizio 12 tram su 70. I "cubisti"
sono militanti dei CUB (Comitati Unitari di Base), un'organizzazione di base extra-sindacale,
che alle ultime elezioni delle commissioni interne ha avuto la maggioranza nel deposito Ticinese. I
CUB dell'ATM, come i CUB di altre aziende, sorsero, come espressione autonoma dei lavoratori, come
alternativa alla sclerosi burocratica delle centrali sindacali, nell'inverno del '68 ed hanno da allora alternato
momenti di sviluppo (in corrispondenza con fasi di lotta) a momenti di stasi o regresso. Nella
primavera del '69 i CUB dell'ATM e di altre aziende milanesi cercarono anche attraverso la
"mediazione" degli anarco-sindacalisti dell'U.S.I.-Bovisa, un collegamento tra le diverse lotte. Il tentativo,
per diversi motivi, non riuscì. Da allora una delle carenze principali dei Comitati di Base fu
proprio
rappresentata dalla mancanza di un collegamento permanente. Su questo vuoto organizzativo e sulla
scarsa "presa" dei CUB e delle analoghe iniziative spontanee operaie nelle fasi di "stanca" le centrali
sindacali hanno basato il loro parziale recupero dopo l'"autunno caldo".
Efficienza bellica - Inefficienza ospedaliera
Bracciano. Scuola di artiglieria. Al giuramento degli allievi ufficiali e sottufficiali grande
schieramento
di mezzi meccanici, cannoni, semoventi, obici, missili. Grande impressione di modernità e di
efficienza
fra il pubblico dei parenti. Peccato che non si siano potuti accorgere che a 50 metri dal piazzale del
giuramento un artigliere colpito da infarto (era appena rientrato da una licenza di convalescenza avuta
per lo stesso motivo medico) abbia aspettato a lungo una ambulanza che lo portasse all'ospedale. Per
fortuna che alla fine l'autoambulanza è stata trovata.
Santillo a Firenze al posto di Mangano
Firenze. Il questore di Reggio Calabria Emilio Santillo, sempre assente dalla sua sede "per cura" o
"per
motivi di lavoro" nei giorni caldi delle sommosse reggine, verrà presto trasferito alla questura di
Firenze
attualmente retta dal dottor Mangano. Così il ministero degli Interni otterrà
contemporaneamente due
risultati sollecitati da più parti per "ragioni di opportunità". Allontanerà dalla
Calabria un funzionario che,
per il modo come condusse l'inchiesta sulla mafia calabrese e, ovviamente, per la "tecnica" con cui
affrontò la rivolta, non gode più molte simpatie da quelle parti e, nello stesso tempo,
potrà rimuovere il
siciliano Mangano molto criticato dalla magistratura locale, si dice, per certi eccessi di "zelo" e certe
forme di "disubbidienza".
Piovono in Sicilia soldi per i fascisti
Palermo. Dopo aver condotto la campagna elettorale su temi
moralistico-patriottardi, spendendo una
imprecisata ma molto notevole somma di milioni, il M.S.I. si prepara ora a sfruttare il suo rilevante
successo, secondo la parola d'ordine "via i traditori della patria, via i democristiani alleati dei comunisti,
avanti per un nuovo ordine in Sicilia". Con questi slogans i fascisti guadagnano consensi non solo tra le
file dei qualunquisti, dei senza partito e della "maggioranza silenziosa" ma anche tra sprovveduti
sottoproletari e borghesi fino a ieri di sinistra, almeno a parole. A Palermo si sente parlare sempre
più
spesso, e dalle persone più impensate, di qualcosa "che sta per accadere". Sono gli stessi discorsi,
fatti
con lo stesso tono profetico-minatorio, che si ascoltavano a Reggio Calabria un anno fa, tre mesi prima
della rovinosa "battaglia" per il capoluogo. Discorsi simili, o anche più espliciti, si fanno nel
Trapanese
e nell'Agrigentino, dove la legge sulla riforma delle affittanze agrarie e il dissesto dell'economia terriera
hanno suscitato ondate di rabbiosa protesta, il più spesso cieca. Di queste intenzioni missine di
sollevare
la Sicilia, si era già parlato. I voti conquistati il 13 giugno sono però troppi, e troppo
preziosi, per sprecarli
in una politica meramente agitatoria. Il M.S.I. si avvia perciò ad usare il voto siciliano
servendosene come
strumento di pressione a Roma. In Sicilia continuerà a fare della facile demagogia, illudendosi
che il
numero dei diseredati che lo hanno votato possa influenzare, domani, anche le scelte del Nord. Intanto,
da Roma, e non solo da Roma, continuano ad arrivare soldi. I fascisti siciliani non ne avevano mai
ricevuti tanti come per questa competizione elettorale: e il flusso, anche dopo, non si è
arrestato.
Gli arresti della polizia franchista non fermano la ripresa del
movimento anarchico spagnolo
Madrid - Si è saputo qualcosa di più preciso sulla
identità dei tre compagni catturati e condannati insieme
al grande combattente della C.N.T. (Confederacion Nacional de Trabajo - anarcosindacalista) Cipriano
Damiano González. Si tratta dei compagni della C.N.T. Hilario García, Alfonso Velazco,
e Jesús
Hernández. Cipriano Damiano, che scontò 12 anni di galera dopo la guerra civile,
come combattente della C.N.T.,
riuscì a fuggire di galera insieme con altri due compagni, durante una fuga perfetta organizzata
all'interno
e all'esterno del carcere. Nel 1967 era rientrato in Spagna clandestinamente. Il suo obiettivo era quello
di riannodare le fila dell'organizzazione, dopo le tante perdite degli anni 1958-1966 (detenzioni, torture,
esecuzioni di compagni, nonché esilio ed emigrazione di compagni, sia per motivi politici che
economici).
Il suo lavoro si può dire pienamente riuscito: non solo l'organizzazione libertaria è di
nuovo forte in
fabbrica, ma essa è penetrata anche nelle scuole medie e nelle università, nonostante la
durissima
repressione. La C.N.T. è più forte che mai nelle fabbriche, come ha dimostrato nei
comitati spontanei
e nelle assemblee libere organizzate nelle fabbriche in lotta (Harry Walquer, Pegaso, Maquinista, Faesa
etc.); la direzione concreta delle lotte va verso la creazione di un'organizzazione rivoluzionaria operaia.
Nelle scuole gli studenti libertari sono sempre più attivi: hanno costretto i franchisti a sloggiare
con la
forza un folto gruppo di studenti, sospetti di idee libertarie, dalla facoltà di Filosofia e Lettere di
Pedralbes
(Barcellona), proprio in questi ultimi giorni. Ma questa crescita politica ha avuto il suo sacrificio: la
cattura, grazie a una spiata, di Cipriano dei suoi compagni e l'identificazione della tipografia clandestina
nella quale Cipriano e i suoi compagni stampavano la rivista clandestina della C.N.T., "Panorama".
Repressione di sinistra a Ceylon
La situazione dei lavoratori di Ceylon è tipica. Essi si trovano di fronte alle minacce di tutti
i governi del
mondo. Il messaggio del primo Ministro inglese Edward Heath si è dimostrato pienamente
provato dai
fatti: Heath aveva dichiarato infatti alle Nazioni Unite che ormai non c'è più alcun punto
di attrito fra
l'Ovest e l'Est, fra i paesi capitalisti e quelli comunisti. I governi di tutto il mondo hanno infatti il comune
interesse a combattere la rivoluzione. Ovunque - ha dichiarato Heath - la discriminante passa fra coloro
che credono nello stato e coloro che non vi credono. La situazione a Ceylon è caratterizzata
dal fatto che i giovani lavoratori hanno fatto causa comune con
un settore del movimento studentesco. Il governo, abituato all'estremismo puramente verbale delle
sinistre, ignorò il fatto che esse cominciassero ad organizzarsi e ad agitarsi. Quando però
la polizia politica
si accorse che la situazione "era andata oltre limiti tollerabili", allora operò centinaia di arresti,
con la solita
scusa di trovare e di "rendere innocui" i pretesi capi della rivolta. Ma, nonostante gli arresti dei presunti
capi, la situazione divenne veramente esplosiva e si ebbero occupazioni di terre e di fabbriche ed ingenti
sequestri di armi della polizia; infine si sviluppò un forte movimento di guerriglia, che è
attualmente molto
attivo. Interessante è il fatto che il governo di Ceylon, guidato dalla signora Bandaranaike,
è un tipico "governo
di sinistra", la cui coalizione comprende varie sette di marxisti-leninisti; i comunisti seguaci di Mosca, i
maoisti ed anche i trotzkisti. Questi ultimi, in particolare, sono particolarmente potenti, e sono ormai da
anni al governo. Il loro partito è ricco e potente e sostiene anche molti altri partiti e
movimenti trotzkisti nel resto del
mondo; naturalmente queste forti somme provengono dallo sfruttamento dei lavoratori singalesi, anche
se lo sfruttamento viene mascherato dietro falsi slogans progressisti. I lavoratori, purtroppo, si sono
fatti incastrare dalla facile demagogia marxista-leninista, anche perché a
Ceylon non vi è alcuna tradizione anarchica; essi si vanno comunque progressivamente chiarendo
le idee
sulla vera funzione esercitata da coloro che, mentre continuano a parlare di rivoluzione, li sfruttano fino
al midollo (leggi dirigenti sedicenti "rivoluzionari"). Tutte le promesse dei vari partiti marxisti
(riforma agraria, aumenti salariali) sono naturalmente andati
in fumo, e tutto è rimasto come prima, compresa la polizia politica. Il governo di Ceylon ha
giustamente
sottolineato il pericolo del diffondersi "di pericolose tendenze anarchiche fra i giovani". Forte ed
entusiasta è infatti l'adesione di parte della gioventù al movimento guerrigliero, che si
è venuto
qualificando, almeno nei fatti, come un movimento libertario, contrario ad ogni forma di stato e di polizia
(altro che "guevaristi", come li ha definiti la stampa borghese). Il governo di Ceylon ha chiesto aiuto alla
Russia, l'America, l'Inghilterra, l'India e il Pakistan, ed anche la Cina ha sconfessato i guerriglieri
"estremisti" ed ha fatto un prestito al governo di Ceylon a condizioni estremamente favorevoli. Di fronte
al pericolo rivoluzionario, la repressione è sempre internazionale.
San Vittore peggio di S. Quintino
La Compagnia di prosa "La Contemporanea" di Milano aveva offerto lo spettacolo "Aspettando
Godot"
di Samuel Beckett ai detenuti di San Vittore. Una iniziativa analoga era stata già fatta nel carcere
di San
Quintino in California; i carcerati ebbero occasione di assistere allo spettacolo e partecipare al
dibattito. La direzione del Carcere di San Vittore ha rifiutato l'offerta perché "non ci sono
spazi idonei per ricevere
un'opera teatrale". A parte il fatto che da questa affermazione risulta evidente quanto sia disorganizzato
il carcere milanese, quello che ci stupisce è che non si sono mai preoccupati di offrire a tutti i
detenuti
che hanno avuto la disgrazia di passare da quei locali dei movimenti di vita culturale. Si vuole proprio
eliminare qualsiasi possibilità di contatto con il mondo: isolamento fisico e isolamento
psicologico, ecco
cosa vogliono le autorità carcerarie. Dare la possibilità ai detenuti di assistere a qualsiasi
attività culturale
può rappresentare evidentemente, un pericolo: meglio offrire il "vuoto", non si corrono
rischi.
Precisazioni del compagno Sartin
New York City, 28 maggio 1971 Cari Compagni, Leggo nel numero quattro della rivista
"A" nella rubrica Cronache Sovversive che L'Adunata dei
Refrattari "fu fondata da Max Sartin". Non mi dispiacerebbe affatto se mi fossi trovato fra gli amici e
compagni che ne presero l'iniziativa, ma non c'ero. L'Adunata dei Refrattari fu fondata nel 1922 dai
compagni superstiti alla reazione antianarchica del
governo di Wilson, durante e dopo la fine della prima guerra mondiale. Il suo primo redattore fu il
compagno Costantino Zonchello, già collaboratore della "Cronaca Sovversiva" e di altre
pubblicazioni
anarchiche, e poi dell'Adunata stessa fino alla morte avvenuta nel 1967. Seguo con interesse le vostre
attività, cui auguro il massimo successo, e ritengo che non vi dispiacerà
sapere che la testata da voi scelta per la rubrica delle "Cronache Sovversive" fu disegnata per il nostro
settimanale dal compagno Renato Vidal (un vecchio militante italiano proveniente dal Gargano, ora
defunto) autore di altri buoni disegni fra i quali una testata della Cronaca Sovversiva (usata brevemente
nell'ultimo scorcio della sua vita in America) e quella dell'Adunata, usata senz'interruzione dal 1930 in
poi. Vi giungano graditi i miei auguri di buon lavoro e i miei saluti cordiali.
Max Sartin
Sulle Brigate Rosse
Sul numero 11 del "Bollettino di Controinformazione Democratica" è apparsa ancora una
nota sulle
"Brigate Rosse" che riportiamo qui di seguito unitamente ad uno stralcio di un comunicato stampa delle
stesse "Brigate Rosse". "Milano. A distanza di quattro mesi le Brigate Rosse si sono rifatte vive con
un secondo numero del loro
"giornale rivoluzionario" in cui vengono ripetuti i pochi e rozzi slogans del primo numero con lo stesso
linguaggio e la stessa tracotanza. E ancora una volta vengono indicati obiettivi e metodi di azione
individuale estranei non soltanto agli operai riformisti, ma a tutta la classe operaia. (Non a caso a questi
super-rivoluzionari sono state mosse critiche molto severe anche da organi della sinistra
extra-parlamentari. In questo secondo numero del loro giornale, dopo essersi assunti la paternità
di alcuni
"colpi" messi a segno a Roma e a Milano, i brigatisti rivolgono la loro attenzione al nostro "velenoso
bollettino" attribuendoci le più vituperevoli nefandezze a cominciare da quella di essere
"conniventi con
gli assassini e gli sfruttatori della classe operaia". Noi avevamo scritto che i militanti delle Brigate Rosse
erano da tempo "filati" da agenti investigativi di polizie private, che l'esempio romano del "22 marzo"
di
Merlino e soci avrebbe dovuto insegnare qualcosa, che quel tipo di avvertimento praticato e rivendicato
da queste formazioni finiva con il produrre effetti oggettivamente provocatori. I fatti hanno confermato
puntualmente la diagnosi. Senza contare che due dei componenti lo sparuto gruppo milanese posto sotto
accusa erano certamente informatori infiltrati che segnalavano ai loro "datori di lavoro" ogni passo e ogni
parola degli altri brigatisti. Una percentuale di inquinamento piuttosto elevata che avrebbe dovuto mettere
in guardia i superstiti. Ma l'infantilismo politico e la nevrosi, a chi vive fuori della storia, non consentono
neppure di cogliere le lezioni della cronaca". Dal canto loro le "Brigate Rosse" a proposito di una
serie di attentati contro le fabbriche" Rossari e Varzi"
di Trecate (Novara), "Norton Internazionale" di Corsico (Milano) e la "Necchi" di Pavia e contro le
caserme di Rieti, l'Aquila, Lamezia Terme e Vibo Valenzia, accompagnati da volantini in cui si inneggia,
tra le altre cose, alle Brigate Rosse, hanno emesso un comunicato stampa dove si precisa: "... I
fascisti - esecutori - ed il carabinieri - mandanti - hanno inteso, "firmando" con la sigla della nostra
organizzazione, perseguire alcuni obiettivi: 1 - mettere in relazione azioni antiproletarie e fasciste con
una organizzazione rivoluzionaria comunista 2 - rendere con ciò odiose e impopolari quelle
organizzazioni che hanno scelto la via della AZIONE
DIRETTA, della AZIONE PARTIGIANA e della PROPAGANDA ARMATA, svuotando il loro lavoro
di ogni senso politico e presentandole come organizzazioni di criminali che perseguono fini contrari agli
interessi delle masse popolari. 3 - terrorizzare la sinistra alimentando con "fatti" l'ipotesi che da un
po' di tempo si cerca subdolamente
di far circolare che le "BRIGATE ROSSE" siano organizzazioni provocatorie dirette da mestatori fascisti
e porci delle varie polizie. 4 - creare un clima di tensione praticando azioni violente terroristiche e
gratuite che consentano in nome
degli "opposti estremismi" di colpire la sinistra rivoluzionaria e più in generale la classe
operaia. 5 - preparare il terreno ad una più vasta provocazione che si intenderebbe
impiantare in qualche fabbrica,
addebitandola alla sinistra, e perché no... alle Brigate Rosse.
Lettera dall'Argentina
Buenos Aires - Solo nelle ultime settimane è venuto alla luce
l'ultimo delitto della repressione militare
contro un militante libertario. Aldo Leonardo, combattente sindacalista di Rosario (Santa Fe), catturato
in febbraio dalla polizia del regime militare di Levingston, è stato ucciso dopo essere stato
selvaggiamente
torturato. Le torture andavano ad aggiungersi alle bastonature subite negli anni recenti in occasione di
diversi arresti sotto il regime militare di Ongania prima e di Levingston poi. Detenuto in carcere, in
condizioni di salute già precarie, continuava ad occuparsi delle sue ricerche storiche, filosofiche
e
letterarie. Infine l'ultima tortura e la morte che è avvenuta il 25 febbraio all'ospedale Argerich.
Il delitto
è stato tenuto a lungo nascosto ma infine l'azione della coraggiosa compagna del morto, che,
tramite un
avvocato di sinistra, il dr. Arturo Mathov, ha denunciato e querelato la polizia platense, ha fatto scoppiare
lo scandalo. L'autopsia medica, decisa dalla magistratura, ha dato il seguente risultato: morte per lesioni
cerebrali causate da forti colpi inferti al defunto. Dopodiché anche la rivista ASÍ e il
quotidiano LA
PRENSA hanno cominciato ad occuparsi dello scandalo. Il delitto ha contribuito non poco a schierare
l'opinione pubblica contro la repressione di Levingston e Uriburu (figlio) e a dare incremento alla durezza
delle lotte operaie di Córdoba e Rosario, e gli scioperi contadini del centro-nord. Le scritte sui
muri, in
ricordo di Aldo Leonardo e contro i suoi assassini, sono numerosissime, così i cortei studenteschi
nella
capitale e nelle province. La deposizione di Levingston da parte di Lanusse e l'assunzione del governo
da parte di quest'ultimo, nonché le "avances" fatte da questo incallito antiperonista direttamente
al
generale Juan Domingo Perón, (ex-dittatore demagogo) per un accordo che tolga mordente alle
lotte delle
centrali sindacali (ben diverse, come combattività dai sindacati italiani) contro la dittatura militare,
sono
stati sviluppati da una situazione nella quale, a parte lo scandalo di portata nazionale dell'assassinio di
Aldo Leonardo, numerose vittime (due operai e un contadino uccisi in sparatorie di piazza, almeno una
decina di feriti, circa cento arrestati, alcuni dei quali torturati) sono stati compagni nostri. Logicamente
la situazione particolare Argentina (dittatura militare più o meno dura a seconda di chi esce
vincitore,
temporaneamente, dalle lotte tra i "milicos" grande organizzazione sindacale che gestisce le lotte in senso
rivoluzionario) porta alla necessità di scegliere alleanze e sceglierle bene, lasciando le critiche,
anche se
necessarie, a momenti di stasi delle lotte. Nelle ultime lotte i libertari erano a fianco dei comunisti e
socialisti, e perfino alcuni radicali e peronisti si sono schierati coi lavoratori non più solo a parole
(un loro
giovane è rimasto ferito a Córdoba). E la lotta procede bene. Il solo fatto che il nuovo
generalissimo,
Lanusse, per stare al potere sia costretto a pesanti tentativi di accordo politico e sia stato obbligato a
ridare
almeno una parvenza di libertà formali (ma la censura militare sulla posta sospetta resta; ecco
quindi
perché questa mia lettera vi arriverà a mano, portata da un compagno che viene in Italia)
ha portato
alcune conseguenze. Fra queste la riapparizione della nostra antichissima rivista "La Protesta" (c/o
Héctor A. Chiarelli, Déan
Funes 424, Buenos Aires, R.A.), la continuazione, pur fra mille difficoltà poliziesche (sequestri
continui,
persecuzioni, minacce ai compagni etc), di "Acción Libertaria", ormai arrivata al trentasettesimo
anno
consecutivo e al numero 210. Inoltre ha potuto riprendere, e con maggiore slancio, l'attività
editoriale dei
compagni operai della Unión Socialista Libertaria di Rosario, che, intitolata "Cuadernillos de
divulgación
y polémica" è giunta al numero due del 1971 (indirizzo: Mitre 747, Rosario). Purtroppo
"Acción
Libertaria" è stata sfrattata dal vecchio palazzo di Humberto I.
Fascisti e comunisti uniti nello sfruttamento
Barcellona. È stata costituita la prima società commerciale
sovietica-spagnola "SOVISPAN S.S." avente
come oggetto la pesca al largo delle Canarie. La società sovietica Sorbidflot
impiegherà il 50% del capitale, il restante sarà versato da due società
spagnole. Si apre una nuova era nella fraterna collaborazione tra Russia e Spagna. Da molti anni
le due nazioni intrattengono relazioni commerciali; oggi siamo agli investimenti comuni.
Procura: chi è e chi non è di turno
Milano. Il sostituto procuratore Guido Viola, di turno la sera in cui fu ucciso Saverio Saltarelli, il 12
dicembre 1970, da allora, in cinque mesi, ha ricoperto il turno una sola volta. Com'è noto, Viola
procedette nelle indagini con la serietà che il caso richiedeva, tanto che fu poi sostituito con un
collega,
il dottor Pomarici. Il sostituto procuratore di turno il 29 maggio, una giornata di notevole tensione per
il
contemporaneo svolgersi di quattro manifestazioni una delle quali fascista (la "maggioranza silenziosa")
era Giovanni Caizzi, l'archiviatore del caso Pinelli.
Il centralismo democratico del Manifesto
Il gruppo milanese de "Il Manifesto" sembra abbia disaccordi piuttosto profondi nel suo
interno. Nella sede di corso S. Gottardo 3, che è anche sede della redazione milanese
dell'omonimo giornale, dallo
scorso mese di maggio, sono iniziati aperti contrasti (probabilmente covavano da tempo) fra i "teorici"
e il "gruppo di base", quest'ultimo formato da operai delle fabbriche della zona, in particolare della
OM. Nel corso delle assemblee il "gruppo di base", in diverse istanze presentate, aveva più
volte messo in
minoranza i "teorici" e questo evidentemente dava loro non poco fastidio (va bene la democrazia diretta,
ma ora si esagera..., potremmo commentare!). Ai primi di giugno una delegazione del "gruppo di
base" si incontrava a Roma con i massimi dirigenti,
fra i quali uno che siede in parlamento (Pintor?). Non conosciamo i motivi dei disaccordi ed i temi
dei colloqui romani, comunque è più che significativo
il fatto che i dirigenti romani del Manifesto siano arrivati al punto di minacciare la chiusura della sede
di
Milano, se non si fossero in seguito rispettate le volontà dei "teorici".
Obiettori politici
Mercoledì 30 giugno, è stato processato per la seconda volta, presso il Tribunale
militare di Torino,
l'obiettore di coscienza Gianfranco Truddaiu di Vigevano. Gianfranco Truddaiu era stato processato
per la prima volta il 22 agosto dello scorso anno presso il
Tribunale militare di Padova, dove aveva presentato una obiezione di carattere religioso, subendo una
condanna a quattro mesi di reclusione senza il beneficio della sospensione condizionale; la stessa pena
gli è stata inflitta dal Tribunale militare di Torino per la sua seconda obiezione. Truddaiu ha
presentato questa sua ultima obiezione non più da solo, ma assieme ad altri sette compagni,
i quali, con questa azione, hanno - per la prima volta in Italia - presentato una motivazione collettiva di
carattere politico. In questi giorni era presente a Torino Mario Pizzola di Sulmona, il quale fa parte
di quel gruppo di
obiettori che si è fatto volutamente arrestare lo stesso giorno del processo a Truddaiu, leggendo,
davanti
alla sede di un giornale cittadino, di fronte a numerose persone, una lettera di solidarietà sia con
gli
obiettori di coscienza, sia con tutti i detenuti politici. Precedentemente era stato arrestato anche Neno
Negrini dello stesso gruppo.
Pizzola e Negrini erano renitente alla leva dal 6 febbraio, cioè dal giorno in cui avrebbero
dovuto
presentarsi al CAR di Cuneo. Rifiutandosi con altri sei compagni (due rimasti ancora liberi) avevano dato
vita alla prima obiezione di gruppo motivata politicamente. Una delle affermazioni principali,
contenuta nella dichiarazione comune, è che "l'esercito non serve per
difendere la patria da ipotetici nemici esterni ma è uno strumento nelle mani della classe
capitalistica
dominante che lo utilizza per fini di polizia interna e per salvaguardare il sistema dall'avanzata del
movimento operaio e popolare". Durante questi quattro mesi Negrini, Pizzola ed altri compagni
avevano svolto un intenso lavoro (dibattiti,
incontri, manifestazioni) per diffondere sempre di più la loro iniziativa. I due obiettori rimasti
ancora liberi (Franco Suriano e Giuseppe Amari) invitano tutti i compagni perché
si impegnino ad allargare la lotta anche nei confronti dell'esercito che di fatto è uno dei pilastri
del
sistema.
Scarcerati i neonazisti di Treviso
Treviso, 13 luglio. Sono stati scarcerati i neo-nazisti Freda e Ventura. I due, con il loro camerata
Trinco
(scarcerato qualche settimana fa), erano stati arrestati il 10 aprile ed accusati di una serie di attentati
commessi nella primavera-estate del '69, tra cui quelli noti come "le bombe ai treni" dell'agosto '69. Come
si ricorderà (cfr. "A" 5), tali attentati, attribuiti contro ogni ragionevolezza, agli anarchici,
iniziarono la
catena delle provocazioni culminate con la "strage di stato" di piazza Fontana (Milano, 12 dicembre
'69). La libertà provvisoria concessa al trio di Treviso (che probabilmente prelude al loro
proscioglimento per
insufficienza di prove o a qualche altra forma di insabbiamento) segue di pochi giorni la stupefacente
conclusione del processo Juliano, finito a "tarallucci e vino", con assoluzione di tutti (commissari e
fascisti
padovani), tranne una figura minore di attentatore. I lettori ricorderanno che il processo Juliano ha
visto coinvolti un gruppo di fascisti attentatori (sempre
primavera '69) e un commissario di P.S. che all'ultimo momento ha rinunciato a dire quello che sapeva
in cambio di un preteso velo sui suoi "disinvolti" metodi polizieschi. I becchini ufficiali cercano
faticosamente, instancabilmente, "inutilmente" di seppellire la verità sulla
strage. Ma la verità non è quel cadavere che credono poliziotti e magistrati. La
verità non si lascia
seppellire.
"Servire il popolo" alleato del Corriere della Sera
Da: "Servire il popolo" (Organo Unione Comitati Italiani Marxisti Leninisti, del 24 aprile
1971.) "... Pensate alla strage fascista di due anni fa a Milano. Tutti conoscono i nomi delle
organizzazioni
fasciste che hanno operato dietro a quella strage; molti personaggi legati ad essa siedono tranquillamente
in Parlamento e anche al Governo. In carcere c'è un ballerino drogato, un ricattato
probabilmente,
che forse era anche materialmente e fisicamente incapace di compiere il grave
attentato". Sembra la prosa uscita dalla penna di Giorgio Zicari o di qualsiasi altra
prostituta della penna venduta alla
stampa padronale, invece si tratta dei controrivoluzionari dell'Unione (M.L.). Questi signori dopo il 12
dicembre diffusero dei manifesti in cui si rendevano colpevoli di accusare gli anarchici definendoli
"assassini e avventurieri". Accomunandosi in ciò ai reazionari di tutte le risme, che avevano
montato la
campagna di linciaggio e il clima da progrom contro gli anarchici. Oggi, a distanza di due anni,
continuano imperterriti nell'uso sistematico della calunnia e della
diffamazione - perfettamente consono al loro status di stalinisti cerebrali - contro un compagno che
è
vittima di una delle più grosse montature poliziesche della storia italiana, contro un compagno
che pur
rischiando l'ergastolo rimane fedele ai principi della rivoluzione sociale. Gli stalinisti della U.C.I.
definendolo "drogato" osano quello che neppure il giudice Cudillo ha fatto: la diffamazione e la
calunnia. Questi controrivoluzionari che pretendono di essere "l'avanguardia del proletariato" - con
quel "forse"
si fanno scavalcare dai giornalisti borghesi e riformisti che ormai, quasi apertamente, riconoscono
l'innocenza di Valpreda. Ancora una volta gli stalinisti li ritroviamo a fianco della reazione e sempre
pronti a colpirci.
Università di pubblica sicurezza
Milano, Città Studi. Dopo lo sgombero dei baraccati di via Tibaldi la facoltà di
Architettura, descritta
dalla stampa come un covo di sovversivi e drogati, è stata letteralmente occupata dalla polizia
per una
settimana. Per maggior "sicurezza" la polizia è stata messa dappertutto, imboscata sotto ogni
albero di
Città Studi. Nel frattempo a Fisica, il preside coglie l'occasione per rispondere agli studenti
che da tre mesi occupano
la Facoltà per ottenere i gruppi di studio: chiama la polizia (peraltro già presente) che
sgombra la Facoltà. La polizia è scatenata: un'assemblea alla facoltà di
Matematica viene violentemente interrotta, gli studenti
che pacificamente stanno uscendo con le braccia alzate, sono caricati dagli uomini del Vice Questore
Vittoria che da alcuni giorni si aggira bieco e paonazzo come sempre alla ricerca di qualcosa da caricare.
Diversi compagni vengono fermati senza alcun motivo. Intanto tre ispettori mandati dall'alto
controllano ad Architettura lo svolgimento dell'attività didattica. Le
loro deduzioni, chiaramente impartite a priori, portano al blocco degli esami e l'intero consiglio di
Facoltà
viene messo sotto accusa. Giovedì I° luglio viene indetta un'assemblea alla Facoltà
di Fisica, presidiata dalla polizia. Gli studenti si
radunano per tenere lo stesso l'assemblea su un marciapiedi di fronte all'ingresso. Il Vice Questore
Vittoria, sbraitando, ordina agli agenti di disperdere gli studenti. Poliziotti e carabinieri, caricati
psicologicamente da ore di attesa sui camion, si sfogano ululando contro studenti, studentesse e semplici
passanti: ad un ignaro cittadino viene rotto un braccio, molti studenti e professori escono dalla mischia
sanguinanti. Questa serie di violenze e provocazioni non avviene, evidentemente, a caso. Si tratta di una
operazione quasi militare che ha per obiettivo il controllo di Città Studi. Mentre il giornale va in
macchina
la polizia continua a occupare la zona con gran spiegamento di forze, per dimostrare la sua potenza.
Bergamo: cacciati per due anni da tutte le scuole
Due compagni dell'istituto per geometri "G. Quarenghi" sono stati espulsi per due anni da tutte le
scuole
e un terzo compagno escluso dalla sessione estiva degli scrutini. Gli studenti si sarebbero resi colpevoli
di aver distribuito un opuscolo dal titolo "TIRA ANCORA", fuori dalla scuola, con l'aggravante di averlo
letto e di condividerne i contenuti. Il preside Luigi Viola, la sua spalla vicepreside Rosa Maria
Maccarrone
e il collegio dei professori hanno addotto a giustifica del provvedimento dei "capi di incriminazione"
talmente assurdi, che a dispetto della gravità della situazione, han suscitato letteralmente le risa
di alcuni
legali, peraltro progressisti, che han voluto verificare il riscontro fra le righe dell'opuscolo; ma ecco i
suddetti "capi di incriminazione": 1) Oltraggio alla figura del preside Viola, in merito a un articolo sullo
sfruttamento minorile dove si alludeva in via del tutto vaga (senza specificazione alcuna di nomi o
circostanze) nonché ipotetica (il periodo ha inizio con un "immaginatevi...") ai trascorsi non
troppo puliti
di "un piccolo rispettabile delinquente di provincia" che, fallita disastrosamente la propria carriera di
imprenditore, finisce a fare il preside: nonostante la forma del tutto vaga e ipotetica la realtà,
anche se
trascorsa da qualche annetto, è cosa che non si può cancellare, specie laddove sia
suscettibile di prova,
e la reazione "isterica" (così è stata definita a livello cittadino) delle autorità
scolastiche in causa è in parte
spiegabile col fatto, che il preside Viola abbia visto comporsi, nelle righe "incriminate", il proprio ritratto
completo di nome, cognome e indirizzo. 2) Oltraggio alla figura del presidente Saragat, per il semplice
motivo che veniva citato, senza la benché minima ombra di commento, uno stralcio del discorso
augurale
di inizio-anno alla TV, dove il bene amato presidente della repubblica italiana invitava gli studenti "a
chinarsi sui libri". 3) Oltraggio a quella corporazione meglio identificata con la denominazione "Collegio
dei Geometri" in quanto si faceva menzione di una procedura penale intentata tempo fa contro lo stesso
collegio e, peraltro, riportata a suo tempo da tutta la stampa. Questa farsa non riscontrava
gradimento fra gli studenti, i quali si rendevano conto subito che simile
manovra repressiva di palese marca fascista era stata concertata per colpire al di là dei due
compagni
dell'istituto-geometri (che erano stati fra gli elementi politicamente più attivi durante tutto il corso
dell'anno scolastico) l'intero movimento degli studenti di Bergamo. Il preside, il collegio dei professori,
le autorità scolastiche (fra cui l'ex-compagno Masini, oggi vice provveditore agli studi, squallida
figura
di socialdemocratico (cercavano, sfruttando il fatto che mancava ormai meno di una settimana alla
chiusura dell'anno scolastico, di eliminare tutti gli individui più coscienti al fine di stroncare, in
vista del
prossimo anno, ogni possibilità di ripresa delle lotte all'interno delle scuole. Compresi gli scopi
del largo
piano repressivo, gli studenti si mobilitavano, rispondendo tempestivamente alla provocazione. Durante
l'arco della settimana comprendente i tre ultimi giorni di scuola mettevano in atto una serie di azioni di
protesta sotto forma di propaganda, serrata temporanea dei cancelli dell'istituto-geometri, picchettaggi
e
interruzioni delle lezioni in quattro scuole cittadine nel corso di una stessa mattinata. L'azione di risposta
antirepressiva è culminata mercoledì 9 giugno, ultimo giorno di scuola, quando i
compagni, alla testa di
un corteo di circa 200 studenti, confluiti da tutti gli istituti cittadini nel piazzale antistante
l'istituto-geometri, occupavano gli uffici e l'auditorium del provveditorato agli studi, nonostante le ripetute
minacce
di carica poliziesca intimate dai funzionari dell'ufficio politico della questura, vice-questore in prima fila,
con relativa fascia tricolore e squadra di carabinieri. Sebbene consapevoli che il padronato e i suoi servi
hanno mezzi notevolmente più efficaci per la diffusione di notizie false e tendenziose, gli
occupanti
trasformavano l'aula dell'auditorium in un centro di controinformazione e di collegamento delle varie
situazioni di lotta che nello stesso periodo si sviluppavano a livello provinciale e regionale in settori diversi
ma contro il medesimo piano duramente repressivo della borghesia. Così collegando la specifica
situazione di lotta in merito ai compagni espulsi alla situazione di lotta generale, gli occupanti
informavano
studenti, operai e opinione pubblica in genere sullo sviluppo degli eventi, suscitando un vivo
interessamento sia da parte di esponenti sindacali e di partito, sia da parte di sinceri rivoluzionari e
progressisti. D'altra parte l'azione a livello giuridico procedeva con la presentazione al provveditore dei
ricorsi legali da parte dei compagni espulsi, che venivano però nuovamente respinti dal collegio
degli
insegnanti che, a quanto è dato sapere, si schieravano a falange attorno al preside e si
complimentavano
con lui per il "bel colpo" inflitto a dei sovversivi che avevano osato, rinnegando i loro amorevoli
insegnamenti, disconoscere la sacralità della proprietà privata (discorso sostenuto da
più di un professore)
e che, negli interrogatori terzo-grado presospensione, richiesti di un parere esatto sui padroni, si erano
permessi di dire, inamovibilmente insistendo contro ogni invito minaccioso o bonario a contraddirsi, che
"i padroni sono tutti criminali". La vicenda non è ancora conclusa, anche se sono passati ormai
tre
settimane dal suo inizio. Tutti noi siamo impegnati in ogni iniziativa politica in cui si intravveda la
possibilità di porre a termine positivamente la questione: a tal fine ci teniamo in stretta
collaborazione coi
compagni che se ne occupano sotto il profilo giuridico e riconfermiamo la nostra precisa volontà
di
collegare questo momento di lotta con tutte le situazioni che realmente sono riconducibili ad esso: le lotte
delle fabbriche bergamasche (attualmente ben 4 sono occupate dagli operai che si oppongono ai
licenziamenti e alle sospensioni) e dei quartieri, per il diritto alla casa e all'istruzione.
Gruppo Anarchico di Bergamo
È morto il tassista bugiardo
Milano, 16 luglio. Al momento di andare in macchina apprendiamo che è morto il tassista
Cornelio
Rolandi, il "supertestimone" dell'accusa contro Valpreda. Il Rolandi, unico traballante sostegno della
montatura contro l'anarchico Valpreda, sarebbe stato facilmente demolito in un pubblico dibattimento.
Sarebbe stato ridicolizzato come l'altro "supertestimone" anti-anarchico, la pazza Zublena del processo
a Braschi, Pulsinelli ecc. Lo stesso Rolandi s'era lasciato sfuggire di fronte a testimoni che in questura
gli
avevano mostrato la fotografia di Valpreda dicendogli che era quello che doveva riconoscere. La sua
morte giova, dunque, all'accusa (tanto più che il P.M. Occorsio - preveggente! - s'era già
premurato di
ufficializzare la sua testimonianza). Pare che il Rolandi sia morto di infarto. I difensori di Valpreda hanno
chiesto l'autopsia. Dopo il portinaio di Padova del processo Juliano ("caduto" dalle scale), dopo
l'anarchico Giuseppe Pinelli ("caduto" dal quarto piano della questura), questo è il terzo morto
collegato
all'inchiesta per le bombe fasciste del '69. Pare d'essere nell'America dell'inchiesta per l'assassinio di
Kennedy (16 testimoni morti per "malattia" o "disgrazia")...
La Redazione
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