Rivista Anarchica Online
España Libertaria!
a cura della Redazione
Uno dei dati più interessanti (nella nostra prospettiva il più rilevante) dell'attuale panorama sindacale
spagnolo è il processo di ricostruzione della C.N.T. (Confederación Nacional del Trabajo, sindacalista
libertaria) acceleratosi negli ultimi mesi. L'anarco-sindacalismo ha per ora i suoi punti di forza tra i
lavoratori edili di Madrid e tra i lavoratori bancari di Barcellona, ma è presente, seppure in misura non
determinante, in tutta la Spagna ed in tutti i rami produttivi e, ciò che più conta, in moltissime realtà di
lotta. Esso va diventando un punto di riferimento per i settori più avanzati e consapevoli del movimento
operaio, nei confronti del quale la C.N.T. comincia ad esercitare un'attrazione non più solo dovuta alla
sua storia (che è strettamente intrecciata con la storia del proletariato iberico e della sua volontà
emancipatrice) ma, appunto, alla sua crescente presenza militante. Non è improbabile una futura
convergenza, nella C.N.T. ricostruita, di nuclei della sinistra sindacale autogestionaria, attualmente
organizzata nella U.S.O. (Union Sindacal Obrera, un sindacato "giovane" su posizioni simili a quelle
della F.L.M. italiana) ed anche nella U.G.T. (Union General de Trabajadores, sindacato socialista
"storico").
Di questo fenomeno non si trova traccia, certo, nella grande stampa d'informazione internazionale
"indipendente", tutta impegnata nella campagna filo-comunista e filo-moderata. Nel panorama spagnolo
offerto a decine di milioni di lettori, hanno spazio solo la Junta Democratica e la Plataforma de
Convergencia Democratica ed i loro balletti con il post-franchismo annacquato (per loro) della
monarchia juan-carlista. In campo sindacale, i giornalisti "democratici" (ed i loro fiduciosi lettori)
conoscono solo le ormai consunte Comisiones Obreras.
La controfigura sindacale del segretario comunista Santiago Carrillo , Marcelino Camacho, è stato
lanciato come star, con una campagna giornalistica addirittura sfacciata. Ricordiamo, ad esempio, le
quotidiane sviolinate del corrispondente da Madrid del Corriere della Sera, Paolo Bugialli, già noto per
i suoi articoli reazionari sulla strage di Stato. Per quindici giorni a fila, il Camacho è stato protagonista
privilegiato nelle cronache del dopo-Franco. Si parla d'indulto, allora forse ne beneficerà il "Di Vittorio
spagnolo", l'indulto avrà dei limiti? Allora forse non ne beneficerà il "Di Vittorio spagnolo". Esce qualche
prigioniero politico? È il "Di Vittorio spagnolo" (questo è vero, solo lui e pochi altri". C'è una
dimostrazione davanti a Carabanchel? Si tratta del carcere in cui era detenuto il "Di Vittorio spagnolo".
E così via. Lo stesso, più o meno, sugli altri giornali indipendenti in Italia e all'estero e perfino (ma c'è
molto da stupirsi?) in Spagna.
Il grande sforzo propagandistico del P.C.E. (finanziato non certo dalle poche migliaia di suoi militanti
dell'Interior), che solo a Parigi stipendia 10 addetti alle pubbliche relazioni sotto l'etichetta della Junta
Democratica, che ha trovato pronta e benevola accoglienza non solo nei suoi simpatizzanti (tanti in tanti
organi di stampa) ma anche in tutti coloro che hanno interesse a che il mutamento in Spagna avvenga
nel modo più "ordinato" possibile, senza che si apra alcuno spazio di agibilità all'opposizione radicale
e rivoluzionaria. Tutti coloro cioè che appoggiano quel supercompromesso spagnolo che va dalla destra
"civilizada" all'ex-stalinista-ora-democraticissimo Carrillo. Per i vari Bugialli, dunque, non esiste, non
può e non deve esistere qualcosa come l'anarco-sindacalismo. Ciò nonostante esso non solo esiste, ma
verosimilmente esisterà sempre di più.
Pubblichiamo nelle pagine seguenti quattro interviste fatte da un redattore di Frente Libertario (mensile
edito a Parigi da anarco-sindacalisti in esilio) con quattro militanti anarchici dell'Interior rispettivamente
di Barcellona, Valenza, Saragozza e Madrid, tra la fine di dicembre e l'inizio di gennaio. Queste
interviste, pur nella varietà dei temi trattati, che vanno dalla situazione politica attuale alle prospettive
del movimento libertario, dalla repressione diversificata alle caratteristiche del "nuovo" movimento
operaio, vertono principalmente su quel processo di ricostruzione della C.N.T. che gli intervistati (e con
essi gran parte dei libertari spagnoli) vedono come nodo centrale della presente strategia anarchica in
Spagna.
Il cambiamento nella continuità
Intervista con un militante catalano
Frente Libertario: si parla tanto oggi, da ogni parte, non più d'apertura ma addirittura di cambio
politico. Che senso ha per voi militanti questa novità?
S. M.: Bisognerebbe in primo luogo precisare che cosa per noi significa cambio autentico e non solo
apparente. Un cambio nell'ambito militante, lo si apprezza nella vita di tutti i giorni. Ora, anche se Fraga
Iribarne continua a parlarne ed il capitalismo spagnolo sembra farsene padrino, non si vede da nessuna
parte alcun cambio nelle strutture statali. Sinora l'amministrazione è stata franchista e continua ad
esserlo.
Voi dire che lo spettro di Franco incombe sulla monarchia juan-carlista?
S'è aperto un nuovo periodo per il regime nato dalla guerra civile ed il suo capo attuale, con il titolo di
re, ha in realtà meno poteri di quelli che aveva il Caudillo. Scomparsa la figura di Franco, che era
carismatica per una parte dell'opinione pubblica, a Juan Carlos era necessario crearsi una certa
popolarità. Per questo, sin dal giorno dell'incoronazione, tutto l'apparato di stampa e propaganda si è
messo al suo servizio. A forza di insistere si va dando l'impressione d'un consenso di un certo tipo, non
obbligatorio ma qualcosa di più volontario che passivo. Nello stesso senso vanno interpretate le misure
prese dal governo. Queste, senza mettere in discussione il regime di sfruttamento, debbono far sì che una
parte di opinione pubblica vi si identifichi. Così, perlomeno, si alimentano le speranze di un "cambio"
legato alla monarchia.
Che portata hanno le misure prese dopo la morte del Caudillo?
Praticamente vanno considerate due misure: l'indulto e la nomina del nuovo governo. Per quanto
riguarda l'indulto, tutti concordano nel considerarlo ristretto ed è naturale, perché i prigionieri politici
che ne hanno beneficiato, a parte Comisiones Obreras e Partito Comunista, sono pochissimi. Anarchici,
maoisti, trotzkisti e militanti dell'E.T.A. sono rimasti dietro le sbarre e non è probabile che vengano
liberati ancora per un bel pezzo. Chiaramente non si poteva contare su una amnistia generale immediata,
perché ad essa si opponevano ampi settori del regime, ancora eccitati per l'isterica campagna sui
poliziotti "assassinati". Inoltre, la stessa logica del sistema si opponeva a che venisse concesso il
"perdono" proprio a quei "terroristi" per i quali era stata appena adottata la "legge speciale".
Ciononostante bisognava concedere un indulto restrittivo ed è ciò che s'è fatto.
Come interpreti il nuovo governo?
Nella formazione del nuovo governo, come nella sostituzione del presidente delle Cortes sono stati
operati compromessi equilibristici per non disgustare gli "ultras" e per non avvantaggiare troppo gli
pseudo-liberali. Ciononostante ci sono state anche concessioni evidenti. Ad esempio, il fortunato
professor Torcuato Fernandez Miranda, incaricato della presidenza delle Cortes, ha subito dichiarato
di "essere disposto a rinunciare al suo passato". Il che non stupisce, perché questa gente non ha altri
interessi, rispetto al passato, che la conservazione dei privilegi e del potere. Arias Navarro, a sua volta,
ha giocato bene la carta del governo, circondandosi di qualche personaggio che dà l'impressione di un
"cambio senza avventure". È quello che, a quanto pare, tanta gente vuole, vale a dire che il lavoratore
deve disporre di certi "mezzi", di una certa "iniziativa" e sentirsi indirizzato ad ottenere una certa
"considerazione sociale"! A questo si riducono i giochi di parole del tipo "cambio senza avventure",
"cambio senza trauma" o, alla moda francese, "cambio nella continuità".
D'accordo, ma qual è il peso delle diverse tendenze nella compagine ministeriale?
Fra le diverse tendenze presenti nel governo, è prevalente quella che fa capo a Fraga e che detiene i
ministeri repressivi: Informazione (cioè la censura, N.d.T.), Istruzione (cioè la repressione nelle scuole
e nelle Università, N.d.T.) e Interni, centro nevralgico del potere, dalle onnipresenti diramazioni. Di
questi assi dispone Fraga, di cui il titolare degli Esteri, Areilza, ha detto qualche tempo fa "con lui,
ovunque". I ministeri repressivi adottano oggi un comportamento "moderato", ma noi continuiamo ad
essere perseguitati, vigilati, controllati... come, del resto, saremmo probabilmente con qualunque regime.
È vero che ci colpiscono meno di ieri, e questo certamente corrisponde ad una nuova strategia che è
indispensabile alla sopravvivenza del sistema.... Però, per quanto ci riguarda, è anche vero - e deve
significare qualcosa - che nei giorni scorsi è stato proibito e sequestrato un libro intitolato "Frammenti
di un discorso libertario" della Editorial Anagrama di Barcellona, ed il secondo volume de "Gli
anarchici", della Alianza Editorial di Madrid. Se c'è, come si dice, la "liberalizzazione" perché proibire
libri sull'anarchismo e portare i loro editori di fronte al Tribunal de Orden Publico? La pre-condizione
di una liberalizzazione dovrebbe essere proprio la liquidazione del T.O.P.
Questi limiti valgono anche per gli altri settori dell'opposizione?
Certamente a tutti può succedere qualcosa di simile, ma per gli altri si tratta di "incidenti" che bene o
male riescono ad "accomodare", per noi no. Inoltre, l'ambiente nel quale si muove quotidianamente la
nostra militanza, presenta altri ostacoli che non dovete sottovalutare. Mentre la protezione straniera
assicura una certa copertura ad altri settori, a noi vengono attribuite "parentele" con un certo "attivismo"
d'altri paesi solo per complicarci la vita. Nessuno ha colpa di questo diverso trattamento, ma è così. Ci
spiace fare esempi, ma non vediamo perché non dovremmo parlarne quando la stampa del regime li
riferisce quotidianamente e gli stessi partiti interessati se ne vantano. Tanto per i socialisti che per i
comunisti e soprattutto per le Comisiones Obreras si manifesta, forse loro malgrado, una chiara
compiacenza nelle sfere governative. La pubblicità consentita a certi viaggi, conferenze stampa,
concessioni di passaporti, ecc., non ha altra spiegazione se non che giova ad entrambi. Prendiamo ad
esempio l'esibizione di Marcelino Camacho, il quale a Barcellona ha dichiarato di fronte a migliaia di
persone che "stiamo raggiungendo la libertà". Immagino che questa dichiarazione non abbia fatto molto
piacere ai compagni che sono rimasti nelle galere e neppure a quelli recentemente arrestati a Bilbao, S.
Sebastiano, Valenza ed in altre città. Evidentemente, per Camacho, libertà significa poter godere lui della
libertà.
Hombre, dopo essere stato tanto tempo in galera, è normale che festeggi la libertà!
D'accordo, però non è un buon motivo perché sulla libertà mistifichi allegramente. Come ogni
prigioniero politico o sociale Camacho merita rispetto, ma non per questo solo fatto si deve onorare in
lui - come vorrebbero i suoi fautori - una leadership sindacale prefabbricata. Camacho è in primo piano
perché al sistema conviene pubblicizzare lui anziché Carrillo. Questi giochi non ci interessano, ma non
possiamo assolutamente accettare che Camacho venga lanciato come la futura star del movimento
sindacale, quale lo presenta la grande stampa spagnola - ignorante in materia - e quale egli stesso dà
mostra di credersi, quando parla dei "miei sindacati" sulla rivista "Guadiana". Il suo viaggio a
Barcellona, con l'accompagnamento di Sanchez Montero y Sartorius, per presentare il libro di
quest'ultimo sul movimento operaio - un bel capolavoro! - protrattosi con la visita di Xirinaes e
ricevimenti e dichiarazioni a bizzeffe, è stato molto spettacolare, forse troppo spettacolare perché possa
continuare a dissimulare la sua filiazione politica con il pretesto di non avere "coscienza di partito", ma
"coscienza di classe". Un giorno saremo in grado di parlar di questo con Camacho....
Ma, in fin dei conti, non è naturale che tutti i politici, di qualunque tendenza, facciano tutto il
possibile per farsi conoscere?
Certamente, le mie parole non sono un rimprovero per nessuno. Solo ho voluto chiarire come le
possibilità degli altri e le nostre siano ben diverse - e questa è la verità pura e semplice -. Per questo
motivo sembra che abbiano una presenza preponderante, mentre in più di un caso ci vengono dietro.
Quando le nostre posizioni si rafforzeranno, anche senza maggiori aiuti dall'estero (perché sappiamo di
non poterci aspettare molto di più dai compagni, poveri come noi o ancora più poveri), forse ci sarà resa
giustizia. Per ora, la realtà è che sono loro, i politici, a godere d'una compiacente libertà di movimento.
Raul Morode, del P.S.P. (Partito Socialista Popolare) corre di qua e di là, più o meno come Felipe
Gonzales del P.S.O.E. (Partito Socialista Operaio Spagnolo); un altro leader del P.S.P., Tierno Galván,
si fa invitare da Fraga; Solé Barbera, del P.S.U.C. (Partito Socialista Unificato di Catalogna) gironzola
come e dove gli pare e piace. Tutto questo si può spiegare nella prospettiva a lungo termine di una
legalizzazione dei partiti politici, in una democrazia di tipo più o meno europeo, con alcune strutture
vecchie ed alcune nuove, che, senza pericolo per la stabilità del sistema, consenta ai cittadini di divertirsi
ogni cinque anni a mettere una scheda nell'urna.
La rinascita della autonomia operaia
Parla un anarcosindacalista di Saragozza
Frente Libertario: Come vedi la situazione attuale del movimento operaio?
A. B.: Il movimento operaio è oggi un'incognita per tutti ed in particolare per quelli che pensano solo
a manipolarlo. Borghesi e politici, avvocati e giornalisti, chiunque si pretende suo interprete e parla di
quello che vuole e di quello che non vuole la classe lavoratrice. Conoscere la realtà è difficile anche per
chi del movimento operaio fa parte.... Si può tuttavia avere un'idea della sua impostazione, delle correnti
che lo influenzano....
Certo, ma solo in modo approssimativo, in primo luogo perché le impostazioni variano anche all'interno
di ogni settore organizzato ed in secondo luogo perché le correnti che oggi sembrano forti domani
possono aver perso ogni influenza. Bisogna soprattutto tener presente che un buon 80% dei lavoratori
che hanno partecipato agli scioperi più recenti non sono sindacalizzati.
Che cos'è allora che fa scatenare gli scioperi?
Gli scioperi spagnoli, salvo eccezioni, sono di tipo selvaggio. Nascono da una qualche protesta ed
assumono forme dure perché gli operai mancano di canali di espressione. In questi casi la rivendicazione
costituisce un'affermazione di autonomia operaia. Evidentemente, una volta iniziato il conflitto, i "partiti"
cercano di intromettervisi, ma in genere il loro ruolo è minimo. Il livello di agitazione militante è basso
e la proporzione di "politici" è del 5 o al massimo 10%. Insomma, quel che fanno gli attivisti politici è
di solito seguire il movimento.
Dal rumore che fanno solitamente certe "avanguardie" credevamo che ci fosse una maggiore
politicizzazione nei luoghi di lavoro....
Se diamo a politicizzazione non solo un significato partitico ma un significato più ampio di
sensibilizzazione sociale allora si può dire che il movimento operaio va progressivamente politicizzandosi
ed esprimendo due obiettivi essenziali: rompere la camicia di forza dei sindacati corporativi e respingere
ogni forma di organizzazione politica che pretende di dirigerlo.
Qual è, in conclusione, il risultato?
La impraticabilità dei canali legali era piuttosto evidente, tuttavia le manovre elettoralistiche (per le
elezioni della C.N.S., il sindacato corporativo di stato, N.d.T.) avevano fatto credere a molti che,
eleggendo i "migliori", le cose sarebbero cambiate.... Non è stato così, naturalmente, e negli ultimi
scioperi metallurgici a Madrid ed in quello della Intelsa, i "trionfanti" delegati delle candidature
"democratiche e unitarie" (Comisiones Obreras, Union Sindacal Obrera e compagni di strada N.d.T.)
sono stati scavalcati dai lavoratori che hanno eletto al loro posto dei delegati di fabbrica che hanno
funzionato in modo esemplare. Alla Intelsa la lotta si è conclusa con la fine della serrata e con
miglioramenti normativi per la maternità. Un altro bell'esempio è stato lo sciopero dell'edilizia a Madrid,
svoltosi completamente al di fuori di quelli legali. Al contrario sono falliti gli scioperi "ordinati" negli
istituti bancari della capitale, mentre in quelli di Barcellona (dove il boicottaggio alle elezioni sindacali
aveva toccato l'80%) la lotta è andata meglio. Per quanto riguarda le sedicenti "avanguardie", il loro
ruolo "dirigente" viene generalmente mortificato e sostituito dalla militanza sindacalista rivoluzionaria.
Falangisti e comunisti contro l'anarcosindacalismo
A colloquio con un militante di Valenza
Frente Libertario: per qualcuno è stata una grande delusione il rinvio della legalizzazione dei
partiti, ma per noi è molto più grave la manovra che si sta tramando sulla questione sindacale.
Come vedete voi la faccenda?
C. R.: Ci troviamo di fronte a due impostazioni "sindacali": una corrisponde al punto di vista di chi
detiene oggi il potere, l'altra a quello di chi vuole agganciarsi al potere per ricavarne determinati privilegi.
Per quanto riguarda la prima impostazione, mi sembra evidente che Fraga Iribarne favorirà una pluralità
sindacale, ma nel quadro attuale dell'unità stabilita dalle Leyes Fundamentales (la costituzione falangista,
N.d.T.). Il gioco di Fraga e dei suoi implicherebbe la separazione di padroni e lavoratori (ora riuniti
nell'organizzazione corporativa. N.d.T.). I primi potrebbero organizzarsi sin d'ora per la loro lotta di
classe, mentre i lavoratori dovrebbero rimanere nella camicia di forza "unitaria", controllati (negli
auspici, per lo meno) dai funzionari che nelle ultime elezioni sindacali si sono assicurati i 1migliori posti
direttivi.
E che dicono gli entusiasti partecipazionisti "democratici e unitari"?
Bene, costoro sono quelli che prima indicavo come aspiranti all'aggancio con il potere. Può darsi che
questo aggancio gli venga concesso e che Marcelino Camacho sia uno dei primi "promossi". Poi
verrebbe preparata quella nuova legge sindacale o meglio "sulle associazioni sindacali" di cui parlò a suo
tempo Arias Navarro e che rimase poi nel calamaio. Con questo nuovo strumento dapprima verrebbero
alimentate le discordie in seno ai diversi nuclei "sindacali" tra partecipanti ed avversari e poi verrebbero
portati i germi della rivalità nel mastodonte "unitario", in modo che nessun settore politico - e questo
riguarda soprattutto i comunisti - possa monopolizzare il potenziale "sindacale".
Non è mal pensata, ma come la metteremmo con la libertà sindacale sancita dal Trattato di Roma
(del M.E.C., poi C.E.E. N.d.T.)?
La questione europea e le questioni nazionali sono cose diverse. Non metto in dubbio che un certo
numero di politici si battano come noi per la libertà sindacale e per lo smantellamento dell'apparato
sindacale verticale, però, se con la neutralizzazione delle tendenze gli si garantisce una certa tranquillità
per il godimento del potere, non è improbabile che finiscano con accettare la manovra di Fraga. Questa
manovra forse troverà maggiore opposizione tra i burocrati sindacali attuali, la cui forza risiede nel
controllo dei lavoratori. Questi signori sono migliaia e migliaia, molti dei quali godono anche di cariche
politiche locali, regionali e nazionali, e non si rassegneranno facilmente a lasciare le loro sinecure....
Tuttavia già alcuni di loro, convinti che la riforma è inevitabile, vanno aggregandosi al progetto,
condizionandolo al mantenimento della "unità" e dei loro privilegi.
Nonostante questi giochi, questi interessi, non pensi che la "unità" o "unicità" potrebbe fallire?
Penso di si, ma dobbiamo allora cambiare discorso e lasciar perdere le impostazioni "sindacali" dei
politici. Che invochino l'unità od il pluralismo, costoro sono tutti borghesi. La nostra impostazione, al
contrario, consiste nella costruzione di una autentica centrale di classe, un sindacato rivoluzionario che
aspiri all'emancipazione del lavoro, un sindacato di lotta contro il capitalismo e lo stato, un sindacato
ideato, elaborato, costruito alla base, emanazione della base, controllato ed ideato dalla base, con una
coordinazione federale a livello nazionale. La nostra strategia consiste, insomma, nel rinforzare e
consolidare la C.N.T. come organizzazione sindacalista rivoluzionaria dei lavoratori.
Parli come i fondatori della C.N.T. o come i sopravvissuti alla repressione di Anido (governatore
di Barcellona nei primi anni '20, N.d.T.) o come quelli che ricostruirono la C.N.T. dopo la
dittatura di Primo de Rivera (1923-1930, N.d.T.). Ma hai elementi per tanto ottimismo?
Certo! I nostri avversari ci hanno sotterrato molte volte, ma l'anarco-sindacalismo è sempre stato
presente nelle lotte. Sarebbe assurdo pretendere di avere oggi tanta forza quanto in passato. Certo che
no. Non abbiamo due milioni di anarco-sindacalisti, né è prevedibile che ce ne possano essere in un
prossimo futuro. Ma siamo qualcosa. In tutto il paese sono rimasti dei compagni e sono sorti nuovi
gruppi che partecipano alle lotte. Se si esaminassero le informazioni autentiche sulle lotte e non quelle
che fanno circolare in tutto il mondo dirigenti che non dirigono nulla, si vedrebbe che
l'anarcosindacalismo rappresenta una forza reale. A partire dal 1969 i nuclei militanti sono andati
consolidandosi fino al punto che oggi possiamo definirci come una C.N.T. in via di ricostituzione in tutto
il paese. Questa ricostituenda C.N.T. è in contatto con diversi gruppi che si definiscono sindacalisti
rivoluzionari, di varia derivazione (cristiani, ecc.). Certamente ci sono ancora elementi dispersi, ma ogni
giorno di meno. La forza della C.N.T., come più in generale quella della classe operaia, è la grande
incognita. Ma sin d'ora possiamo tranquillamente affermare che la sua riapparizione sorprenderà molti.
Speriamolo!
La ricostruzione della C.N.T.
Intervista con un compagno madrileno
Frente Libertario: In incontri con altri compagni ci è stato detto che c'è una presenza confederale
nelle lotte. I nostri lettori certo gradirebbero qualche dettaglio esemplare. Giusto?
E. A.: Giustissimo. Un esempio chiaro, senza risvolti discutibili è dato dall'ultimo sciopero degli edili di
Madrid (dicembre scorso), deciso e gestito da nostri compagni, nonostante i maneggi partitici.... Non
diciamo che è stato "colossale", come magari direbbero certi capetti politici, ma è stato certo pienamente
soddisfacente. Bisogna tener presente che la maggior parte dei conflitti operai che avvengono da questa
parte dei Pirenei finiscono con una sconfitta e lasciano strascichi pesanti perché manca ancora la capacità
di resistenza indispensabile per sostenere lotte di vasta portata. Questa volta non ci sono stati né
licenziamenti né sanzioni disciplinari e perciò il nostro ricostruito sindacato ne è uscito abbastanza bene.
Hai parlato di maneggi politici. Che cosa intendevi esattamente?
Hombre, di maneggi ce ne sono stati diversi. In primo luogo quello che oggi si chiama Partido del
Trabajo Espanol (ex Bandera Roja, un gruppo considerato affine all'italiana Avanguardia Operaia),
aderente alla Junta di Carrillo, da quando ha saputo che i nostri compagni stavano preparando lo
sciopero, ha voluto batterli sul tempo ed ha proclamato lo sciopero, una settimana prima, certo per
dimostrare di essere una autentica "avanguardia"! Il trucco ha avuto come risultato una limitatissima
sospensione del lavoro e ventitré licenziati. Gli attivisti non avevano previsto neppur una raccolta di
fondi e furono i nostri compagni, poi, a doversi occupare anche di questo.
Le Comisiones Obreras sono intervenute nello sciopero?
Lo sciopero dell'edilizia era stato progettato dai compagni già da qualche tempo,. Senza una data fissata
perché, come puoi immaginare, la situazione nei due mesi precedenti non era la più adatta. Erano stati
presi contatti, perché lo sciopero fosse unitario. Ma se il P.T.E. aveva fretta d'arrivare primo, al contrario
le C.O. tutto quello che fecero fu di lasciarsi rimorchiare. Di fatto, il 10, l'11 ed il 12 dicembre, lo
sciopero fu gestito completamente dai compagni. Furono i compagni a mobilitare i lavoratori, correndo
da un cantiere all'altro. Poi, spontaneamente vennero costituiti picchetti e tutto funzionò correttamente
ed i lavoratori dimostrarono pienamente di sapersela sbrigare da sé.
Però... mi riesce pur difficile crederlo.
Devi essere ancora intossicato dalla lettura di "Le Monde"! Scherzi a parte, quella che ti ho riferito è una
versione corretta dei fatti. Certo, sono girate molte versioni addomesticate. Non so a Parigi, ma qui
abbiamo riso molto sulla guerriglia dei comunicati e controcomunicati con cui i partiti cercavano di
attribuirsi il merito dello sciopero. Il più ridicolo è stato uno dell'M.C.E. (Movimento Comunista
Espanol, un gruppo marxista-leninista, N.d.T.) in cui si diceva che avevano partecipato allo sciopero
100.000 lavoratori. Pretesa assurda, concepibile solo in gente che non conosce assolutamente il settore
edile ed i suoi problemi. Bastava la metà. Si pensi che oggi molti dei 150.000 lavoratori del settore sono
disoccupati. Si pensi alle difficoltà di mobilitazione....
Bene: nel settore edile di Madrid la ricostruzione della C.N.T. ha buone basi. E altrove?
In ogni settore produttivo, anzi, in ogni lotta ci sono nuclei di sindacalisti rivoluzionari. Questo è quello
che si può dire, per ora, sulla presenza reale dell'anarcosindacalismo e del sindacalismo rivoluzionario.
Non è certamente clamorosa come quella di altri settori sindacal-politici, nel senso che non le si fa tanta
pubblicità. La sua clandestinità è doppia: una ce l'impone il potere e l'altra tutti gli avversari, manipolatori
della pubblicità di qualunque colore che concordano nel nascondere la nostra esistenza. Pensa ad
esempio a "Cambio-16", una delle riviste qui considerate progressiste (è considerata una specie di
portavoce ufficioso socialista, N.d.T.). Bene, "Cambio-16" ha avuto il coraggio di parlare dei prigionieri
politici... senza nominare nemmeno uno dei nostri compagni.
Non ci era sfuggita questa porcata di "Cambio-16", una rivista che spesso informa bene, però in
modo così selettivo da rivelare un'autentica maestria nell'arte della deformazione. Lasciamoli
perdere. Parliamo piuttosto di un'altra cosa: che posto occupa la ricostruzione della C.N.T. in una
impostazione complessiva libertaria-rivoluzionaria?
La ricostruzione della C.N.T., cioè di una centrale sindacale rivoluzionaria che consente al lavoratore
di partecipare e formarsi nella gestione dei problemi, non solo immediati beninteso, è compito che
riteniamo prioritario ma non esclusivo. Oggi le contraddizioni del sistema sono sempre più evidenti ed
i compiti sono molteplici. All'interno del mondo borghese cerchiamo di creare una specie di
"controsocietà" che mini la società morente e consenta di sostituirla nella fase rivoluzionaria, pezzo per
pezzo, distruggendo ed abolendo beninteso il Potere ed ogni forma di oppressione, affinché gli
ingranaggi della produzione e della distribuzione dei beni continuino a funzionare.
Un obiettivo ambizioso ma di impostazione ineludibile. Hai finito?
Vorrei aggiungere qualcosa, se me lo consenti. Nel nostro impegno globale una C.N.T. ricostruita
rappresenta un elemento prioritario, la base per la trasformazione economica e per l'inserimento del
culturale nell'economico. Allo stesso tempo stiamo estendendo la nostra azione e cercando di contribuire
alla presa di coscienza generale delle diverse forme di oppressione, come ad esempio la sottomissione
della donna ad una società maschilista; l'annullamento di ogni impulso vitale nei giovani soggetti ad un
sistema di valori a loro estraneo; la questione delle etnie, nazioni e regioni, una questione che può essere
risolta solo nella nostra concezione pluralista; il dissesto ecologico che va assumendo aspetti
preoccupanti, il fenomeno della militarizzazione della società e dunque dell'antimilitarismo....
Dove trovate la forza per occuparmi di tante cose?
Nella nostra convinzione il momento che stiamo attraversando in Spagna può, deve essere una nuova
pietra miliare nel cammino verso l'emancipazione e richiede perciò una attività multiforme ed un senso
globale della contro-società. Aspiriamo, come libertari, ad una nuova società, non ad un nuovo potere.
Dobbiamo perciò forgiare tutti gli strumenti di questa nuova società già all'interno di quelle in cui
viviamo. Questa è la contro-società che dovrà minare, scalzare, distruggere le fondamenta della società
vecchia per far nascere quella nuova, la società libertaria. Così intendiamo oggi la strategia del
movimento libertario, un movimento ampio, con base anarcosindacalista, in cui la molteplicità dei settori
di intervento non contraddice l'organizzazione di classe ma completa la capacità di lotta e di
comprensione dei problemi della trasformazione sociale.
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