Rivista Anarchica Online
L'autunno del recupero
di A. B.
Ieri, 25 settembre, il direttivo delle tre confederazioni ha delineato per
sommi capi, il "pacchetto" delle
rivendicazioni per le lotte sindacali autunnali. Dopo un mesetto di surplace, "giocato" a
puntate esplorative
sindacali e mezze repliche d'assaggio padronali e governative, i vertici sindacali hanno fatto la prima
mossa. È
ufficialmente aperta la partita autunnale tra padroni e sindacati con l'arbitraggio del governo. La
mossa d'apertura di CGIL-CISL-UIL indica già grosso modo lo svolgimento e la conclusione
della partita. I
vertici delle confederazioni non si muovono né casualmente, né isolatamente, né
sopratutto senza avere
attentamente esaminato la possibilità di ottenere molto di quello che chiedono, la
possibilità cioè di pervenire
ad una conclusione "vittoriosa" delle lotte. Il "pacchetto" confederale è un insieme di
richieste sostanzialmente difensive nella stessa formulazione, che parla
di "recupero salariale", "difesa dell'occupazione", "controllo
dei prezzi" ecc.. Una analisi delle cifre conferma
il giudizio "letterario". La rivendicazione monetaria principale è quella relativa alla
contingenza. La contingenza - o scala mobile - venne istituita nel 1945, per attenuare gli effetti
dell'inflazione sui salari, e,
riformata nel 1957, dovrebbe avere tutt'oggi la stessa funzione. Il meccanismo è abbastanza
semplice. Ogni
aumento percentuale del costo della vita (secondo il "paniere" di spesa di una famiglia "tipo" degli anni
50) fa
aumentare proporzionalmente i salari e gli stipendi di altrettanti "punti di contingenza". Un punto di
contingenza
varia a seconda delle categorie, da 400 a 950 lire circa mensili. Oggi giorno, il meccanismo della
contingenza
rivaluta automaticamente un salario medio in misura pari a circa un terzo della svalutazione. I
sindacati chiedono di aumentare in due tappe il punto di contingenza delle categorie più basse
sino
all'unificazione al livello più alto (impiegati di prima). Prima tappa (dicembre 1974): 710 lire;
seconda tappa (data
imprecisata): 948 lire. A occhio e croce, con il primo aumento un operaio medio (od un impiegato
medio-inferiore) potrebbe in futuro essere coperto per una metà circa degli effetti inflazionistici
e, con il secondo
aumento, di due terzi circa. Inoltre le centrali sindacali chiedono un aumento retroattivo della
contingenza dal luglio 1973 ad oggi
(inizialmente si era parlato di una retroattività a partire dal '69). Questo consentirebbe di
"recuperare"
mediamente dalle 15 alle 20 mila lire mensili. Poiché un operaio con 200.000 lire al mese di
salario ha perso negli
ultimi due anni a causa del caro-vita, al netto dell'aumento della scala mobile, un 25% della paga
cioè 50.000
lire, il recupero di contingenza chiesto dalle confederazioni gli lascia scoperta una perdita secca di 30.000
lire,
che è per l'appunto la cifra che i sindacati chiederanno di aumento salariale per quelle categorie
il cui contratto
sarà rinnovato quest'anno. Ecco come, nella migliore delle ipotesi e nell'improbabile caso di
accettazione integrale
delle richieste sindacali, la vittoria consentirebbe per le più fortunate categorie... nel ritrovarsi
nelle condizioni
di due anni fa.. Richieste difensive, quelle sindacali, eppure, per livello quantitativo ed impostazione
"egualitaria", probabilmente
al limite di quanto l'attuale sfasciume economico nazionale può permettersi. Non vogliamo
difendere i sindacati,
con questo, ma spiegare che, se si accetta l'ottica riformista, non si può chiedere più del
"ragionevole" e
ragionevole in questo contesto è ciò che ai lavoratori il sistema capitalistico-burocratico
italiano può concedere
senza pregiudicare la soluzione della crisi. La crisi attuale, in poche parole, è determinata
dal fatto che, per una serie di ragioni (alcune di carattere
internazionale, altre di carattere nazionale), gli "italiani" consumano più di quanto producono,
alcune migliaia
di miliardi di lire in più. Per tamponare la situazione, in attesa di effettuare quelle riforme di
struttura che
dovrebbero rimuovere le cause nazionali della crisi, per "raffreddare" l'inflazione prima che arroventi il
sistema
economico in misura irreversibile, la soluzione più semplice è ridurre i consumi. La stessa
inflazione, del resto,
è una risposta automatica del sistema che, riducendo il potere d'acquisto del denaro tende a
riproporzionare
ricchezza consumata e ricchezza prodotta. Quando si parla di ridurre i consumi si parla
inevitabilmente di sacrificare i consumi popolari. Checché ne dica
la demagogia politica, non è pensabile una austerità capitalistico-burocratica che non sia
soprattutto - se non
soltanto - uno stringere la cinghia degli sfruttati. A meno di un improbabile crollo del sistema, dunque,
il prezzo
del superamento di questa crisi non sarà il sacrificio imposto al lusso di capitalisti, tecnocrati,
professionisti,
burocrati, ecc., ma il sacrificio imposto agli operai, ai pensionati, ai contadini, agli impiegati, ecc.. Non
ci si può
fare illusioni in merito. Ed i vertici sindacali, che certe illusioni rivoluzionarie non si fanno, si pongono
come
obiettivo (ragionevole dal loro punto di vista) non di "far pagare la crisi ai padroni", ma di ridurre il
prezzo pagato
dai proletari. A giudicare dalle ultime cronache sindacali e dal "pacchetto" di richieste, le
confederazioni hanno intenzione di
svolgere con una certa decisione e durezza la loro funzione istituzionale di tutela dei lavoratori
dipendenti, per
non rischiare di perdere il controllo delle lotte, cioè l'altra loro funzione istituzionale. Non deve
esser un compito
facile, di questi tempi, quello dei vertici confederali, che devono apparire - ed essere - "ragionevoli" con
padroni
e governo ed apparire contemporaneamente energici e combattivi portavoce dei lavoratori. Non deve
esser un
compito facile conciliare una destra sindacale democristiana e social-democratica che minaccia-ricatta
continuamente la scissione (ma ricatto sarà poi esercitato dalla destra sulla sinistra sindacale o
da destra e sinistra
sul movimento operaio?) ed una base operaia che ripresenta fermenti ribelli, esprime autonomia ed
impazienza
"incontrollabili", quasi come all'inizio del mitico autunno caldo. Tutta labilità dei dirigenti
sindacali è messa alla prova dalle contraddizioni suscitate, anche all'interno delle
organizzazioni, dalla combattività operaia, nello sforzo delle confederazioni di assorbire le spinte
di base più
radicali, nel timore di essere scavalcati, nella necessità d'evitare che si generalizzino (e quindi
sfuggano al
controllo) forme di azione diretta come lo sciopero degli affitti e l'occupazione delle case, l'autoriduzione
delle
tariffe e l'occupazione autogestionaria delle fabbriche. Tutto questo perché la partita (dura
ma "leale") d'autunno deve essere giocata da sindacalisti e padroni (e governo-arbitro-venduto) e gli
sfruttati devono limitarsi ad assistere, tifando per i sindacati ma senza pretendere di giocare
in prima persona, senza scavalcare la rete delle istituzioni e invadere il campo...
A. B.
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