Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 6 nr. 44
gennaio 1976


Rivista Anarchica Online

España Libertaria!
a cura della Redazione

Uno dei dati più interessanti (nella nostra prospettiva il più rilevante) dell'attuale panorama sindacale spagnolo è il processo di ricostruzione della C.N.T. (Confederación Nacional del Trabajo, sindacalista libertaria) acceleratosi negli ultimi mesi. L'anarco-sindacalismo ha per ora i suoi punti di forza tra i lavoratori edili di Madrid e tra i lavoratori bancari di Barcellona, ma è presente, seppure in misura non determinante, in tutta la Spagna ed in tutti i rami produttivi e, ciò che più conta, in moltissime realtà di lotta. Esso va diventando un punto di riferimento per i settori più avanzati e consapevoli del movimento operaio, nei confronti del quale la C.N.T. comincia ad esercitare un'attrazione non più solo dovuta alla sua storia (che è strettamente intrecciata con la storia del proletariato iberico e della sua volontà emancipatrice) ma, appunto, alla sua crescente presenza militante. Non è improbabile una futura convergenza, nella C.N.T. ricostruita, di nuclei della sinistra sindacale autogestionaria, attualmente organizzata nella U.S.O. (Union Sindacal Obrera, un sindacato "giovane" su posizioni simili a quelle della F.L.M. italiana) ed anche nella U.G.T. (Union General de Trabajadores, sindacato socialista "storico").

Di questo fenomeno non si trova traccia, certo, nella grande stampa d'informazione internazionale "indipendente", tutta impegnata nella campagna filo-comunista e filo-moderata. Nel panorama spagnolo offerto a decine di milioni di lettori, hanno spazio solo la Junta Democratica e la Plataforma de Convergencia Democratica ed i loro balletti con il post-franchismo annacquato (per loro) della monarchia juan-carlista. In campo sindacale, i giornalisti "democratici" (ed i loro fiduciosi lettori) conoscono solo le ormai consunte Comisiones Obreras.

La controfigura sindacale del segretario comunista Santiago Carrillo , Marcelino Camacho, è stato lanciato come star, con una campagna giornalistica addirittura sfacciata. Ricordiamo, ad esempio, le quotidiane sviolinate del corrispondente da Madrid del Corriere della Sera, Paolo Bugialli, già noto per i suoi articoli reazionari sulla strage di Stato. Per quindici giorni a fila, il Camacho è stato protagonista privilegiato nelle cronache del dopo-Franco. Si parla d'indulto, allora forse ne beneficerà il "Di Vittorio spagnolo", l'indulto avrà dei limiti? Allora forse non ne beneficerà il "Di Vittorio spagnolo". Esce qualche prigioniero politico? È il "Di Vittorio spagnolo" (questo è vero, solo lui e pochi altri". C'è una dimostrazione davanti a Carabanchel? Si tratta del carcere in cui era detenuto il "Di Vittorio spagnolo". E così via. Lo stesso, più o meno, sugli altri giornali indipendenti in Italia e all'estero e perfino (ma c'è molto da stupirsi?) in Spagna.

Il grande sforzo propagandistico del P.C.E. (finanziato non certo dalle poche migliaia di suoi militanti dell'Interior), che solo a Parigi stipendia 10 addetti alle pubbliche relazioni sotto l'etichetta della Junta Democratica, che ha trovato pronta e benevola accoglienza non solo nei suoi simpatizzanti (tanti in tanti organi di stampa) ma anche in tutti coloro che hanno interesse a che il mutamento in Spagna avvenga nel modo più "ordinato" possibile, senza che si apra alcuno spazio di agibilità all'opposizione radicale e rivoluzionaria. Tutti coloro cioè che appoggiano quel supercompromesso spagnolo che va dalla destra "civilizada" all'ex-stalinista-ora-democraticissimo Carrillo. Per i vari Bugialli, dunque, non esiste, non può e non deve esistere qualcosa come l'anarco-sindacalismo. Ciò nonostante esso non solo esiste, ma verosimilmente esisterà sempre di più.

Pubblichiamo nelle pagine seguenti quattro interviste fatte da un redattore di Frente Libertario (mensile edito a Parigi da anarco-sindacalisti in esilio) con quattro militanti anarchici dell'Interior rispettivamente di Barcellona, Valenza, Saragozza e Madrid, tra la fine di dicembre e l'inizio di gennaio. Queste interviste, pur nella varietà dei temi trattati, che vanno dalla situazione politica attuale alle prospettive del movimento libertario, dalla repressione diversificata alle caratteristiche del "nuovo" movimento operaio, vertono principalmente su quel processo di ricostruzione della C.N.T. che gli intervistati (e con essi gran parte dei libertari spagnoli) vedono come nodo centrale della presente strategia anarchica in Spagna.

Il cambiamento nella continuità
Intervista con un militante catalano

Frente Libertario: si parla tanto oggi, da ogni parte, non più d'apertura ma addirittura di cambio politico. Che senso ha per voi militanti questa novità?

S. M.: Bisognerebbe in primo luogo precisare che cosa per noi significa cambio autentico e non solo apparente. Un cambio nell'ambito militante, lo si apprezza nella vita di tutti i giorni. Ora, anche se Fraga Iribarne continua a parlarne ed il capitalismo spagnolo sembra farsene padrino, non si vede da nessuna parte alcun cambio nelle strutture statali. Sinora l'amministrazione è stata franchista e continua ad esserlo.

Voi dire che lo spettro di Franco incombe sulla monarchia juan-carlista?

S'è aperto un nuovo periodo per il regime nato dalla guerra civile ed il suo capo attuale, con il titolo di re, ha in realtà meno poteri di quelli che aveva il Caudillo. Scomparsa la figura di Franco, che era carismatica per una parte dell'opinione pubblica, a Juan Carlos era necessario crearsi una certa popolarità. Per questo, sin dal giorno dell'incoronazione, tutto l'apparato di stampa e propaganda si è messo al suo servizio. A forza di insistere si va dando l'impressione d'un consenso di un certo tipo, non obbligatorio ma qualcosa di più volontario che passivo. Nello stesso senso vanno interpretate le misure prese dal governo. Queste, senza mettere in discussione il regime di sfruttamento, debbono far sì che una parte di opinione pubblica vi si identifichi. Così, perlomeno, si alimentano le speranze di un "cambio" legato alla monarchia.

Che portata hanno le misure prese dopo la morte del Caudillo?

Praticamente vanno considerate due misure: l'indulto e la nomina del nuovo governo. Per quanto riguarda l'indulto, tutti concordano nel considerarlo ristretto ed è naturale, perché i prigionieri politici che ne hanno beneficiato, a parte Comisiones Obreras e Partito Comunista, sono pochissimi. Anarchici, maoisti, trotzkisti e militanti dell'E.T.A. sono rimasti dietro le sbarre e non è probabile che vengano liberati ancora per un bel pezzo. Chiaramente non si poteva contare su una amnistia generale immediata, perché ad essa si opponevano ampi settori del regime, ancora eccitati per l'isterica campagna sui poliziotti "assassinati". Inoltre, la stessa logica del sistema si opponeva a che venisse concesso il "perdono" proprio a quei "terroristi" per i quali era stata appena adottata la "legge speciale". Ciononostante bisognava concedere un indulto restrittivo ed è ciò che s'è fatto.

Come interpreti il nuovo governo?

Nella formazione del nuovo governo, come nella sostituzione del presidente delle Cortes sono stati operati compromessi equilibristici per non disgustare gli "ultras" e per non avvantaggiare troppo gli pseudo-liberali. Ciononostante ci sono state anche concessioni evidenti. Ad esempio, il fortunato professor Torcuato Fernandez Miranda, incaricato della presidenza delle Cortes, ha subito dichiarato di "essere disposto a rinunciare al suo passato". Il che non stupisce, perché questa gente non ha altri interessi, rispetto al passato, che la conservazione dei privilegi e del potere. Arias Navarro, a sua volta, ha giocato bene la carta del governo, circondandosi di qualche personaggio che dà l'impressione di un "cambio senza avventure". È quello che, a quanto pare, tanta gente vuole, vale a dire che il lavoratore deve disporre di certi "mezzi", di una certa "iniziativa" e sentirsi indirizzato ad ottenere una certa "considerazione sociale"! A questo si riducono i giochi di parole del tipo "cambio senza avventure", "cambio senza trauma" o, alla moda francese, "cambio nella continuità".

D'accordo, ma qual è il peso delle diverse tendenze nella compagine ministeriale?

Fra le diverse tendenze presenti nel governo, è prevalente quella che fa capo a Fraga e che detiene i ministeri repressivi: Informazione (cioè la censura, N.d.T.), Istruzione (cioè la repressione nelle scuole e nelle Università, N.d.T.) e Interni, centro nevralgico del potere, dalle onnipresenti diramazioni. Di questi assi dispone Fraga, di cui il titolare degli Esteri, Areilza, ha detto qualche tempo fa "con lui, ovunque". I ministeri repressivi adottano oggi un comportamento "moderato", ma noi continuiamo ad essere perseguitati, vigilati, controllati... come, del resto, saremmo probabilmente con qualunque regime. È vero che ci colpiscono meno di ieri, e questo certamente corrisponde ad una nuova strategia che è indispensabile alla sopravvivenza del sistema.... Però, per quanto ci riguarda, è anche vero - e deve significare qualcosa - che nei giorni scorsi è stato proibito e sequestrato un libro intitolato "Frammenti di un discorso libertario" della Editorial Anagrama di Barcellona, ed il secondo volume de "Gli anarchici", della Alianza Editorial di Madrid. Se c'è, come si dice, la "liberalizzazione" perché proibire libri sull'anarchismo e portare i loro editori di fronte al Tribunal de Orden Publico? La pre-condizione di una liberalizzazione dovrebbe essere proprio la liquidazione del T.O.P.

Questi limiti valgono anche per gli altri settori dell'opposizione?

Certamente a tutti può succedere qualcosa di simile, ma per gli altri si tratta di "incidenti" che bene o male riescono ad "accomodare", per noi no. Inoltre, l'ambiente nel quale si muove quotidianamente la nostra militanza, presenta altri ostacoli che non dovete sottovalutare. Mentre la protezione straniera assicura una certa copertura ad altri settori, a noi vengono attribuite "parentele" con un certo "attivismo" d'altri paesi solo per complicarci la vita. Nessuno ha colpa di questo diverso trattamento, ma è così. Ci spiace fare esempi, ma non vediamo perché non dovremmo parlarne quando la stampa del regime li riferisce quotidianamente e gli stessi partiti interessati se ne vantano. Tanto per i socialisti che per i comunisti e soprattutto per le Comisiones Obreras si manifesta, forse loro malgrado, una chiara compiacenza nelle sfere governative. La pubblicità consentita a certi viaggi, conferenze stampa, concessioni di passaporti, ecc., non ha altra spiegazione se non che giova ad entrambi. Prendiamo ad esempio l'esibizione di Marcelino Camacho, il quale a Barcellona ha dichiarato di fronte a migliaia di persone che "stiamo raggiungendo la libertà". Immagino che questa dichiarazione non abbia fatto molto piacere ai compagni che sono rimasti nelle galere e neppure a quelli recentemente arrestati a Bilbao, S. Sebastiano, Valenza ed in altre città. Evidentemente, per Camacho, libertà significa poter godere lui della libertà.

Hombre, dopo essere stato tanto tempo in galera, è normale che festeggi la libertà!

D'accordo, però non è un buon motivo perché sulla libertà mistifichi allegramente. Come ogni prigioniero politico o sociale Camacho merita rispetto, ma non per questo solo fatto si deve onorare in lui - come vorrebbero i suoi fautori - una leadership sindacale prefabbricata. Camacho è in primo piano perché al sistema conviene pubblicizzare lui anziché Carrillo. Questi giochi non ci interessano, ma non possiamo assolutamente accettare che Camacho venga lanciato come la futura star del movimento sindacale, quale lo presenta la grande stampa spagnola - ignorante in materia - e quale egli stesso dà mostra di credersi, quando parla dei "miei sindacati" sulla rivista "Guadiana". Il suo viaggio a Barcellona, con l'accompagnamento di Sanchez Montero y Sartorius, per presentare il libro di quest'ultimo sul movimento operaio - un bel capolavoro! - protrattosi con la visita di Xirinaes e ricevimenti e dichiarazioni a bizzeffe, è stato molto spettacolare, forse troppo spettacolare perché possa continuare a dissimulare la sua filiazione politica con il pretesto di non avere "coscienza di partito", ma "coscienza di classe". Un giorno saremo in grado di parlar di questo con Camacho....

Ma, in fin dei conti, non è naturale che tutti i politici, di qualunque tendenza, facciano tutto il possibile per farsi conoscere?

Certamente, le mie parole non sono un rimprovero per nessuno. Solo ho voluto chiarire come le possibilità degli altri e le nostre siano ben diverse - e questa è la verità pura e semplice -. Per questo motivo sembra che abbiano una presenza preponderante, mentre in più di un caso ci vengono dietro. Quando le nostre posizioni si rafforzeranno, anche senza maggiori aiuti dall'estero (perché sappiamo di non poterci aspettare molto di più dai compagni, poveri come noi o ancora più poveri), forse ci sarà resa giustizia. Per ora, la realtà è che sono loro, i politici, a godere d'una compiacente libertà di movimento. Raul Morode, del P.S.P. (Partito Socialista Popolare) corre di qua e di là, più o meno come Felipe Gonzales del P.S.O.E. (Partito Socialista Operaio Spagnolo); un altro leader del P.S.P., Tierno Galván, si fa invitare da Fraga; Solé Barbera, del P.S.U.C. (Partito Socialista Unificato di Catalogna) gironzola come e dove gli pare e piace. Tutto questo si può spiegare nella prospettiva a lungo termine di una legalizzazione dei partiti politici, in una democrazia di tipo più o meno europeo, con alcune strutture vecchie ed alcune nuove, che, senza pericolo per la stabilità del sistema, consenta ai cittadini di divertirsi ogni cinque anni a mettere una scheda nell'urna.

La rinascita della autonomia operaia
Parla un anarcosindacalista di Saragozza

Frente Libertario: Come vedi la situazione attuale del movimento operaio?

A. B.: Il movimento operaio è oggi un'incognita per tutti ed in particolare per quelli che pensano solo a manipolarlo. Borghesi e politici, avvocati e giornalisti, chiunque si pretende suo interprete e parla di quello che vuole e di quello che non vuole la classe lavoratrice. Conoscere la realtà è difficile anche per chi del movimento operaio fa parte.... Si può tuttavia avere un'idea della sua impostazione, delle correnti che lo influenzano....

Certo, ma solo in modo approssimativo, in primo luogo perché le impostazioni variano anche all'interno di ogni settore organizzato ed in secondo luogo perché le correnti che oggi sembrano forti domani possono aver perso ogni influenza. Bisogna soprattutto tener presente che un buon 80% dei lavoratori che hanno partecipato agli scioperi più recenti non sono sindacalizzati.

Che cos'è allora che fa scatenare gli scioperi?

Gli scioperi spagnoli, salvo eccezioni, sono di tipo selvaggio. Nascono da una qualche protesta ed assumono forme dure perché gli operai mancano di canali di espressione. In questi casi la rivendicazione costituisce un'affermazione di autonomia operaia. Evidentemente, una volta iniziato il conflitto, i "partiti" cercano di intromettervisi, ma in genere il loro ruolo è minimo. Il livello di agitazione militante è basso e la proporzione di "politici" è del 5 o al massimo 10%. Insomma, quel che fanno gli attivisti politici è di solito seguire il movimento.

Dal rumore che fanno solitamente certe "avanguardie" credevamo che ci fosse una maggiore politicizzazione nei luoghi di lavoro....

Se diamo a politicizzazione non solo un significato partitico ma un significato più ampio di sensibilizzazione sociale allora si può dire che il movimento operaio va progressivamente politicizzandosi ed esprimendo due obiettivi essenziali: rompere la camicia di forza dei sindacati corporativi e respingere ogni forma di organizzazione politica che pretende di dirigerlo.

Qual è, in conclusione, il risultato?

La impraticabilità dei canali legali era piuttosto evidente, tuttavia le manovre elettoralistiche (per le elezioni della C.N.S., il sindacato corporativo di stato, N.d.T.) avevano fatto credere a molti che, eleggendo i "migliori", le cose sarebbero cambiate.... Non è stato così, naturalmente, e negli ultimi scioperi metallurgici a Madrid ed in quello della Intelsa, i "trionfanti" delegati delle candidature "democratiche e unitarie" (Comisiones Obreras, Union Sindacal Obrera e compagni di strada N.d.T.) sono stati scavalcati dai lavoratori che hanno eletto al loro posto dei delegati di fabbrica che hanno funzionato in modo esemplare. Alla Intelsa la lotta si è conclusa con la fine della serrata e con miglioramenti normativi per la maternità. Un altro bell'esempio è stato lo sciopero dell'edilizia a Madrid, svoltosi completamente al di fuori di quelli legali. Al contrario sono falliti gli scioperi "ordinati" negli istituti bancari della capitale, mentre in quelli di Barcellona (dove il boicottaggio alle elezioni sindacali aveva toccato l'80%) la lotta è andata meglio. Per quanto riguarda le sedicenti "avanguardie", il loro ruolo "dirigente" viene generalmente mortificato e sostituito dalla militanza sindacalista rivoluzionaria.

Falangisti e comunisti contro l'anarcosindacalismo
A colloquio con un militante di Valenza

Frente Libertario: per qualcuno è stata una grande delusione il rinvio della legalizzazione dei partiti, ma per noi è molto più grave la manovra che si sta tramando sulla questione sindacale. Come vedete voi la faccenda?

C. R.: Ci troviamo di fronte a due impostazioni "sindacali": una corrisponde al punto di vista di chi detiene oggi il potere, l'altra a quello di chi vuole agganciarsi al potere per ricavarne determinati privilegi. Per quanto riguarda la prima impostazione, mi sembra evidente che Fraga Iribarne favorirà una pluralità sindacale, ma nel quadro attuale dell'unità stabilita dalle Leyes Fundamentales (la costituzione falangista, N.d.T.). Il gioco di Fraga e dei suoi implicherebbe la separazione di padroni e lavoratori (ora riuniti nell'organizzazione corporativa. N.d.T.). I primi potrebbero organizzarsi sin d'ora per la loro lotta di classe, mentre i lavoratori dovrebbero rimanere nella camicia di forza "unitaria", controllati (negli auspici, per lo meno) dai funzionari che nelle ultime elezioni sindacali si sono assicurati i 1migliori posti direttivi.

E che dicono gli entusiasti partecipazionisti "democratici e unitari"?

Bene, costoro sono quelli che prima indicavo come aspiranti all'aggancio con il potere. Può darsi che questo aggancio gli venga concesso e che Marcelino Camacho sia uno dei primi "promossi". Poi verrebbe preparata quella nuova legge sindacale o meglio "sulle associazioni sindacali" di cui parlò a suo tempo Arias Navarro e che rimase poi nel calamaio. Con questo nuovo strumento dapprima verrebbero alimentate le discordie in seno ai diversi nuclei "sindacali" tra partecipanti ed avversari e poi verrebbero portati i germi della rivalità nel mastodonte "unitario", in modo che nessun settore politico - e questo riguarda soprattutto i comunisti - possa monopolizzare il potenziale "sindacale".

Non è mal pensata, ma come la metteremmo con la libertà sindacale sancita dal Trattato di Roma (del M.E.C., poi C.E.E. N.d.T.)?

La questione europea e le questioni nazionali sono cose diverse. Non metto in dubbio che un certo numero di politici si battano come noi per la libertà sindacale e per lo smantellamento dell'apparato sindacale verticale, però, se con la neutralizzazione delle tendenze gli si garantisce una certa tranquillità per il godimento del potere, non è improbabile che finiscano con accettare la manovra di Fraga. Questa manovra forse troverà maggiore opposizione tra i burocrati sindacali attuali, la cui forza risiede nel controllo dei lavoratori. Questi signori sono migliaia e migliaia, molti dei quali godono anche di cariche politiche locali, regionali e nazionali, e non si rassegneranno facilmente a lasciare le loro sinecure.... Tuttavia già alcuni di loro, convinti che la riforma è inevitabile, vanno aggregandosi al progetto, condizionandolo al mantenimento della "unità" e dei loro privilegi.

Nonostante questi giochi, questi interessi, non pensi che la "unità" o "unicità" potrebbe fallire?

Penso di si, ma dobbiamo allora cambiare discorso e lasciar perdere le impostazioni "sindacali" dei politici. Che invochino l'unità od il pluralismo, costoro sono tutti borghesi. La nostra impostazione, al contrario, consiste nella costruzione di una autentica centrale di classe, un sindacato rivoluzionario che aspiri all'emancipazione del lavoro, un sindacato di lotta contro il capitalismo e lo stato, un sindacato ideato, elaborato, costruito alla base, emanazione della base, controllato ed ideato dalla base, con una coordinazione federale a livello nazionale. La nostra strategia consiste, insomma, nel rinforzare e consolidare la C.N.T. come organizzazione sindacalista rivoluzionaria dei lavoratori.

Parli come i fondatori della C.N.T. o come i sopravvissuti alla repressione di Anido (governatore di Barcellona nei primi anni '20, N.d.T.) o come quelli che ricostruirono la C.N.T. dopo la dittatura di Primo de Rivera (1923-1930, N.d.T.). Ma hai elementi per tanto ottimismo?

Certo! I nostri avversari ci hanno sotterrato molte volte, ma l'anarco-sindacalismo è sempre stato presente nelle lotte. Sarebbe assurdo pretendere di avere oggi tanta forza quanto in passato. Certo che no. Non abbiamo due milioni di anarco-sindacalisti, né è prevedibile che ce ne possano essere in un prossimo futuro. Ma siamo qualcosa. In tutto il paese sono rimasti dei compagni e sono sorti nuovi gruppi che partecipano alle lotte. Se si esaminassero le informazioni autentiche sulle lotte e non quelle che fanno circolare in tutto il mondo dirigenti che non dirigono nulla, si vedrebbe che l'anarcosindacalismo rappresenta una forza reale. A partire dal 1969 i nuclei militanti sono andati consolidandosi fino al punto che oggi possiamo definirci come una C.N.T. in via di ricostituzione in tutto il paese. Questa ricostituenda C.N.T. è in contatto con diversi gruppi che si definiscono sindacalisti rivoluzionari, di varia derivazione (cristiani, ecc.). Certamente ci sono ancora elementi dispersi, ma ogni giorno di meno. La forza della C.N.T., come più in generale quella della classe operaia, è la grande incognita. Ma sin d'ora possiamo tranquillamente affermare che la sua riapparizione sorprenderà molti.

Speriamolo!

La ricostruzione della C.N.T.
Intervista con un compagno madrileno

Frente Libertario: In incontri con altri compagni ci è stato detto che c'è una presenza confederale nelle lotte. I nostri lettori certo gradirebbero qualche dettaglio esemplare. Giusto?

E. A.: Giustissimo. Un esempio chiaro, senza risvolti discutibili è dato dall'ultimo sciopero degli edili di Madrid (dicembre scorso), deciso e gestito da nostri compagni, nonostante i maneggi partitici.... Non diciamo che è stato "colossale", come magari direbbero certi capetti politici, ma è stato certo pienamente soddisfacente. Bisogna tener presente che la maggior parte dei conflitti operai che avvengono da questa parte dei Pirenei finiscono con una sconfitta e lasciano strascichi pesanti perché manca ancora la capacità di resistenza indispensabile per sostenere lotte di vasta portata. Questa volta non ci sono stati né licenziamenti né sanzioni disciplinari e perciò il nostro ricostruito sindacato ne è uscito abbastanza bene.

Hai parlato di maneggi politici. Che cosa intendevi esattamente?

Hombre, di maneggi ce ne sono stati diversi. In primo luogo quello che oggi si chiama Partido del Trabajo Espanol (ex Bandera Roja, un gruppo considerato affine all'italiana Avanguardia Operaia), aderente alla Junta di Carrillo, da quando ha saputo che i nostri compagni stavano preparando lo sciopero, ha voluto batterli sul tempo ed ha proclamato lo sciopero, una settimana prima, certo per dimostrare di essere una autentica "avanguardia"! Il trucco ha avuto come risultato una limitatissima sospensione del lavoro e ventitré licenziati. Gli attivisti non avevano previsto neppur una raccolta di fondi e furono i nostri compagni, poi, a doversi occupare anche di questo.

Le Comisiones Obreras sono intervenute nello sciopero?

Lo sciopero dell'edilizia era stato progettato dai compagni già da qualche tempo,. Senza una data fissata perché, come puoi immaginare, la situazione nei due mesi precedenti non era la più adatta. Erano stati presi contatti, perché lo sciopero fosse unitario. Ma se il P.T.E. aveva fretta d'arrivare primo, al contrario le C.O. tutto quello che fecero fu di lasciarsi rimorchiare. Di fatto, il 10, l'11 ed il 12 dicembre, lo sciopero fu gestito completamente dai compagni. Furono i compagni a mobilitare i lavoratori, correndo da un cantiere all'altro. Poi, spontaneamente vennero costituiti picchetti e tutto funzionò correttamente ed i lavoratori dimostrarono pienamente di sapersela sbrigare da sé.

Però... mi riesce pur difficile crederlo.

Devi essere ancora intossicato dalla lettura di "Le Monde"! Scherzi a parte, quella che ti ho riferito è una versione corretta dei fatti. Certo, sono girate molte versioni addomesticate. Non so a Parigi, ma qui abbiamo riso molto sulla guerriglia dei comunicati e controcomunicati con cui i partiti cercavano di attribuirsi il merito dello sciopero. Il più ridicolo è stato uno dell'M.C.E. (Movimento Comunista Espanol, un gruppo marxista-leninista, N.d.T.) in cui si diceva che avevano partecipato allo sciopero 100.000 lavoratori. Pretesa assurda, concepibile solo in gente che non conosce assolutamente il settore edile ed i suoi problemi. Bastava la metà. Si pensi che oggi molti dei 150.000 lavoratori del settore sono disoccupati. Si pensi alle difficoltà di mobilitazione....

Bene: nel settore edile di Madrid la ricostruzione della C.N.T. ha buone basi. E altrove?

In ogni settore produttivo, anzi, in ogni lotta ci sono nuclei di sindacalisti rivoluzionari. Questo è quello che si può dire, per ora, sulla presenza reale dell'anarcosindacalismo e del sindacalismo rivoluzionario. Non è certamente clamorosa come quella di altri settori sindacal-politici, nel senso che non le si fa tanta pubblicità. La sua clandestinità è doppia: una ce l'impone il potere e l'altra tutti gli avversari, manipolatori della pubblicità di qualunque colore che concordano nel nascondere la nostra esistenza. Pensa ad esempio a "Cambio-16", una delle riviste qui considerate progressiste (è considerata una specie di portavoce ufficioso socialista, N.d.T.). Bene, "Cambio-16" ha avuto il coraggio di parlare dei prigionieri politici... senza nominare nemmeno uno dei nostri compagni.

Non ci era sfuggita questa porcata di "Cambio-16", una rivista che spesso informa bene, però in modo così selettivo da rivelare un'autentica maestria nell'arte della deformazione. Lasciamoli perdere. Parliamo piuttosto di un'altra cosa: che posto occupa la ricostruzione della C.N.T. in una impostazione complessiva libertaria-rivoluzionaria?

La ricostruzione della C.N.T., cioè di una centrale sindacale rivoluzionaria che consente al lavoratore di partecipare e formarsi nella gestione dei problemi, non solo immediati beninteso, è compito che riteniamo prioritario ma non esclusivo. Oggi le contraddizioni del sistema sono sempre più evidenti ed i compiti sono molteplici. All'interno del mondo borghese cerchiamo di creare una specie di "controsocietà" che mini la società morente e consenta di sostituirla nella fase rivoluzionaria, pezzo per pezzo, distruggendo ed abolendo beninteso il Potere ed ogni forma di oppressione, affinché gli ingranaggi della produzione e della distribuzione dei beni continuino a funzionare.

Un obiettivo ambizioso ma di impostazione ineludibile. Hai finito?

Vorrei aggiungere qualcosa, se me lo consenti. Nel nostro impegno globale una C.N.T. ricostruita rappresenta un elemento prioritario, la base per la trasformazione economica e per l'inserimento del culturale nell'economico. Allo stesso tempo stiamo estendendo la nostra azione e cercando di contribuire alla presa di coscienza generale delle diverse forme di oppressione, come ad esempio la sottomissione della donna ad una società maschilista; l'annullamento di ogni impulso vitale nei giovani soggetti ad un sistema di valori a loro estraneo; la questione delle etnie, nazioni e regioni, una questione che può essere risolta solo nella nostra concezione pluralista; il dissesto ecologico che va assumendo aspetti preoccupanti, il fenomeno della militarizzazione della società e dunque dell'antimilitarismo....

Dove trovate la forza per occuparmi di tante cose?

Nella nostra convinzione il momento che stiamo attraversando in Spagna può, deve essere una nuova pietra miliare nel cammino verso l'emancipazione e richiede perciò una attività multiforme ed un senso globale della contro-società. Aspiriamo, come libertari, ad una nuova società, non ad un nuovo potere. Dobbiamo perciò forgiare tutti gli strumenti di questa nuova società già all'interno di quelle in cui viviamo. Questa è la contro-società che dovrà minare, scalzare, distruggere le fondamenta della società vecchia per far nascere quella nuova, la società libertaria. Così intendiamo oggi la strategia del movimento libertario, un movimento ampio, con base anarcosindacalista, in cui la molteplicità dei settori di intervento non contraddice l'organizzazione di classe ma completa la capacità di lotta e di comprensione dei problemi della trasformazione sociale.